Orario di lavoro: alle deroghe di legge si aggiungono le deroghe di CCNL

I funzionari direttivi, esclusi dalla disciplina legale delle limitazioni dell’orario di lavoro, hanno diritto al compenso per lavoro straordinario se la disciplina collettiva delimiti anche per essi l’orario normale e tale orario venga in concreto superato, oppure se la durata della loro prestazione valichi il limite di ragionevolezza in rapporto alla necessaria tutela della salute e dell’integrità fisiopsichica garantita dalla Costituzione.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza numero 12687 depositata il 20 giugno 2016. Il caso. La Corte di Appello di Napoli, riformando parzialmente la pronuncia di primo grado, condannava una società a partecipazione pubblica a corrispondere ad un proprio dipendente differenze retributive per compensi da lavoro straordinario, indennità di ferie non godute oltre alla relativa incidenza sul trattamento di fine rapporto. Premesso che l’accertamento del diritto del ricorrente ad essere inquadrato nella superiore categoria di «quadro» non era stata impugnato risultando quindi coperto da giudicato interno , la Corte di merito osservava come risultasse provato che, nel periodo compreso tra giugno 2000 e settembre 2001, il lavoratore avesse lavorato nove ore al giorno per sei giorni a settimana, a fronte di un orario contrattuale pari a sei ore giornaliere sempre per sei giorni settimanali . Alla luce di tale circostanza, e sul presupposto che il CCNL applicato al rapporto prevedesse anche per i quadri un orario di lavoro di 36 ore settimanali, la stessa Corte riteneva dovute le maggiorazioni per lavoro straordinario rilevando inoltre, sotto un ulteriore ed autonomo profilo, come «l’eccezionalità e gravosità della prestazione svolta dal dipendente poteva ritenersi tale da superare il limite della ragionevolezza dettato dalla giurisprudenza in relazione non solo alla quantità ma anche alla qualità della prestazione». Contro tale sentenza la società ricorreva alla Corte di Cassazione, articolando vari motivi. I compensi per lavoro straordinario non sono assorbiti dalle indennità di funzione. In particolare, ed in estrema sintesi, ad avviso della ricorrente i Giudici di merito avevano errato nel non considerare come la disciplina collettiva prevedesse per i dipendenti inquadrati nella categoria dei quadri un’indennità di funzione «diretta a compensare anche l’attività di lavoro straordinario». Motivo che non viene condiviso dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, rigetta il ricorso. Ed infatti, ancorché il personale con mansioni direttive sia normativamente escluso dalla disciplina limitativa dell’orario di lavoro ex articolo 17 del D.Lgs. numero 66/2003, a mente del quale le disposizioni circa l’orario normale di lavoro «non si applicano ai lavoratori la cui durata dell'orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell'attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta a di dirigenti, di personale direttivo delle aziende o di altre persone aventi potere di decisione autonomo [ ]» , ritiene la Corte che qualora il CCNL applicato al rapporto determini anche per il personale direttivo un orario normale di lavoro - prevedendo così una disciplina migliorativa rispetto a quella di legge – quest’ultimo ha diritto, al pari dei colleghi sotto-ordinati, al compenso per il lavoro straordinario prestato nello stesso senso Cass. nnumero 3038/2011 10540/2010 11929/2003 . L’eccezionale gravosità della prestazione è autonomo fondamento del compenso per lavoro straordinario. Sotto un ulteriore profilo la Cassazione, condividendo la motivazione della pronuncia di merito, afferma come nella specie la prestazione richiesta al lavoratore avesse altresì superato i «limiti di ragionevolezza risultando particolarmente gravosa ed usurante», anche in considerazione dei particolari carichi di lavoro dell’ufficio al quale egli era preposto. In questo contesto, conclude la Corte, non era condivisibile la doglianza formulata dalla società, atteso che l’indennità di funzione – ancorché «rivolta a compensare tra l’altro la necessità di una presenza in servizio svincolata dalla limitazione giornaliera dell’orario» - non potesse escludere il compenso per lavoro straordinario, in considerazione anche del superamento dei limiti di ragionevolezza della prestazione richiesta, ragion per cui «l’indennità di funzione, anche in ragione della sua polivalenza, non può ritenersi comunque diretta ad assorbire il diritto al compenso per lavoro straordinario siccome sancito dalla giurisprudenza di questa Corte. Il quale spetta a prescindere dalla particolare disciplina della regolamentazione collettiva e dalla interpretazione datane dalla Corte territoriale».

