Nelle vicende relative alla responsabilità medica il giudice è chiamato ad effettuare la propria analisi sulla scorta del principio della valutazione contro fattuale, unico elemento di giudizio cui deve ancorare la propria decisione. Tale valutazione, allorché sia effettuata in sede di udienza preliminare, non può portare all’emissione di sentenza di non doversi procedere allorché essa esiti in dubbio ragionevole circa la penale responsabilità dell’indagato.
Rischio sottovalutato. L’imputato veniva tratto a giudizio per rispondere di omicidio colposo per aver sottovalutato il rischio dell’evento emorragico intracranico conseguente ad una caduta accidentale di una paziente settantenne affetta da leucemia e sottoposta a trattamento chemioterapico ed anticoagulante. La responsabilità nella causazione dell’evento veniva contestata sub specie di omissione di richiesta di TAC cranica e di non aver trattenuto la paziente per il tempo sufficiente a verificare le possibili complicanze emorragiche conseguenti alle ferite riportate a seguito di caduta accidentale. Il Giudice dell’Udienza preliminare di Varese, sulla scorta delle allegazioni probatorie fornite dalle parti emetteva sentenza di non luogo a procedere. Avverso detta sentenza formulava ricorso il Procuratore della Repubblica lagnandosi dell’errata applicazione di norma di legge posto che la pronuncia resa dal Giudice dell’Udienza Preliminare è adottabile solo ed esclusivamente allorché sia possibile formulare prognosi infausta circa la possibilità che la fase dibattimentale sia in grado di apportare nuovi elementi tali dal superare il grado di incertezza in relazione alle valutazioni formulate in relazione al materiale nella disponibilità del GUP. La valutazione contro fattuale. La Corte enuncia ancora una volta il principio guida cui deve attenersi il Giudice ai fini di effettuare valutazione circa la penale responsabilità del medico si tratta della cosiddetta valutazione controfattuale. Detto principio, che ha trovato cittadinanza nell’ordinamento positivo in forza di quel diritto vivente figlio dell’interpretazione Giurisprudenziale, con la notissima «sentenza Franzese», si fonda sulla necessità di verificare, in concreto e sulla scorta di valutazioni di stampo scientifico, la possibilità di verificazione dell’evento lesivo o esiziale indipendentemente o parallelamente rispetto all’attività, o all’omissione, contestata al sanitario. In altre parole, se l’evento avesse avuto possibilità di verificarsi anche allorché la condotta tenuta dal sanitario si fosse uniformata alla «good» od alla «best practice», non potrebbe pervenirsi a declaratoria di penale responsabilità in capo al sanitario medesimo. Il principio della valutazione controfattuale è, come afferma la Corte, principio cui correttamente deve attenersi il Giudice e cui, correttamente, si è attenuto il Giudice dell’udienza Preliminare ai fini di motivare la propria pronuncia. In presenza di elaborati scientifici che non siano in grado di fugare, oltre le colonne d’ercole costituite dal “ragionevole dubbio”, le perplessità o le problematiche connesse alla necessità di effettuare la valutazione controfattuale, il Giudice non può che, in forza e virtù della presunzione di non colpevolezza dichiarata dall’articolo 27 Cost., mandare assolto l’imputato. Il concetto processuale di incertezza. Il quesito centrale cui la Corte offre risposta è costituito dal valore che deve attribuirsi al concetto di incertezza, ovvero al corrispondente e per certi versi simmetrico concetto di ragionevole dubbio, nelle distinte sedi processuali. Se non può esservi discussione in ordine alla portate del concetto di incertezza o di dubbio allorché esso permanga all’esito della celebrazione del dibattimento che non può che condurre a pronuncia assolutoria, la Corte ritiene, con la pronuncia in esame che il significato del concetto di incertezza, maturato in sede di udienza preliminare abbia portata differente e, per tanto, conduce ad effetti del tutto diversi. L’incertezza nell’udienza preliminare. La Corte ai fini di valutare la fondatezza del ricorso svolge accurata analisi circa le