Criterio della vicinanza alla pensione: il datore può limitarsi ad indicare il numero delle eccedenze

In tema di verifica della sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva di cui alla legge numero 223/1991, ove il progetto imprenditoriale sia diretto a ridimensionare l’organico dell’intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro attraverso il criterio dell’anzianità contributiva, l’imprenditore può limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti, senza che occorra l’indicazione degli uffici o dei reparti con eccedenza.

Lo ha confermato la Corte di Cassazione – Sez. Lavoro, con la sentenza numero 22914, depositata il 10 novembre 2015. Il caso. La pronuncia trae origine dal giudizio promosso dal lavoratore perché venisse dichiarata l’inefficacia del licenziamento intimatogli, ex articolo 4 e 24 della legge numero 223/1991, nell’ambito di una procedura collettiva. A sostegno delle proprie domande, il ricorrente adduceva che la comunicazione di avvio della procedura non avrebbe indicato la collocazione aziendale ed i profili professionali del personale eccedente, indicazione preliminare rispetto alla concreta individuazione dei lavoratori da licenziare. Ed infatti, sia la comunicazioni di avvio della procedura, sia l’accordo di programma che l’aveva preceduta avevano individuato gli esuberi in termini esclusivamente numerici, prevedendo un arco temporale di 30 giorni per la risoluzione dei rapporti. In particolare, la comunicazione si era limitata a rendere noto che l’esubero era stato individuato sulla base di quanto previsto dall’accordo di programma, vale a dire il possesso dei requisiti di legge per il diritto alla pensione di anzianità o di vecchiaia. Sennonché – a detta del ricorrente – tale criterio, pur obiettivo e di applicazione vincolata, era stato applicato avuto riguardo a tutti i dipendenti qualunque fosse il loro inquadramento o profilo professionale e la loro concreta collocazione aziendale, indipendentemente da un effettivo nesso causale tra licenziamento e le esigenze organizzative pure prospettate, non apparendo credibile che tutte le posizioni aziendali fossero fungibili tra di loro. All’esito del giudizio di merito, le domande del lavoratore sono state respinte. Legittimità del licenziamento collettivo le motivazioni sono tendenzialmente irrilevanti. La pronuncia in commento ribadisce preliminarmente il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in materia di licenziamenti per riduzione di personale ex lege numero 223/1991, è insindacabile la sussistenza dei presupposti fattuali del licenziamento salvi intenti elusivi , non necessitando il licenziamento collettivo di una crisi aziendale e neppure di un ridimensionamento strutturale, essendo legittimo anche in caso di sola riduzione della forza lavoro. Ed infatti, la legge numero 223/1991, nel prevedere agli articoli 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha comportato la trasformazione del controllo di legittimità, da un sindacato esercitato ex post nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo ex ante sulla correttezza della procedura devoluto, innanzitutto, alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri di informazione e consultazione Cass., numero 8971/2014, numero 2516/2012 e numero 3721/2012 . I residui spazi di controllo devoluti al giudice non riguardano più, quindi, gli specifici motivi della riduzione del personale, ma la correttezza procedurale dell’operazione, con la conseguenza che non possono trovare ingresso, in sede giudiziaria, tutte quelle censure con le quali, senza contestare specifiche violazioni delle prescrizioni dettate dai citati articoli 4 e 5 e senza fornire la prova di intenti discriminatori, si finisce per investire l’autorità giudiziaria di un’indagine sulla presenza di “effettive” esigenze di riduzione o trasformazione dell’attività produttiva Cass., numero 5089/2009 . Correttezza della comunicazione datoriale può bastare l’indicazione di un solo criterio. La Cassazione ribadisce, inoltre, che, in ordine alla puntuale indicazione delle modalità di applicazione dei criteri di scelta, la comunicazione datoriale può dirsi viziata solo qualora non abbia consentito al sindacato e, per il suo tramite, al lavoratore di esercitare il suo potere di controllo. Sotto questo profilo, in caso di adozione di un unico criterio, non