È necessario sospendere il processo e rinviare gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione, affinché chiarisca se la previsione dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, interpretata alla luce dell’articolo 4 prot. numero 7 CEDU e della relativa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, osti alla possibilità di celebrare un procedimento penale avente ad oggetto un fatto per cui un medesimo soggetto abbia riportato una sanzione amministrativa irrevocabile.
Questo l’oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale, richiesta dal Tribunale di Bergamo alla Corte di Giustizia di Lussemburgo che consente di tracciare i delicati e aggrovigliati rapporti tra diritto al ne bis in idem di fonte europea e 'doppio binario' sanzionatorio nazionale penale e amministrativo . La normativa interna di riferimento e il caso concreto. L’articolo 10-ter d.lgs. 74/2000 sanziona con la reclusione da sei mesi a tre anni l'omesso versamento dell'IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successiva ma vi è anche il parallelo illecito amministrativo di cui all'articolo 13 d.lgs. 471/1997, secondo cui «chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato». L'imputato nel caso di specie è stato tratto a giudizio per il delitto di cui all'articolo 10-ter d.lgs. 74/2000 perché, in qualità di titolare dell'omonima ditta individuale, ometteva il versamento dell'IVA dovuta per il 2011 per un importo complessivo di oltre 280.000 euro dunque ben oltre la soglia di punibilità attualmente prevista dalla normativa penale. Il medesimo imputato aveva peraltro già ricevuto nel 2013 cartella esattoriale relativa al medesimo importo maggiorato, ai sensi dell'articolo 13 d.lgs. 471/1997 poc'anzi citato, di una sanzione pari al 30% della somma evasa e dunque pari a oltre 84.000 euro , e aveva già presentato istanza di rateizzazione all'amministrazione tributaria, da questa regolarmente accolta. L'imputato aveva così chiuso il proprio contenzioso amministrativo. Normativa di derivazione sovrannazionale. Sospetta a questo punto il Tribunale di Bergamo che la perdurante pendenza del processo penale per il delitto di cui all'articolo 10-ter d.lgs. 74/2000 possa costituire una violazione del diritto al ne bis in idem sancito, a livello comunitario, dall'articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea CDFUE «nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge». Tale norma deve essere letta alla luce della cruciale disposizione di cui all'articolo 52 § 3 CDFUE, a tenore della quale «Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell'Unione conceda una protezione più estesa». Come chiarito dalle Spiegazioni ufficiali alla Carta - delle quali occorre tener conto nell'interpretazione della stessa articolo 6 § 1 TUE -, il richiamo dell'articolo 52 CDFUE ai diritti conferiti dalla Convenzione europea si estende anche alle norme dei suoi protocolli tra cui dunque l'articolo 4 Prot. 7, che sancisce il diritto al ne bis in idem , e si estende altresì all'interpretazione fornita da tale norme dalla Corte EDU che è il giudice ultimo della Convenzione e dei suoi protocolli, ai sensi dell'articolo 32 CEDU . Ne bis in idem escluso dalla Cassazione Il Tribunale bergamasco ricorda che l'argomento forte utilizzato dalla giurisprudenza della Cassazione per negare il rapporto di specialità in astratto tra le due norme in questione l'articolo 13 d.lgs. 471/1997 e l'articolo 10-terd.lgs. 74/2000 il diverso momento di perfezionamento dell'illecito - che si realizza, per ciò che concerne l'articolo 13, alla scadenza del termine mensile o trimestrale scelto dal contribuente per il versamento dell'IVA, e per l'articolo 10-ter al momento del termine annuale per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successiva Sez. unumero , 28 marzo 2013, 37424 . ma non dal Tribunale di Bergamo. Tale diverso termine, che comporta necessariamente una mancata coincidenza tra gli importi dovuti alle singole scadenze mensili o trimestrali e quello dovuto globalmente l'anno successivo per evitare la realizzazione del delitto di cui all'articolo 10-ter, non è tuttavia considerato decisivo dal Tribunale ai fini dell'operatività della garanzia del ne bis in idem convenzionale la condotta costitutiva dell'illecito penale ha, infatti, ad oggetto il mancato pagamento - entro un termine, per così dire, 'di grazia' concepito dal legislatore per dare un'ultima opportunità al contribuente - di un importo che risulta, puramente e semplicemente, dalla somma