L'acquisto in comunione ordinaria col coniuge non toglie la “prima casa”

Solo la comunione legale tra coniugi osta all'applicazione dell'agevolazione su altri acquisti.

Nel caso di coniugi già proprietari di altra abitazione, la situazione di contitolarità osta all'ottenimento dell'agevolazione “prima casa”, in occasione di un nuovo acquisto da parte di uno di essi, se trattasi di una contitolarità in regime di comunione legale dei beni quando invece, in caso di contitolarità coniugale in un regime giuridico diverso dalla comunione dei beni, si ha situazione che non ostacola uno di essi all'acquisto agevolato di altra abitazione si pensi a due coniugi in regime di separazione o a due coniugi bensì in comunione legale, ma che abbiano acquistato una casaprima del matrimonio . Se i coniugi si trovino ad essere comproprietari della casa adibita a residenza familiare per averla comprata in regime di “separazione dei beni” o perché l'acquisto in “comunione legale” si sia poi tramutato in “comunione ordinaria” per effetto di separazione coniugale , la titolarità di tale quota di comproprietà rappresenta per ciascuno dei coniugi una situazione di casa “inidonea” a soddisfare le sue esigenze abitative, trattandosi di una situazione che non impedisce a ognuno di essi un nuovo acquisto con l'agevolazione “prima casa”. In tema di agevolazioni per la “prima casa”, l'acquisto di una quota particolarmente esigua di un immobile, non comportando il potere di disporne come abitazione principale, non realizza l'intento abitativo, che è la finalità perseguita dal legislatore ed è assimilabile alla titolarità di immobile inidoneo a soddisfare esigenze abitative. Tali principi sono stati statuiti dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 21289 dell’8 ottobre 2014. Il caso. La CTR ha escluso il beneficio prima casa per il solo fatto che il contribuente risultava comproprietario in quota del 5% di altro cespite immobiliare acquistato in epoca antecedente al matrimonio unitamente alla futura moglie, poi optando per il regime di separazione patrimoniale Il giudice del gravame ha accolto l’appello dell’Agenzia e riformato la decisione di primo grado, che aveva ritenuto illegittima la pretesa impositiva, considerando sussistenti i presupposti per godere della agevolazione prima casa Esso ha ritenuto che il contribuente non aveva titolo per usufruire della agevolazione “prima casa” per l’acquisto dell’unità abitativa sita in Milano in quanto al momento dell’acquisto non sussisteva la condizione prevista dalla lettera b della nota II bis all’articolo 1 della Tariffa parte prima della Legge di Registro, avuto riguardo al fatto che, in virtù di precedente rogito, risultava proprietario, di una quota pari al 5%, di altro immobile abitativo, ubicato nello stesso Comune. La Suprema Corte ha accolto il ricorso del contribuente e ha cassato la sentenza impugnata. L’iter logico giuridico adottato dagli Ermellini si è così sviluppato - Costituisce ius receptum che l’agevolazione per la cosiddetta prima casa, disciplinata dall’articolo 1, lett. b , nota II – bis della tariffa allegata al d.P.R. numero 131/1986, nel testo risultante dopo le modifiche apportate dall’articolo 16, comma 1, d.l. numero 155/1993, convertito con modificazioni nella legge numero 243/1993, subordina l’applicazione del beneficio all’acquisto di un’unità immobiliare da destinare a propria abitazione nel comune di residenza o se diverso ove si svolge la propria attività, alla non possidenza di altro immobile “idoneo” ad essere destinato a tale uso e alla dichiarazione formale, posta nell’atto di compravendita, di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato. Ne consegue che chi abbia il possesso di altra casa valutata come “non idonea” all’uso abitativo, sia per circostanze di natura oggettiva es. inabitabilità che di natura soggettiva es. fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative può ugualmente godere dell’agevolazione. - In tema di agevolazioni per la “prima casa”, l’acquisto di una quota particolarmente esigua di un immobile, non comportando il potere di disporne come abitazione propria, non realizza l’intento abitativo, che è la finalità perseguita dal legislatore, ed è, sostanzialmente, assimilabile alla titolarità di immobile inidoneo a soddisfare le esigenze