è necessaria una graduatoria comprendente anche i lavoratori rimasti in servizio. In particolare, nelle ipotesi in cui, come nella fattispecie, il criterio adottato per individuare i lavoratori licenziandi nell’ambito dell’intero complesso aziendale sia unico e riguardi il possesso dei requisiti per il pensionamento, non sussistono dubbi circa la sua legittimità, non consentendo la sua applicazione alcun margine di discrezionalità all’azienda cfr., ex plurimis , Cass., numero 1949/2011 . Come la Suprema Corte ha avuto modo di affermare in svariate occasioni, il criterio di scelta adottato nell’accordo sindacale tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali per l’individuazione dei destinatari del licenziamento può anche essere unico e consistere nella vicinanza al pensionamento, purché esso permetta di formare una graduatoria rigida e possa essere applicato e controllato senza alcun margine di discrezionalità da parte del datore di lavoro Cass. numero 12781/2003, numero 5/2006 e numero 24343/2010 . Il datore può limitarsi ad indicare il numero complessivo dei lavoratori in eccedenza. La pronuncia in commento conferma, altresì, che, in tema di verifica della sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva di cui alla legge numero 223/1991, ove il progetto imprenditoriale sia diretto a ridimensionare l’organico dell’intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l’imprenditore può limitarsi all’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti, suddiviso tra i diversi profili professionali previsti dalla classificazione del personale occupato nell’azienda, senza che occorra l’indicazione degli uffici o dei reparti con eccedenza, e ciò tanto più ove proponga ai sindacati, nella stessa comunicazione e con riferimento alle misure idonee a ridurre l’impatto sociale dei licenziamenti, la stipulazione di un accordo, derogatorio dei criteri legali di scelta dei lavoratori da licenziare, che fondi la selezione sul possesso dei requisiti per l’accesso alla pensione, che non consente margini di discrezionalità da parte del datore di lavoro Cass. numero 8971/2014 . Sulla base di tali principi, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato dal lavoratore.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 23 giugno – 10 novembre 2015, numero 22914 Presidente Amoroso – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Con ricorso depositato il 18 luglio 2008 INTESA SAN PAOLO s.p.a., già Banca Intesa s.p.a. proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Milano che dichiarò l'inefficacia del licenziamento intimato a T.M. in data 27.3.04 ed ordinato alla Banca la reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro nonché al risarcimento del danno nella misura della retribuzione globale di fatto maturata dalla data del recesso. Ritenne il Tribunale che vi era stata violazione del disposto dell'articolo 4 comma 3 della legge 223/91, non risultando indicati nella lettera di apertura della procedura la collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente, indicazione preliminare rispetto alla concreta individuazione dei lavoratori da licenziare. Ed invero sia la comunicazioni di avvio della procedura sia l'accordo di programma che l'aveva preceduta, individuavano gli esuberi in termini esclusivamente numerici, prevedendo un arco temporale di 30 giorni per la risoluzione dei rapporti nella predetta comunicazione il datore di lavoro si limitava a rendere noto che l'esubero era stato individuato sulla base di quanto previsto dall'accordo di programma ovvero il possesso dei requisiti di legge per il diritto alla pensione di anzianità o di vecchiaia il suddetto criterio, certamente obiettivo e di applicazione vincolata, era stato tuttavia applicato avuto riguardo a tutti i dipendenti qualunque fosse il loro inquadramento o profilo professionale e la loro concreta collocazione aziendale, del tutto sganciato da un effettivo nesso causale tra licenziamento e le esigenze organizzative pure prospettate, non apparendo credibile che tutte le posizioni nella struttura aziendale fossero tra loro fungibili. L'appellante contestava esservi stata nella specie alcuna violazione dell'articolo 4 L. numero 223/91. Resisteva il T. . Con sentenza depositata il 29 dicembre 2011, la Corte d'appello di Milano, in riforma della pronuncia di primo grado, rigettava la domanda proposta dal T. , condannandolo a restituire quanto percepito in esecuzione delle predetta sentenza. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il T. , affidato a quattro motivi. Resiste Intesa San Paolo con controricorso, poi illustrato con memoria. Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia una omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c. . Lamenta che nella Regione Sicilia, presso cui egli prestava la sua opera, non esisteva alcun esubero e che del resto tra i 51 dipendenti da licenziare erano suddivisi tra Regioni tra cui mancava per l'appunto la Sicilia, ove infatti furono inviati in missione quattro impiegati nel 2003 ed inoltre assunti due lavoratori a tempo determinato. 2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 4, comma 3, della L. numero 223/91 articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. . Lamenta che la Corte di merito ritenne erroneamente che in caso di riduzione di personale riferito all'intero complesso aziendale e motivato da esigenze di riduzione del costo di lavoro non era necessario indicare nella comunicazione ex articolo 4 L. numero 223/91 la collocazione ed i profili professionali del personale ritenuto eccedente, potendo invece l'azienda limitarsi ad indicare il numero complessivo dei lavoratori eccedenti. 3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 4, comma 9, della L. numero 223/91. Lamenta che la comunicazione ivi prevista aveva lo scopo di consentire la verifica ex post della legittimità delle scelte operate sotto il profilo della corretta applicazione dei criteri convenzionali di scelta, e di valutare perché la scelta ricadde ad esempio su di lui e non su altri colleghi di lavoro. Né poteva ritenersi, come fatto dalla sentenza impugnata, che l'unicità del criterio non consentirebbe margini di discrezionalità al datore di lavoro. 4.- Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 15 L. numero 300/70, così come novellato dal d.lgs. numero 216/03 attuativo della Direttiva 2000/78/CE articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. . Lamenta che la Corte di merito escluse che un licenziamento, quale quello di specie, basato essenzialmente sull'età anagrafica dei lavoratori e sulla riduzione del costo di lavoro, avesse natura discriminatoria in base alla norma denunciata, ritenendolo piuttosto legittimo in base all'articolo 59, comma 3, della L. numero 449/97. Evidenzia che la giurisprudenza comunitaria e quella costituzionale avevano escluso la legittimità di un processo di riduzione del personale motivato da sole esigenze di riduzione del costo di lavoro. 5.- I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati. Essi infatti risultano in contrasto con la copiosa giurisprudenza di questa Corte che ha già deciso controversie aventi lo stesso oggetto in senso favorevole all'azienda Cass. numero 8971/14 Cass. numero 2516/12 Cass. numero 3721/12 Cass. numero 19712/11 Cass. numero 1949/11 Cass. numero 6030/11 Cass. numero 24343/10 . 5.1 - Deve in primo luogo evidenziarsi che in materia di licenziamenti per riduzione di personale ex lege numero 223/91 è insindacabile la sussistenza dei presupposti fattuali del licenziamento salvi intenti elusivi , non necessitando il licenziamento collettivo di una crisi aziendale e neppure di un ridimensionamento strutturale, essendo legittimo anche in caso di sola riduzione della forza lavoro tanto da comportare la trasformazione del controllo di legittimità da un sindacato ex post basato sull'effettivo ridimensionamento dell'impresa, rimanendo piuttosto insindacabili le scelte imprenditoriali, ad un controllo ex ante sulla correttezza della procedura devoluto innanzitutto alle oo.ss. ed ai soggetti pubblici ivi indicati, Cass. numero 5089/09 . Deve poi rilevarsi che la comunicazione ex articolo 4, comma 9, della L. numero 223/91 circa la puntuale indicazione delle modalità di applicazione dei criteri di scelta può dirsi viziata solo qualora non abbia consentito al sindacato e per il suo tramite al lavoratore di esercitare il suo potere di controllo, laddove, in caso di adozione di un unico criterio il possesso dei requisiti per il conseguimento della pensione , non è necessaria una graduatoria comprendente anche i lavoratori rimasti in servizio. Deve infatti ribadirsi che nelle ipotesi in cui, come nella specie, il criterio adottato per individuare i lavoratori licenziandi nell'ambito dell'intero complesso aziendale sia unico e riguardi il possesso dei requisiti per il pensionamento, non sussistono dubbi circa la sua legittimità, non consentendo la sua applicazione alcun margine di discrezionalità all'azienda ex aliis, Cass. numero 1949/11 . Parimenti deve escludersi la rilevanza dell'esistenza o meno di posizioni in esubero all'interno di una determinata Regione, dovendo nel caso di generale ridimensionamento dell'azienda a livello nazionale aversi riferimento all'intero complesso aziendale della società Cass. numero 9991/09 . 