La S.C., nel rigettare il ricorso di un giovane che, guidando in stato di ebrezza, aveva investito alcune persone senza fermarsi a prestare il dovuto soccorso, ha chiarito, richiamando la giurisprudenza costante in materia, gli elementi che connotano il reato ex articolo 189 d.lgs. numero 285/1992 Codice della Strada , ribadendone le linee guida per l’accertamento. Spetta al giudice di merito e non a quello di legittimità vagliare l’utilizzabilità o meno delle prove assunte quando l’imputato era in stato di ubriachezza, nonché valutare l’attendibilità di quest’ultimo.
È quanto deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 42311, depositata il 10 ottobre 2014. Il caso. Il ricorrente era stato condannato, in primo e secondo grado, per il reato di cui all’articolo 189, commi 6 e 7 c.d.s. a 5 mesi e 10 giorni di reclusione, commutata in appello in una multa pari ad € 6080. Infatti aveva investito alcune persone, finendo poi con la parte anteriore della sua vettura contro il guardrail, senza prestare il dovuto soccorso. L’appello fu impugnato perché si riteneva che il giovane non fosse attendibile, visto che era ubriaco, quando aveva reso dichiarazioni spontanee, né che le stesse, perciò, fossero utilizzabili. Ergo non poteva essergli contestata alcuna responsabilità penale, perché difettava l’elemento soggettivo del dolo, anche nella sua forma di dolo eventuale. Lamenta che la P.G. avesse dovuto sospendere l’interrogatorio in analogia a quanto sancito dagli articolo 70 e 71 c.p.p. Infine contesta la mancata applicazione dell’attenuante ex articolo 62 numero 6 c.p. dato che aveva refuso interamente il danno e si era subito costituito in Questura, «dopo aver verificato quanto fosse accaduto sul luogo del fatto». Comportamento in caso si provochi un incidente. È quanto disciplinato dall’articolo 189 Cds che impone severi oneri in capo agli utenti della strada che, per il loro comportamento, provochino un sinistro. In primis è punito penalmente chi omette l’assistenza dei feriti volontariamente dolo e chi ne accetta il rischio pur comprendendone gli effetti lesivi, pur se a livello di possibilità o mera probabilità dolo eventuale Cass. numero 6904/2013 e numero 36270/2012 . È irrilevante l’affidamento fatto sull’intervento di terzi o delle forze dell’ordine allertate Cass. numero 11689/2012 . Viene meno a tali doveri anche chi sosti sul luogo del sinistro senza fare identificare sé ed/od il suo veicolo Cass. numero 9128/2012 . Si deve sempre consentire la ricostruzione dei fatti e fornire i dati utili anche alla tutela risarcitoria. È un’ipotesi speciale del reato di omissione di soccorso. Condivide con l’articolo 593, comma 2, c.p. «l’oggettività giuridica e la condotta dell’omessa assistenza alla persona ferita» Cass. numero 20649/2012 . Rispetto a questa norma però ha anche un proprio elemento tipico. Infatti è punito l’utente della strada che causa un sinistro, violando detti obblighi di garanzia, per il suo comportamento. Prevede, poi, «un antefatto non punibile, concretato dall’essersi verificato un sinistro stradale, idoneo a concretare una situazione di pericolo attuale, da cui sorge l’obbligo di agire». Nel primo caso il bene tutelato è la necessità di accertare le modalità del sinistro ed identificare le persone coinvolte, anche ai fini risarcitori, mentre quello protetto dall’articolo 593 c.p. è «un bene di natura superindividuale solidarietà sociale da preservarsi soprattutto quando sono in pericolo la vita e l’incolumità di chi versa in pericolo». L’obbligo d’intervenire è dovuto alla necessità di prevenire un danno futuro come si desume dal comma 2 in cui si definisce lo «stato di pericolo». L’articolo 189 c.d.s., quindi, implica una presunzione di pericolo conseguente al sinistro stradale da cui deriva l’onere di assistenza che grava in capo ai soggetti coinvolti il soccorso, tenendo «conto del luogo, del modo, dei tempi e dei mezzi» è volto ad «evitare il danno che si profila» per il ritardato aiuto. In breve la ratio della norma si fonda sull’esperienza dei «protagonisti» del sinistro di percepire le conseguenze connesse a detto ritardo, da cui derivi un danno alla vita ed all’incolumità dei feriti, indipendentemente