Deve essere indicato chiaramente il motivo del contendere

La comunicazione prevista dall'articolo 7 legge numero 241/1990 deve contenere tutti gli elementi necessari relativi al contraddittorio.

Il caso. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, una società di distribuzione carburanti impugnava l’ordinanza sindacale con la quale era stata disposta l’eliminazione dell’impianto di distribuzione carburanti sito in una via di quel comune unitamente agli atti presupposti. La ricorrente lamentava violazione legge leggi regionali 27/94, 10/97, 13/85 e leggi 152/99, 22/97, 241/90 ed eccesso di potere sotto vari profili, chiedendo quindi l’annullamento del provvedimento impugnato. Il Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, Sezione III, accoglieva il ricorso, per l’effetto annullando il provvedimento impugnato. Avverso la predetta sentenza il Comune ha proposto il ricorso in appello contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma ed il rigetto del ricorso di primo grado. Il primo giudice aveva fondato la propria decisione di accoglimento dell’impugnazione proposta sulla base dell’imperfetta attivazione del contraddittorio nonché del difetto di motivazione in ordine alla necessità di rimozione dell’impianto, in ragione del pericolo alla circolazione provocato dalla sua collocazione. La mera richiesta di produzione documentale non è sufficiente? Il Collegio ha condiviso le argomentazioni del Giudice di primo grado perché non era corretta la pretesa del Comune appellante di far valere, come comunicazione dell’avvio del procedimento, una mera richiesta di produzione documentale il cui contenuto non consentiva, all’interessato, di comprendere quali fossero i problemi relativi alla collocazione dell’impianto stradale. Ciò in quanto lo scopo cui è preordinato l’articolo 7 legge numero 241/1990, non è stato raggiunto. È vero, ha precisato il Collegio, che la comunicazione dell’avvio del procedimento non costituisce un mero adempimento formale, come sostenuto dal Comune appellante. Ma ciò è vero proprio perché scopo dell’adempimento è quello di consentire al destinatario dell’azione amministrativa di contribuire al suo corretto sviluppo, facendo presenti situazioni di fatto o ipotesi di soluzione che consentono di risolvere il problema affrontato dall’Amministrazione con il minor sacrificio per gli interessi contrapposti. Di conseguenza la comunicazione di avvio del procedimento per rispondere al proprio scopo deve contenere l’indicazione delle problematiche sottese alla posizione di vantaggio di cui gode il privato. Dovevano essere indicate le problematiche connesse al mantenimento dell’impianto. Applicando tali principi al caso in esame, un’idonea comunicazione di avvio del procedimento avrebbe dovuto rappresentare anche sinteticamente all’interessato le problematiche connesse al mantenimento del suo impianto di distribuzione del carburante. La comunicazione richiamata dal Comune appellante, invece, nemmeno prefigura il fatto che il procedimento sia volto alla chiusura dell’impianto in questione, avendo il contenuto di una mera richiesta di documenti. Peraltro, puntualizza la Sezione, non può trovare poi applicazione l’articolo 21 octies legge numero 241/1990, in quanto l’Amministrazione ha fatto uso, nella specie, di poteri discrezionali, per cui il contenuto dell’atto non è affatto necessitato. La Sezione, inoltre, ha ritenuto che la sentenza di primo grado deve essere condivisa anche nella parte in cui dichiara insufficientemente dimostrata la pericolosità dell’impianto, al fine dell’applicazione dell’articolo 19 della legge regionale della Campania 29 giugno 1994, numero 27, ai sensi del quale «le ipotesi di incompatibilità tra impianto e territorio sono le seguenti a l'arresto o la deviazione della linea di flusso del traffico veicolare in conseguenza dell'effettuazione del rifornimento di carburanti b la presenza nel tratto di strada, prospiciente l'impianto, di un semaforo, di un incrocio, di una curva o di un dosso c l'impedimento totale o parziale, di visuale riguardo ai beni di interesse storico, architettonico ed ambientale a causa delle strutture dell'impianto». Il caso all'esame del Consiglio di Stato riguardava, specificatamente, l'ipotesi di cui alla suddetta lettera b . Ma, riguardo a tale problematica, deve essere rilevato come le deduzioni del Comune siano state compiutamente confutate dall’appellante anche mediante la produzione di perizia giurata. Il Collegio, pertanto, rileva che l’esatta rappresentazione dei luoghi e la valutazione dello stato di pericolo devono fondarsi su un procedimento la cui istruttoria sia aperta alla partecipazione collaborativa dell’interessato, al fine di individuare la migliore soluzione che contemperi, se possibile, il preminente interesse alla sicurezza con quello al mantenimento dell’impianto, sotto il duplice profilo della salvaguardia degli interessi del titolare e della offerta del servizio ai cittadini, come sottolineato dal primo giudice. Tale affermazione non significa che l’Amministrazione, in sede di rinnovazione del procedimento, non potrà ordinare nuovamente la chiusura dell’impianto di cui si tratta. Peraltro, a tale soluzione si potrà addivenire qualora, dopo l’istruttoria condotta con il concorso del titolare, risulterà confermata la pericolosità della struttura e saranno risultate impraticabili altre soluzioni quali eventuali modifiche alla medesima, il suo spostamento in altra zona o altro.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 26 marzo – 16 aprile 2013, numero 2099 Presidente Pajno – Relatore Atzeni Fatto e diritto 1. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, rubricato al numero 2163/00, Spem Petroli s.a.s. impugnava l’ordinanza numero 282 in data 9 dicembre 1999 con la quale il Sindaco di San Giuseppe Vesuviano aveva disposto l’eliminazione dell’impianto di distribuzione carburanti sito nella via Europa di quel Comune unitamente agli atti presupposti. La ricorrente lamentava violazione legge leggi regionali 27/94, 10/97, 13/85 e leggi 152/99, 22/97, 241/90 ed eccesso di potere sotto vari profili, chiedendo quindi l’annullamento del provvedimento impugnato. Con la sentenza in epigrafe, numero 2826 in data 19 giugno 2001, il Tribunale amministrativo della Campania, sede di Napoli, Sezione III, accoglieva il ricorso, per l’effetto annullando il provvedimento impugnato. 2. Avverso la predetta sentenza il Comune di San Giuseppe Vesuviano propone il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al numero 8572/01, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma ed il rigetto del ricorso di primo grado. Si è costituita in giudizio Spem Petroli s.a.s. chiedendo il rigetto dell’appello. La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 26 marzo 2013. 3. L’appello è infondato. Il primo giudice ha fondato la decisione di accoglimento dell’impugnazione proposta sulla base a dell’imperfetta attivazione del contraddittorio b del difetto di motivazione in ordine alla necessità di rimozione dell’impianto, in ragione del pericolo alla circolazione provocato dalla sua collocazione. 3a. Quanto al primo profilo, deve essere rilevato come il Comune appellante pretenda di far valere, come comunicazione dell’avvio del procedimento, una mera richiesta di produzione documentale il cui contenuto non consente, all’interessato, di comprendere quali siano i problemi relativi alla collocazione dell’impianto di cui si tratta. Sulla base di tale osservazione afferma il Collegio che lo scopo cui è preordinato l’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, numero 241, non è stato raggiunto. E’ vero che la comunicazione dell’avvio del procedimento non costituisce un mero adempimento formale, come sostenuto dal Comune appellante. Peraltro, ciò è vero proprio perché scopo dell’adempimento è quello di consentire al destinatario dell’azione amministrativa di contribuire al suo corretto sviluppo, facendo presenti situazioni di fatto o ipotesi di soluzione che consentono di risolvere il problema affrontato dall’Amministrazione con il minor sacrificio per gli interessi contrapposti. Di conseguenza la comunicazione di avvio del procedimento per rispondere al proprio scopo deve contenere l’indicazione delle problematiche sottese alla posizione di vantaggio di cui gode il privato. Applicando tali principi al caso che ora occupa, deve essere affermato che un’idonea comunicazione di avvio del procedimento avrebbe dovuto rappresentare anche sinteticamente all’interessato le problematiche connesse al mantenimento del suo impianto di distribuzione del carburante. La comunicazione richiamata dall’appellante, invece, nemmeno prefigura il fatto che il procedimento sia volto alla chiusura dell’impianto in questione, avendo il contenuto di una mera richiesta di documenti. Non può trovare poi applicazione l’articolo 21 octies della legge 7 agosto 1990, numero 241, in quanto l’Amministrazione ha fatto uso, nella specie, di poteri discrezionali, per cui il contenuto dell’atto non è affatto necessitato. 3b. La sentenza di primo grado deve essere condivisa anche nella parte in cui dichiara insufficientemente dimostrata la pericolosità dell’impianto, al fine dell’applicazione dell’articolo 19 della legge regionale della Campania 29 giugno 1994, numero 27, ai sensi del quale “le ipotesi di «incompatibilità tra impianto e territorio» sono le seguenti a l'arresto o la deviazione della linea di flusso del traffico veicolare in conseguenza dell'effettuazione del rifornimento di carburanti b la presenza nel tratto di strada, prospiciente l'impianto, di un semaforo, di un incrocio, di una curva o di un dosso c l'impedimento totale o parziale, di visuale riguardo ai beni di interesse storico, architettonico ed ambientale a causa delle strutture dell'impianto”. Il caso che ora occupa ricade nell’ambito di applicazione della lettera b . Riguardo a tale problematica deve essere rilevato come le deduzioni del Comune siano state compiutamente confutate dall’appellante anche mediante la produzione di perizia giurata. Il Collegio deve quindi riprendere quanto argomentato al punto 3a, rilevando che l’esatta rappresentazione dei luoghi e la valutazione dello stato di pericolo devono fondarsi su un procedimento la cui istruttoria sia aperta alla partecipazione collaborativa dell’interessato, al fine di individuare la migliore soluzione che contemperi, se possibile, il preminente interesse alla sicurezza con quello al mantenimento dell’impianto, sotto il duplice profilo della salvaguardia degli interessi del titolare e della offerta del servizio ai cittadini, come sottolineato dal primo giudice. Tale affermazione non significa che l’Amministrazione, in sede di rinnovazione del procedimento, non potrà ordinare nuovamente la chiusura dell’impianto di cui si tratta. Peraltro, a tale soluzione si potrà addivenire qualora, dopo l’istruttoria condotta con il concorso del titolare, risulterà confermata la pericolosità della struttura e saranno risultate impraticabili altre soluzioni quali eventuali modifiche alla medesima, il suo spostamento in altra zona o altro. 4. In conclusione, l’appello deve essere respinto, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione. Le spese del grado devono essere integralmente compensate, in ragione della complessità della controversia. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quinta definitivamente pronunciando sull'appello numero 8572/01, come in epigrafe proposto, lo respinge. Compensa integralmente spese ed onorari del grado fra le parti costituite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.