Premio produzione riconosciuto se il datore di lavoro non contesta il fatturato indicato

La mancata specifica contestazione dei valori di fatturato da parte del datore di lavoro rende accoglibile la domanda del lavoratore di pagamento dei premi di produzione. Grava sul datore di lavoro l’onere di contestare in modo specifico i dati di fatturato e di ordini acquisiti, allegati in giudizio dal lavoratore. In mancanza di contestazione specifica il giudice riterrà provati i parametri numerici su cui calcolare i premi di produzione, nella misura indicata dal lavoratore.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione Lavoro con la sentenza numero 7648, pubblicata il 16 maggio 2012. Il caso . Un dirigente di azienda adiva il Tribunale del lavoro al fine di vedersi riconosciuto il diritto al pagamento di premi di produzione pattuiti, da calcolarsi sul fatturato annuo e sull’ammontare degli ordini inevasi per fatto e colpa dell’azienda. Il Tribunale adito respingeva la domanda. Proponeva appello il ricorrente e ugualmente la Corte d’Appello negava il diritto preteso, respingendo il gravame. Ricorreva per cassazione il lavoratore e la Corte di legittimità cassava con rinvio ad altra Corte d’appello. Quest’ultima accoglieva la domanda, condannando l’azienda al pagamento dei premi di produzione ritenuti dovuti. Proponeva infine ricorso in Cassazione il datore di lavoro, con quattro motivi di censura. La mancata autorizzazione alla ricostruzione del fascicolo di causa vizio sostanziale o formale? Un primo motivo di censura proposto si fonda sulla asserita violazione della procedura di ricostruzione del fascicolo di parte di primo grado, andato smarrito dopo la fase d’appello. Censura la ricorrente che la Corte d’Appello avrebbe deciso senza pronunciarsi sulla istanza di concessione di ricostruzione del fascicolo. Ma osserva la Suprema Corte, se è vero che la Corte territoriale ha omesso di provvedere esplicitamente sull’istanza di ricostruzione, è altrettanto vero che di fatto tale autorizzazione risulta in maniera implicita, motivando il giudice d’appello in sentenza citando alcuni documenti presenti nel fascicolo ricostruito. La stessa difesa avversaria era a conoscenza sia del contenuto originario del fascicolo di parte, sia dell’indice di quello ricostruito, ritualmente comunicatogli ben potendo dunque far rilevare eventuali difformità o nuove produzioni. Il vizio censurato si riduce pertanto, secondo la Suprema Corte, a mera irregolarità formale, priva di rilevanza concreta. E dunque il relativo motivo di censura va dichiarato inammissibile ai sensi dell’articolo 360 bis numero 2 c.p.c Il datore di lavoro deve contestare in maniera specifica le allegazioni del lavoratore La società datrice di lavoro contesta la mancata indicazione da parte del lavoratore ricorrente degli indici di fatturato e degli ordini inevasi per colpa dell’azienda, su cui si sarebbe fondato il calcolo dei premi dovuti. Osservava la Corte di merito che tali indici risultavano provati documentalmente, così come era provato il patto relativo al riconoscimento dei premi. Dall’esame delle prove testimoniali assunte si trae ulteriore conferma dei dati numerici di fatturato e di ordini posti a base del calcolo operato dalla Corte territoriale. D’altra parte prosegue, il giudice del rinvio, si rileva che gli indici di fatturato e di ordini acquisiti furono indicati dal lavoratore nel proprio ricorso introduttivo, ma l’azienda non ebbe ad assolvere il proprio onere di contestazione specifica sul punto, limitandosi ad una generica contestazione delle avverse domande. .e in mancanza di specifica contestazione, i fatti costitutivi del diritto divengono incontroversi. Su questi presupposti, afferma la Corte di Cassazione che i fatturati dei periodi temporali di riferimento e il valore degli ordini inevasi da parte della società a causa di proprie disfunzioni interne risultano provati dalle risultanze documentali in atti e dalle prove testimoniali esperite. Inoltre tali indici di valore vennero indicati dall’originario ricorrente nel proprio atto introduttivo e tali indicazioni, pur non ribadite in modo esplicito in sede di argomentazione