se siano loro ascrivibili o meno. È corretto, dunque, sanzionare penalmente la condotta del ricorrente. Quando sono utilizzabili le dichiarazioni spontanee? Il giudice deve essere sempre garante della legalità del procedimento probatorio, anche nei giudizi speciali c.d. a prova contratta, come il rito abbreviato. In essi la parti accettano che sia definito nell’udienza preliminare sulla base degli elementi raccolti durante le indagini preliminari hanno un valore probatorio che non avrebbero nel procedimento ordinario dibattimento . Ergo il divieto di utilizzare le dichiarazioni spontanee si riferisce solo al dibattimento e non anche all’abbreviato, poiché «sono atti istruttori connotati da inutilizzabilità fisiologica in quanto utilizzabili ai fini delle contestazioni dibattimentali» Cass. numero 16/2000, numero 35027/2013 e numero 44874/11 . Le garanzie circa l’incapacità dell’infermo di mente a partecipare al procedimento od al processo, previa perizia medica che l’accerti, previste dall’articolo 70 c.p.p. sono estese anche all’ubriaco che si presenti alla P.G., ove ne ricorrano i presupposti. Le due incapacità sono assimilabili. Si precisi che per escludere la cosciente partecipazione dell’imputato è necessario accertare non solo la grave patologia psichiatrica, ma anche che sia in uno stato tale da non comprendere quanto avviene e, quindi, di non essere in grado di difendersi. Spetterà al giudice di merito vagliare l’inattendibilità dell’imputato e/o l’inutilizzabilità delle prove e/o la spontaneità delle dichiarazioni nel rispetto di dette garanzie di difesa. Corretta acquisizione delle dichiarazioni. In ogni caso l’imputato era in grado di seguire un ragionamento logico quando le ha rese, perché, contrariamente a quanto sostenuto dalla sua difesa, gli accertamenti sul tasso alcolemico, che hanno confermato il suo stato d’ebrezza, sono avvenuti prima e durante la verbalizzazione delle stesse alle 7 e 11 ed alle 7 e 28, mentre il verbale è stato aperto alle 7 e 20 e chiuso alle 7 e 40. Il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile perché era una mera ripetizione dell’appello senza alcuna puntuale ed argomentata critica.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 18 settembre – 10 ottobre 2014, numero 42311 Presidente Bianchi – Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Torino, in data 1/10/2013, ha parzialmente riformato la sentenza emessa il 18/05/2010 dal Tribunale di Aosta, revocando i capi civili e confermando la condanna pronunciata in primo grado nei confronti di D.P. in ordine al reato previsto dall'articolo 189, commi 6 e 7, d.lgs. 30 aprile 1992, numero 285 alla pena di mesi 5 e giorni 10 di reclusione, sostituita con la multa pari ad Euro 6.080,00. 2. Ricorre per cassazione D.P. , con atto sottoscritto dal difensore, censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi a con un primo motivo denuncia violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b cod. proc. penumero per erronea applicazione dell'articolo 189 d. Igs. numero 285/92 e dell'articolo 43 cod. penumero in relazione all'elemento soggettivo. Premesso che l'elemento soggettivo del reato contestato è il dolo, anche nella forma del dolo eventuale, e che esso deve abbracciare tutti gli elementi della fattispecie, il ricorrente lamenta che la pronuncia di condanna sia fondata esclusivamente sul contenuto del verbale di spontanee dichiarazioni rese dall'imputato in data 20 settembre 2008 alle ore 7 20 che, si assume, in quel momento era completamente ubriaco, secondo quanto emerge dal risultato del primo alcoltest eseguito alle 7 11. Secondo il ricorrente, la Corte sarebbe incorsa in un vero e proprio errore, affermando che l'esame alcolemico sarebbe stato disposto all'esito delle dichiarazioni rese da D.P. , risultando per tabulas che le spontanee dichiarazioni vennero assunte dopo la prima rilevazione con etilometro. Il secondo rilevamento alcolemico, secondo quanto risulta dagli atti, sarebbe stato effettuato mentre D.P. rendeva le spontanee dichiarazioni tali elementi, si assume, smentirebbero due importanti deduzioni effettuate dalla Corte, che ha ritenuto che al momento delle spontanee dichiarazioni D.P. non fosse