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 23 marzo – 20 giugno 2016, numero 12687 Presidente Bronzini – Relatore Riverso Svolgimento dei processo Con sentenza numero 3122/2012, depositata il 21.5.2012, la Corte d'Appello di Napoli, accoglieva parzialmente l'appello principale proposto da D.M.R. e respingeva quello incidentale di Poste Italiane Spa avverso la sentenza del tribunale di Napoli sez. di Ischia con la quale si dichiarava il diritto dei lavoratore ad essere inquadrato nell'Area Quadri Q1 dal 5.12.2000 e si condannava Poste Italiane SPA a pagare al dipendente differenze retributive dal 5.6.2000, pari ad euro 6119,88 ed inoltre € 7.343,46 per compensi da lavoro straordinario, € 825,69 per indennità ferie non godute, nonchè al pagamento delle differenze di TFR conseguenti, oltre accessori e spese. La Corte territoriale, in riforma parziale della sentenza di primo grado, condannava Poste Italiane al pagamento della complessiva somma di € 8025,41 per differenze da lavoro straordìnario,oltre accessori confermando per il resto la sentenza impugnata. A fondamento della sentenza la Corte rilevava la mancanza di censure sulla attribuzione della qualifica superiore Q1 che risultava quindi coperta da giudicato interno mentre per quanto atteneva al lavoro straordinario, la Corte sosteneva che il lavoratore avesse diritto al relativo compenso per le ore effettivamente lavorate nei mesi estivi giugno-settembre dei 2000 al 2001 sulla base di un orario giornaliero di ore 9 per sei giorni e che le differenze da percepire, dedotta la somma di € 2971,24 già percepita, ammontassero, sulla scorta dei conteggi prodotti in giudizio, ad € 8025,41. Inoltre, nel rigettare l'appello incidentale di Poste Italiane, la Corte osservava che non valesse ad escludere il diritto del dipendente al compenso per lavoro straordinario il pagamento dell'indennità di funzione di cui all'articolo 61 del CCNL, la quale secondo Poste avrebbe dovuto assorbire la eventuale maggior prestazione resa al ricorrente. Aggiungeva che il lavoratore non avesse rivendicato l'indennità di funzione per il periodo da giugno agli inizi di settembre 2000 e nemmeno per il periodo successivo al novembre 2001. Rilevava dovesse ritenersi che detta indennità fosse stata percepita solo per i periodi in cui il lavoratore non aveva avanzato domanda e che il pagamento dell'indennità non potesse escludere il compenso per straordinario perché l'articolo 12 all.1 all'articolo 24 dei Contratto ribadisce che comunque per i quadri non deve essere superato il limite settimanale previsto dall'articolo 28, vale a dire quello delle 36 ore settimanali. Inoltre, secondo la Corte, l'eccezionalità e gravosità della prestazione svolta dal dipendente poteva ritenersi tale da superare il limite della ragionevolezza dettato dalla giurisprudenza in relazione non solo alla quantità ma anche alla qualità della prestazione. Per la cassazione di questa sentenza ricorre Poste Italiane Spa, con due motivi di censura. Resiste l'intimato con controricorso. Motivi della decisione 1.- Col primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione dell'articolo 61 CCNL dipendenti di Poste Italiane SPA 1998/2001 articolo 360, 1 comma numero 3 c.p.c. . L'insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio articolo articolo 360 , 1 comma numero 5 c.p.c , in quanto la sentenza era frutto di un'errata applicazione della disciplina collettiva in materia di orario di lavoro e retribuzione dei lavoro straordinario per i dipendenti dell'area quadri, ai quali veniva erogata un'indennità di funzione diretta a compensare anche l'attività di lavoro straordinario. Mentre era pure sbagliato sostenere che per i quadri dovesse valere comunque il limite delle 36 ore settimanali e che l'indennità di funzione andasse erogata in aggiunta al compenso per lavoro straordinario. 2.-Con il secondo motivo il ricorso deduce l'insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio 360 numero 5 c.p.c. laddove la Corte ha ritenuto di riconoscere gli emolumenti per lavoro straordinario trattandosi di prestazioni la cui eccezionalità e gravosità avesse superato il limite di ragionevolezza senza prendere in considerazione la straordinarietà della prestazioni, posto che la sentenza si era limitata ad operare un riferimento alle mansioni descritte in ricorso, senza chiarire perché le mansioni svolte sebbene rientranti nell'area Quadri di 1° livello dovessero considerarsi eccezionali ed i motivi per cui dovesse ritenersi che avessero superato il limite della ragionevolezza. 3. I motivi sopra riportati possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi. Essi devono essere disattesi. 