Il comproprietario che anticipa le spese per la gestione del bene comune può chiedere agli altri comproprietari solo il rimborso dei costi sostenuti per la conservazione dell'immobile, mentre i costi relativi al godimento rimangono a suo carico e non sono ripetibili.
La Cassazione viene chiama a comporre una lite tra due soggetti comproprietari in comune pro indiviso di un immobile. La scintilla che aveva determinato la lite era rappresentata dai costi di gestione. Secondo le lamentale dell'attore, quest'ultimo si era sobbarcato tutte le spese di gestione mentre l'altro comproprietario non solo era rimasto inerte ma “faceva orecchie da mercante” rispetto alle richieste di partecipare ai costi di gestione. Sta di fatto che, dopo una serie di vicissitudini, la causa arriva sui banchi della Cassazione e la seconda sezione civile decide con sentenza numero 7763/12, resa pubblica mediante deposito in cancelleria il successivo 17 maggio. Spese per la conservazione e per il godimento vige un diverso regime. Ictu oculi l'idea che i comproprietari debbano sopportare in egual misura i costi relativi alla gestione del bene comune potrebbe sembrare fondata. Un esame più approfondito della vicenda, peraltro, porta ad un diverso risultato. In primo luogo occorre tener presente che i costi di gestione di un immobile possono essere di varia natura sotto questo profilo appare essenziale la distinzione tra costi per il mantenimento del bene e spese per il suo utilizzo. In linea di principio, secondo la giurisprudenza dominante, il comproprietario può richiedere il rimborso dei primi ma non dei secondi. A questo punto ci si domanderà ma per quale motivo? La risposta sembra scontata! I costi per la conservazione mirano ad evitare che il bene deperisca e, quindi, sono diretti a conservare la integrità, la durata e, ovviamente, il valore economico dell'immobile nel tempo. Gli immobili, è ben noto, sono dei beni durevoli, ma è altrettanto evidente che richiedono una manutenzione costante e, spesso, anche molto pesante dal punto di vista economico-finaiziario basti pensare che, secondo uno studio USA, il costo di manutenzione di un immobile, in un ventennio, è pari al suo valore iniziale. Se, per acquistare una unità immobiliare spendo 300.000,00 euro, dovrò sborsarne altrettanti per la sua gestione. Le spese per il godimento del bene, viceversa, attengono al suo utilizzo concreto ed immediato e, pertanto, rimangono a carico dell'utilizzatore dell'immobile quest'ultimo, qualora abbia anticipato di tasca propria delle spese, senza la preventiva autorizzazione degli altri comproprietari, non può chiederne il rimborso. Difficile tracciare la linea di demarcazione tra tipologie di spese. In verità, a ben vedere, la linea di demarcazione tra spese di conservazione e spese di godimento, spesso, è più labile delle ali di una farfalla. Nel caso in esame la controversia verte proprio sul rimborso delle c.d. spese per il godimento. A finire sotto la lente, infatti, sono i consumi relativi all'energia elettrica, all'impianto di riscaldamento ed al consumo dell'acqua. Si tratterebbe, secondo l'interpretazione fornita dal collegio giudicante, di spese relative all'uso ed al godimento del bene che, come tali, cadono, secondo la giurisprudenza dominante, a carico del comproprietario che le abbai anticipate. Per comprendere quali possano essere le difficoltà concrete a cui possiamo andare incontro nel voler «incasellare» le spese sostenute all'interno di questa o quella categoria, prendiamo in esame, ad esempio, le spese relative al consumo dell'acqua e, in particolare, i consumi relativi all'innaffiamento del terreno che, evidentemente, circondava il fabbricato de quo. Sotto questo profilo la Cassazione sottolinea che i costi relativi ai consumi idrici possono essere rimborsati solo qualora l'immobile sia dotato di un giardino ossia di un terreno coltivato e dotato di piante e fiori. È evidente che, in questo caso, si tratta di mantenere in vita la piantumazione esistente ed è altrettanto ovvio che il verde valorizza l'immobile comportando un incremento del suo valore commerciale. I costi per la gestione del verde, quindi, sono da intendersi come costi relativi alla conservazione del bene e, come tali, possono essere rimborsabili. Viceversa, nell'ipotesi in cui il terreno fosse assolutamente privo di piantumazione, i costi relativi all'innaffiamento non sarebbero rimborsabili. Quindi l'ago della bilancia si sposta non tanto in funzione della tipologia di costo quanto della motivazione che lo ha determinato diventando «costo rimborsabile» solo quanto esso è stato sostenuto allo scopo di mantenere il