delle domande riproposte in grado d’appello sono state ritenute incontestate e non controverse dal giudice di rinvio, il quale ebbe a rilevare la non specifica contestazione da parte dell’azienda resistente dei dati numerici di valore. La Corte territoriale dunque, affermano i giudici di legittimità, ha fatto corretta applicazione della regola relativa all’onere della prova in giudizio e di quella secondo la quale la mancata specifica contestazione dei fatti costitutivi del diritto azionato rende questi ultimi incontroversi. Da ciò il rigetto del ricorso proposto con riconoscimento del diritto di pagamento dei premi di produzione azionato con la domanda del lavoratore.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 27 aprile – 16 maggio 2012, numero 7648 Presidente Roselli – Relatore Ianniello Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 10 aprile 2010, la Corte d'appello di Brescia, in sede di rinvio da questa Corte - la quale aveva cassato, per vizio di motivazione, la sentenza della Corte d'appello di Milano del 26 novembre 2004 unicamente nel capo relativo al rigetto del motivo di appello riguardante la domanda di U G. , dirigente della Also s.p.a. ora Enervit s.p.a. , respinta dal giudice di prime cure, di pagamento dei premi di produzione del 2000 e del primo semestre 2001, oltre al controvalore di un viaggio di una settimana alle Mauritius - ha accolto le domande relative ai premi di produzione e respinto l'altra domanda, in quanto relativa al un beneficio ritenuto alternativo ai premi medesimi. In proposito, la Corte ha accertato che, sommando il valore del fatturato realizzato dalla società nell'anno 2000 e nel primo semestre dell'anno 2001 all'ammontare di alcuni ordini inevasi per fatto e colpa della società, sarebbe stato raggiunto l'obiettivo cui erano stati condizionati sia l'incentivo convenuto tra le parti per l'anno 2000 lire 20.000.000 che quello maggiore convenuto per il primo semestre dell'anno 2001 pari a lire 20.000.000, anziché lire 10.000.000 riconosciute e pagate . Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso, notificato il 19 settembre 2010, la società Enervit p.a., affidandolo a quattro motivi. Resiste alle domande U G. con rituale controricorso. Ambedue le parti hanno depositato una memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1 - Col primo motivo, la società ricorrente deduce la violazione della regola processuale dell'autorizzazione giudiziale alla ricostruzione dei documenti depositati in primo grado. Sostiene che in sede di riassunzione dopo la cassazione, la difesa del G. avrebbe chiesto di poter ricostruire il proprio fascicolo di primo grado, in quanto smarrito dopo il giudizio di appello, ma la relativa autorizzazione non sarebbe mai stata emanata e mai avvenuta sotto il controllo del giudice e nel contraddittorio con l'altra parte Cass. numero 11196/07 . In proposito, deduce che, già nella memoria conclusiva del 14 marzo 2008 avanti a questa Corte ove il ricorrente C. aveva già formulato istanza di ricostruzione del fascicolo suddetto , la società avrebbe dedotto “ la inammissibile allegazione al ricorso di nuovi ed ulteriori documenti , quale conditio sine qua non per l'utilizzo in sede decisoria dei documenti ricostruiti da parte del giudice di rinvio. 2 - Con un secondo motivo di ricorso, la società denuncia la violazione della regola dell'onere della prova, gravante sul G. quanto all'esistenza di un patto sugli incentivi e al raggiungimento degli obiettivi di fatturato, cui l'erogazione degli stessi era condizionata. 