Non necessita di convalida il sequestro probatorio della polizia giudiziaria se il bene oggetto di apprensione è individuabile nel decreto di perquisizione, ma il denaro non può di per sé essere sequestrabile.
Con la pronuncia in oggetto, la Terza sezione penale della Corte di Cassazione ha ribadito che il sequestro operato dalla polizia giudiziaria nell’ambito di una perquisizione non deve essere convalidato ai sensi e per gli effetti dell’articolo 355, commi 1 e 2, c.p.p. ove si possa ritenere che l’oggetto sequestrato rientri tra quelli individuati nel decreto di perquisizione disposto dal pubblico ministero. Solo nel caso di un decreto di ricerca della prova reale assolutamente generico ovvero che deleghi sostanzialmente agli operatori ogni valutazione in merito al vincolo pertinenziale e probatorio del bene sequestrabile, la procedura di convalida si rende necessaria. Sul punto l’Alta Corte è inequivocabile, avendo ribadito che «va considerato sostanzialmente sequestro di polizia giudiziaria come tale necessitante di convalida anche quello eseguito in esecuzione di un decreto del P.M. tutte le volte in cui sia rimesso alla discrezionalità dell’organo esecutivo la individuazione del rapporto pertinenziale con il delitto». Il principio appena esposto, chiaro nella sua astrattezza, risulta tuttavia più volte di difficile applicazione pratica, posto che difficilmente nel decreto dell’organo dell’accusa vi è un’analitica indicazione della prova reale da ricercare. In genere, infatti, vi è un ampio riferimento a classi di oggetti, per lo più indicati a mo’ di elenco comunque non tassativo ed il vincolo pertinenziale viene dato per implicito e ricostruibile mediante un rinvio ai concetti normativi di ‘corpo di reato’ e ‘cosa pertinente al reato’ di cui all’articolo 253 c.p.p Ecco che, allora sul lato pratico, i limiti tra sequestro discrezionale/autonomo e sequestro delegato della polizia giudiziaria sono piuttosto labili. Ed il discrimen viene demandato ad un giudizio sostanzialmente insindacabile dell’organo di controllo. Ciò non può, tuttavia, spaventare o preoccupare sul piano processuale se si vuole contestare l’attualità e la necessità del vincolo di pertinenza effettivo tra res e reato, posto che seguendo anche l’insegnamento della Corte costituzionale di cui alla pronuncia numero 151/1993 nulla vieta di chiedere, se del caso, la restituzione del bene ex articolo 263 comma 5 c.p.p. ovvero il riesame ex articolo 324 c.p.p., oppure che il pubblico ministero proceda ad un altro provvedimento di sequestro o che il sequestro probatorio si converta in sequestro preventivo. Certo è che laddove come è accaduto assai spesso nel decreto di perquisizione nulla si dice in merito alla concretezza dell’ipotesi accusatoria, ogni giudizio in merito non può essere compiutamente svolto ed ogni decisione positiva sul punto non può che apparire come non persuasiva, mancando il riferimento ad un elemento essenziale del giudizio se non si conosce ciò per cui si indaga, non si può sapere se quella cosa è utile o meno alla ricostruzione dei fatti. Tale aspetto è stato di recente enfatizzato dalla stessa Suprema Corte nella sentenza numero 5930/2012 della Sezione VI penale, che ha chiarito che «i provvedimenti di perquisizione e sequestro, rientrando fra i mezzi di ricerca della prova, presuppongono l’esistenza di una precisa notizia di reato e l’iscrizione della stessa nel registro di cui all'articolo 335 c.p.p.” sicché per la loro validità “richiedono comunque una sintetica indicazione della concreta fattispecie di reato ascritta all'indagato negli estremi essenziali di azione, di tempo e di luogo». Da tutto ciò consegue che, salvo il caso in cui manchi una simile indicazione dell’addebito nel decreto di perquisizione e salva l’ipotesi nella quale non vengano riferite le classi dei beni da ricercare, l’unico modo per concretamente ottenere la restituzione del bene