valore economico del bene nel corso del tempo. È facile cambiare prospettiva ed addivenire a soluzioni diverse. Come dicevamo poc'anzi, spesso è difficile tracciare una netta linea di demarcazione tra i costi di manutenzione e quelli di utilizzo per cui, approfondendo i concetti, o cambiando prospettiva, si potrebbe giungere anche ad una diversa soluzione della vicenda. Per esempio, quando si parla di costi per l'energia elettrica occorrerebbe sapere se si tratta di costi relativi al consumo dell'energia nel qual caso potrebbero essere costi di gestione o, viceversa, se essi comprendano anche i costi per la manutenzione ordinaria e/o straordinaria dell'impianto nel qual caso sarebbero costi relativi alla conservazione dell'immobile . E vi è di più. L'esperienza insegna che «staccare» l'energia elettrica può rivelarsi un'impresa costosa in quanto occorre sopportare i costi economici per il distacco e, successivamente, per il nuovo allacciamento. Quindi, sotto questo profilo, anche i costi per i consumi, almeno entro certi limiti, potrebbero essere considerati come costi per la conservazione. Lo stesso dicasi per i costi relativi all'impianto di riscaldamento. L'esperienza insegna che gli impianti vanno tenuti in funzione in quanto, se lasciati inattivi per lunghi periodi, potrebbero deperire inevitabilmente rendendo necessari tutta una serie di lavori per i ripristini. Per non parlare del fatto che la mancata accensione dell'impianto di riscaldamento potrebbe procurare alcuni fenomeni di umidità negli ambienti con conseguente deprezzamento dell'intero immobile. Pertanto, si potrebbe pensare che le spese sostenute potrebbero rientrare, se non totalmente, almeno in parte, tra i costi di conservazione del bene. Quali le scappatoie per il comproprietario che abbia anticipato i costi? Quali frecce ha nel suo arco il comproprietario che voglia evitare che l'immobile deperisca ma non intenda sopportare interamente i relativi costi? Se il comproprietario vuole farsi parte diligente ma, d'altra parte, non vuole anticipare i costi col rischio fondato di non poterli recuperare nei confronti degli altri comproprietari facendo, tra l'altro, anche la figura dello «stupidotto» una soluzione ci sarà pure! La risposta al dilemma potrebbe essere quella di convocare una assemblea di condominio - o, meglio, dei comproprietari - che autorizzi la parte più diligente a sostenere le spese che poi, ovviamente, andrebbero ripartite tra i vari comproprietari.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 7 marzo – 17 maggio 2012 numero 7763 Presidente Schettino – Relatore Migliucci Svolgimento del processo 1. - R S. convenne, davanti al Pretore di Verona, R.G. e C. . Espose che l'edificio sito in OMISSIS , apparteneva in regime di comunione pro indiviso per la metà ad esso attore e per l'altra metà ai convenuti. Costoro, infatti, avevano acquistato nel 1983 da N S. il primo l'usufrutto e il secondo la nuda proprietà del 50% dell'immobile suddetto. In qualità, di comproprietario durante il biennio 1988-1989 aveva anticipato le spese attinenti al riscaldamento dell'intero fabbricato, alla manutenzione dell'impianto e all'energia elettrica, nonché la fornitura delle spese per l'acqua. Domandò il rimborso e la condanna dei convenuti in solido al pagamento della loro quota pari alla somma di lire 2.669.334, oltre gli interessi e la rivalutazione monetaria. G R. usufruttuario e R.C. nudo proprietario si costituirono e chiesero il rigetto. Con sentenza 3 maggio 1996 il Pretore respinse la domanda e compensò integralmente le spese processuali. A seguito della impugnazione principale di R S. e di quella incidentale avanzata dai R. , il Tribunale di Verona, con sentenza 7 dicembre 1994, respinse l'appello principale e parzialmente quello incidentale, ridusse la compensazione delle spese di primo grado alla metà, ponendole per il resto a carico di S. confermò quanto al resto la sentenza impugnata. La Corte di Cassazione Sez. 2^, 29 marzo 1999, numero 2987 , pronunziando sul gravame proposto da R S. , accolse il ricorso, cassò la sentenza impugnata e rinviò ad altra sezione del Tribunale di Verona. Riassunta la causa, il Tribunale di Verona giudice monocratico , con sentenza 9 aprile - 23 maggio 2001, non notificata, respinse l'appello. Tale decisione, impugnata dall'attore, fu cassata dalla S.C. con sentenza numero 11747/2003 che formulò il principio secondo cui in caso di trascuranza degli altri comunisti, il comproprietario ha diritto al rimborso esclusivamente delle spese per la conservazione del bene comune e non pure per quelle relative al godimento, dovendosi considerare fra queste ultime quelle relative all'uso dell'impianto di riscaldamento nonché quelle per l'acqua potabile, mentre per quanto concerneva l'irrigazione del giardino, le stesse avrebbero potuto essere considerate spese per la conservazione nel caso in cui il giardino fosse stato caratterizzato dalla coltivazione di piante e di fiori. Riassunto il giudizio di rinvio dall'attore, con sentenza dep. il 19 ottobre 2009 la Corte di appello di Venezia confermò la sentenza numero 916/2001 del Tribunale di Verona. Secondo i Giudici, in applicazione del principio stabilito dalla Suprema Corte, le spese per l'impianto di riscaldamento, quelle relative all'energia elettrica e all'acqua potabile erano spese per il mero godimento e non rientravano fra quelle rimborsabili ai sensi dell'articolo 1110 cod. civ. mentre non risultava che gli esborsi sostenuti per l'acqua concernessero l'irrigazione del giardino né che vi fosse un giardino che necessitasse di conservazione. Le spese erano compensate, tenuto conto della intransigenza dimostrata dalle parti in relazione alla modesta entità della somma controversa. 2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione S.R. sulla base di un unico articolato motivo. Resistono con controricorso gli intimati proponendo ricorso incidentale affidato a un unico motivo, illustrato da memoria. Il S. ha proposto controricorso al ricorso incidentale. Motivi della decisione RICORSO PRINCIPALE. 1.1. - L'unico motivo, lamentando violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1100, 1103, 1104, 1110 cod. civ. e 384 cod. proc. civ. nonché omesso esame di tutti i fatti decisivi di causa con violazione della direttiva della Suprema Corte, deduce che tutte le spese sostenute dal ricorrente per la cosa comune erano necessarie sia per la conservazione quanto meno del giardino sia per il godimento da parte di entrambi i comproprietari, tenuto conto che gli impianti di riscaldamento e dell'acqua potabile, essendo centralizzati, erano comuni. La sentenza aveva pretermesso ogni indagine sulla natura e la destinazione delle singole spese, così violando quanto statuito dalla Suprema Corte sia per le spese di conservazione in caso di trascuranza sia per quelle relative al godimento che altrimenti sarebbe stato inutile disporre il giudizio di rinvio . Anche per queste ultime, sarebbe stato necessario verificare se l'attore l'avesse anticipato per un suo godimento personale. I Giudici non avevano compiuto alcun accertamento circa le spese per l'irrigazione del giardino nonostante quanto al riguardo statuito dalla Cassazione che aveva affermato che tali spese dovevano considerarsi necessarie non solo per il godimento ma anche per la sua conservazione. Non era stato mai contestato che nella specie si trattasse di giardino. Non potrebbe sostenersi un preteso effetto, liberatorio per il contitolare che resterebbe esonerato addirittura per sempre dall'obbligo a lui incombente di partecipare alle spese necessarie per la conservazione. Il contitolare, che abbia goduto del servizio comune, non può sottrarsi al partecipazione alle relative spese, quand'anche ceda il godimento ad altri. I convenuti, i quali avevano goduto in pari misura dei beni comuni, dovevano partecipare alle relative spese. Dalla documentazione in atti era risultata la trascuranza degli altri comproprietari. 1.2. - Il motivo va disatteso. Occorre premettere che la domanda proposta dal S. aveva oggetto il rimborso delle spese relative ai beni comuni che il medesimo aveva anticipato pertanto si trattava di stabilire se e in quali limiti tale pretesa poteva essere riconosciuta ai sensi di quanto previsto in proposito dall'articolo 1110 cod. civ Con la sentenza numero 11747/2003 la Suprema Corte, peraltro in conformità del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, ha statuito che, in considerazione della diversità di funzione e di fondamento delle spese per la conservazione e delle spese per il godimento delle parti comuni, nel caso di trascuranza degli altri comunisti il comproprietario che l'abbia anticipate ha diritto al rimborso esclusivamente delle spese per la conservazione del bene comune, alle quali fa espresso riferimento l'articolo 1110 cod. civ. e non pure per quelle relative al godimento b fra le spese per il godimento delle parti rientravano quelle relative all'uso e alla manutenzione dell'impianto di riscaldamento nonché quelle relative all'energia elettrica e all'acqua potabile, dovendo il comunista rivolgersi all'autorità giudiziaria nel caso in cui non si formi una maggioranza per le relative deliberazioni c per quanto concerneva l'irrigazione del giardino, le spese relative intanto