3 - Col terzo motivo ex articolo 360, nnumero 3, 4 e 5 , la sentenza viene censurata per violazione degli articolo 414 e 416, 3 co. e dell'articolo 394 c.p.c. nonché per vizio di motivazione sul punto della maturazione degli incentivi. La ricorrente sostiene al riguardo che in primo grado il dipendente non aveva affermato che per il 2000 ci fossero ordini inevasi per colpa della società e che considerando gli ordini inevasi per fatto e colpa della società, l'obiettivo stabilito sarebbe stato raggiunto. Una tale deduzione in fatto era stata viceversa formulata con riferimento alla domanda di maggior incentivo per il primo semestre del 2001 20 milioni di lire, anziché 10 milioni, effettivamente riconosciuti ed erogati . In proposito, la società avrebbe peraltro già in primo grado contestato integralmente e specificatamente di dovere gli incentivi e la sussistenza di tutti i relativi fatti costitutivi, per cui la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere pacifici tali fatti e quindi non necessitanti di prova da parte dell'originario ricorrente. Del resto, il G. in sede di interrogatorio avrebbe confessato di non aver raggiunto l'obiettivo per il 2000, ma la Corte territoriale, errando, non avrebbe tenuto conto di ciò. Infine, quanto al primo semestre 2001, anche considerando i 200 milioni di mercé, indicata dal ricorrente come non evasa nel 2001 per fatto e colpa della società, sommando tale importo a quello del fatturato del semestre di 2 miliardi e 570 milioni di lire, l'obiettivo indicato di 2 miliardi e 800 milioni, cui l'accordo avrebbe condizionato il maggiore incentivo, non sarebbe stato raggiunto. 4 - Col quarto motivo, la difesa della società deduce la violazione degli articolo 1357, 1358, e 1359 c.c., in quanto l'incentivo era semmai condizionato al completamento della fattispecie, rappresentata dalla obiettiva realizzazione del fatturato del resto rientrava nei compiti del dirigente far si che tutti gli ordini venissero regolarmente evasi. 5 - Il controricorso deduce l'inammissibilità e comunque l'infondatezza del ricorso. 6-11 primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Risulta dagli atti che effettivamente il giudice di rinvio di Brescia ha omesso di provvedere esplicitamente - e provocando il contraddittorio con la società contumace in quel giudizio ove si ritenga il parallelismo con la situazione che dette luogo alla sentenza 6 giugno 1989 numero 317 della Corte costituzionale - ad autorizzare la ricostruzione del fascicolo di parte di primo grado, smarrito nella cancelleria della Corte d'appello di Milano senza colpa dell'istante. Una tale autorizzazione risulta viceversa implicitamente dal fatto che nella motivazione della sentenza vengono citati alcuni documenti esistenti nel fascicolo di parte ricostruito dalla difesa G. . Nel caso in esame deve peraltro rilevarsi, alla stregua degli atti richiamati dalle parti, che una tale irregolarità ha un rilievo puramente formale. La difesa della società, conoscendo il contenuto dell'originario fascicolo di parte, era infatti in grado in questa sede di indicare quale dei documenti inseriti in sede di ricostruzione dalla difesa del lavoratore non era presente in origine, concentrando su ciò le proprie censure alla sentenza. Del resto, come spiegato e documentato dal controricorrente, per effetto di uno scambio di corrispondenza tra i difensori delle due parti già in sede di cassazione ove il G. aveva già proposto istanza di ricostruzione del fascicolo , la difesa della società era stata posta a conoscenza come da lei richiesto dell'indice degli atti dei documenti inseriti nel fascicolo da ricostruire, da confrontare appunto con quelli estratti dal fascicolo originale, riservandosi pertanto sostanzialmente di reagire alla sola produzione eventuale di documenti nuovi. Il carattere meramente formale del motivo di ricorso, evocante solo astrattamente la violazione della fondamentale regola del contraddittorio, di fatto inesistente, lo riconduce tra quelli da ritenere inammissibili alla stregua dell'articolo 360-bis, numero 2 c.p.c 7 - Gli altri motivi, che conviene esaminare congiuntamente, sono infondati. Preliminarmente va disattesa la censura di cui al terzo motivo, fondata sulla interpretazione di un patto tra le parti, relativo agli incentivi del 2000 e del primo semestre del 2001, diversa da quella assunta dalla sentenza impugnata, senza che la società che la sostiene ne riproduca il contenuto, al fine di consentire a questa Corte la valutazione in ordine alla decisività del motivo. Ne consegue, secondo la uniforme e condivisa giurisprudenza di questa Corte la violazione della regola della autosufficienza su cui cfr., per tutte, recentemente, Cass. nnumero 4201/10, 6937/10, 10605/10 e 11477/10 e quindi