sequestrato dalla polizia giudiziaria, per mancanza di decreto di convalida, si risolve nei fatti nella dimostrazione che il bene oggetto di apprensione non è in realtà né può essere considerato corpo di reato o cosa pertinente a reato. E questo è quel che nei fatti è accaduto nell’ambito della decisione qui in commento, nella quale peraltro si è preso in considerazione il sequestro del bene più importante dal punto di vista economico il denaro. Il caso. Il ricorrente aveva denunciato l’illegittimità del sequestro operato dalla polizia giudiziaria o comunque la sua perdita di efficacia in quanto lo stesso necessitava di una convalida del pubblico ministero mai intervenuta. In particolare si è lamentato che gli assegni sequestrati facevano riferimento ad operazioni lecite ed erano riferibili a periodi successivi a quelli oggetto di investigazione e che il denaro contante rinvenuto non poteva comunque essere oggetto di sequestro in quanto bene fungibile. La Corte, se, da un lato, ha disatteso la lagnanza relativa agli assegni dal momento che nel decreto di perquisizione si faceva riferimento anche alle attività “attuali” con una determinata società del resto, gli indizi possono essere anche successivi ai fatti – ndr - ed ai mezzi di pagamento tra cui rientrano certamente gli assegni , dall’altro, non ha potuto che annullare senza rinvio il provvedimento di sequestro nella parte in cui si era sequestrato il denaro contante e ciò non soltanto perché tale ‘bene’ non era menzionato espressamente nel provvedimento di perquisizione, ma soprattutto – ed il punto è di notevole interesse – perché non vi era «alcun elemento che si trattasse corpo di reato o di cosa, comunque pertinente al reato» nonostante si procedesse per violazioni finanziarie e fiscali ed in particolare per il reato di dichiarazione fraudolenta di cui all’articolo 3, D.lgs. numero 74/2000. Il Supremo Consesso, infatti, richiamandosi ai migliori precedenti, ha ribadito che la somma di denaro costituisce corpo di reato «solo ove sia proprio quella acquisita attraverso l’attività criminosa». Si è inoltre evidenziato che il danaro, quand’anche corpo di reato, di per sé non costituisce prova del reato, perché ciò che rileva non è il denaro in quanto tale, ma l’attività di indagine che ha portato al suo rinvenimento, fermo restando la sua eventuale sequestrabilità ad altri fini ed in particolare ai fini preventivi, essendo comunque bene confiscabile articolo 321, comma 2, c.p.p. . Da qui la cassazione del provvedimento impugnato nei termini più sopra riferiti. Non è sequestrabile il denaro contante rinvenuto presso l’imprenditore accusato di frode. La pronuncia in commento si segnala sia per la sua continuità con gli indirizzi giurisprudenziali in merito ai principi relativi alla necessità o meno della convalida da parte del pubblico ministero del sequestro della polizia giudiziaria, sia per l’attenzione prestata contro un assai diffuso equivoco sul valore probatorio del denaro in quanto tale nell’ambito della repressione del crimine. Su quest’ultimo aspetto già da tempo si segnala da parte della giurisprudenza la necessità che il collegamento pertinenziale con il reato non si deve dare per presupposto nello stesso modo, si è più e più volte confermato che solo lo specifico denaro oggetto di ‘trattativa illecita’ può considerarsi a stretto rigore come corpo di reato. A prima vista può sembrare contradittorio un simile atteggiamento, poiché può apparire difficile comprendere perché il denaro, anche se corpo di reato, non può essere di per sé sequestrato ai fini probatori. Il problema si risolve semplicemente facendo riferimento alla stessa finalità del sequestro probatorio, il quale viene meno quando non è più necessario ai fini di prova articolo 262 comma 1 c.p.p. . Non è dunque esatto che non sia di per sé astrattamente sequestrabile il denaro contante, ma più propriamente, allorché si rinvenga del