Non si può proporre una domanda di restituzione dei mobili, dati in comodato al figlio per l’arredamento della casa coniugale, nei confronti dei genitori dell’ex-nuora, che a loro volta avevano dato in comodato alla coppia la casa in cui vivere, dopo che sia intervenuto un accordo di separazione personale tra i figli, in cui si è stabilito che i mobili sarebbero rimasti in godimento alla donna.
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 5419, depositata il 18 marzo 2015. Il caso. Due genitori convenivano in giudizio i genitori dell’ex-nuora, chiedendo la loro condanna alla restituzione dei mobili di arredamento di loro proprietà. Esponevano di aver acquistato la mobilia destinata ad arredare la casa coniugale in cui il figlio sarebbe andato ad abitare con la futura moglie, figlia dei convenuti, in un immobile da questi ultimi dato in comodato per il matrimonio. Dopo la separazione personale dei giovani, i convenuti avevano rifiutato di consegnare i beni mobili. I convenuti si costituivano, deducendo di non essere nella disponibilità dei beni rivendicati che, in seguito all’accordo tra i figli in sede di separazione, erano stati trasferiti in godimento all’ex-moglie. La Corte d’appello di Bologna rigettava la domanda, rilevando che fosse da escludere l’ipotesi del litisconsorzio necessario, dedotto dagli appellanti nei confronti di soggetti che non erano stati chiamati in giudizio. Inoltre, i convenuti non erano titolari del rapporto dedotto in giudizio infatti, la domanda di rivendicazione era stata proposta nei confronti di soggetti che non possedevano i beni e non ne avevano neanche la disponibilità. Era, poi, irrilevante che la casa coniugale fosse dei genitori della donna, poiché in sede di separazione era emerso che i beni sarebbero rimasti in godimento all’ex-moglie del figlio. Gli attori ricorrevano in Cassazione, lamentando la mancata chiamata in causa dei figli, effettuata invece nel procedimento cautelare in corso di causa. I giudici avrebbero errato ad escludere che il chiamato in causa iussu iudicis assuma la qualità di litisconsorte necessario. Litisconsorzio necessario. La Corte di Cassazione ricorda che l’intervento iussu iudicis può essere disposto sulla base di una valutazione che costituisce espressione di un potere discrezionale riservato al giudice di primo grado, non suscettibile di sindacato nelle fasi successive. La qualità di litisconsorte necessario nella fase di impugnazione del terzo che sia stato chiamato in causa ai sensi dell’articolo 107 c.p.c. intervento per ordine del giudice postula che nei suoi confronti sia stata disposta nel giudizio di primo grado la chiamata in causa. Nel caso di specie, ciò non era avvenuto, essendo irrilevante quanto disposto nel procedimento cautelare, che è un subprocedimento autonomo e non può quindi assumere rilevanza nel giudizio di merito. Con ulteriori motivi di ricorso, gli originari attori contestavano la ritenuta estraneità dei convenuti al rapporto dedotto in giudizio, deducendo che, prima dell’inizio del giudizio, la casa coniugale era stata abbandonata, che i mobili erano rimasti lì e che i convenuti si erano rifiutati di consegnarli agli attori. Gli stessi convenuti, inoltre, avevano consentito alla figlia, che li aveva prelevati, di asportarli. Nessuna disponibilità dei beni. Tuttavia, gli Ermellini, dopo aver premesso che non c’erano contrasti sul fatto che i mobili erano stati dati dai ricorrenti in comodato al figlio, così come era oggetto di comodato la detenzione della casa, sottolineano che i convenuti non avevano la disponibilità giuridica dei beni e, perciò, non erano in grado di restituirli per l’esistenza sugli stessi di diritti di terzi che erano da considerarsi i detentori. Non assumeva rilievo decisivo la materiale presenza dei beni nell’appartamento di proprietà dei convenuti, considerabili, al limite, detentori nomine alieno. Correttamente i giudici di merito non avevano compiuto indagini sul venir meno del comodato o sulla legittimità del recesso del comodante dei beni a favore del coniuge assegnatario a seguito della separazione l’eventuale verifica dei presupposti per l’opponibilità al comodante del provvedimento di assegnazione sarebbe potuta avvenire ove fosse stata evocata nel giudizio di primo grado la parte con cui era intercorso il contratto di comodato. Il riferimento al verbale di separazione era, invece, stato compiuto solo per confermare che il rapporto dedotto in giudizio era intercorso con i figli. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 14 gennaio – 18 marzo 2015, numero 5419 Presidente Piccialli – Relatore Migliucci Svolgimento del processo 1.