Il giudice civile ha posto sotto sequestro le quote aziendali e l’imprenditore ha alienato un ramo d’azienda, ma non si configura nessun reato perché il ramo operativo di un’azienda è cosa distinta dalle quote.
La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 19219/2012 depositata il 21 maggio, ha affermato che non è reato cedere il ramo operativo dell’azienda anche se le quote sociali sono state poste sotto sequestro dal giudice civile. Il caso. Il giudice civile aveva sequestrato le quote di una società e l’amministratore unico, successivamente, aveva alienato un ramo operativo dell’azienda. Elusione di un ordine del giudice articolo 338, comma 2, c.p. l’accusa penale e, dopo i due gradi di merito, la questione approda avanti alla Corte di legittimità. Sequestrate le quote e non beni aziendali. L’imprenditore, parte ricorrente, sostiene che il sequestro aveva ad oggetto le quote sociali, sicché il trasferimento dell’azienda «non può costituire elusione del provvedimento giudiziario civile, in quanto i poteri di amministratore sono rimasti integri rispetto ai beni non oggetto di sequestro». In pratica, non essendo posta sotto sequestro l’azienda, il ricorrente era libero da vincoli nell’attività gestoria. Le quote risultano già tutelate dal sequestro giudiziario civile. La S.C. ritiene fondato il ricorso in quanto «il sequestro civile – come dedotto dall’imprenditore - era stato posto a tutela delle quote, non dei beni aziendali, sicché ciò che avrebbe dovuto giustificare il sequestro preventivo penale è l’indebito esercizio dei diritti collegati alle quote». In pratica, l’ordinanza viene annullata senza rinvio anche perché «se il giudice avesse voluto impedire la gestione della società – precisa ulteriormente la sentenza - avrebbe dovuto imporre il sequestro sull’intera azienda e non solo sulle quote».
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 9 febbraio – 21 maggio 2012, numero 19219 Presidente De Roberto – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto e in diritto 1. - Con decreto del 28 settembre 2011 il Giudice per le indagini preliminari disponeva il sequestro preventivo delle quote della Flying Fasteners s.r.l., nella misura del 61%, con riferimento al reato di cui all'articolo 388 comma 2 c.p., per avere, l'amministratore unico della società, F D. , eluso il sequestro sulle medesime quote, emesso dal giudice civile ai sensi dell'articolo 669-sexies c.p.c., a favore di M V. . Il sequestro civile era stato disposto il 13.7.2011 in seguito al rifiuto di reinnestare le quote della società Flying Fasteners che V. e M L. avevano intestato fiduciariamente al D. , ciascuno nella misura del 30,5% in data 29.8.2011 D. , senza alcuna autorizzazione o consultazione con il custode giudiziario nominato dal giudice, cedeva il ramo operativo dell'azienda alla società neo costituita WFF s.r.l. il 14.9.2011 convocava l'assemblea della Flying Fasteners che, con il voto favorevole del custode, deliberava l'azzeramento del capitale sociale, comprese le quote sequestrate, e la sua ricostituzione sino ad Euro 28.675 la sottoscrizione del nuovo capitale sociale veniva fatta dai soli soci D. , per il 30%, e da Operae s.r.l., per il 70%. A questo punto interveniva la denuncia del V. nei confronti del D. , accusato di avere prima svuotato la Flying Fasteners s.r.l., trasferendo a terzi il ramo d'azienda, e poi azzerato di fatto la compagine societaria, eliminando il vincolo del sequestro. Il Tribunale di Ancona, in sede di riesame, ha parzialmente riformato il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari. Dopo avere precisato che la condotta elusiva del sequestro va individuata nel solo trasferimento del ramo operativo dell'azienda, disposto senza alcuna previa comunicazione al custode e sebbene questi avesse intimato di astenersi da atti non strettamente indispensabili al corretto andamento della società, ha limitato il sequestro preventivo al valore delle quote di spettanza del V. , vale a dire al 30,5% delle quote della Flying Fasteners l'altro 30,5% appartiene a L. , disponendo che incida sulle quote detenute dal D. , ad eccezione dell'eccedenza, pari allo 0,5%, in maniera da lasciare indenne dal vincolo la società Operae. 2. - L'avvocato Lorenza Scaravelli, nell'interesse di D. , ha presentato ricorso per cassazione. Con il primo motivo ha dedotto l'erronea applicazione del sequestro preventivo per insussistenza del reato presupposto. Secondo parte ricorrente il sequestro aveva ad oggetto le quote sociali, sicché il trasferimento dell'azienda da parte dell'amministratore unico non può costituire elusione del provvedimento giudiziario civile, in quanto i poteri di amministrazione sono rimasti integri rispetto ai beni non oggetto di sequestro. Non essendo stata sequestrata l'azienda D. era libero da vincoli nell'attività gestoria. Inoltre, parte ricorrente rileva che se l'elusione dovesse essere ricondotta al fatto che D. no si è astenuto dal compiere atti non strettamente necessari alla gestione societaria, nonostante l'intimazione del custode, ugualmente non vi sarebbe il reato presupposto, in quanto il custode, all'epoca