A sostegno della sospensione dall’esercizio della professione forense di un avvocato sottoposto a giudizio penale, deve sussistere uno strepitus fori concreto ed attuale, e non solo ragionevolmente previsto ovvero solo astrattamente collegato all’esistenza del processo penale o di una particolare fase di esso.
Così si sono espresse le Sezioni Unite della Cassazione, nella sentenza numero 3184, depositata il 18 febbraio 2015. Il fatto. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Venezia disponeva la sospensione cautelare dall’esercizio della professione forense di un avvocato, sottoposto a giudizio penale per rispondere dei retai di cui agli articolo 476 e 485 c.p L’avvocato proponeva impugnazione contro tale provvedimento che veniva accolta dal Consiglio Nazionale Forense, il quale revocava l’irrogata misura cautelare per mancanza dello strepitus fori. Contro tale decisione del CNF ricorre per cassazione il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Venezia, deducendo il malgoverno dei principi che informano il provvedimento cautelare ed errata configurazione dello strepitus fori. La ratio della sospensione cautelare è quella di elidere lo strepitus fori. Il Collegio ritiene tale censura infondata. Infatti, l’istituto della sospensione cautelare, a differenza della sospensione sanzione, ha fondamento nella esigenze di elidere lo strepitus fori che può derivare dalla contestazione di un reato a carico del professionista ed assegna al Consiglio dell’Ordine locale il potere di valutare la sua opportunità, in un’ottica di concreta valutazione dello strepitus fori e di bilanciamento tra le ragioni di tutela della immagine di integrità morale della categoria e le ragioni del professionista. Ricorda, inoltre, come, secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite, la sospensione cautelare di un avvocato dall’attività forense è legittima quando sia motivata non solo con riferimento alla gravità delle imputazioni penali a carico del professionista, ma anche con riguardo, appunto, allo strepitus fori, che deve essere accertato in concreto e che deve avere le caratteristiche dell’attualità. In particolare, la citata giurisprudenza Cassazione, S.U., sentenza numero 19711/2012 ha precisato che «lo strepitus fori legittima la sospensione cautelare anche nell’ipotesi di un lungo lasso di tempo trascorso tra la commissione di fatti penalmente rilevanti e l’adozione della misura cautelare in sede disciplinare, ovvero nell’ipotesi di procedimento disciplinare avviato da tempo, giacché, ai fini dell’irrogazione della misura, quello che rileva è proprio l’attualità dello strepitus fori, anche se verificatosi dopo molto tempo dall’accadimento dei fatti e/o dall’inizio del procedimento disciplinare». Concretezza ed attualità. Pertanto, conclude il Collegio, si deve escludere che possa valere a sostenere la sospensione dall’esercizio della professione uno strepitus fori non concreto ed attuale, ma solo ragionevolmente previsto ovvero solo astrattamente collegato all’esistenza del processo penale o di una particolare fase di esso. Per tali ragioni, il ricorso del CNF è stato rigettato dalla S.C., con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 21 ottobre 2014 – 18 febbraio 2015, numero 3184 Presidente Santacroce – Relatore Di Iasi Ritenuto in fatto Il 1.07.2013 il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Venezia dispose la sospensione cautelare dall'esercizio della professione forense dell'avvocato L.P. , tratto a giudizio dinanzi al Tribunale di Venezia per rispondere dei reati di cui agli articolo 476 e 485 c.p L'impugnazione avverso tale provvedimento proposta dall'avvocato L. è stata accolta dal Consiglio Nazionale Forense che, con decisione depositata il 21.11.2013, ha revocato l'irrogata misura cautelare per mancanza dello strepitus fori , precisando che la valutazione discrezionale rimessa al consiglio dell'Ordine circa l'opportunità di procedere alla sospensione cautelare immediata dell'avvocato sottoposto a giudizio penale deve essere sorretta da circostanze oggettive che integrino il clamore suscitato dalle imputazioni penali in una dimensione di effettiva propagazione all'esterno dell'ambito giudiziale, non potendo ritenersi rilevanti, ai fini della irrogazione della misura cautelare, né la gravità delle accuse né l'ipotesi che i fatti possano avere una - non attuale bensì - futura diffusione. Avverso la decisione del CNF ricorre il COA di Venezia con due motivi. Il L. ha presentato deduzioni scritte ai sensi dell'articolo 66 r.d. numero 37 del 1934. Considerato in diritto Col primo motivo, deducendo violazione dell'articolo 43 R.D. 1578/1933, malgoverno dei principi che informano il provvedimento cautelare ed errata configurazione del presupposto dello strepitus fori , il Consiglio ricorrente precisa che l'articolo 43 citato, pur annoverando tra i suoi presupposti applicativi lo strepitus fori , non richiede in via esclusiva l'attualità di tale evento, potendosi legittimare il provvedimento cautelare anche quale mezzo di prevenzione del clamore che ragionevolmente può conseguire alla conoscenza diffusa di una vicenda penale che coinvolga il professionista. La censura è infondata. L'istituto della sospensione cautelare - a differenza della sospensione sanzione o pena disciplinare , pur configurata nelle norme del R.D.L. del 1933- trova le sue ragioni proprio nella esigenza di elidere lo strepitus fori che può conseguire alla contestazione di un reato a carico del professionista ed assegna al Consiglio dell'Ordine locale il potere di valutare la sua opportunità, in un'ottica di concreta