evenienze a disposizione del Giudice dell’udienza Preliminare. Il Giudice aveva a disposizione due distinti elaborati consulenziali che pervenivano a conclusioni scientifiche di tenore diverso. Secondo la consulenza presentata dalla Pubblica Accusa il tempo concesso e riservato all’osservazione della paziente non poteva dirsi sufficiente ad integrare quello richiesto dalla «good practice» e, pertanto, l’intempestiva dimissione della paziente dal pronto soccorso avrebbe avuto il ruolo di antecedente sufficiente e necessario alla causazione dell’evento. A sensi dell’elaborato formato dai consulenti della difesa il periodo di osservazione e trattenimento presso il nosocomio, inferiore al tempo di permanenza minimo richiesto dalla «good pratice», non sarebbe ex sè antecedente sufficiente e necessario alla causazione dell’evento che, per le modalità concreta di verificazione, non sarebbe stato impedito da un prolungamento del periodo di osservazione sino al raggiungimento di quello previsto dalla «good practice». Incertezza che, nel caso di specie, appare davvero indubitabile. Ma come deve comportarsi il giudice dell’udienza preliminare in simili casi? Il principio di non colpevolezza può e deve trovare applicazione, oppure la norma processuale prevede soluzioni differenti? Riguardo al principio di diritto, la Corte afferma che la funzione dell’udienza preliminari ed i poteri attribuiti al GUP hanno rilievo esclusivamente processuale. Ovvero la valutazione cui il Giudice è chiamato è finalizzata esclusivamente ad una prognosi circa l’utilità ai fini di verificare la fondatezza delle contrapposte tesi del vaglio dibattimentale “sulla prospettiva, cioè, che la sede dibattimentale, con le sue articolate dialettiche potenzialità euristiche possa condurre all’acquisizione di elementi di prova concludenti nell’ottica accusatoria”. A sostegno di detta tesi la Corte cita i poteri conferiti al Giudice ex articolo 421 bis e 422 c.p.p Al principio di diritto enunciato, il Giudice ad quem dovrà attenersi. Ma il dibattimento ha sempre ‘potenzialità euristiche’? La risposta al quesito è tutt’altro che scontata. È evidente che ogni dibattimento, almeno in astratto, ha, o meglio potrebbe avere potenzialità euristiche. Il semplice esercizio della dialettica processuale, che nel dibattimento e segnatamente nella scansione esame e controesame trova e riceve la più alta significazione, può fornire strumenti e chiavi interpretative dei fatti assolutamente inattese ed illuminanti. Ma accettando una simile definizione della funzione del dibattimento il Giudice dell’udienza preliminare dovrebbe pronunciare sentenza di non doversi procedere solo ed esclusivamente nei caso di macroscopico errore della pubblica accusa che richiede esercizio dell’azione penale a fronte di patenti ed incontrovertibili elementi atti a dichiarare la totale impossibilità d ascrivere la condotta penalmente rilevante all’indagato. Con il che l’udienza preliminare perderebbe di ulteriore efficacia e scopo. Essa diverrebbe simulacro di quella valutazione circa la meritevolezza e fondatezza delle tesi accusatorie che era stata immaginata sognata? dal Legislatore del 1989. Forse a ben vedere l’inutilità della funzione dell’udienza preliminare, intesa in tale ottica, appare con maggior evidenza proprio nel caso di specie, laddove le valutazioni tecniche permarrebbero identiche al dibattimento. A meno che la Corte non abbia inteso affermare che soltanto un “perito” terzo poiché nominato dal Giudice sia legittimato ad esprimere il risultato finale della valutazione controfattuale. Ma così, in ultima analisi, si finirebbe con il subordinare il ruolo del Giudice e del suo Giudizio alla supina accettazione del parere del tecnico. Con buona pace della sua libera determinazione.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 6 marzo – 10 maggio 2012, numero 17797 Presente Marzano – Relatore Blaiotta Motivi della decisione 1. Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Varese ha emesso sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell'imputato in epigrafe in ordine al reato di omicidio colposo. All'imputato, medico in servizio presso il pronto soccorso dell'ospedale di Varese, è stato mosso l'addebito di aver sottovalutato il rischio dell'evento emorragico intracranico conseguente alla caduta accidentale di C.A., paziente settantenne affetta da leucemia, sottoposta a trattamento chemioterapico ed anticoagulante. Gli si imputa di aver omesso di richiedere una TAC cranica e di non aver trattenuto la paziente per il tempo sufficiente per verificare le possibili complicanze emorragiche conseguenti alle ferite riportate a seguito di caduta accidentale. A seguito di tali errori, insorgeva a distanza di alcune ore emorragia endocranica che determinava la morte. 2. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica. Si premette che la sentenza di non luogo a procedere può essere adottata solo quando non vi sia possibilità, nella sede dibattimentale, di esperire indagini volte a superare le incertezze emerse nell'udienza preliminare. Le indagini esperite nel corso dell'udienza preliminare hanno mostrato che effettivamente, come sostenuto dalla difesa, la paziente ed i suoi familiari non avevano comunicato l'assunzione di farmaci anticoagulanti che costituiscono possibili cause di incremento del rischio emorragico. I consulenti del P.M. hanno tuttavia ritenuto che permanessero profili di colpa in relazione al brevissimo periodo di osservazione in pronto soccorso, durato circa due ore. Il giudice ha superato tale aspetto della vicenda ravvisando, che nel caso di specie, fosse appropriato un periodo di osservazione di sei ore, che sarebbe stato comunque inutile al fine di evitare l'evento, posto che la paziente, a distanza di oltre 12 ore dall'accesso al pronto soccorso non aveva manifestato sintomo alcuno della gravissima patologia in atto. Lo stesso giudice ha ritenuto appropriato un periodo di osservazione di sei ore suggerito dai consulenti della difesa sulla base del presupposto che non si fosse in presenza di un trauma cranico commotivo come sostenuto dall'accusa, bensì di un trauma cranico minore deducibile dalla modesta sintomatologia presentata dalla paziente durante l'accesso al presidio ospedaliero nelle ore successive. Tuttavia, la natura della trauma non è stato per nulla definitivamente appurata nella sede preliminare e tale decisivo aspetto della vicenda avrebbe potuto e dovuto formare oggetto di approfondimento dibattimentale. Inoltre il contrasto tra i consulenti delle parti in ordine alla diagnosi del trauma dimostrava comunque la necessità del vaglio dibattimentale. 3. Il ricorso è fondato. La sentenza impugnata ricostruisce dettagliatamente la vicenda in esame la caduta accidentale della donna con lesioni al capo il trasferimento in pronto soccorso la medicazione l'osservazione per circa due ore nel nosocomio il rientro nell'abitazione l'insorgenza a distanza di molte ore di drammatiche complicanze emorragiche il ritorno in ospedale in gravi condizioni l'esito letale in breve tempo intervenuto. La pronunzia chiarisce che le indagini esperite hanno consentito di escludere il profilo di colpa inerente alla mancata considerazione del rischio connesso all'assunzione di farmaci anticoagulanti, poiché è emerso con certezza che tale circostanza non era stata riferita all'imputato. La conclusione è che l'unico addebito ipotizzabile è quello di insufficiente osservazione della paziente in occasione del primo ricovero in pronto soccorso. La durata di una corretta osservazione, si aggiunge, è connessa alla natura della patologia. Al riguardo si è riscontrato contrasto tra le valutazioni dei consulenti delle parti. Gli esperti dell'accusa pubblica hanno ravvisato che l'evento letale è intervenuto per emorragia subdurale come postumo di trauma cranico commotivo risalente al giorno precedente. Tale situazione avrebbe richiesto l'osservazione protratta ed un'indagine strumentale mediante TAC cioè monitoraggio clinico e strumentale al contempo. I consulenti, non hanno tuttavia specificato quale fosse il corretto periodo di osservazione. Tale valutazione è stata confutata dal consulente della difesa che ha ritenuto che si fosse in presenza di trauma lieve, come dimostrato