5.2 - Deve peraltro osservarsi che la questione se la specifica indicazione dell'applicazione dei criteri di scelta sia diretta solo ai sindacati ed all'ufficio regionale del lavoro ed alla Commissione regionale per l'impiego Cass. numero 4970/06 ovvero anche ai lavoratori che ricevono contezza dei relativi dati e la possibilità di controllo per il tramite delle associazioni sindacali, Cass. numero 1722/09 , è stata più volte risolta da questa Corte nel senso che la procedura disciplinata dall'articolo 4 della legge numero 223 del 1991 assegna al sindacato, a fronte dell'esercizio del potere imprenditoriale, un ruolo di tutela dell'interesse del lavoratore alla conservazione del posto di lavoro nell'ambito del più generale controllo su eventi che incidano, in maniera non marginale, sull'assetto occupazionale poiché la tutela di un tale interesse è subordinata alla informazione, da parte dell'imprenditore, da cui risulti la impraticabilità di rimedi alternativi ai licenziamenti, consegue che il lavoratore è legittimato a far valere l'incompletezza della informazione, Cass. numero 13196/03, ma non già che questi debba essere destinatario dell'informativa completa con i requisiti di cui all'articolo 4, commi 3 e 9, destinate invece alle oo.ss. oltre agli uffici pubblici del lavoro Cass. numero 4970/06, Cass. numero 1722/09 , sovrattutto ove, come nella specie e con particolare riferimento all'intento elusivo denunciato dal lavoratore, il numero dei lavoratori con diritto a pensione risulti inferiore a quello del personale ritenuto in esubero nell'ambito dell'intero complesso aziendale, come incontestatamente affermato dall'azienda, sicché il criterio unico del diritto a pensione o della maggiore prossimità alla stessa non lascia margini di discrezionalità alla Banca cfr. Cass. numero 3603/10 cfr. altresì Cass. numero 5884/11, numero 1949/11, numero 24343/10 - riferite alla medesima riduzione di personale oggi in esame . 5.3 - La giurisprudenza di questa Corte ha poi più volte affermato che il criterio di scelta adottato nell'accordo sindacale tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali per l'individuazione dei destinatari del licenziamento può anche essere unico e consistere, come già detto, nella vicinanza al pensionamento, purché esso permetta di formare una graduatoria rigida e possa essere applicato e controllato senza alcun margine di discrezionalità da parte del datore di lavoro cfr., Cass. numero 13962/2002 numero 12781/2003 numero 5/2006 e, da ultimo 24343/2010 . Per il resto deve ribadirsi che questa Corte ha già esaminato in varie occasioni la legittimità del licenziamento collettivo per cui è causa da ultimo nelle sentenze Cass. numero 8971/14, numero 2516/2012 e numero 8061/11, alle cui ampie, dettagliate e convincenti motivazioni il Collegio si riporta, condividendole integralmente. Questa Corte ha infatti osservato che In tema di accertamento giudiziale della verifica della sussistenza del nesso causale tra il progettato ridimensionamento ed i singoli provvedimenti di recesso, la L. numero 223 del 1991, nel prevedere agli articolo 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex post nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell'iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell'impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, per cui i residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più gli specifici motivi della riduzione del personale a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo obiettivo , ma la correttezza procedurale dell'operazione ivi compresa la sussistenza dell'imprescindibile nesso causale tra il progettato ridimensionamento e i singoli provvedimenti di recesso , con la conseguenza che non possono trovare ingresso, in sede giudiziaria, tutte quelle censure con le quali, senza contestare specifiche violazioni delle prescrizioni dettate dai citati articolo 4 e 5, e senza fornire la prova di maliziose elusioni dei poteri di controllo delle organizzazioni sindacali e delle procedure di mobilità al fine di operare discriminazioni tra i lavoratori, si finisce per investire l'autorità giudiziaria di un'indagine sulla presenza di effettive esigenze di riduzione o trasformazione dell'attività produttiva, v., in tal senso, ex multis, Cass. 21541/2006 . In particolare, quanto al nesso causale ed al rispetto dell'articolo 4 L. numero 223/91, questa Corte ha già osservato ex aliis. Cass. 4653/2009, Cass. numero 8971/14 , che, in tema di verifica del rispetto delle regole procedurali per i licenziamenti collettivi per riduzione di personale, la sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva di cui alla L. 23 luglio 1991, numero 223, articolo 4, comma 3, deve essere valutata in relazione ai motivi della riduzione, che restano sottratti al controllo giurisdizionale, cosicché, ove il progetto imprenditoriale sia diretto a ridimensionare l'organico dell'intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l'imprenditore può limitarsi all'indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti, suddiviso tra i diversi profili professionali previsti dalla classificazione del personale occupato nell'azienda, senza che occorra l'indicazione degli uffici o reparti con eccedenza, e ciò tanto più se si esclude qualsiasi limitazione del controllo sindacale e in presenza della conclusione di un accordo con i sindacati all'esito della procedura che, nell'ambito delle misure idonee a ridurre l'impatto sociale dei licenziamenti, adotti il criterio della scelta del possesso dei requisiti per l'accesso alla pensione. Inoltre, la disciplina in esame non contempla la necessità di specificazione delle ragioni atte a rendere esuberante ogni singola posizione lavorativa, tanto più che la finalità della procedura oggetto di causa era rappresentata, nella specie, proprio dalla necessità di carattere generale di un ridimensionamento dell'organico dell'intero complesso aziendale e che lo stesso ridimensionamento finiva per interessare dipendenti con mansioni obiettivamente fungibili tra di loro. È, infatti, il caso di ricordare che Cass. numero 267/2009 ha già avuto modo di affermare che in tema di verifica del rispetto delle regole procedurali dettate per i licenziamenti collettivi per riduzione dei personale dalla L. numero 223 del 1991, la sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva di cui alla L. cit., articolo 4, comma 3, deve essere valutata in relazione ai motivi di riduzione di personale, cosicché, nel caso di progetto imprenditoriale diretto a ridimensionare l'organico dell'intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro, l'imprenditore può limitarsi all'indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti suddiviso tra i diversi profili professionali completati dalla classificazione del personale occupato nell'azienda, tanto più ove proponga ai sindacati, nella stessa comunicazione e con riferimento alle misure idonee a ridurre l'impatto sociale dei licenziamenti, la stipulazione di un accordo, derogatorio dei criteri legali di scelta dei lavoratori da licenziare, che fondi la selezione sul possesso dei requisiti per l'accesso alla pensione cfr., ex aliis, Cass. numero 8971/14 . In conclusione ed in sintesi può affermarsi che, in tema di verifica del rispetto delle regole procedurali per i licenziamenti collettivi per riduzione di personale, la sufficienza dei contenuti della comunicazione preventiva di cui alla L. 23 luglio 1991, numero 223, articolo 4, comma 3, deve essere valutata in relazione ai motivi della riduzione di personale, che peraltro restano sottratti al controllo giurisdizionale, cosicché, ove il progetto imprenditoriale sia diretto a ridimensionare l'organico dell'intero complesso aziendale al fine di diminuire il costo del lavoro attraverso il criterio dell'anzianità contributiva, l'imprenditore può limitarsi all'indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti, suddiviso tra i diversi profili professionali previsti dalla classificazione del personale occupato nell'azienda, senza che occorra l'indicazione degli uffici o reparti con eccedenza, e ciò tanto più se si esclude qualsiasi limitazione del controllo sindacale e in presenza della conclusione di un accordo con i sindacati all'esito della procedura che, nell'ambito delle misure idonee a ridurre l'impatto sociale dei licenziamenti, adotti il criterio della scelta del possesso dei requisiti per l'accesso alla pensione, che non consente margini di discrezionalità da parte del datore di lavoro cfr., tra le tante, Cass. numero 24343/10, Cass. numero 4653/2009 . 