Anche ai fini dell'imposta di registro, le quotazioni OMI desumibili dalla banca dati Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia del Territorio sono mere presunzioni che di per sé non possono fondare la pretesa impositiva.
Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 21569/16 depositata il 26 ottobre. La vicenda. Il fisco ha rettificato il valore indicato in un atto di compravendita di un ufficio con annesso magazzino, liquidando contestualmente la maggior imposta di registro, ipotecaria e catastale. L'accertamento è stato fondato esclusivamente su un mero riscontro dei dati OMI Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia del Territorio , secondo i quali il prezzo di compravendita dichiarato in atto era inferiore al valore di mercato. Tale atto impositivo è stato impugnato dinanzi al giudice tributario, lamentando che le stime OMI erano mere presunzioni che da sole non potevano fondare la rettifica di valore. II giudice di primo grado ha accolto le doglianze del contribuente, tuttavia respinte in sede di gravame Base imponibile e onere della prova. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, in accoglimento del ricorso in cassazione, hanno innanzitutto affermato che l'onere probatorio in tema di imposte derivanti dalla compravendita di immobile, incombe sull'ufficio, il quale deve accertare il valore venale in comune commercio cui applicare la conseguente tassazione. La base imponibile deve considerare la natura, la consistenza e l'ubicazione dei beni, oltre che le caratteristiche delle aree, anche in relazione allo strumento urbanistico e allo stato delle opere di urbanizzazione, confrontando, per quanto possibile con immobili similari trasferiti non oltre il triennio precedente. I valori OMI sono stime presuntive e indiziarie inidonee da sole a rettificare il prezzo indicato in atto, occorrendo ai fini dell'accertamento, che siano integrate da altri elementi probatori a dimostrazione della loro attendibilità. La Corte, richiamando precedenti in questo senso, ha ricordato che le quotazioni OMI non costituiscono fonte tipica di prova, ma strumento di ausilio e indirizzo per l'esercizio della potestà di valutazione estimativa, idonee solo per «valori di massima» Cassazione numero 25707/15 . Valori OMI come mere presunzioni. A seguito della l. numero 88/2009 ai fini delle imposte d'atto registro ed ipocatastali i valori OMI sono mere presunzioni semplici utilizzabili per l'individuazione del valore venale in comune commercio ai sensi degli articolo 51 e 52 d.P.R. numero 131/86. I valori desumibili dalla banca dati OMI sono, quindi, un mero elemento indiziario che necessita di ulteriori elementi di supporto, non potendosi più limitare, l'Ufficio, alla semplice constatazione dello scostamento fra i valori normali desumibili dalle banche dati e i valori dichiarati in atto. Le quotazioni OMI non possono essere sostitutive del sistema di valutazione in generale, ma soltanto di ausilio dello stesso. Il valore normale desumibile dalla banca dati OMI assume unicamente il valore di un mero elemento indiziario di evasione che necessita di ulteriori elementi presuntivi. Il valore probatorio di tali valori è stato infatti annullato dall’articolo 24, commi 4 e 5 l. numero 88/2009. Ne consegue che l’onere della prova ricade sull’Amministrazione e il contribuente, solo a fronte di una completa prova di evasione, sarà tenuto a fornire prova contraria. Lo scostamento tra prezzo dichiarato e valore OMI è una presunzione semplice che, in assenza di ulteriori elementi, non legittima la pretesa impositiva. Tale pretesa può ritenersi tuttavia fondata quando la detta presunzione semplice sia munita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza ad es. qualora sussistano ulteriori elementi quali le dichiarazioni degli acquirenti, documentazione extracontabile, contratti preliminari che espongano importi diversi rispetto ai rogiti, indagini bancarie che denotino comportamenti anomali . In assenza di tali evidenze, non può essere rettificato il corrispettivo dichiarato negli atti di vendita. L'Agenzia delle Entrate non può quindi basarsi esclusivamente su rigidi automatismi , essendo necessario acquisire ed allegare ulteriori elementi di prova. Non è legittimo l’accertamento effettuato nei confronti di un’impresa sulla base dei valori dell’Osservatorio del mercato immobiliare OMI , in quanto gli stessi non determinano condizioni di precisione, gravità e concordanza. Tali valori costituiscono solo meri elementi indiziari dell'evasione immobiliare un riferimento utilizzabile dall'ufficio per ricostruire il valore venale dell'atto, capace di sostenere l'accertamento tributario solo se accompagnato e rafforzato da altri, e più convincenti, elementi probatori. Le indicazioni della prassi. La circolare numero 16/E del 28/04/2016 della Direzione Centrale Accertamento, nel fornire indirizzi operativi in materia di prevenzione e contrasto all’evasione, invita gli Uffici a prendere atto che le quotazioni OMI dovranno essere necessariamente integrate anche dagli ulteriori elementi in possesso dell’ufficio o acquisiti tramite l’attività istruttoria es. indagini finanziarie .L’attività di accertamento non può fondarsi in via esclusiva sull’esistenza di uno scostamento tra il valore dichiarato nell’atto e le quotazioni OMI.
Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 4 maggio – 26 ottobre 2016, numero 21569 Presidente Chindemi – Relatore Meloni Svolgimento del processo L'Agenzia delle Entrate Ufficio di Roma notificò a G.N. ed altri un avviso di rettifica di maggior valore e liquidazione di maggiore imposta di registro, ipotecaria e catastale relativa ad atto di compravendita di un locale uso ufficio con annesso magazzino sito nel Comune di Roma, registrato in data 6/8/2002, elevando il valore da Euro 270.000,00 a 501.000,00 oltre interessi e sanzioni. I contribuenti proposero ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, contestando il maggior valore accertato dall'Ufficio. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma accolse il ricorso, l'Agenzia delle Entrate propose impugnazione avverso la sentenza di primo grado davanti alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio la quale in riforma della sentenza di primo grado, determinò il valore accertato dall'Ufficio in 403.000,00 Euro. Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio hanno proposto ricorso per cassazione i contribuenti con tre motivi. L'Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso. I ricorrenti hanno depositato memoria. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, numero 131, articolo 51 commi 2 e 3, ed articolo 52, commi 2 e 2 bis, testo unico dell'imposta di registro, L. 27 luglio 2000, numero 212, articolo 7, e L. numero 241 del 1990, articolo 3, in relazione all'articolo 360 c.p.c., nnumero 3 e 5, in quanto all'avviso di accertamento non erano stati allegati i dati emergenti dall'Osservatorio del Mercato Immobiliare O.M.I. , non accessibili liberamente a tutti ma solo dietro pagamento di 1.500,00 Euro più iva a semestre ed in ogni caso tali dati non apparivano adeguati e congrui alla valutazione dell'immobile. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione circa la domanda di annullamento dell'avviso di rettifica violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c., e articolo 112, 113, 115 e 116 c.p.c., nonchè D.P.R. 26 aprile 1986, numero 131, articolo 51, commi 2 e 3, Testo Unico dell'imposta di registro in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 5, in quanto il giudice di appello aveva ritenuto determinanti i dati emergenti dall'Osservatorio del Mercato Immobiliare O.M.I. senza considerare che le stime dell'OMI, trattandosi di mere presunzioni, dovevano essere integrate da altri elementi probatori per essere considerate ragionevolmente attendibili. Inoltre la CTR aveva disatteso gli elementi probatori offerti dai contribuenti sulla congruità del prezzo e cioè ben 24 documenti fra i quali una perizia giurata e confermato così la valutazione dell'Ufficio pur non sostenuta da adeguata prova documentale. Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione nonchè violazione e falsa applicazione degli articolo 112, 113, 115 e 116 c.p.c., in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 3 e 5, in quanto il giudice di appello non aveva esaminato i motivi di impugnazione dell'avviso di rettifica e non aveva dato conto dell'iter logico seguito per ritenere congruo e giustificato il maggior valore venale del bene compravenduto e la sua rispondenza al valore di mercato, cosi come accertato dall'Agenzia del Territorio sulla base di una diversa valutazione degli elementi D.P.R. numero 131 del 1986, ex articolo 51. Il ricorso proposto è fondato e deve essere accolto in ordine a tutti i motivi da trattare congiuntamente in quanto connessi tra loro. Occorre premettere a tal riguardo che, relativamente all'onere probatorio incombente sull'Ufficio in tema di imposte derivanti dalla compravendita di immobile, va considerato che l'accertamento da parte dell'Agenzia delle entrate del valore venale in comune commercio , di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, numero 131, articolo 51, comma 2, ai fini della determinazione della base imponibile di un contratto di compravendita immobiliare, deve tenere conto della natura, consistenza ed ubicazione dei beni in considerazione delle caratteristiche oggettive delle aree, tenuto conto della collocazione nello strumento urbanistico nonchè dello stato delle opere di urbanizzazione,avendo riguardo ai trasferimenti avvenuti non oltre tre anni prima che abbiano avuto per oggetto immobili con analoghe caratteristiche e condizioni. Nella fattispecie la CTR ha errato nel ritenere adempiuto da parte dell'Agenzia l'obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento di maggior valore in materia di imposta di registro nonchè l'onere probatorio posto a capo dell'Ufficio in quanto l'accertamento era stato effettuato sulla base delle sole quotazioni O.M.I. per aree edificabili site nel medesimo comune, relative ai valori di mercato per immobili similari. Le stime dell'OMI, meri valori presuntivi ed indiziari inidonei da soli a determinare un maggior valore non sono idonee a fondare il differente accertamento del valore effettuato dall'Ufficio e dovevano essere integrate da altri elementi probatori, per essere considerate ragionevolmente attendibili. Infatti questa Corte ha precisato al riguardo che Sez. 6 - 5, Ordinanza numero 25707 del 21/12/2015 Le quotazioni OMI, risultanti dal sito web dell'Agenzia delle Entrate, ove sono gratuitamente e liberamente consultabili, non costituiscono fonte tipica di prova ma strumento di ausilio ed indirizzo per l'esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicchè, quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, utilizzabili dal giudice ai sensi dell'articolo 115 c.p.c., comma 2, sono idonee solamente a condurre ad indicazioni di valori di larga massima . Per quanto sopra deve essere accolto il ricorso proposto con rinvio al giudice di merito anche per le spese del giudizio di legittimità, affinchè applichi i principi sopra enunciati. P.Q.M. Accoglie il ricorso proposto, cassa la sentenza e rinvia alla CTR del Lazio anche per le spese del giudizio di legittimità.