dal fatto che la donna, nel corso dell'esame al quale venne sottoposta dall'imputato, fu trovata vigile, lucida ed indenne dal punto di vista neurologico. La lievità del trauma non implicava rischio e indicava la necessità di osservazione per sole sei ore. È emerso dunque contrasto circa la reale gravità del trauma cranico. Quanto sostenuto dal consulente della difesa viene ritenuto convincente dal giudice, essendo basato su oggettivi riferimenti fattuali inerenti alla documentazione clinica, nonché su precise linee guida e su parametri internazionali. In tale situazione, conclusivamente, si è in presenza di contrasto scientifico in ordine alla reale condizione della paziente al momento dell'arrivo in pronto soccorso. Tale contrasto si traduce in incertezza sull'articolazione del controfattuale della causalità condizionalistica. Infatti, se l'imputato avesse trattenuto la paziente per sei o anche dodici ore, ciò non sarebbe valso con certezza ad evitare l'evento, posto che la paziente, ancora tredici ore dopo essere stata dimessa stava bene, era lucida, non presentava alcun sintomo, aveva cenato regolarmente. Quindi una lunga osservazione in Pronto soccorso, e quindi la condotta sanitaria attesa, non avrebbe impedito che la vittima venisse dimessa prima dello scatenarsi della complicanza emorragica letale. Da tale incertezza la pronunzia di proscioglimento perché il fatto non sussiste. Tale argomentazione, pur essendo riccamente e coerentemente argomentata per ciò che attiene alla valutazione del caso e delle emergenze di carattere scientifico, si espone alle indicate censure che, nel loro nucleo essenziale, concernono l'inesatta individuazione del ruolo e delle finalità dell'udienza preliminare, nonché della regola di giudizio che presiede all'adozione della sentenza di non luogo a procedere. Infatti la regola di giudizio che presiede all'udienza preliminare, anche dopo le ripetute, note modifiche normative che hanno profondamente mutato la configurazione dell'istituto, è pur sempre di tipo processuale. Al giudice è richiesta una prognosi sulla utilità del vaglio dibattimentale sulla prospettiva, cioè, che la sede dibattimentale, con le sue articolate, dialettiche potenzialità euristiche, possa condurre all'acquisizione di elementi di prova concludenti nell'ottica accusatoria. Per conferire profondità adeguata a tale cruciale apprezzamento, il legislatore ha anche notevolmente ampliato il campo degli strumenti a disposizione del giudice, consentendogli di sollecitare o compiere approfondimenti investigativi o probatori articolo 421 bis e 422 c.p.p. . L'attribuzione di tale esteso potere officioso ha mutato il volto dell'udienza preliminare ma non ha fatto venire meno il carattere processuale della pronunzia e la relativa regola di giudizio che, va ribadito, riguarda l'utilità del dibattimento considerato come sede per una completa, dettagliata, dialettica acquisizione del materiale probatorio e, alla luce di esso, per una definitiva valutazione del caso anche alla stregua delle eventuali informazioni scientifiche da acquisire e rapportare proprio alle emergenze in fatto conseguite nella stessa sede dibattimentale. La pronunzia impugnata non si è attenuta a tale regola di giudizio. Essa ha impropriamente anticipato la definizione del merito trascurando di valutare le potenzialità del dibattimento sia per ciò che attiene all'esatta, compiuta individuazione della sintomatologia manifestata dalla donna ed alla sua collocazione in una sindrome commotiva ovvero lieve sia per quanto riguarda l'acquisizione di informazioni scientifiche focalizzate sul fatto come definitivamente accertato e conseguite eventualmente con la modalità della perizia quale strumento per l'esercizio della dialettica processuale nel territorio della scienza. La sentenza va conseguentemente annullata con rinvio. Il giudice dovrà attenersi al principio di diritto sopra espresso e quindi dovrà valutare l'utilità del dibattimento quale sede per la risoluzione dei dubbi espressi in ordine all'articolazione del controfattuale condizionalistico. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Varese.