denaro contante nel corso di una perquisizione, si deve dare atto di ciò nel verbale e se del caso attestare importo e numero delle banconote, anche mediante copie e registrazioni. Ma una volta fatto ciò, salvo il caso di confiscabilità oppure della necessità di svolgere altri accertamenti sulle banconote per esempio, per verificare impronte digitali o le tracce di questo o quel materiale , il verbale di sequestro di per sé – almeno di norma – esaurisce la funzione probatoria del sequestro in questione. Naturalmente la restituzione dovrà avvenire su impulso di parte articolo 263 c.p.p. ed in tale procedimento si valuterà, se del caso, l’eventuale sopravvenuta necessità del vincolo, che allora e per definizione non può darsi per scontata. In fondo, il tutto sta nel comprendere che anche nel procedimento penale la libera disponibilità di un bene è la regola, il sequestro - specie se probatorio - l’eccezione.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 3 23 aprile 2012, numero 15513 Presidente Squassoni – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 20.7.2011 il GIP del Tribunale di Napoli rigettava l'opposizione proposta da L D.L. , indagato per il reato di cui all'articolo 3 D.lgs.74/2000, avverso il provvedimento del P.M. di rigetto della richiesta di restituzione dm beni sequestrati in data 8.6.2010 ed in particolare degli assegni circolari e della somma di denaro di Euro 18.700,00. Premetteva il GIP che in data 24.5.2010 il P.M. aveva emesso decreto di perquisizione, con contestuale informazione di garanzia, in relazione alle persone degli indagati ed ai locali nella loro disponibilità, con conseguente sequestro di quanto rinvenuto, nonché di ogni altra documentazione o bene utili per il prosieguo delle indagini in sede di esecuzione del provvedimento, all'interno di una borsa, la G.d.F. rinveniva, sottoponendo a sequestro, assegni circolari ed una somma di denaro. Tanto premesso riteneva il GIP, rigettando l'eccezione difensiva, che non fosse necessaria la convalida da parte dell'A.G., essendo state fornite, con il decreto del P.M., indicazioni precise sui beni da sottoporre a sequestro. Inoltre, era assolutamente legittimo il sequestro probatorio degli assegni circolari ai fine di prosecuzione delle indagini. Quanto alla somma di denaro, rinvenuta nello studio dell'indagato unitamente agli assegni, la mera dichiarazione della moglie del predetto non era sufficiente per attribuire la somma medesima a persona diversa dall'indagato. 2. Propone ricorso per cassazione L D.L. , a mezzo del difensore, denunciando la inosservanza degli articolo 252, 253, 258 e 355 cod.proc.penumero per mancata convalida del sequestro operato dalla p.g Dopo una premessa riepilogativa dei fatti, assume che dallo stesso titolo di reato per cui si procedeva e dalla motivazione del decreto di perquisizione emerge che la p.g. era stata delegata a ricercare documentazione/relativa ai rapporti commerciali intrattenuti dalla Metal Group srl,che consentisse di ricostruire la contabilità relativamente agli anni fino al 2007. Gli assegni sequestrati, invece, erano certamente estranei alle indagini, recando essi la data del 7 giugno 2010 e quindi non rientravano tra i documenti oggetto del decreto di perquisizione e sequestro. Era necessaria pertanto la convalida, in mancanza della quale il sequestro è nullo. Gli assegni sequestrati, peraltro, erano destinati ad operazioni commerciali assolutamente lecite per conto della Metal Group srl e non rientranti comunque tra le cose pertinenti al reato per cui si procedeva dichiarazioni dei redditi presentate fino all'anno 2008, relativamente al periodo di imposta 2007 , sicché non potevano essere oggetto di sequestro probatorio. La prova della commissione del reato di cui all'articolo 3 D.lgs.74/2000 ipotizzato è rinvenibile nelle scritture contabili obbligatorie e nelle dichiarazioni annuali, con irrilevanza quindi delle