degli importi dovuti alle singole scadenze relative all'anno fiscale precedente.Nel caso concreto, in effetti, il mancato pagamento rimproverato in sede penale all'imputato pari a circa 280.000 euro, dovuta a titolo di IVA per l'anno 2011 è esattamente quello che ha costituito, in sede tributaria, il presupposto dell'inflizione della sovrattassa di circa 84.000 euro. Identico il periodo di imposta considerato e identica la somma evasa, per la quale il soggetto è stato - dunque - già sanzionato dall'amministrazione tributaria con provvedimento divenuto ormai definitivo. Di qui la conclusione del Tribunale il fatto ora contestato all'imputato è, verosimilmente, un idem rispetto a quello già sanzionato in via amministrativa sicché la mera celebrazione e prosecuzione del processo a suo carico prima ancora che la sua eventuale condanna potrebbe costituire una violazione del suo diritto fondamentale sancito dall'articolo 50 CDFUE, letto alla luce della corrispondente giurisprudenza della Corte europea formatasi sull'articolo 4 Prot. 7 CEDU negli stessi termini, Trib. Torino, IV sez. penumero , 27 ottobre 2014 . La giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Tale copiosa giurisprudenza viene richiamata dal Tribunale, in particolare attraverso la menzione di due recenti pronunce del 2014, Nykanen c. Finlandia CEDU, IV Sez., sent. 20 maggio 2014 , e Lucky Dev c. Svezia CEDU, V Sez., sent. 27 novembre 2014. Ma i principi desumibili da tali pronunce sono, in realtà, ampiamente consolidati nella giurisprudenza della Corte europea e stanno a fondamento della stessa sentenza Grande Stevens c. Italia CEDU, II Sez., sent. 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri c. Italia, ric. numero 18640/10 in materia di manipolazione del mercato. Due i caposaldi di questa giurisprudenza di immediato rilievo anche per la materia che qui viene in considerazione a da un lato, il concetto di reato nell'articolo 4 Prot. 7 CEDU deve essere letto con riferimento alla medesima condotta - nelle sue concrete coordinate spaziotemporali - che costituisce il presupposto della sanzione, e non già alla sua qualificazione normativa b dall'altro, l'espressione assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge e alla procedura penale dello Stato deve essere interpretato con riferimento non solo alle sentenze e agli altri provvedimenti definitivi resi nell'ambito di un procedimento qualificabile come penale secondo l'ordinamento nazionale, ma anche a tutti quei provvedimenti che, statuendo sulla responsabilità dell'individuo ai fini della eventuale inflizione di una sanzione di carattere punitivo nei suoi confronti per il medesimo fatto storico, abbiano natura sostanzialmente penale secondo l'autonomo apprezzamento della Corte di Strasburgo, in base ai noti criteri elaborati a partire dalla storica sentenza Engel in poi. La palla passa alla Corte di Lussemburgo. Anche la Corte di Giustizia ha mostrato di recepire l’indirizzo “sostanzialista” della sanzione penale nella decisione Åkerberg Fransson del 26 febbraio 2013. Se è vero che di recente la Corte di Lussemburgo si è dichiarata incompetente in materia di omesso versamento di ritenute certificate Corte Giustizia UE, 15 aprile 2015, Burzio , siffatta dichiarazione di incompetenza era giustificata dalla circostanza che l’articolo 10-bis d. lgs. 74/2000 concerna l’imposta sui redditi, e si lasci trasparire che non vi sarebbe stato un analogo epilogo ove la questione avesse riguardato l’IVA § § 29 e 30 . Pochi dubbi infatti che a materia dell'evasione dell'IVA rientra appieno nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione. Il principio è stato per la prima volta affermato nella sentenza Fransson Corte Giustizia UE, Grande Sezione, 26 febbraio 2013 ed è stato ora ribadito, a chiarissime lettere, dalla recente sentenza dell’8 settembre 2015 sul caso Taricco ed altri nella quale, in ragione del principio del primato del diritto UE rispetto a quello nazionale compreso lo stesso diritto penale , la Corte di giustizia afferma ora l’obbligo per il giudice penale italiano di disapplicare il combinato disposto degli articolo 160 e 161 c.p. nella misura in cui egli ritenga che tale normativa – fissando un limite massimo al corso della prescrizione, pur in presenza di atti interruttivi, pari di regola al termine prescrizionale ordinario più un quarto – impedisce allo Stato italiano di adempiere agli obblighi di tutela effettiva degli interessi finanziari dell’Unione imposti dall’articolo 325 del Trattato sul funzionamento