l’inammissibilità del motivo in esame. Quanto agli altri due motivi, la Corte territoriale ha anzitutto affermato che l'esistenza del patto relativo, per l'anno 2000, ad un incentivo di lire 20.000.000 al raggiungimento di un fatturato di 22 miliardi e 450 milioni e per il primo semestre del 2001 ad un incentivo di 10.000.000 di lire al raggiungimento di un fatturato di 12 miliardi e 500 milioni e di 20.000.000 di lire se il fatturato avesse raggiunto i 12 miliardi e 800 milioni risulta documentalmente. Sono stati ritenuti altresì provati i fatturati del 2000, in lire 22 miliardi e 150 milioni e quello del primo semestre del 2001 in lire 12 miliardi e 570 milioni. Parzialmente provato, infine, alla stregua della documentazione in atti e della prova testimoniale svolta è stato poi ritenuto dal giudice di rinvio anche il valore degli ordini inevasi dalla società per proprie disfunzioni, in lire 400 milioni nel 2000 ed in oltre 200 milioni nel primo semestre 2001. In ogni caso, la Corte territoriale ha rilevato che quest'ultimo dato non è stato specificatamente contestato dalla società nel corso del giudizio. La prima obiezione della società secondo la quale che il dato degli ordini inevasi nell'anno 2000 non sarebbe stato dedotto dal G. nel ricorso introduttivo non risponde a realtà, tale dato risultando nella parte narrativa del ricorso e il relativo ammontare è tale da consentire, unito al fatturato dell'anno, il superamento dell'obiettivo assegnato. Una tale indicazione, anche se non ripresa in maniera esplicita in sede di argomentazione della relativa domanda tra le molte altre proposte in primo grado , è stata pertanto incontestabilmente interpretata dal giudice di rinvio come inserita con l'unico scopo di sostenere la domanda relativa all'incentivo del 2000. La successiva obiezione della società secondo la quale comunque essa avrebbe contestato tutti i fatti costitutivi delle domande è generica e non si avvale adeguatamente della parte del contenuto della memoria di costituzione in primo grado al riguardo riprodotto in ricorso, contenente a sua volta considerazioni del tutto generiche. Infine, manca l'obiettivo la deduzione relativa al valore confessorio a svantaggio dell'originario ricorrente della sua dichiarazione in udienza di non avere raggiunto il target assegnatogli ai fini dell'incentivo. La dichiarazione del dipendente, presa in considerazione anche dal giudice di rinvio, si riferiva infatti evidentemente ai dati di fatturato e non anche a quelli relativi agli ordini inevasi per fatto della società. Nel valutare i fatti di causa, la Corte territoriale ha pertanto fatto corretta applicazione della regola relativa all'onere della prova in giudizio e di quella secondo la quale la mancata specifica contestazione dei fatti costitutivi del diritto azionato rende questi ultimi incontroversi. La Corte ha viceversa errato, in fatto, nell'argomentare il superamento dell’obiettivo assegnato per il primo semestre del 2001. Sommando infatti ai 12 miliardi e 570 milioni di fatturato gli oltre da intendere non oltre i 9, visto che le cifre sono tutte espresse in decine di milioni 200 milioni di ordini inevasi non viene raggiunto l'importo di 12 miliardi e 800 milioni, cui era subordinata l'erogazione dell'importo maggiore dell'incentivo. La censura che investe questo errore di calcolo è pertanto fondata e nei limiti della stessa il ricorso va accolto e la sentenza va conseguentemente cassata. Non essendo peraltro necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con l'accoglimento della sola domanda originaria del G. relativa al pagamento, a titolo di incentivo per l'anno 2000, di Euro 19.329,13, con gli accessori di legge. L'esito complessivo della lite consiglia l'integrale compensazione tra le parti delle spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie in parte il terzo motivo di ricorso, rigettandolo nel resto cassa conseguentemente la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie la sola domanda di G. relativa alla condanna della Enervit s.p.a. a pagargli la somma di Euro 10.329,13, con gli accessori di legge compensa integralmente tra le parti le spese dell'intero processo.