operazioni successive o di titoli di credito per operazioni ancora da compiersi. Quanto alla somma di denaro, trattandosi di cose fungibili non era consentito il sequestro probatorio è pacifico che sia ammessa la sequestrabilità soltanto delle banconote ben individuate , come affermato dalla giurisprudenza di legittimità. Denuncia altresì la carenza di motivazione del provvedimento impugnato, che si limita a far riferimento ad alcuni orientamenti giurisprudenziali risalenti ed ormai superati, non potendo il sequestro probatorio avere carattere esplorativo. Inoltre anche il decreto di perquisizione e sequestro è assolutamente mancante di motivazione in ordine alla rilevanza dei beni da sequestrare ai fini della ricostruzione dei fatti. 3. Con requisitoria scritta in data 17.11.2011 il P. G. chiede il rigetto del ricorso. 3.1. Con note di replica del 26.3.2012 il difensore insiste nell'accoglimento del ricorso, ribadendo la necessità della convalida ed evidenziando, con riferimento all'elemento temporale, che i beni sottoposti a sequestro non possono intendersi né corpo di reato né cose pertinenti al reato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è parzialmente fondato. 2. Quanto alle deduzioni in ordine alla necessità della convalida, va ricordato che gli articolo 352 354 c.p.p. prevedono il potere dovere della polizia giudiziaria di procedere, in casi predeterminati di necessità e di urgenza, quando cioè non sia possibile un intervento tempestivo del P.M., a perquisizioni e sequestri. Il legislatore ha previsto, però, un rigoroso e penetrante potere di controllo da parte dell'autorità giudiziaria per verificare la legittimità dell'operato della polizia giudiziaria. L’articolo 355 c.p.p. stabilisce che il P.M., cui spetta funzionalmente il potere di disporre il sequestro, convalidi il sequestro o restituisca le cose sequestrate. Tale controllo successivo ha ovviamente la funzione di verificare che il potere discrezionale riconosciuto in materia alla polizia giudiziaria sia stato esercitato nei limiti circoscritti previsti, sia sotto il profilo dei presupposti che della natura dell'oggetto sequestrato corpo del reato e cose a questo pertinenti . Il legislatore ha voluto, cioè, adottare ogni cautela per impedire possibili arbitri in presenza dell'esercizio di un potere discrezionale. È necessario il controllo successivo o preventivo tutte le volte che la polizia giudiziaria operi non limitandosi ad eseguire quanto disposto dall'autorità giudiziaria, ma agisca discrezionalmente. Non può minimamente revocarsi in dubbio, invero, che si verta nella medesima situazione sia che la polizia operi di sua iniziativa ex articolo 354 c.p.p. sia che intervenga su delega del P.M. senza che sia circoscritto e delimitato il suo potere di intervento. Anche in tale secondo caso ci si troverebbe in presenza dell'esplicazione di una discrezionalità quantomeno ai fini di stabilire se le cose da ricercare siano corpo del reato o cose a questo pertinenti. Di guisa che va considerato sostanzialmente sequestro di polizia giudiziaria come tale necessitante di convalida anche quello eseguito in esecuzione di un decreto del P.M. tutte le volte in cui sia rimesso alla discrezionalità dell'organo esecutivo la individuazione del rapporto pertinenziale con il delitto. Laddove, invece, il decreto dell'autorità giudiziaria sia motivato in ordine alle ragioni in forza delle quali l'oggetto del sequestro sia da considerare come corpo di reato ovvero dei motivi che determinino un collegamento tra le cose da sequestrare ed il reato per cui si procede, risulta rispettata l'esigenza sopra evidenziata. Per cui quando, nel decreto del P.M., sia stato individuato l'oggetto del sequestro non è necessario un ulteriore intervento di controllo esercitato già preventivamente . 