in palese stato di alterazione e che gli agenti di polizia giudiziaria abbiano fedelmente riportato le sue logiche e puntuali dichiarazioni. Nel ricorso si invoca l'applicazione analogica dell'articolo 71 cod. proc. penumero , che impone, in caso di sopravvenuta incapacità dell'imputato, di sospendere il procedimento con divieto assoluto di assumere le prove al di fuori dei limiti previsti dall'articolo 70, comma 2, cod. proc. penumero , ritenendo che gli ufficiali di polizia giudiziaria avrebbero dovuto limitarsi a denunciare D.P. dopo aver accertato che aveva un tasso alcolemico pari a quasi cinque volte i limiti di legge, anziché acquisire dichiarazioni inattendibili, da ritenere inesistenti in ragione delle modalità di assunzione e delle condizioni psicofisiche del dichiarante b con un secondo motivo denuncia violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. e cod. proc. penumero per vizio di motivazione in ordine all'affermazione della responsabilità penale dell'imputato. Il ricorrente deduce che, una volta espunto il verbale di spontanee dichiarazioni dagli atti utilizzabili, non vi sarebbe alcuna prova del dolo del delitto contestato, non potendosi desumere dalle dichiarazioni testimoniali la prova della consapevolezza in capo all'imputato di aver investito delle persone e avendo, anzi, una delle persone offese dichiarato che, dopo l'investimento, il veicolo condotto dall'imputato ha urtato con la parte anteriore contro il guard rail c con un terzo motivo denuncia violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b e c cod. proc. penumero per inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 62 numero 6 cod. penumero ed assoluta carenza di motivazione sul punto. Il ricorrente, premesso di aver integralmente risarcito il danno e di essersi immediatamente recato in Questura dopo aver verificato cosa fosse accaduto sul luogo del fatto, lamenta l'omessa applicazione dell'attenuante di cui all'articolo 62 numero 6 cod. penumero . 3. Risultano depositate dal ricorrente note difensive in udienza, in cui si ribadiscono e sviluppano i motivi di ricorso. Considerato in diritto 1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, in quanto logicamente collegati, possono essere esaminati congiuntamente. Si tratta di motivi infondati. 2. L'articolo 189 cod. strada descrive il comportamento che l'utente della strada deve tenere nel caso di sinistro comunque riconducibile al suo comportamento di guida, stabilendo una serie di obblighi tra i quali, per quanto qui interessa, l'obbligo di fermarsi e di prestare assistenza alle persone ferite, correlando alla violazione del primo obbligo la sanzione penale nell'ipotesi in cui dall'incidente sia derivato danno alle persone. Il bene giuridico tutelato dal comma 6 della disposizione in esame attiene alla necessità di accertare le modalità del sinistro e di identificare coloro che ne siano coinvolti, conseguentemente ritenendosi idonea ad integrare il reato anche la condotta di chi effettui sul luogo del sinistro una sosta momentanea, senza consentire la propria identificazione, né quella del veicolo, dovendo la sosta durare per tutto il tempo necessario all'espletamento delle prime attività di indagine Sez.4, numero 9128 del 2/02/2012, Boffa, Rv. 252734 Sez. 4, numero 6306 del 15/01/2008, Grosso, Rv. 239038 Sez.4, numero 20235 del 25/01/2001, Mischiatti, Rv. 234581 . 2.1. La condotta omissiva sanzionata dall'articolo 189, comma 7, cod. strada può considerarsi, invece, una ipotesi speciale del delitto di omissione di soccorso previsto dall'articolo 593, comma 2, cod. penumero per la definizione del reato ex articolo 189, comma 7, cod. strada in termini di omissione di soccorso, Sez. 4, numero 20649 del 10/05/2012, Shehi, numero m. Sez.4, numero 9128 del 2/02/2012, Boffa, numero m. sul punto , del quale condivide l'oggettività giuridica e la condotta dell'omessa assistenza alla persona ferita, con l'aggiunta a dell'elemento tipico del reato proprio mediante individuazione, nell'utente della strada al cui comportamento sia comunque ricollegabile l'incidente, del soggetto sul quale grava l'obbligo di garanzia, genericamente indicato nella norma generale in “chiunque” b di un antefatto non punibile, concretato dall'essersi verificato un sinistro stradale, idoneo a concretare una situazione di pericolo attuale, da cui sorge l'obbligo di agire. Secondo la preferibile interpretazione della norma generale, il bene giuridico tutelato dal reato in questione inserito tra i delitti contro la vita e l'incolumità personale è da individuarsi in un bene di natura superindividuale, quello della solidarietà sociale, da preservarsi soprattutto quando siano in discussione i beni della vita e della incolumità personale di chi versa in pericolo. In particolare, lo stato di pericolo è espressamente previsto per la fattispecie di cui al comma 2 dell'articolo 593 cod.penumero , e proprio la necessità di prevenire un danno futuro impone l'obbligo di un intervento soccorritore. Nella materia della circolazione stradale, il legislatore ha introdotto, come si evince dal tenore dell'articolo 189, comma 1, cod. strada, la presunzione che il verificarsi di un incidente determini una situazione di pericolo ed ha, conseguentemente, individuato nei soggetti coinvolti nel sinistro i destinatari dell'obbligo di fermarsi e di prestare assistenza. Assistenza significa quel soccorso che si rende necessario, tenuto conto del modo, del luogo, del tempo e dei mezzi, per evitare il danno che si profila. 2.2. Il reato in esame trova, dunque, il suo fondamento nell'obbligo giuridico di attivarsi previsto dall'articolo 189, comma 1, cod. strada, che attribuisce all'utente della strada, coinvolto in un sinistro comunque riconducibile al suo comportamento, l'obbligo di proteggere altri utenti coinvolti nel medesimo incidente dal pericolo derivante da un ritardato soccorso. L'obbligo di attivarsi trova, nel caso in esame, la sua ratio nel dato di esperienza per cui i protagonisti del sinistro sono in condizione di percepirne nell'immediatezza le conseguenze dannose o pericolose, dunque di evitare, indipendentemente dall'ascrivibilità agli stessi di tali conseguenze, che dal ritardato soccorso delle persone ferite possa derivarne un danno alla vita ed all'integrità fisica. 2.3. In particolare, secondo principi interpretativi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte, l'elemento soggettivo del reato previsto dall'articolo 189, comma 7, cod. strada è integrato anche in presenza del dolo eventuale, ravvisabile in capo all'utente della strada il quale, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare in termini di immediatezza la concreta eventualità che dall'incidente sia derivato danno alle persone, non ottemperi all'obbligo di fermarsi e prestare la necessaria assistenza ai feriti. In altre parole, per la punibilità è necessario che ogni componente del fatto tipico segnatamente il danno alle persone e l'esservi persone ferite, necessitanti di assistenza sia conosciuta e voluta dall'agente. A tal fine, è però sufficiente anche il dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all'elemento volitivo, ma che può attenere anche all'elemento intellettivo, quando l'agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso il rischio ciò significa che, rispetto alla verificazione del danno alle persone eziologicamente collegato all'incidente, è sufficiente che, per le modalità di verificazione di questo e per le complessive circostanze della vicenda, l'agente si rappresenti la probabilità - o anche la semplice possibilità-che dall'incidente sia derivato un danno alle persone e che queste necessitino di assistenza e, pur tuttavia, accettandone il rischio, ometta di fermarsi Sez.4, numero 6904 del 20/11/2013, dep. 12/02/2014, Richichi, numero m. Sez.4, numero 36270 del 24/05/2012, Bosco, numero m. Sez. 4, numero 33294 del 14/05/2008, Curia, Rv. 242113 . 2.4. Le circostanze di fatto ritenute accertate dai giudici del merito rendono del tutto logica la motivazione, laddove si è dedotto che l'imputato aveva avuto certamente modo di rendersi conto dell'idoneità dell'incidente da lui provocato a produrre eventi lesivi pagg.2-3 . Né rilevava la presenza di terzi posto che, in caso di incidente, l'obbligo di fermarsi e prestare assistenza agli eventuali feriti, grava direttamente su colui che si trova coinvolto nell'incidente medesimo, il quale è dunque tenuto ad assolverlo indipendentemente dall'intervento di terzi e senza poter fare affidamento sull'arrivo della polizia o di altra autorità già allertate Sez.4, numero 16891 del 14/03/2012, Krasniqi, numero m. . 