valutazione dello strepitus fori e di bilanciamento tra le ragioni di tutela della immagine di integrità morale della categoria e le ragioni del professionista. Secondo la giurisprudenza di queste sezioni unite, la sospensione cautelare di un avvocato dall'attività professionale si legittima quando essa sia motivata non solo con riferimento alla gravità delle imputazioni penali elevate a carico del professionista pur dovendosi prescindere da ogni giudizio sulla loro fondatezza ma anche con riguardo allo strepitus fori - da accertarsi in concreto, ad esempio sulla base di articoli di stampa apparsi sui quotidiani-che abbia le caratteristiche dell'attualità. In particolare la citata giurisprudenza v. SU numero 19711 del 2012 ha precisato che lo strepitus fori legittima la sospensione cautelare anche nell'ipotesi di un lungo lasso di tempo trascorso tra la commissione dei fatti penalmente rilevanti e l'adozione della misura cautelare in sede disciplinare, ovvero nell'ipotesi di procedimento disciplinare avviato da tempo, giacché, ai fini dell'irrogazione della misura, quel che rileva è proprio l'attualità dello strepitus fori , anche se verificatasi dopo molto tempo dall'accadimento dei fatti e/o dall'inizio del procedimento disciplinare. Deve pertanto a fortiori escludersi che possa valere a sostenere la sospensione in parola uno strepitus fori non concreto ed attuale ma solo ragionevolmente previsto ovvero solo astrattamente collegato all'esistenza del processo penale o di una particolare fase di esso. Col secondo motivo, deducendo vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 360 numero 5 c.p.c., il Consiglio ricorrente sostiene la illogicità e contraddittorietà della decisione impugnata per avere il CNF ritenuto solo potenziale ed ipotetico la strepitus fori pur avendo dato atto che il procedimento penale a carico del L. era giunto alla fase dibattimentale, che è pubblica, con conseguente plausibilità della diffusa conoscenza dei fatti. La censura è inammissibile. L'articolo 54, primo comma, lett. b, d.l. numero 83 del 2012, convertito in legge numero 134 del 2012, ha sostituito la previsione del numero 5 dell'articolo 360 c.p.c. omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio nei seguenti termini omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti . La nuova formulazione della norma, ai sensi del terzo comma dell'articolo 54 del d.l. numero 83 del 2012, si applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto cioè alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012, e, nella specie, la sentenza impugnata è stata depositata il 13.01.2014 . Queste sezioni unite v. SU numero 8053 del 2014, ma anche, proprio in riferimento a disciplinare a carico di avvocato, SU numero 9032 del 2014- , interpretando il nuovo testo dell'articolo 360 numero 5 c.p.c., applicabile nella specie, hanno affermato che il testo rinnovato dell'articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c. introduce nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo vale a dire che, se esaminato, determinerebbe un esito diverso della controversia , con la conseguenza che, nel rispetto delle previsioni degli articolo 366, primo comma, numero 6, e 369, secondo comma, numero 4, c.p.c., ai fini della ammissibilità del vizio in questione, il ricorrente deve indicare il fatto storico il cui esame sia stato omesso, il dato - testuale o extratestuale - da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività . Tanto premesso, è da evidenziare che nella specie il Consiglio ricorrente non ha dedotto l'omesso esame di un fatto tanto meno circostanziando il fatto ed evidenziandone il carattere decisivo bensì la illogicità e contraddittorietà della motivazione. È peraltro da precisare che, anche in riferimento al precedente testo dell'articolo 360 numero 5 c.p.c. prevedente espressamente il vizio di insufficienza e contraddittorietà della motivazione , la giurisprudenza di questo giudice di legittimità aveva affermato che la logicità della motivazione - nella particolare accezione di coerenza tra le varie articolazioni di essa - si estrinseca nella mancanza di contraddittorietà, da valutarsi non astrattamente ma secondo il principio di congruenza reale, posto che non ogni apparente contraddittorietà è suscettibile di infirmare la motivazione, ma soltanto quella che si verifica quando le ragioni esposte per giustificare l'accoglimento o il rigetto delle pretese fatte valere in giudizio siano tra loro inconciliabili al punto da impedire l'individuazione della ratio decidendi, dovendo invece escludersi il vizio quando, ad onta di una formale ed esteriore contraddittorietà, questa non incida sulla sostanza del decidere e non impedisca di individuare l'iter logico seguito dal giudice. Nella specie pertanto, anche sotto il vigore del vecchio testo del numero 5 dell'articolo 360 c.p.c., una contraddittorietà tra diverse parti della motivazione avrebbe potuto configurarsi solo se nella medesima sentenza impugnata si fosse ritenuto ipotizzabile uno strepitus fori su base presuntiva, cioè non necessariamente da accertare nella sua attualità e sulla base di fatti concreti e specifici ma desumibile dal fatto che il procedimento penale a carico dell'avvocato, giunto alla fase dibattimentale, rendeva per ciò solo plausibile che fossero ormai di pubblico dominio i fatti addebitati al professionista. Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 2.200,00 di cui Euro 200 per esborsi oltre spese forfetarie e accessori di legge, dandosi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1 bis dell'articolo 13 d.p.r. numero 115 del 2002.