5.4.- Quanto alla successiva assunzione di due lavoratori a termine, o di altri lavoratori, deve evidenziarsi che trattasi di deduzione nuova, e già ritenuta sostanzialmente dalla Corte di merito tardiva per essere stata sollevata solo in sede di discussione dinanzi al Collegio, non deducendo, chiarendo e documentando comunque il ricorrente, nel rispetto del principio di autosufficienza, da quali atti processuali tali circostanze dovrebbero evincersi. Il ricorrente non censura inoltre specificamente la ratio decidendi della sentenza impugnata e cioè che la questione sarebbe irrilevante una volta accertata la regolarità formale della procedura di licenziamento. 5.5 - Quanto alla doglianza di cui a pag. 17 del ricorso - secondo cui la previsione di cui alla L. numero 223 del 1991, articolo 4, comma 9, imporrebbe al datore di lavoro, nella comunicazione ivi prevista deve dare una puntuale indicazione dei criteri di scelta e delle modalità applicative, ed anche quando il criterio prescelto sia unico, di provvedere a specificare nella detta comunicazione le sue modalità applicative, in modo che la stessa raggiunga quel livello di adeguatezza sufficiente a porre in grado il lavoratore di percepire perché lui, e non altri dipendenti, sia stato destinatario del collocamento in mobilità o del licenziamento collettivo - deve precisarsi che nella sentenza numero 12196/2011, intervenuta in argomento, questa Corte ha ritenuto corretta la comunicazione indicante specificamente il criterio di scelta, individuato in sede di accordo sindacale, del possesso dei requisiti per l'accesso alla pensione di anzianità o vecchiaia, la cui natura oggettiva rendeva superflua la comparazione con i lavoratori privi del requisito stesso, inferendone che, poiché la specificità dell'indicazione delle modalità di applicazione del criterio di scelta adottato è funzionale a garantire al lavoratore destinatario del provvedimento espulsivo la piena consapevolezza delle ragioni per cui la scelta è caduta su di lui, in modo da consentirgli una puntuale contestazione della misura espulsiva, il parametro per valutare la conformità della comunicazione al dettato di cui all'articolo 4, comma 9, deve essere individuato nell'idoneità della comunicazione, con riferimento al caso concreto, di garantire al lavoratore la suddetta consapevolezza. La tesi del dipendente non può dunque essere seguita, essendo basata esclusivamente sul rilievo formale che, poiché la comunicazione conteneva l'elenco dei soli nominativi dei lavoratori destinatari del provvedimento espulsivo, essa non era idonea a consentire una verifica in concreto della reale aderenza della scelta operata dal datore di lavoro ai criteri fissati in sede di accordo sindacale. Nella specie non è poi contestato che la scelta dei licenziamenti in questione è stata operata, in esecuzione degli accordi sindacali, sulla base dei criteri concordati per l'individuazione dei destinatari del provvedimento espulsivo maturazione del diritto a pensione . L'elenco dei suddetti lavoratori deve essere dunque esaminato alla luce del suddetto criterio di scelta che, avendo natura oggettiva e riguardando, senza alcuna distinzione, tutti i lavoratori in possesso dei requisiti sopra indicati, rendeva superflua ogni comparazione con i lavoratori privi del suddetto requisito. In altre parole, per la verifica della corretta applicazione del suddetto criterio era sufficiente il riscontro della sussistenza, in capo al lavoratore interessato, del requisito del diritto alla pensione di anzianità o di vecchiaia, requisito desumibile dall'elenco inviato come allegato alla comunicazione de qua. È pertanto erronea la tesi del ricorrente basata su un elemento formale costituito dalla comunicazione dell'elenco nominativo dei soli lavoratori prescelti senza valutare, in conformità alla ratio legis della disposizione in esame, la comunicazione nel suo complesso e senza, in particolare, considerare che, per le ragioni prima indicate, in relazione al criterio di scelta adottato, indicato specificamente nella comunicazione stessa, la compilazione e trasmissione dell'elenco dei soli destinatari del provvedimento espulsivo, era pienamente idonea a soddisfare quell'esigenza di tutela, sopra individuata, posta alla base della norma prima citata Cass. numero 2516/2012 cfr. anche Cass. numero 6030/2011 Cass. numero 8061/2011 . 5.6 - Quanto alla dedotta discriminazione per ragione di età deve rilevarsi che essendo pacifica la legittimità dell'adozione, quale criterio unico di scelta, della maturazione del diritto a pensione, essendo anzi questo un criterio obiettivo che non consente alcuna discrezionalità dell'azienda e dunque neppure intenti elusivi, la prova della discriminazione grava comunque sul lavoratore e nella specie non risulta affatto fornita. Per il resto non può che ribadirsi l'orientamento di legittimità secondo cui nella fattispecie in esame non può non rilevarsi l'assenza di qualsiasi elemento suscettibile di far paventare l'esistenza di un intento discriminatorio da parte della società datrice di lavoro, essendo innegabile l'equità di un sistema di riduzione del personale incentrato sull'esigenza di una più efficiente riorganizzazione dell'impresa non disgiunta da quella di addossare la ricaduta degli effetti negativi della riduzione stessa sui soggetti che, per essere prossimi a pensione, hanno la capacità economica di ammortizzare meglio detti effetti Cass. numero 8971/14, numero 2516/12 ed altre . Più in particolare questa Corte ha già osservato, quanto al rilievo della asserita violazione della L. numero 300 del 1970, articolo 15 e del D.Lgs. numero 216 del 2003, che in materia di licenziamenti collettivi - come sottolineato nella sentenza della Corte Costituzionale numero 268 del 1994 - la determinazione negoziale dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare che si traduce in un accordo sindacale che ben può essere concluso dalla maggioranza dei lavoratori direttamente o attraverso le associazioni sindacali che la rappresentano, senza la necessità dell'approvazione dell'unanimità , poiché adempie ad una funzione regolamentare delegata dalla legge, deve rispettare non solo il principio di non discriminazione, sanzionato dalla L. numero 300 del 1970, articolo 15, ma anche il principio di razionalità, alla stregua del quale i criteri concordati devono avere i caratteri dell'obiettività e della generalità e devono essere coerenti col fine dell'istituto della mobilità dei lavoratori. Deve, conseguentemente, considerarsi razionalmente giustificato il criterio della prossimità a trattamento pensionistico con fruizione di mobilità lunga , oltretutto esemplificativamente menzionato nella citata sentenza costituzionale cfr. Cass. sez. lav. numero 1949/11, Cass. sez. lav. 2.3.1999 numero 1760 Cass. sez. lav. 7.12.1999 numero 13691 Cass. 24.4.2007 numero 9866 . Peraltro, nella pronunzia da ultimo richiamata, è stato ribadito che, in materia di licenziamenti collettivi disciplinati dalla L. numero 223 del 1991, deve ritenersi razionalmente giustificato il ricorso al criterio della prossimità al trattamento pensionistico, senza che assuma rilievo la circostanza che non sia operata alcuna distinzione tra pensione di anzianità e di vecchiaia, con conseguente coinvolgimento di lavoratori di bassa pensione, dovendosi operare il raffronto con i lavoratori più giovani né, in proposito, rileva il mancato ricorso alla differenza tra la posizione dei lavoratori maschi e quella delle donne, svantaggiate in considerazione dei più bassi limiti di età richiesti per il loro pensionamento, dovendo la posizione di queste ultime essere riguardata in relazione a quella delle altre donne e degli altri uomini che non possono accedere alla pensione. In conseguenza di ciò, resta esclusa la violazione del principio di non discriminazione, diretta ed indiretta, richiamato dal D.L. 20 maggio 1993, numero 148, articolo 8, comma 2, convenuto nella L. 19 luglio 1993, numero 236 cfr. Cass. numero 1949/11, Cass. 9866/2007 cit. . 6.- Il ricorso deve pertanto rigettarsi. Le spese del presente giudizio di legittimità sono compensate in considerazione delle alterne vicende del giudizio di merito e della complessità della materia. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.