dell’Unione TFUE . In buona sostanza, il giudice avrà in tal caso l’obbligo – discendente direttamente dal diritto dell’Unione – di condannare l’imputato ritenuto colpevole dei reati ascrittigli, nonostante l’intervenuto decorso del termine prescrizionale calcolato sulla base degli articolo 160 e 161 c.p. Cass., III sez. penumero , 17 settembre 2015 . In senso difforme rispetto alla decisione qui segnalata, cfr. peraltro l'ordinanza resa del 18 settembre 2015 dalla Corte d'appello di Milano, la quale ha invece ritenuto di investire della questione la Corte costituzionale invitandola espressamente ad opporre per la prima volta nella storia della nostra giurisprudenza costituzionale l'arma dei 'controlimiti' alle limitazioni di sovranità nei confronti dell'ordinamento europeo. Il possibile 'controlimite' rispetto al generale obbligo, per il giudice italiano, di dare applicazione ad una norma di diritto primario dell'Unione l'articolo 325 TFUE così come interpretata dalla Corte di giustizia, viene identificato dalla Corte milanese nel principio di legalità in materia penale di cui all'articolo 25, comma 2 Cost., nell'estensione individuatane dalla giurisprudenza costituzionale italiana principio evidentemente considerato dal giudice a quo quale 'fondamentale' nell'ordinamento giuridico italiano, e come tale prevalente rispetto ai vincoli assunti dall'Italia nei confronti dell'ordinamento dell'Unione europea all'atto della sua adesione al medesimo. Sollevata anche la questione di legittimità costituzionale. A complicare il quadro sinora descritto, occorre ricordare che sull'articolo 10-ter d.lgs. 74/2000 pende identica questione stavolta di legittimità costituzionale , sollevata dal Tribunale di Bologna il 21 aprile 2015. Considerato come non sia possibile nelle previsioni del d. lgs. numero 74/2000 individuare soluzioni ermeneutiche tali da consentire di precludere la doppia punizione – in parte a causa della formulazione testuale delle singole disposizioni, in parte in ragione del diritto vivente formatosi nella materia – il Tribunale emiliano decide di rimettere al giudice delle leggi, per violazione dell’articolo 117 comma 1 Cost., la questione sull’articolo 649 c.p.p., nella parte in cui non preclude un secondo giudizio ex articolo 10-ter d. lgs. numero 74/2000 ove l’imputato sia già stato condannato in sede tributaria in ragione dell’articolo 13 d. lgs. 471/1997. Va rilevato come al Tribunale anche in quell’occasione fosse stata rappresentata dalla difesa la possibilità di sollevare questione interpretativa in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ex articolo 267 TFUE, mentre l’ipotesi della rimessione alla Corte costituzionale venisse proposta solo in via subordinata. Possibili scenari. Vedremo come si pronunceranno le Corti europee ed italiana. Vi è il rischio di pronunce differenti nella misura in cui la Corte di Giustizia porti avanti il diritto al ne bi in idem “europeo”, mentre la Corte costituzionale rimanga ancorata ad un concetto italiano di divieto di doppia incriminazione escludendolo sulla base del solo dato formale della sanzione. Se, invece, la soluzione comunitaria del ne bis in idem, fosse confermata o anticipata dalla Consulta non vi sarebbe alcun problema di “controlimite” in quanto la soluzione comunitaria sarebbe in favor rei escludendo la doppia punibilità, penale e amministrativa quindi non intaccherebbe il principio di legalità.
Tribunale di Bergamo, sez. III Penale, ordinanza 16 settembre 2015 Giudice Bertoja Fatto e diritto L'imputato è stato tratto a giudizio per rispondere dei reato sopra indicato con decreto di citazione diretta in data 13/11/2014 con memoria difensiva depositata in occasione della prima udienza dibattimentale utile dell'8/7/2015 venivano prodotti la contestazione dell'Agenzia delle Entrate concernente l'omessa versamento IVA nei termini e per il periodo di imposta sopra indicati, la relativa cartella esattoriale iscritta a ruolo in data 6/11/2013, l'accoglimento dell'istanza di rateizzazione presentata dall'imputato e l'attestazione dei pagamenti delle prime rate dal medesimo imputato effettuati. Deve dunque concludersi che l'imputato è stato sottoposto a procedimento penale dopo essere stato oggetto di un regolare procedimento amministrativo definitivamente concluso prima dell'instaurazione dei procedimento penale, in relazione al quale procedimento amministrativo - come risulta dalla documentazione prodotta e sopra indicata - l'autorità amministrativa sta riscuotendo l'intero ammontare dell'imposta non pagata oltre alla sanzione pari ad euro 84.748,74. In un simile contesto, ritiene questo giudice, sulla scorta della giurisprudenza comunitaria, che la celebrazione e la definizione del presente procedimento penale possano rappresentare una violazione del divieto di bis in idem sancito dall'articolo 50 CDFUE 'Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell'Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge in argomento assumono rilievo, tra le altre, tre recenti pronunce delle Corti europee - Sentenza della Corte di giustizia Grande Sezione del 26/2/2013 nella causa C - 617110, A. c. H.A.F., secondo cui una combinazione di sanzioni amministrative e penali per le medesime violazioni in materia di obblighi dichiarativi sarebbe astratta mente compatibile con il principio del ne bis in idem sancito dall'articolo 4 del protocollo 7 CEDU e dal citato articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, salvo che la sanzione amministra iva non debba essere in concreto ritenuta di natura penale all'esito della valutazione rimessa al giudice nazionale. Sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. IV Sezione, dei 20/512014 nella causa Nvkanen contro Finlandia, secondo cui deve essere qualificata conia di natura penale sulla base dei notori Engel criteria' la sovrattassa di 1.700 euro applicata in sede amministrativa al ricorrente e divenuta definitiva prima dell'instaurazione del procedimento penale per frode fiscale, conclusosi con sentenza di condanna a pena detentiva - Sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, V Sezione, del 27/11/2014 nella causa Lucky Dev contro Svezia, che ha fornito una precisa Interpretazione del concetto di stesso fitto same offence” . Orbene, quanto al diritto nazionale, la sanzione amministrativa per gli omessi versamenti, alle prescritte scadenze, di imposte periodici, in acconto, a conguaglio o a saldo risultatiti dalla dichiarazione è prevista dall'articolo 13 co. 1 d.lgs. 471/97 ed è corrispondente al 30% dell'importo non versato la disciplina penale prevede, all'articolo 10 d.lvo 74/2000 che sia punito con la reclusione da sei mesi a tre anni chiunque non versi l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale entro il termine, per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo e sempre che l’ammontare dell’imposta sia superiore a un a determinata soglia di rilevanza penale, nel caso in esame abbondantemente superata. La materia di interesse nel sistema italiano è specificatamente regolata dagli articolo 19 e segg. Divo 7412000, raccolti nel titolo `'Rapporti con il sistema sanzionatorio amministrativo e fra procedimenti in sintesi, è normativamente prevosto che il procedimento penale e quello amministrativo procedano separati, cioè che nessuno dei due debba essere sospeso in attesa della definizione dell'altro che l'Ufficio competente irroghi comunque le sanzioni amministrative relative alle violazioni finanziarie oggetto della notizia di reato che tuttavia tali sanzioni NON siano eseguibili. salvo che il procedimento penale sia definito con archiviazione o con sentenza irrevocabile di assoluzione o proscioglimento che escluda la rilevanza penale del fatto, e in quest'ultimo caso il termine per la riscossione decorre dalla data di comunicazione all'Ufficio del provvedimento assolutorio. Tale articolata previsione ', tuttavia, scongiura solo in astratto il pericolo che sanzione penale e sanzione amministrativa si cumulino in capo al responsabile, essendo in concreto possibile - e il caso in esame ne è prova evidente - che un soggetto si trovi sottoposto a procedimento penale dopo che gli è stata inflitta in via definitiva una sanzione amministrativa ma soprattutto il sistema delineato entra in palese contraddizione con se stesso nel momento in cui è prevista, all'articolo 13 del medesimo D.Lvo, l'attenuante speciale del pagamento del debito tributario attenuante che sola rende altresì possibile il patteggiamento per i reati tributari , pagamento che. per espressa dizione del co. 2, deve riguardare anche le sanzioni amministrative previste per la violazione delle norme tributarie, sebbene non applicabili all'imputato a norma dell'articolo 19 . Si desume insomma che chi voglia godere di benefici in sede penale deve volontariamente rinunciare al divieto dì bis in idem. Passando ad esaminare il caso di specie, l'attuale imputato è stato condannato in via definitiva dall'Amministrazione Finanziaria per l'omesso versamento di IVA risultante dalla dichiarazione relativa all'anno di imposta 2011 per un ammontare complessivo di curo 282.495,76 tale condanna ha comportato il pagamento della somma di curo 84.748.74 a titolo di sanzione, ed è attualmente in esecuzione alla luce della documentata rateizzazione. Per gli stessi fatti l'imputato è stato tratto a giudizio in sede penale. Quanto all'identità soggettiva di chi si assume più volte sanzionato per lo stesso fatto, la documentazione prodotta attesta che la cartella di pagamento è stata emessa nei confronti della persona fisica M. L, e che il medesimo M. è rinviato a giudizio quale titolare dell'omonima ditta individuale vi è dunque coincidenza tra destinatario della sanzione amministrativa e soggetto rinviato a giudizio 3, Quanto all'identità del fatto, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale nazionale4, il principio di specialità non si applicherebbe nei rapporti tra i reati di omesso versamento di ritenute certificate o IVA e gli illeciti amministrativi di omesso versamento periodico delle somme dovute a tali titoli, in quanto tra reato e illecito amministrativo intercorrerebbe un rapporto non di specialità ma di progressione l'illecito amministrativo cioè si perfezionerebbe al momento dell'omesso versamento periodico delle singole scadenze mentre il reato si consuma alla scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale. Al dì là dell'osservazione per cui una simile interpretazione trascura il dato sostanziale per cui il reato implica necessariamente il passaggio attraverso gli illeciti amministrativi, e dunque non pare applicare correttamente il principio dell'assorbimento, ben diversi sono i criteri elaborati dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo fin dal noto caso S.Z. contro Russia, che ha costituito una fondamentale inversione di rotta rispetto all'orientamento precedente. In sintesi, secondo la Corte, il punto di riferimento non deve essere l'astratta previsione legislativa legal characterisation , ma il fatto concreto, e in applicazione di tali principi ha concluso che il procedimento tributario e quello penale che si riferiscano al medesimo periodo temporale e allo stesso ammontare debbono essere considerati come idem factus ai sensi dell'articolo 4, prot. numero 7 CEDU. Quanto alla natura penale della sanzione, aspetto che secondo la sentenza Fransson della Corte di Giustizia deve essere apprezzato dal giudice nazionale, deve rilevarsi che la sovrattassa del 30% dell'importo non pagato prevista dalla normativa tributaria appare adeguatamente afflittiva e soprattutto munita di funzione deterrente, aspetti questi comuni alla sanzione penale in base alla consolidata interpretazione della Corte EDU. Sulla base delle argomentazioni sopra svolte, risulta necessario sospendere il processo e rinviare gli atti alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea ai sensi dell'articolo 267 del vigente Trattato sul funzionamento dell'Unione, affinché chiarisca se la previsione dell'articolo 50 CDFUE, interpretata alla luce dell'articolo 4 prot numero 7 CEDU e della relativa giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo poc'anzi citata, osti alla possibilità di celebrare un procedimento penale avente ad oggetto un fatto per cui il medesimo soggetto abbia riportato sanzione amministrativa irrevocabile, nei termini di cui in motivazione ulteriori determinazioni sulla sospensione del procedimento e sulla sospensione della prescrizione come da dispositivo. P.Q.M. visto l'articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione, Dispone il rinvio degli atti alla Corte di Giustizia dell'Unione europea, formulando la seguente questione pregiudiziale di interpretazione del diritto dell'Unione se la previsione deli' articolo 50 CDFUE, interpretato alla luce dell'articolo 4 prof. numero 7 CEDU e della relativa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, osti alla possibilità di celebrare un procedimento penale avente ad oggetto un fatto omesso versamento IVA per cui il soggetto imputato abbia riportato sanzione amministrativa irrevocabile Dispone la sospensione del procedimento fino alla pronuncia della Corte di Giustizia nonché la sospensione della prescrizione del reato ai sensi dell'articolo 159 co. 1 numero 2 cp Manda alla Cancelleria, per la trasmissione alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea dei presente provvedimento e degli atti di causa mediante plico raccomandato indirizzato alla Cancelleria della Corte di Giustizia Rue du Fori Niedergrunewald, L - 2925, Lussemburgo.