del trasferimento del ramo d'azienda, non aveva il potere di dare simile intimazione, ma solo quello di provvedere alla conservazione delle quote e se anche si dovesse ritenere che l'amministratore avrebbe dovuto ottemperare alle indicazioni fornite dal custode, i giudici avrebbero dovuto verificare se il trasferimento fosse strettamente necessario per l'andamento della società. Con un secondo motivo è stata dedotta la violazione dell'articolo 125 c.p.p., sotto il profilo della mancanza di motivazione sul punto, oggetto di argomentazioni difensive, riguardante la necessità e l'utilità economica per la società del trasferimento di azienda posto in essere dall'amministratore e, conseguentemente, sulla insussistenza di effetti pregiudizievoli per la società e per i soci. In sostanza, viene rilevato come i giudici del riesame avrebbero potuto compiere tale valutazione sulla base della documentazione prodotta dalla difesa, da cui risultava evidente l'indispensabilità di compiere detta cessione di azienda e la sua utilità economica, anche in termini di salvaguardia del valore delle quote di fronte al pericolo di un dichiarazione di fallimento o comunque di scioglimento della società. A questo proposito, nel ricorso si evidenzia come tale documentazione è stata prodotta per la prima volta dal D. davanti al Tribunale di Ancona, mentre né il giudice civile, né il Giudice per le indagini preliminari hanno avuto la possibilità di esaminare tali documenti al fine di valutare la lesività della condotta. Da tale documentazione emergerebbe come il trasferimento ha consentito, successivamente, l'azzeramento e la ricostituzione del capitale sociale, operazione che lo stesso Tribunale ha ritenuto funzionale per evitare la scioglimento della società. Infine, parte ricorrente ha censurato l'ordinanza impugnata anche sotto il profilo della mancanza del periculum, dal momento che le quote risultavano già tutelate dal sequestro giudiziario civile. Con memoria depositata il 23 gennaio 2012 il difensore del D. ha rappresentato che, nelle more del presente ricorso, il giudice civile ha dichiarato l'inefficacia del sequestro in mancanza dell'instaurazione del giudizio di merito da parte di V. e che il Tribunale di Ancona ha respinto la domanda con cui V. ha chiesto la sospensione della delibera assembleare del 14.9.2011. 3. - Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati. Il Tribunale ha individuato il fumus commissi delicti del provvedimento cautelare reale nel trasferimento del ramo d'azienda da parte dell'indagato, che ha considerato una forma di elusione del provvedimento del giudice civile. Tuttavia, il sequestro civile era stato posto a tutela delle quote, non dei beni aziendali, sicché ciò che avrebbe dovuto giustificare il sequestro preventivo penale è l'indebito esercizio dei diritti collegati alle quote. Ma di questo non vi è traccia nel provvedimento impugnato, che invece ha motivato la ritenuta elusione soltanto con riferimento alla mancata autorizzazione del custode giudiziario alla cessione del ramo d'azienda. In sostanza, il sequestro civile, per come disposto, non era diretto ad impedire la gestione della società, ma solo a imporre il vincolo sulle quote se il giudice civile avesse voluto impedire la gestione della società, avrebbe dovuto imporre il sequestro sull'intera azienda e non solo sulle quote. Peraltro, nel provvedimento impugnato non si da atto né delle ragioni, né degli effetti della cessione del ramo d'azienda, al fine di valutare, a livello meramente indiziario, il presupposto di una condotta elusiva. Sotto un altro profilo, si osserva che nella specie appare mancante anche il presupposto del pericuium. L'istituto dei sequestro preventivo deve considerarsi di stretta interpretazione, per cui ad esso non può farsi ricorso in difetto di rigorose esigenze processuali e quando, per la pendenza di una controversia civile sul bene, sia stato già adottato un altro provvedimento cautelare civile, che assicuri la salvaguardia degli interessi delle parti Sez. VI, 15 dicembre 1993, numero 4136, Ascani . Ed è quanto accaduto nella fattispecie in esame, in cui già il giudice civile aveva assicurato la tutela di alcuni soci attraverso il sequestro delle quote, per cui non vi era alcuna effettiva esigenza di imporre un sequestro preventivo penale, dal momento che l'esistenza di un preesistente provvedimento cautelare civile avrebbe dovuto fare escludere la probabilità di un danno futuro, mancando i caratteri della concretezza e della attualità e non avendo il bene oggetto della misura un'intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato ipotizzato. 4. - Ne consegue che l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, disponendo la restituzione delle quote in sequestro all'avente diritto. La Cancelleria provvederà alle comunicazioni previste dall'articolo 626 c.p.p., conseguenti alla cessazione degli effetti del provvedimento cautelare genetico. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone la restituzione all'avente diritto delle quote in sequestro. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 626 c.p.p