Non è ammissibile, anche se formulata prima del decorso del termine di cui all’articolo 183 comma 6 numero 2 c.p.c., la richiesta probatoria relativa a circostanze per la prima volta dedotte dopo lo spirare delle preclusioni assertive di cui all’articolo 183 comma 6 numero 1 c.p.c. La disciplina di un processo a preclusioni rigide – connotato tipico del nostro sistema – non permette infatti una sovrapposizione del momento delle preclusioni assertive e di quelle probatorie, come accade nel rito del lavoro.
Chi è in torto? Un committente si accordava per una consulenza stilistica e per una licenza di marchi. Qualche tempo dopo la controparte otteneva nei confronti dell’altra un decreto ingiuntivo inerente l’importo di alcune fatture non saldate. Il committente propone opposizione e, in via riconvenzionale, domanda di accertare la risoluzione del contratto per inadempimento e chiede il risarcimento del danno per aver il consulente diffuso a terzi notizie false e denigratorie. La disamina del Giudice. In primis viene affrontata la questione della risoluzione del contratto stipulato inter partes. Si osserva che, in base a detto accordo, la licenziante avrebbe dovuto fornire modelli e input stilistici entro una determinata data. A fronte dell’eccezione di inadempimento formulata da parte opponente, la difesa di parte convenuta cui spettava l’onere della prova ex articolo 2697 c.c. non ha provato con idonea documentazione di aver adempiuto ai patti. Consegue che, in accoglimento della domanda dell’attore, va dichiarata risoluzione del contratto per colpa del consulente. Revoca del decreto ingiuntivo. È la prima ovvia conseguenza della situazione la parte soccombente infatti non ha provato o quantomeno dedotto che ci fosse stata in precedenza una pattuizione inerente al compenso. Sarebbe perciò impossibile procedere a una liquidazione in assenza di apposito accordo fra le parti. Bocciate le altre richieste per mancata deduzione. Vanno invece disattese le ulteriori due domande avanzate dall’attore, a cominciare da quella di risarcire il danno derivante da una pretesa attività di propalazione di notizie false e denigratorie. Il giudice osserva che, prima dello spirare delle preclusioni assertive con il deposito della memoria ex articolo 183 comma 6 numero 1 c.p.c., i comportamenti teoricamente produttivi di danno neppure erano stati dedotti ed individuati con precisione consegue che la capitolazione delle circostanze in memoria, prima ancora che inidonea a esplicitare l’esistenza di un danno in quanto indicato solo genericamente, è comunque radicalmente inammissibile in quanto relativa a circostanze fattuali in precedenza mai dedotte. Panorama sulla disciplina. Nell’ambito di un processo a preclusioni rigide quale quello vigente nel nostro ordinamento sin della l. numero 353/1990 e ulteriormente rafforzato dalle leggi di riforma processuale nnumero 263/1995 e 69/2009 , non può essere revocato in dubbio il principio in virtù del quale il diritto alla prova può essere esercitato solo relativamente a fatti tempestivamente allegati e quindi relativamente a fatti dedotti prima dello spirare delle preclusioni assertive, oggi pacificamente individuate nella memoria ex articolo 183 comma 6 numero 1 c.p.c. Riti a confronto. Né è ipotizzabile una sostanziale sovrapposizione e coincidenza tra il momento delle preclusioni assertive e quelle probatorie, così come accade nel rito del lavoro, ove dette preclusioni si consumano, entrambe, per l’attore al momento del deposito del ricorso, per il convenuto al momento della memoria costitutiva tempestivamente depositata cfr. articolo 414 e 416 c.p.c. . Nel rito ordinario invece, come si è detto, le preclusioni assertive maturano prima di quelle istruttorie. Con la conseguenza che è possibile che una parte, pur avendo richiesto di provare una circostanza prima dello scadere delle preclusioni probatorie, non sia ammessa a provare tale circostanza, in quanto per la prima volta dedotta dopo lo spirare delle preclusioni assertive.
