Autovelox sulle strade secondarie sì, ma solo se è impossibile la contestazione immediata

La regola generale, sulle strade secondarie, è quella della contestazione immediata. L'uso degli autovelox è, di norma, vietato.

Per l’accertamento delle infrazioni dei limiti di velocità su strade extraurbane secondarie vige il principio di contestazione immediata l’uso di autovelox è consentito solo sulle strade, preventivamente identificate dal prefetto, in cui non sia possibile il fermo del veicolo. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 23882 del 15 novembre scorso. La fattispecie. Multa per eccesso di velocità l’automobilista si oppone al verbale di accertamento e il Giudice di pace lo annulla. Il Tribunale, in veste di giudice d’appello, rigetta l’impugnazione del Comune che, infine, si rivolge alla Cassazione. Senza successo. L’uso di autovelox sulle strade secondarie è eccezionale vige l’obbligo di contestazione immediata. L’automobilista, stavolta, ha ragione è illegittimo l’accertamento di infrazioni mediante l’uso di autovelox su strade extraurbane secondarie. La normativa vigente, infatti, disattesa nei fatti dai Comuni, forse per superiori esigenze di cassa, nonostante la S.C. ne abbia fatto espresso richiamo a più riprese in numerose pronunce prevede che mentre sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali l’uso degli autovelox è generalmente consentito, su quelle extraurbane secondarie vige l’obbligo di contestazione immediata delle infrazioni e non possono, quindi, essere installati gli apparecchi elettronici per la rilevazione della velocità, a meno che non vi sia stata l’autorizzazione prefettizia. L’uso di autovelox senza contestazione immediata deve essere autorizzato con decreto prefettizio. Il controllo remoto, senza la presenza diretta dell’operatore di polizia, è ammesso solo in casi eccezionali, e al riguardo vi sono disposizioni precise spetta al prefetto, continua il Collegio, individuare le strade, diverse da autostrade ed extraurbane principali, nelle quali non è possibile il fermo di un veicolo, al fine della contestazione immediata della sanzione, e si può, di conseguenza, ricorrere al controllo elettronico. Nel caso di specie, l’infrazione era avvenuta su una strada che non aveva ricevuto il via libera del prefetto all’installazione di autovelox niente da fare, quindi, per il Comune ricorso rigettato e multa invalida.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 settembre – 15 novembre 2011, numero 23882 Presidente Petitti – Relatore D’Ascola Fatto e diritto Il giudice di pace di Castrovillari il 7 febbraio 2007 annullava il verbale di accertamento di violazione dell'articolo 142 del CdS a carico di V V., relativo a infrazione stradale rilevata il 19 luglio 2006 con apparecchiatura elettronica. L'appello proposto dal comune di Frascineto veniva rigettato dal Tribunale di Castrovillari con sentenza 23 luglio 2008. Il tribunale affermava che infondatamente il comune sosteneva che ai fini della omessa contestazione dell'infrazione erano irrilevanti le caratteristiche della strada in cui era avvenuto il rilevamento, non potendo essere installati gli apparecchi elettronici di rilevazione su una strada extraurbana secondaria quale quella percorsa dal V Riteneva inoltre, in accoglimento dell'appello incidentale dell'opponente, che il provvedimento sanzionatorio fosse viziato, perché la SS. 105, assoggettata a diversa denominazione S.P. 263 , non era stata inclusa, con opportune modifiche o integrazioni, nell'elenco di strade già individuate dal decreto prefettizio numero 46/027/PAT prot. del 5 febbraio 2003. Il Comune di Frascineto ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 12 ottobre 2009. L'opponente è rimasto intimato. È stata disposta la redazione di sentenza in forma semplificata. Il ricorso espone due motivi con il primo il Comune lamenta violazione dell'articolo 201 comma 1 bis lett. F CdS e sostiene che l'uso dei meccanismi di rilevazione a distanza a distanza della velocità rende legittimo l'accertamento. Con il secondo motivo il Comune denuncia violazione dell'articolo 2 del decreto legislativo numero 