- B.A. e G.M. convenivano in giudizio Ba.Li. e P.L. davanti al tribunale di Bologna per sentirli condannare alla restituzione dei mobili di arredamento di loro proprietà. Esponevano di avere acquistato la mobilia destinata ad arredare la casa coniugale ove il figlio E. sarebbe andato ad abitare con la futura moglie, Ba.Ma.Gr. , figlia dei convenuti nell'immobile da questi ultimo a loro volta dato in comodato in occasione del matrimonio intervenuta la separazione personale fra i rispettivi figli, i coniugi Ba. avevano rifiutato di consegnare i beni mobili. Si costituivano i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda deducevano di non essere nella diponibilità dei beni rivendicati che, in virtù di accordo intercorso fra i coniugi B.E. e Ba.Ma.Gr. in sede di separazione personale, erano stati trasferiti in godimento alla Ba. . Con sentenza del 13 novembre 2003 il tribunale rigettava la domanda. Con sentenza dep. il 4 agosto 2008 la Corte di appello di Bologna rigettava l'impugnazione proposta dagli attori nonché quella incidentale avanzata dai convenuti. I Giudici ritenevano quanto segue - era da escludere l'ipotesi del litisconsorzio necessario, dedotta dagli appellanti nei confronti di soggetti che non erano stati chiamati in giudizio - i convenuti non erano titolari del rapporto dedotto in giudizio, posto che la domanda di rivendicazione era stata proposta nei confronti di soggetti che non possedevano i beni in questione e non ne avevano la disponibilità gli stessi attori avevano dedotto di averli dati in comodato al figlio in occasione del matrimonio con Ba.Ma.Gr. ed erano stati trasferiti nella casa coniugale fino al momento della separazione - la circostanza che la casa coniugale fosse dei genitori della Ba. era irrilevante, posto che comunque in sede di separazione era emerso che i beni sarebbero rimasti in godimento della Ba. , e ciò a prescindere dalla questione circa la opponibilità di tale accordo agli attori. 2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione B.A. e G.M. sulla base di dodici motivi illustrati da memoria . Non hanno svolto attività difensiva gli intimati. Motivi della decisione 1. - Il primo motivo deduce la nullità della sentenza e del procedimento in relazione alla violazione dell'articolo 107 cod. pro. civ., per non essere stata disposta la chiamata in causa di B.E. e Ba.Ma.Gr. , che invece era stata effettuata nel procedimento cautelare in corso di causa, avendo erroneamente la sentenza impugnata escluso che il chiamato in causa iussu iudicis assuma la qualità di litisconsorte necessario. 2. Il secondo motivo nullità della sentenza e del procedimento in relazione alla violazione dell'articolo 107 cod. proc. civ. censura ancora la sentenza laddove aveva ritenuto la sussistenza di un litisconsorzio facoltativo, non considerando i principi in tema di litisconsorzio necessario di natura processuale nel caso di chiamata in causa del terzo. 3. Il terzo ripropone la censura di cui sopra sotto il profilo di cui all'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ 4.- Il quarto motivo violazione dell'articolo 91 cod. proc. civ. denuncia che Ba.Ma.Gr. doveva essere parte quanto meno nel giudizio di impugnazione posto che erano state liquidate le spese processuali dal giudice della fase cautelare con provvedimento abnorme e che avrebbe dovuto essere riformato anche nei confronti della predetta. 5.- Il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo - che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente sono infondati. L'intervento iussu iudicis , rispondendo all'interesse superiore della giustizia ad attuare l'economia dei giudizi e ad evitare i rischi di giudicati contraddittori - come tale di ordine pubblico e trascendente quello delle stesse parti originarie del giudizio o di terzi, - ben può essere disposto sulla base di una valutazione che costituisce espressione di un potere discrezionale riservato al giudice del primo grado, il cui esercizio non è suscettibile di sindacato nelle fasi successive, né, in particolare, in sede di legittimità. La qualità di litisconsorte necessario nella fase di impugnazione del terzo che sia stato chiamato in causa ex articolo 107 cod. proc. civ., postula che nei suoi confronti sia stata disposta nel giudizio di primo grado la chiamata in causa il che nella specie non è avvenuto, essendo del tutto irrilevante quanto disposto nel procedimento cautelare che, essendo un subprocedimento autonomo, non può in alcun modo assumere rilevanza nel giudizio di merito. D'altra parte, secondo quanto previsto dall'articolo 669 septies cod. proc. civ. nel testo ratione tengporis applicabile, la statuizione di condanna alle spese emesse nel procedimento cautelare andava impugnata ex articolo 645 cod. proc. civ 6.- Il quinto motivo denuncia l'omessa motivazione della sentenza impugnata laddove aveva escluso la carenza di legittimazione passiva dei convenuti quando - anche a stregua delle circostanze emerse dalla espletata istruttoria e, in particolare, dalle dichiarazioni degli sessi convenuti - era risultato che, al momento della citazione, i predetti erano nella disponibilità dell'immobile e dei mobili in oggetto in esso custoditi e, in precedenza, avevano rifiutato di consegnargli agli attori Ba.Ma.Gr. , a seguito della separazione consensuale assegnataria dell'immobile e dei relativi arredi, si era in precedenza settembre - ottobre 1996 trasferita in altro immobile lasciando ivi i mobili soltanto nel corso successivo del giudizio, li aveva prelevati. 7.