Tribunale di Reggio Emilia, sez. Civile, sentenza 14 giugno 2012, numero 1134 Giudice Gianluigi Morlini Fatto La presente controversia trae origine da un accordo di consulenza stilistica e di licenza marchi stipulato nell’aprile 2005 tra il Consulente-Licenziante Step 1 ed il Committente-Licenziatario NB. In particolare, azionando in via monitoria fatture per il complessivo importo di € 5.322 ed emesse quale compenso per l’attività svolta sulla base di tale contratto, Step 1 ottiene nei confronti di NB il decreto ingiuntivo meglio indicato in dispositivo. Con la presente controversia, NB propone opposizione avverso tale decreto, instando per la revoca dello stesso ed in via riconvenzionale domandando di accertare la risoluzione del contratto per inadempimento ex adverso, di condannare controparte al risarcimento del danno per avere divulgato a terzi notizie false e denigratorie su NB, di condannare altresì controparte a pagare € 1.119,36 per il pagamento di fatture di vendita. La causa è istruita dal Giudice allora procedente con l’interrogatorio libero delle parti. Diritto a La questione che deve essere, sotto un profilo logico e giuridico, scrutinata con priorità rispetto alle altre, è quella relativa alla domanda di risoluzione del contratto stipulato inter partes. Sul punto, si osserva che detto accordo contrattuale prevede, ex aliis, che la Step 1 fornisca alla NB “tutti i modelli e gli input stilistici, creativi e tecnici, relativi a forme, colori, tessuti, materiali ecc. necessari a creare i prodotti della licenziataria NB”, e ciò entro il 30 settembre per la collezione Autunno-Inverno ed entro il 31 marzo per la collezione Primavera-Estate cfr. articolo 2 contratto, allegato 3 fascicolo monitorio . Ciò posto, a fronte dell’eccezione di inadempimento formulata da parte opponente, la difesa di parte convenuta cui spettava l’onere della prova sul punto ex articolo 2697 c.c. cfr. per tutte Cass. Sez. Un numero 13533/2001 non ha provato con la produzione di idonea documentazione, e nemmeno offerto di provare con la deduzione di pertinenti prove testimoniali, di avere adempiuto a tale obbligazione. Consegue che, in accoglimento della domanda attorea, deve essere dichiarata la risoluzione del contratto per colpa di Step 1, risoluzione già intimata con la raccomandata 24/1/2006 cfr. al. 1 fascicolo di parte attrice . b Ciò di per sé impone la revoca del decreto ingiuntivo opposto, in quanto ottenuto proprio sulla base del contratto qui dichiarato risolto. In ogni caso, deve comunque essere evidenziato che la revoca del decreto si imporrebbe comunque in base al rilievo per il quale il compenso di Step 1 non era predeteminato dal contratto azionato in sede monitoria, ma avrebbe dovuto essere “pattuito tra le parti al termine di ogni singola stagione in base all’effettiva attività prestata dalla Consulente” articolo 5 contratto mentre Step 1 non ha provato, ed in realtà nemmeno offerto di provare o quantomeno dedotto, che le parti abbiano pattuito tale compenso, né ha offerto alcun elemento fattuale a questo Giudice utile per procedere ad una liquidazione in assenza di un accordo tra le parti. c Detto dell’accoglimento delle domande dell’opponente in ordine alla revoca del decreto opposto ed alla declaratoria di risoluzione del contratto per colpa di Step 1, vanno invece disattese le ulteriori due domande di NB. Invero, va rigettata la domanda di risarcire il danno derivante da una pretesa attività di propalazione di notizie false e denigratorie. Sul punto, basta osservare che, prima dello spirare delle preclusioni assertive con il deposito della memoria ex articolo 183 comma 6 numero 1 c.p.c., i comportamenti asseritamente produttivi di danno neppure erano stati dedotti ed individuati con precisione consegue che la capitolazione delle circostanze 9-12 in memoria ex articolo 183 comma 6 numero 2, prima ancora che inidonea a lumeggiare l’esistenza di un danno in quanto indicato solo genericamente, è comunque radicalmente inammissibile in quanto relativa a circostanze fattuali in precedenza mai dedotte. Infatti, nell’ambito di un processo a preclusioni rigide quale quello vigente nel nostro ordinamento sin dal vigore della legge numero 353/1990 ed ulteriormente rafforzato dalle leggi di riforma processuale nnumero 263/1995 e 69/2009 , non può essere revocato in dubbio il principio a tenore del quale il diritto alla prova può essere esercitato solo relativamente a fatti tempestivamente allegati e quindi relativamente a fatti dedotti prima dello spirare delle preclusioni assertive, oggi pacificamente individuate nella memoria ex articolo 183 comma 6 numero 1 c.p.c., ed in precedenza, prima della riforma della L. numero 263/2005, individuate invece nella memoria ex articolo 183 comma 5 c.p.c. ratione temporis vigente. Né può in alcun modo opinarsi che vi possa essere una sostanziale sovrapposizione e coincidenza tra il momento delle preclusioni assertive e quelle probatorie, così come accade nel rito del lavoro, ove dette preclusioni si consumano, entrambe, per l’attore al momento del deposito del ricorso, per il convenuto al momento della memoria costitutiva tempestivamente depositata cfr. articolo 414 e 416 c.p.c. nel rito ordinario invece, come si è detto, le preclusioni assertive maturano prima di quelle istruttorie. Con la conseguenza che è ben possibile che una parte, pur avendo richiesto di provare una circostanza prima dello scadere delle preclusioni probatorie, non sia ammessa a provare tale circostanza, in quanto per la prima volta dedotta dopo lo spirare delle preclusioni assertive. E’ proprio questo il caso che qui occupa, atteso che la richiesta probatoria di NB, in sé astrattamente formulata in modo tempestivo in quanto precedente allo spirare delle preclusioni istruttorie, diviene inammissibile perché riferita a fatti quali l’interlocuzione con International Best Manufactoring di cui al capitolo 9, l’intervento della signora Trenta di cui al capitolo 10, il rilascio di assegni di cui ai capitoli 11 e 12 mai dedotti prima dello spirare di tali preclusioni. Le altre istanze istruttorie, invece, sono semplicemente irrilevanti ai fini della decisione. d Parimenti da rigettare è la richiesta di condanna di Step 1 al pagamento di € 1.119,36 per le fatture indicate in atto di citazione in opposizione, atteso che in relazione a tali fatture NB ha poi emesso una nota di accredito cfr. all. 3 fascicolo di parete convenuta . e In ragione di quanto sopra, vanno innanzitutto rigettate tutte le istanze istruttorie reiterate dalle difese delle parti in sede di precisazione delle conclusioni, essendo le stesse irrilevanti ai fini della decisione, ed essendo invece i capitoli 9-12 di parte opponente inammissibili. Nel merito, va revocato il decreto opposto e va dichiarata la risoluzione le contratto per colpa della Step 1 mentre vanno rigettate le due domande, quella risarcitoria e quella di pagamento delle fatture, proposte dall’opponente. La reciproca soccombenza delle parti così come sopra indicata, con l’accoglimento di due delle quattro domande dell’opponente, integra una soccombenza reciproca che, ex articolo 92 comma 2 c.p.c., impone la compensazione delle spese di lite. Si dà atto che il presente fascicolo è per la prima volta pervenuto a questo Giudice, trasferito al Tribunale di Reggio Emilia il 11/4/2012, all’udienza del 14/6/2012, ed in tale udienza è stato deciso con sentenza contestuale ex articolo 281 sexies c.p.c. P.Q.M. il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica definitivamente pronunciando, nel contraddittorio tra le parti/nella contumacia di parte convenuta, ogni diversa istanza disattesa -revoca il decreto ingiuntivo numero 1913/2006 emesso dal Tribunale di Reggio Emilia il 3-4/7/2006 -dichiara la risoluzione del contratto stipulato tra NB Unipersonale s.r.l. e Step1 di S. B. & amp C il 7/4/2005, per colpa di Step1 di S. B. & amp C -rigetta la domanda dell’opponente di risarcimento del danno -rigetta la domanda dell’opponente di pagamento di € 1.119,36 -compensa integralmente tra le parti le spese di lite.