2.1. Nel caso di specie, nel decreto di perquisizione e sequestro, allegato dallo stesso ricorrente, si assumeva, in premessa, che occorreva ricostruire compiutamente gli effettivi dati riguardanti il volume di affari, l'identità dei fornitori, nonché la natura del materiale gestito, anche attualmente e si precisava che sussisteva concreta la possibilità che la documentazione relativa ai dati riguardanti il volume di affari, l'identità dei fornitori nonché la natura del materiale gestito e le modalità di gestione dello stesso e le modalità di pagamento, operazioni tutte effettuate anche attualmente , potesse essere detenuta , e si disponeva conseguentemente il sequestro, a norma dell'articolo 252 c.p.p., di quanto rinvenuto nonché di ogni altra documentazione o bene che risulti utile per il prosieguo delle indagini in quanto trattasi per le motivazioni prima dettagliatamente esposte di beni utili per il prosieguo delle indagini e, comunque, pertinenti al reato per cui si procede . Il provvedimento, letto nella sua interezza, era quindi sufficientemente dettagliato in relazione alla documentazione da sequestrare per ricostruire il volume di affari della società destinataria delle fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti e tale da includere anche assegni per ricostruire l'attività economica sottratta all'imposizione fiscale. 2.1. Le esigenze probatorie in relazione agli assegni sequestrati anche se essi recavano una data di emissione successiva al 2007 emergeva, poi, palesemente dalla motivazione del provvedimento impugnato prima richiamata facendosi riferimento ad operazioni tutte effettuate, anche attualmente . 3. In ordine alla somma di denaro sequestrata, a parte il fatto che è difficilmente sostenibile che essa potesse ricomprendersi in quanto indicato nei provvedimento di sequestro del P.M., non vi è alcun elemento non viene neppure ipotizzato che si trattasse di corpo di reato o di cosa, comunque, pertinente al reato. Come ha ricordato anche il ricorrente, secondo la giurisprudenza di questa Corte, una somma di denaro può essere considerata corpo del reato, ai sensi dell'articolo 253 cod. proc. penumero , solo ove sia proprio quella acquisita attraverso l'attività criminosa cfr Cass. penumero sez. 3 numero 25871 dell'8.5.2003 Cass. sez. 5 numero 30328 del 22.6.2004 Cass. sez. 5 numero 41210 . Più specificamente si è ritenuto che le provviste di denaro esistenti su conti correnti non costituiscono corpo di reato ai sensi dell'articolo 253 cod.proc.penumero , in relazione agli illeciti fiscali ipotizzati nella specie omessa annotazione di corrispettivi ai fini IVA ed emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti , sicché il sequestro di esse è illegittimo Cass. penumero sez. 3 numero 588 del 7.2.1996 tali provviste, infatti, non possono essere considerate provento del reato, cioè il quantum di imposta versata all'erario Cass. penumero sez. 3 numero 3131 del 2.10.1997 . Sotto il profilo, poi, delle esigenze probatorie si è, comunque, escluso che una somma di denaro, pur qualificata come corpo del reato fattispecie in tema di traffico di stupefacenti possa essere sottoposta a sequestro probatorio in quanto la prova del reato non discende dalla res sequestrata, ma dagli atti di indagine circa il suo rinvenimento cfr. Cass. penumero sez. 6 a 19771 del 9.4.2009 infatti, come si legge in motivazione, la provenienza illecita del denaro non ha alcuna valenza dimostrativa del reato stesso. In tale fattispecie il denaro poteva essere sequestrato ai sensi dell'articolo 321 comma 2 c.p.p. . 4. Il provvedimento impugnato va, pertanto, annullato limitatamente al sequestro della somma di denaro, con conseguente restituzione della stessa non risultando che il sequestro probatorio sia stato eventualmente convertito in sequestro preventivo all'avente diritto. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato limitatamente al sequestro probatorio della somma di denaro, di cui dispone la restituzione all'avente diritto. Rigetta nel resto il ricorso.