285 del 1992, dell'articolo 4 L. numero 121 del 2002, dell'articolo 5 L. numero 2248 all. E del 1865, relativo alla pretesa disapplicazione del decreto prefettizio. Questo secondo motivo si conclude con il seguente quesito quali sono i limiti entro i quali è consentito al giudice ordinario disapplicare un atto amministrativo? . Il quesito viene posto specificando, al termine del motivo, che la censura va nel senso dell'integrale riforma della sentenza, avendo il giudice ordinario inteso disapplicare l'atto amministrativo sotto il profilo del merito e non della legittimità, violando i limiti di cui all'articolo 5 L. numero 2248 all. E del 1865 Conviene soffermarsi inizialmente su questo motivo, potendosi immediatamente rilevare che esso è inammissibile a causa della erronea formulazione del quesito di diritto. Il quesito di diritto di cui all'articolo 366 bis cod. proc. civ. deve compendiare a la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito b la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice c la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie Cass. 19769/08 . Pertanto deve essere formulato, ai sensi dell'articolo 366 bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris da applicare nel caso concreto Cass. 9477/09 Su 7433/09 . Ne consegue che deve essere dichiarato inammissibile il ricorso nel quale il quesito di diritto prescinda del tutto dalla fattispecie concreta rilevante nella controversia, sì da non porre il giudice di legittimità' in condizione di comprendere, in base alla sola sua lettura, l'errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e di rispondere al quesito medesimo enunciando una regula iuris SU 7433/09 . Nel caso di specie manca ogni riferimento alla fattispecie, né è possibile comprendere come il quesito possa assumere rilevanza ai fini della decisione e chiarire l'errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta controversia SU 7197/09 . L'inammissibilità del secondo motivo comporta l'inammissibilità del ricorso. Va infatti osservato che la decisione del tribunale si fonda su doppia articolazione della ratio decidendi, costituita dalla affermazione sia della necessità della contestazione immediata qualora gli strumenti di rilevamento a distanza della velocità vengano utilizzati sulle strade non ricomprese nell'elenco di legge o in un decreto prefettizio, sia dalla errata qualificazione della strada de qua, non avente le caratteristiche per essere considerata strada urbana di scorrimento. In tal modo la decisione del tribunale, che rilevava peraltro una illegittima determinazione dell'elenco stradale, in quanto non conforme alle previsioni normative relative alle strade assoggettate controlli elettronici, resta intangibile. Questa ratio della sentenza, non idoneamente criticata, è infatti sufficiente a reggere la decisione. Va aggiunto, a corollario, che la stessa proposizione di questo secondo motivo rende ragione per la sostanziale inconciliabilità delle due censure della palese infondatezza del primo motivo, ove esaminabile, se interpretato nel senso che mirava ad affermare, in ogni caso, la validità del rilevamento a distanza nel quale venga omessa la contestazione immediata e dunque la superfluità della classificazione delle strade a questo fine. Trattasi di ipotesi interpretativa manifestamente contraria alla normativa vigente in tema di controllo remoto senza la presenza diretta dell'operatore di polizia, la quale prevede appunto all'articolo 4 del decreto-legge 20 giugno 2002, numero 121 convertito, con modificazioni, nella legge 1 agosto 2002, numero 168 che sia demandata al prefetto l’individuazione delle strade o di singoli tratti di esse , diverse dalle autostrade o dalle strade extraurbane principali, nelle quali non è possibile il fermo di un veicolo, ai fini della contestazione immediata delle infrazioni. La sentenza del tribunale di Castrovillari, che a pag. 4 della sentenza ha espresso sostanzialmente questi concetti, va dunque confermata. In mancanza di costituzione dell'intimato, non v'è luogo per la liquidazione delle spese di lite. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso.