Convivenza intollerabile: marito violento e prevaricatore, la moglie è stata indotta ad andarsene di casa

La pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri nascenti dal matrimonio, essendo invece necessario accertare se tale mancanza non sia intervenuta quando già si era maturata una situazione di intollerabile convivenza. Uno sguardo complessivo sugli atteggiamenti tenuti dai coniugi riconferma l’addebito della separazione all’uomo.

È questo il principio ricordato dalla Cassazione Civile, in data 22 giugno, nella pronuncia numero 10483/12. L’antefatto. Il Tribunale di Rossano pronunciava la separazione personale di due coniugi con addebito al marito. Alla moglie veniva affidato il figlio minore, con contestuale obbligo per lo sposato di contribuire al mantenimento della prole e della donna. La Corte di Appello di Catanzaro non accoglieva il ricorso dell’uomo, il quale si rivolge allora alla Suprema Corte. In ragione del rigetto per manifesta infondatezza, il ricorso viene deciso in camera di consiglio. Quando la vita sotto lo stesso tetto diventa intollerabile. La dichiarazione di addebito della separazione richiede la prova che l’irreversibilità della crisi coniugale sia collegabile alla violazione dei doveri nascenti dal matrimonio, sussistendo un nesso di causalità fra di esso e il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza. Non basta perciò appurare la violazione dei doveri che sorgono dopo le nozze, essendo necessario accertare se tale mancanza sia intervenuta prima oppure in conseguenza di una situazione di convivenza insopportabile Cass. numero 13431/2008 . Sotto quest’ultimo profilo risulta pienamente rispettato il principio che impone – una volta accertata la condotta non conforme agli obblighi matrimoniale – di procedere a un esame complessivo degli atteggiamenti dei coniugi, rimesso al giudice di merito per vedere se vi è la preesistenza di una crisi irrimediabile in atto Cass. numero 16873/2010 . Pieno addebito al marito. Le presunte manchevolezze, peraltro non dimostrate, attribuibili alla moglie sarebbero da collocare in ogni caso temporalmente in epoca successiva alle prevaricazioni messe in atto dal ricorrente, con riferibilità a una frattura del consorzio familiare già creatasi causa comportamenti violenti messi in atto dal medesimo. Infine non trova esito positivo la doglianza riguardante la presunta omissione dell’esame dei redditi. L’uomo non ha, in sede di merito, espresso specifiche rimostranze sul cambiamento della situazione economica, perciò il motivo è inammissibile non potendo il Giudice di legittimità analizzare tali contestazioni.

Corte di Cassazione, sez. VI-1 Civile, ordinanza 29 marzo – 22 giugno 2012, numero 10483 Presidente Salmè – Relatore Campanile Ritenuto in fatto e in diritto Il consigliere delegato ha depositato la seguente relazione Con sentenza depositata in data 9 dicembre 2008 il Tribunale di Rossano pronunciava la separazione personale, con addebito al marito, dei coniugi S.R. e F.R. , alla quale veniva affidato il figlio minore A. , con obbligo per lo S. — la cui domanda di parziale assegnazione della casa familiare veniva rigettata - di contribuire al mantenimento della prole e della moglie. La Corte di appello di Catanzaro, con la pronuncia oggetto di scrutinio, rigettava l'appello proposto dallo S. , relativo sia alla pronuncia di addebito, sia alla casa coniugale, rilevando come non fosse stata validamente proposta alcuna questione in mero al regolamento dei rapporti di natura patrimoniale. Per la cassazione di tale decisione lo S. propone ricorso, affidato a tre motivi. La F. resiste con controricorso. Tanto premesso, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio, imponendosene il rigetto in considerazione della manifesta infondatezza. Invero i primi due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, in quanto intimamente connessi, e con i quali viene denunciata, rispettivamente, violazione e falsa applicazione dell'articolo 143 c.c., nonché degli articolo 2, 3, 20 e 33 Cost, nonché dell'articolo 151, comma 2, c.c., in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., sono del tutto infondati. In relazione alla pronuncia di addebito nei confronti del ricorrente, la corte territoriale, esaminando le doglianze del medesimo avverso la decisione di primo grado, ha evidenziato con congrua motivazione la gravità dei fatti accertati, e loro efficienza causale rispetto all'irreversibilità della crisi coniugale, con riferimento alla condotta prevaricatrice e violenta posta in essere dallo S. nei confronti della moglie, senza tuttavia omettere di rilevare come la stessa fosse del tutto antecedente alla scelta operata dalla F. di andare a vivere in un ambiente separato per sottrarsi alle continue intemperante e prevaricazioni del coniuge . Risulta così correttamente applicato il principio secondo cui la dichiarazione di addebito della separazione richiede la prova che l'irreversibilità della crisi coniugale sia collegabile alla violazione dei doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, sussistendo un nesso di causalità fra di esso e il determinarsi dell'intollerabilità della convivenza. Con la conseguenza che la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri nascenti dal matrimonio, essendo invece necessario accertare se tale violazione non sia intervenuta quando già si era maturata e in conseguenza di una situazione d'intollerabilità della convivenza Cass., 23 maggio 2008, numero 13431 . Sotto quest'ultimo profilo risulta pienamente rispettato, con motivazione non censurata in questa sede e per altro esente da vizi di natura logica e giuridica, il principio che impone, una volta accertata una condotta contraria ai doveri nascenti dal matrimonio, di procedere a una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, rimessa al giudice di merito per accertare se vi è la preesistenza d'una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza solo formale Cass., 19 luglio 2010, numero 16873 . Ed invero la corte territoriale ha osservato che le presunte, e per altro rimaste non sufficientemente dimostrate manchevolezze attribuite alla moglie sarebbero da collocare in ogni caso temporalmente in epoca successiva alle prevaricazioni messe in atto dall'odierno appellante, con conseguente riferibilità semmai di esse ad una frattura del consorzio familiare già creatasi per effetto dei pregressi ed unilaterali comportamenti prepotenti del medesimo . Il terzo motivo, per altro formulato in termini generici, con il quale si denunzia essenzialmente violazione dell'articolo 5 della l. numero 898 del 1970, nonché dell'articolo 156 c.c., in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., motivo principalmente incentrato sull'omissione di un esame comparato dei rispettivi redditi dei coniugi, non coglie nel segno, in quanto nella sentenza impugnata viene posto in evidenza - senza che in proposito, nel rispetto del principio di autosufficienza, venga avanzato alcun rilievo - che possibili modifiche in senso più favorevole alla posizione dello S. della regolamentazione dei rapporti economici tra i coniugi detratta dalla pronuncia di separazione non risultano avere formato oggetto di alcuna espressa e specifica richiesta da parte del precitato ricorrente, neppure in via subordinata, in sede di rassegnate conclusioni finali . Ne consegue l'inammissibilità del motivo, non essendo consentito proporre in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione salva l'ipotesi, nel caso non ricorrente, di questioni rilevabili d'ufficio che non implichino una modificazione dei termini della controversia, ovvero nuovi accertamenti di fatto . A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata alle parti. Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00, per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.