abitative. - Occorre escludere il beneficio “prima casa” solo nei confronti di acquirente di altro immobile acquistato in comunione ex articolo 177 c.c. con il coniuge la comunione ordinaria su altro cespite immobiliare con il coniuge non integrare la destinazione del bene ad abitazione dello stesso in via esclusiva. - Solo la comunione legale tra i coniugi osta all’agevolazione, mentre la titolarità di una quota di un appartamento in comunione non preclude il beneficio, in quanto è connaturato alla natura del diritto d’abitazione il legame ai bisogni del titolare e della sua famiglia e l’incompatibilità di esso con ogni contitolarità, salvo che della comunione tra i coniugi. - Si deve escludere, pertanto, che la facoltà di usare il bene comune, purché non si impedisca a ciascuno degli altri comunisti “di farne parimenti uso”, consenta di destinare la casa comune ad abitazione di uno solo dei comunisti, per cui la titolarità di quota è simile a quella di immobile inidoneo a soddisfare le esigenze abitative dell’acquirente, che è di certo compatibile con le agevolazioni. Conclusioni. Se due coniugi sono comproprietari di una casa acquistata senza agevolazione prima casa uno di essi può comprare un’altra abitazione, con l’agevolazione “prima casa” il cui ottenimento non è impedito dalla titolarità di una quota di comproprietà di altra casa acquistata in precedenza. La titolarita' di una quota di un immobile, nel medesimo Comune in cui si intende comprare la prima casa, acquistato, prima del matrimonio, in comproprietà con il futuro coniuge, non esclude la possibilità di operare un nuovo acquisto con il beneficio “prima casa”.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 9 luglio – 8 ottobre 2014, numero 21289 Presidente Cicala – Relatore Conti In fatto e in diritto 1 Si ricorre per cassazione avverso la sentenza numero 12/30/2012 in data 24.10.2011, depositata il 15 febbraio 2012, con cui la C.T.R. di Milano, Sezione numero 30, ha accolto l’appello dell’Agenzia e riformato la decisione di primo grado, che aveva ritenuto illegittima la pretesa impositiva, considerando sussistenti i presupposti per godere della chiesta agevolazione. 2 La CTR ha ritenuto che il contribuente non avesse titolo per usufruire della agevolazione prima casa per l’acquisto dell’unita abitativa sita in Milano, Via in quanto al momento dell’acquisto non sussisteva la condizione prevista dalla lettera b della nota II bis all’articolo 1 della Tariffa parte prima della Legge di Registro, avuto riguardo al fatto che, in virtù di precedente rogito, risultava proprietario, di una quota pari al 5%, di altro immobile abitativo, ubicato nello stesso Comune, Via . 3 L’impugnazione è affidata ad un mezzo, con il quale l’impugnata decisione viene censurata, per violazione e falsa applicazione degli articolo 1 comma 4° della tariffa, parte prima, allegata al dpr numero 131/1986, nonché della lettera b della nota II bis annessa al predetto articolo 1 della tariffa. Si deduce l’erroneità della interpretazione della precitata normativa, per non avere considerato che la preclusione del dato beneficio è riferibile agli immobili acquistati in regime di comunione legale ex articolo 177 e seg.ti c.comma e non anche, come è nel caso, alle acquisizioni convenzionali, fatte da coniugi, in regime di separazione patrimoniale, in relazione alle quali non si sia usufruito del beneficio. 4 L’intimata Agenzia, non ha svolto difese in questa sede. 5 La questione posta dal ricorso, sembra, possa essere esaminata e definita, tenendo conto del quadro normativo di riferimento e di principi espressi in pregresse pronunce della Corte di Cassazione. Costituisce ius receptum che l'agevolazione per la cosiddetta prima casa, disciplinata dall'articolo 1, lett. b , nota II - bis della tariffa allegata al d.P.R. numero 131 del 1986, nel testo risultante dopo le modifiche apportate dall'articolo 16, primo comma, del D.L. numero 155 del 1993, convertito - con modificazioni - nella legge numero 243 del 1993, subordina l'applicazione del beneficio all'acquisto di un'unità immobiliare da destinare a propria abitazione nel comune di residenza o se diverso ove si svolge la propria attività, alla non possidenza di altro immobile ad essere destinato a tale uso e alla dichiarazione formale, posta nell'atto di