2.5. Contrariamente a quanto affermato nel ricorso, peraltro, la motivazione concernente l'accertamento dell'elemento soggettivo del reato risulta correttamente argomentata e fondata sul contenuto delle dichiarazioni spontaneamente rese qualche ora dopo il sinistro dal medesimo D. alla Polizia Giudiziaria, la cui attendibilità è stata parimenti motivata ritenendo che le circostanze in cui le dichiarazioni erano state acquisite non legittimassero dubbi sulla compostezza mentale del dichiarante. 3. Le censure sviluppate nei motivi di ricorso in esame alludono alternativamente all'inutilizzabilità del verbale ovvero all'inattendibilità del suo contenuto, sul comune presupposto che risulterebbe per tabulas lo stato di incapacità, per ubriachezza, del dichiarante. Il ricorrente invoca l'applicazione analogica alla fase delle indagini preliminari del disposto dell'articolo 7O cod. proc. penumero , che regola l'ipotesi in cui vi sia ragione di ritenere che l'indagato o l'imputato non sia in grado di partecipare coscientemente al processo, per desumerne l'inesistenza del verbale di spontanee dichiarazioni redatto dalla Polizia Giudiziaria dopo l'accertamento di un tasso alcolemico pari a 2,20 g/l. 3.1. Occorre, in proposito, premettere che sin dalla pronuncia emessa dalle Sezioni Unite di questa Corte nel 2000 Sez. U, numero 16 del 21/06/2000, Tammaro, Rv.216246 , è consolidato il principio interpretativo secondo il quale il giudizio abbreviato costituisce un procedimento a prova contratta a mezzo del quale le parti accettano che la res iudicanda sia definita all'udienza preliminare alla stregua degli atti di indagine già acquisiti e rinunciano a chiedere ulteriori mezzi di prova, così consentendo di attribuire agli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari quel valore probatorio di cui essi sono normalmente sprovvisti nel giudizio che si svolge invece nelle forme ordinarie del dibattimento, a condizione che non si tratti di atti probatori assunti contra legem , i quali devono essere dichiarati inutilizzabili cosiddetta inutilizzabilità patologica in virtù del potere-dovere del giudice di essere, anche in quel giudizio speciale, garante della legalità del procedimento probatorio Sez.4, numero 9346 del 23/06/2000, Adami, Rv.216650 . Ne consegue che il divieto di utilizzazione delle dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria dalla persona nei cui confronti vengono svolte indagini articolo 350, comma 7, cod. proc. penumero va riferito al dibattimento e non anche al giudizio abbreviato, trattandosi di atti istruttori connotati da inutilizzabilità fisiologica in quanto utilizzabili ai fini delle contestazioni dibattimentali Sez.l, numero 35027 del 4/07/2013, Voci, Rv. 257213 Sez. 2, numero 44874 del 29/11/2011, Tutrone, Rv.251360 Sez.5, numero 18064 del 19/01/2010, Avietti, Rv.246865 . 3.2. Spetta al giudice, a tutela del diritto di difesa, accertare la effettiva natura spontanea delle dichiarazioni Sez.3, numero 36596 del 7/06/2012, Osmanovic, Rv.253575 Sez.3, numero 46040 del 13/11/2008, Bamba, Rv. 241776 , trattandosi peraltro di dichiarazioni sottratte alle regole generali previste per l'interrogatorio Sez.3, numero 10643 del 20/01/2010, Capozzi e altri, Rv.246590 , risolvendosi tale valutazione in un giudizio di fatto riservato al giudice di merito. Corollario di tale affermazione di principio è che, nel rispetto del medesimo diritto di difesa, spetti al giudice verificare anche la natura cosciente delle dichiarazioni spontanee. 3.3. Circa l'invocata applicazione analogica agli atti probatori acquisiti dalla Polizia Giudiziaria dell'articolo 70 cod. proc. penumero , dalla quale il ricorrente sembrerebbe desumere l'inutilizzabilità patologica del verbale di dichiarazioni spontanee dal medesimo rese in data 20 settembre 2008, va osservato che l'analogia tra la condizione di colui che, indagato o imputato, sia affetto da infermità di mente tale da legittimare il dubbio, ed attivare gli opportuni accertamenti tecnici, in merito alla sua consapevole partecipazione al procedimento o al processo e la condizione di colui che si presenti spontaneamente alla Polizia Giudiziaria in stato di ebbrezza alcolica non esclude la possibilità di applicare a quest'ultimo le garanzie procedimentali previste dall'articolo 70 cod. proc. penumero , purché ne ricorrano i presupposti. 3.4. E la valutazione in merito alla capacità dell'indagato, così come dell'imputato, di rendere dichiarazioni si risolve in ogni caso in un giudizio riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità ove valutato con adeguato rigore e fatto salvo il travisamento della prova Sez.2, numero 43094 del 26/06/2013. P.C., Floccari e altri, Rv.257426 . 3.5. La sentenza impugnata ha, con attenzione, esaminato la congruità logica delle dichiarazioni verbalizzate, fornendo satisfattiva motivazione in merito alla ritenuta capacità del D. di percepirne l'esatta portata nell'ambito del procedimento in corso, in perfetta aderenza ai principi affermati in materia, secondo i quali la capacità dell'imputato di rendere dichiarazioni deve essere valutata in concreto e non in astratto Sez. 2, numero 12195 del 14/03/2012, Romito, Rv. 252709 e per escludere il requisito della cosciente partecipazione dell'imputato al processo non è sufficiente la presenza di una patologia psichiatrica, anche grave, ma è necessario che l'imputato risulti in condizioni tali da non comprendere quanto avviene e da non potersi difendere Sez. 1, numero 14803 del 07/03/2012, Condello, Rv. 252267 Sez.6, numero 2419 del 23/10/2009 - dep. 20/01/2010, Baldi, Rv. 245830 Sez. 1, numero 19338 del 11/05/2006, Santapaola, Rv. 234223 . 3.6. Con particolare riguardo all'affermazione per cui l'alcoltest sarebbe stato effettuato all'esito delle dichiarazioni spontanee anziché in un momento antecedente, trattasi di doglianza inerente ad un punto non decisivo ai fini del giudizio di legittimità della motivazione, avendo la Corte territoriale, in ogni caso, chiarito che nel caso concreto l'accertamento dello stato di ebbrezza, seppure positivo, non aveva inciso sulla compostezza mentale del dichiarante pag. 4 . Deve, comunque, evidenziarsi che l'esame degli atti, consentito in ragione della natura della censura, ha permesso di verificare l'apertura del verbale di dichiarazioni spontanee alle ore 7 20 del giorno 20 settembre 2008, l'effettuazione dei rilievi mediante alcoltest alle ore 7 11 e 7 28 del medesimo giorno e la chiusura del verbale alle ore 7 40. I suindicati documenti sono stati trasmessi all'A.G. ai sensi dell'articolo 347 cod. proc. penumero con annotazione nella quale si da atto dell'effettuazione dell'alcoltest e dell'acquisizione delle spontanee dichiarazioni ma non emerge, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, che l'alcoltest sia stato effettuato successivamente alle dichiarazioni spontanee. 4. La doglianza mossa con il terzo motivo di ricorso si presenta generica ed è, in quanto tale, inammissibile. Il ricorrente si è, infatti, limitato a reiterare le deduzioni poste a sostegno di analogo motivo di appello senza confrontarsi con la dovuta specificità con la motivazione offerta alle pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata. 4.1. Come costantemente affermato da questa Corte ex plurimis, Sez.6, numero 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 , la funzione tipica dell'impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità articolo 581 e 591 cod.proc.penumero debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell'atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta pertanto di chiara evidenza che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, si limiti a riprodurre il motivo d'appello, per ciò solo si destina all'inammissibilità, venendo meno in radice l'unica funzione per la quale è previsto e ammesso la critica argomentata al provvedimento , posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente impugnato, lungi dall'essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato. 5. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato al rigetto segue, a norma dell'articolo 616 cod. proc. penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.