avrebbero potuto essere considerate spese per la conservazione del bene comune in quanto il giardino fosse stato caratterizzato dalla coltivazione di piante e di fiori e non si fosse trattato di un terreno di rispetto. Ciò posto, la sentenza impugnata si è attenuta al principio formulato dalla Suprema Corte, avendo correttamente escluso che il comproprietario potesse pretendere il rimborso delle spese per il godimento delle cose comuni indicate sopra sub , per cui doveva al riguardo considerarsi irrilevante ogni altro accertamento per quel che concerne il giardino, i Giudici hanno compiuto l'indagine che loro era stata demandata dalla Suprema Corte circa la esistenza, la natura e le caratteristiche del giardino, avendo osservato che non era risultato provato che si trattasse di acqua per l'irrigazione del giardino e addirittura che vi fosse un giardino che necessitasse di conservazione e non si fosse trattato di un terreno di rispetto trattasi di accertamento di fatto che è riservato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione, dovendo qui sottolinearsi che il vizio deducibile ai sensi dell'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ. deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire in sostanza, ai sensi dell'articolo 360 numero 5 citato, la dedotta erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell'ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione che non può esaminare e valutare gli atti processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in procedendo solo in tal caso la Corte è anche giudice del fatto . Le critiche formulate dal ricorrente non sono idonee a scalfire la correttezza e la congruità dell'iter logico giuridico seguito dalla sentenza le censure lamentate, in realtà, non denunciano un vizio logico della motivazione ma si concretano in argomentazioni volte a sostenere l'erroneo apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dai Giudici. Il ricorso va rigettato. RICORSO INCIDENTALE. 2.1. - L'unico motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli articolo 92 cod. proc. civ., censura la statuizione di compensazione della spese processuali, deducendo che l’intransigenza delle parti, alla quale aveva fatto erroneamente riferimento la sentenza impugnata, era ascrivibile proprio all'attore che aveva intrapreso cinque gradi di giudizio per pretendere un rimborso al quale non aveva diritto, quando essi resistenti si erano limitati a non volere subire le prevaricazioni poste in essere dal S. le spese avrebbero dovuto essere liquidate a favore di essi resistenti che erano risultati, all'esito del giudizio, totalmente vittoriosi. 1.2. - Il motivo va disatteso. Va innanzitutto chiarito che il testo dell'articolo 92 cod. proc. civ. nella formulazione introdotta dalla legge numero 69 del 2009, richiamato dai resistenti . concorrono altri gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione , trova applicazione per i giudizi iniziati dopo l'entrata in vigore della citata legge articolo 58 legge numero 69 del 2009 e quindi non al presente procedimento. Ciò premesso e - pur se alla specie non è applicabile ratione temporis neppure l'articolo 92 nel testo modificato dall'articolo 2, comma 1, lett. a della legge 28 dicembre 2005 numero 263 necessità di esplicitare i giusti motivi , la scelta discrezionale di compensare le spese processuali è riservata al prudente ma comunque motivato apprezzamento del giudice di merito S.U. 20598/2008 , la cui statuizione può essere censurata in sede di legittimità quando siano illogiche o contraddittorie le ragioni poste alla base della motivazione e tali da inficiare, per inconsistenza o erroneità, il processo decisionale. Nella specie, la motivazione data dai Giudici - che hanno fatto riferimento all'intransigenza dimostrata dalle parti rispetto a una somma assai modesta - si sottrae alle censure sollevate, avendo posto in rilievo come - in considerazione della causale e dell'importo in oggetto - la risoluzione della vertenza avrebbe potuto e dovuto avvenire bonariamente ove le parti avessero dimostrato la volontà di definire la lite anziché irrigidirsi sulle rispettive posizioni. Anche il ricorso incidentale va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste a carico del S. , risultato soccombente, atteso il marginale rilievo del rigetto del ricorso incidentale. P.Q.M. Rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Condanna il S. al pagamento in favore dei resistenti delle spese. relative alla presente fase che liquida in Euro 800,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 600,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.