compravendita, di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato. Ne consegue che chi abbia il possesso di altra casa valutata come all'uso abitativo, sia per circostanze di natura oggettiva es. inabitabilità che di natura soggettiva es. fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative può ugualmente godere dell'agevolazione Cass. numero 2418/2003, numero 8771/2000 . È stato, altresì, affermato, in tema di agevolazioni per la prima casa , che l’acquisto di una quota particolarmente esigua di un immobile, non comportando il potere di disporne come abitazione propria, non realizza l’intento abitativo, che è la finalità perseguita dal legislatore, ed è, sostanzialmente, assimilabile alla titolarità di immobile inidoneo a soddisfare le esigenze abitative Cass. numero 13291/2011, numero 10984/2007, numero 9647/1999 . Peraltro, a proposito della portata della nota II bis della Tariffe, parte prima lett. b allegata al dPR numero 1 31/1986 - a cui tenore Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 2 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o consuntivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'ambientazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni b che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare - va evidenziato, ad ulteriore sostegno della fondatezza del ricorso, che questa Corte è ferma nell’escludere il beneficio prima casa solo nei confronti di acquirente di altro immobile acquistato in comunione ex articolo 177 c.comma con il coniuge, non ritenendo che la comunione ordinaria su altro cespite immobiliare con il coniuge possa integrare la destinazione del bene ad abitazione dello stesso in via esclusiva - cfr. Cass. numero 9647/1999 e Cass. numero 6476/1996. Secondo questo indirizzo, infatti, la legge numero 549 del 28 dicembre 1995, al comma 135 dell'articolo 3, ha modificato la nota II bis dell’articolo 1 della tariffa allegata alla L. numero 131 del 28 aprile 1986, chiarendo il significato dell'articolo 2 della L. 118/85 e precisando, con norma interpretativa della legislazione agevolata in materia di prima casa, il contenuto della dichiarazione - che l'acquirente deve inserire nel contratto - di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare . Proprio tale dizione importa che solo la comunione legale tra i coniugi osta all'agevolazione, mentre la titolarità di una quota di un appartamento in comunione non preclude il beneficio, in quanto è connaturato alla natura del diritto d'abitazione il legame ai bisogni del titolare e della sua famiglia articolo 1022 c.c. e l'incompatibilità di esso con ogni contitolarità, salvo che della comunione tra i coniugi. Si deve escludere, pertanto, che la facoltà di usare il bene comune, purché non si impedisca a ciascuno degli altri comunisti di farne parimenti uso ex articolo 1102 c.c., consenta di destinare la casa comune ad abitazione di uno solo dei comunisti, per cui la titolarità di quota è simile a quella di immobile inidoneo a soddisfare le esigenze abitative dell'acquirente, che è di certo compatibile con le agevolazioni. Risulta così evidente l’errore nel quale è incorsa la CTR nell’escludere il beneficio prima casa per il solo fatto che il contribuente risultava comproprietario in quota del 5 per cento di altro cespite immobiliare acquistato in epoca antecedente al matrimonio unitamente alla futura moglie, poi optando per il regime di separazione patrimoniale - v.doc.4 allegato al ricorso. Sulla base delle superiori considerazioni il ricorso merita di essere accolto e la sentenza impugnata va cassata. Non ricorrendo la necessità di ulteriori accertamenti in punto di fatto la causa può essere decisa nel merito ex articolo 384 c.p.comma con l’accoglimento del ricorso della parte contribuente. Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di merito, mentre le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico dell’Agenzia delle entrate e liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Visti gli articolo 375 e 380 bis c.p.c Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso della parte contribuente. Compensa le spese del giudizio di merito e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in favore della parte contribuente in euro 1000,00 per compensi, oltre euro 100,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.