Respinta la richiesta avanzata dall’uomo, che attribuiva alla relazione extra coniugale della moglie la separazione. A suo avviso il ritorno assieme della coppia era stato puramente formale. Ma questa visione viene smentita, secondo i giudici, dalla durata ventennale del rapporto post tradimento.
Rottura fragorosa provocata dalla scoperta delle ‘corna’, ad appena due anni dal ‘fatidico sì’. Poi, però, la ripresa della vita familiare. Pro forma? Questa ipotesi fa a pugni colla durata ventennale – post tradimento – del rapporto. Per questo, la separazione – definitiva, questa volta, e sigillata dal giudice – non può affondare le radici nella relazione extraconiugale Cassazione, ordinanza numero 12750, Sesta sezione Civile, depositata oggi . Acqua sotto i ponti A chiudere la vicenda, ora, è la pronunzia dei giudici del Palazzaccio, che, seguendo la linea di pensiero già tracciata in primo e in secondo grado, considerano non fondata la prospettiva tracciata dall’uomo. Secondo quest’ultimo, difatti, la rottura del matrimonio è dovuta «alla violazione dell’obbligo di fedeltà della propria moglie, perpetrato prima del matrimonio», soprattutto tenendo presente che, «dopo la prima separazione consensuale, seguita alla scoperta dell’adulterio», era «ripreso il rapporto matrimoniale» però «su basi esclusivamente formali». Di conseguenza, aggiunge l’uomo, le sue «successive relazioni extraconiugali» vanno valutate come «mera conseguenza» – e quindi «ampiamente giustificabili» – della «situazione coniugale creatasi» e addebitabile «esclusivamente alla moglie» Per i giudici della Cassazione, però, questa visione non ha alcun fondamento logico. Per una ragione semplicissima la «infedeltà coniugale» della donna «non ha impedito la ripresa del vincolo coniugale, in modo effettivo, per venti anni». Ecco perché è da confermare la pronunzia emessa in Corte d’Appello nessun addebito, né all’uomo né alla donna, per la chiusura del rapporto matrimoniale.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 19 febbraio - 23 maggio 2013, numero 12750 Presidente Di Palma – Relatore Acierno Fatto e diritto Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ai sensi dell’articolo 380 bis cod. proc. civ., in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 19850 del 2012 “Rilevato che la sentenza impugnata, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, di separazione personale tra G.S. ed E.M., ha confermato il rigetto delle reciproche domande di addebito dei due coniugi ed ha elevato l’assegno di mantenimento in favore di E.M. da 400 a 500 euro mensili, in parziale accoglimento dell’appello incidentale da tale parte proposto, rigettando, invece, tutti i motivi dell’appello principale proposti dal S., riguardanti la declaratoria d’inammissibilità della domanda d’addebito formulata dalla moglie in primo grado l’accoglimento della propria domanda di addebito l’imposizione di un contributo, a carico della moglie, per il parziale mantenimento del figlio maggiorenne ma non autosufficiente l’eliminazione dell’obbligo di versare un contributo per il mantenimento della moglie. Considerato che avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione G.S. affidandosi ai seguenti motivi a nel primo motivo si censura, ai sensi dell’articolo 360 numero 3 cod. proc. civ., la violazione dell’articolo 2697 cod. civ. da parte della Corte d’Appello per non aver ritenuto adeguatamente provata, da parte del ricorrente, la riconducibilità causale esclusiva del naufragio coniugale alla violazione dell’obbligo di fedeltà della propria moglie, perpetrato prima del matrimonio e dal quale sarebbe nato il figlio legittimo riconosciuto dal ricorrente. Al riguardo è stato evidenziato che dopo la prima separazione consensuale del 1988, seguita alla scoperta dell’adulterio, le parti avevano ripreso il rapporto matrimoniale su basi esclusivamente formali. Costituivano mera conseguenza di tale situazione le successive relazioni extraconiugali del ricorrente, ampiamente giustificabili alla luce della situazione coniugale sopra indicata ascrivibile esclusivamente alla propria moglie b nel secondo motivo si censura, sia sotto il profilo della violazione degli articolo 1456 cod. civ. e 115 e 116 cod. proc. civ., sia sotto il profilo del vizio di motivazione, la statuizione relativa alla quantificazione dell’assegno di mantenimento in favore della moglie, osservando che il ricorrente provvede in via quasi esclusiva al mantenimento del figlio maggiorenne ma non autosufficiente che il proprio patrimonio immobiliare è costituito da beni in nuda proprietà, del tutto improduttivi di redditi che la propria moglie gode di un buono stipendio e di una casa di sua proprietà ma acquistata con denaro del marito che, in conclusione, a fronte delle spese poste a carico del ricorrente medesimo, lo squilibrio economico patrimoniale di partenza si elimina. Considerato, altresì che E.M. ha resistito con controricorso Ritenuta l’inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso per le ragioni che seguono a quanto al primo motivo, nonostante la prospettazione, formale di un motivo di censura fondato sul vizio di violazione di legge, viene richiesto alla Corte un diverso apprezzamento dei fatti che hanno indotto il giudice di appello, con adeguata motivazione, ad escludere la fondatezza delle reciproche domande di addebito. In particolare, in ordine alla dedotta infedeltà coniugale della M., temporalmente collocabile due anni dopo la celebrazione del matrimonio, la Corte ha evidenziato che tale evento non ha impedito la ripresa del vincolo coniugale, in modo effettivo, per venti anni. Al riguardo le contrastanti deduzioni della parte ricorrente propongono esclusivamente un’inammissibile diversa valutazione delle circostanze poste a base della decisione impugnata sul punto, sostitutiva di quella incensurabilmente eseguita nel giudizio di secondo grado Cass. 5066 del 2007 5274 del 2007 b quanto al secondo motivo, le argomentazioni da svolgere sono analoghe così come la conclusione d’inammissibilità. Sotto il duplice, concorrente, profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, si richiede, pur non contestando la superiorità economico-patrimoniale del ricorrente, una diversa valutazione degli elementi esaminati dalla Corte d’Appello al fine di verificare in concreto l’esistenza dell’obbligo del ricorrente di concorrere al mantenimento della moglie separata. A riguardo la Corte d’Appello ha diversamente apprezzato le circostanze indicate dal ricorrente, osservando che la funzione del contributo al mantenimento del coniuge è quella di garantire tendenzialmente la conservazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Ai fini della quantificazione sono stati, infine, valutati sia il reddito della M. sia l’impegno economico del ricorrente per il mantenimento del figlio, laureato in Medicina, sia infine la parziale partecipazione alle spese per il figlio da parte della moglie separata. Nessuno degli elementi dedotti in ricorso è stato trascurato dalla Corte d’Appello ancorchè con una diversa finale valutazione. Ritenuto, infine, che ove si condividano i rilievi sopra svolti, il ricorso deve essere ritenuto inammissibile” Ritenuto che il Collegio aderisce integralmente alla relazione P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese del presente procedimento che liquida in E. 2500 oltre ad E 200 per esborsi ed oltre agli accessori di legge.