- Il sesto motivo violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 948 cod. civ. censura la sentenza laddove aveva affermato che i convenuti non avessero la disponibilità dei beni ove si fosse inteso fare riferimento al momento della citazione, la circostanza era smentita in base a quanto sopra rilevato qualora si fosse inteso riferirsi alla situazione esistente al momento della pronuncia, il rilievo sarebbe in contrasto con quanto previsto dall'articolo 948 cod. civ., che non esclude il permanere della legittimazione passiva dei convenuti che per fatto proprio abbiano cessato di possedere o di detenere il bene rivendicato, come del resto era stato colto dal giudice di primo grado. 8.- Il settimo motivo violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 948 cod. civ. denuncia l'erronea affermazione secondo cui la legittimazione passiva non poteva evincersi dalla proprietà dell'immobile nel quale erano custoditi i mobili, tenuto conto che l'azione di rivendicazione è esperibile nei confronti di chiunque possegga o detenga il bene rivendicato e sia in grado di restituirlo, sempre che non ne abbia la disponibilità sulla base di un rapporto o di un titolo costituito dallo stesso proprietario, anche se ne abbia temporaneamente consentito ad altri la precaria utilizzazione. Pertanto, nel caso di immobile abbandonato e non più adibito a residenza coniugale, la facultas restituendi non può non ipotizzarsi in capo al proprietario, possessore e/o detentore della casa di abitazione. 9.- L'ottavo motivo violazione e/o falsa applicazione degli articolo 155, 1803 e 1810 cod. civ. deduce l'inopponibilità al terzo comodante del verbale di assegnazione della casa coniugale, che costituisce un diritto personale di godimento. 10.- Il nono motivo violazione e/o falsa applicazione degli articolo 151, 155 e 155 quater cod. civ. deduce che il diritto di uso dei beni mobili della casa coniugale, assegnata ex articolo 155 comma, quattro cod. civ., viene a cessare nel momento in cui l'assegnatario perda la disponibilità dello stabile o l'abbandoni, come si era verificato nella specie in cui la Ba. si era trasferita in altro immobile. 11.- Il decimo motivo denuncia l'omessa motivazione in merito al mancato esame circa la circostanza che la Ba. si era trasferita in altro immobile, abbandonando la casa coniugale. 12. I motivi sesto, settimo, ottavo, nono, decimo e undicesimo - che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente - sono infondati. La sentenza impugnata ha ritenuto la estraneità dei convenuti al rapporto dedotto in giudizio, escludendo che la pretesa azionata potesse essere fatta valere nei loro confronti in base ai seguenti rilievi l'azione aveva oggetto la restituzione dei bei mobili che erano stati dati in comodato al figlio degli attori in occasione del matrimonio e ubicati nella casa coniugale di proprietà dei convenuti e pure data in comodato in occasione del matrimonio della figlia nella quale B.E. e Ba.Ma.Gr. abitarono fino al momento della separazione che, in virtù dell'accordo raggiunto in sede di separazione consensuale, fu convenuto che i beni mobili sarebbero rimasti nel godimento di Ba.Ma.Gr. . Orbene, le circostanze delle quali con i motivi citati si lamenta l'omesso esame prima dell'inizio del giudizio, la casa coniugale era stata abbandonata i mobili in oggetto erano ivi rimasti e i convenuti avevano rifiutato di consegnarli agli attori nel corso del giudizio i convenuti avevano consentito alla figlia, che li aveva prelevati, di asportarli non sono decisive. Ed invero, premesso che è pacifico che i mobili erano stati dati dagli attori in comodato al figlio così come pure era stato oggetto di comodato la detenzione della casa in cui i beni erano custoditi, i convenuti non ne avevano la disponibilità giuridica e non erano in grado di restituirli per la esistenza sugli stessi di diritti di terzi che erano da considerarsi i detentori, non potendo assumere rilievo decisivo la materiale presenza dei beni nell'appartamento di proprietà dei convenuti che tutt'al più avrebbero potuto considerarsi detentori nomine alleno. D'altra parte, i Giudici non potevano compiere e correttamente non hanno compiuto alcuna indagine in merito al venir meno del comodato ovvero alla legittimità del recesso del comodante dei beni a favore del coniuge assegnatario a seguito della separazione, posto che la eventuale verifica dei presupposti per l'opponibilità al comodante del provvedimento di assegnazione - secondo quanto chiarito dalla recente decisione delle S.U. 20448/2014 - avrebbe potuto avvenire ove fosse stata evocata nel giudizio di primo grado la parte con la quale era intercorso il contratto di comodato. Il riferimento al verbale di separazione consensuale è stato compiuto dai Giudici esclusivamente per confermare che il rapporto dedotto in giudizio era intercorso con B.E. e Ba.Ma.Gr. e ciò indipendentemente dalla verifica circa l’opponibilità o meno del verbale de quo. Il ricorso va rigettato. Non va adottata alcuna statuizione in ordine alla regolamentazione delle spese relative alla presente fase, non avendo gli intimati svolto attività difensiva. P.Q.M. Rigetta il ricorso.