3.1. In primo luogo deve essere rilevato che secondo la sentenza impugnata il pagamento dell'indennità di funzione, benchè rivolta a compensare tra l'altro la necessità di una presenza in servizio svincolata dalla limitazione giornaliera dell'orario prevista per le restanti categorie di lavoratori, non potesse escludere il compenso per straordinario perché l'articolo 12 all.1 all'articolo 24 del CCNL ribadisce che comunque per i quadri non deve essere superato il limite settimanale previsto dall'articolo 28, vale a dire quello delle 36 ore settimanali. Torna quindi applicabile il principio stabilito da questa Corte di Cassazione con sentenza 7.8.2003 numero 11929 la quale afferma I funzionari direttivi, esclusi dalla disciplina legale delle limitazioni dell'orario di lavoro, hanno diritto al compenso per lavoro straordinario se la disciplina collettiva delimiti anche per essi l'orario normale e tale orario venga in concreto superato oppure se la durata della loro prestazione valichi il limite di ragionevolezza in rapporto alla necessaria tutela della salute e dell'integrità fisiopsichica garantita dalla Costituzione a tutti i lavoratori. 3.2. Inoltre, secondo la Corte territoriale, l'eccezionalità e gravosità della prestazione svolta dal dipendente poteva ritenersi tale da superare il limite della ragionevolezza dettato dalla giurisprudenza in relazione non solo alla quantità, ma anche alla qualità della prestazione. Si tratta di un rilievo fondato, poiché la sentenza ha congruamente motivato sull'esistenza dei requisiti che rendevano la prestazione dei D.M. assai gravosa e tale da superare il limite della ragionevolezza in senso quantitativo e qualitativo, come richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte. 3.3. Anzitutto è stato messo in rilievo che la prestazione in oggetto durasse 9 ore al giorno per sei giorni, a fronte di una prestazione ordinaria commisurata in sei ore giornaliere per sei giorni. In secondo luogo è stato rilevato che l'Ufficio di Ischia dove operava il lavoratore fosse molto lavorato e trafficato ed in sofferenza, per come venne denunziato più volte dallo stesso dipendente. La Corte, a proposito degli elementi da cui si evince il superamento dei limiti di ragionevolezza, ha richiamato le prove assunte nel procedimento osservando appunto che tali elementi sono desumibili dalla prova documentale offerta e da quella testimoniale raccolta in quanto le attività descritte nei punti da 17 a 21 del ricorso ivi comprese quelle relativa all'intensissima attività promozionale e produttiva connotano in termini di particolare gravosità la prestazione anche se resa da un dipendente con qualifica di Quadro I livello mentre appare di particolare rilievo l'ammontare complessivo degli importi economici movimentati nel periodo estivo , nel corso del quale come esposto, si aggiungeva l'esigenza di fronteggiare anche la numerosa utenza turistica. Il teste Iacono ha precisato che il D.M. si occupava del collocamento dei prodotti finanziari ed a tale fine prendeva appuntamenti con la clientela nelle ore pomeridiane. . 3.4. Va anche osservato che le differenze per lavoro straordinario maturate dal lavoratore, dedotta la somma di € 2971,24 già percepita, ammontassero ad € 8025,41 ed anche tale elemento dimostra che il limite anzidetto risulti ampiamente superato. 3.5. Ne deriva che essendo stati superati i limiti di ragionevolezza, l'indennità di funzione, anche in ragione della sua polivalenza, non può ritenersi comunque diretta ad assorbire il diritto al compenso per lavoro straordinario siccome sancito dalla giurisprudenza di questa Corte. Il quale spetta a prescindere dalla particolare disciplina della regolamentazione collettiva e dalla interpretazione datane dalla Corte territoriale. 3.6. Va soggiunto che in ogni caso non appare censurabile in sede di legittimità l'interpretazione dell'articolo 61 dei CCNL, in ordine alla natura dell'indennità di funzione, siccome adeguatamente motivata e tenuto conto dei principi giurisprudenziali sopra riportati. 3.7. La giurisprudenza di questa Corte si è pure pronunciata sulla questione oltre che con la sentenza numero 11929 del 07/08/2003 con le sentenze numero 10540/2010 e numero 3038 dell'08/02/2011 la quale ultima recita I funzionari direttivi, esclusi dalla disciplina legale delle limitazioni dell'orario di lavoro, hanno diritto al compenso per lavoro straordinario se la prestazione, per la sua durata, superi - secondo un accertamento riservato al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità, ove adeguatamente motivato - il limite della ragionevolezza e sia particolarmente gravosa ed usurante . 4. Le considerazioni sin qui svolte impongono dunque di rigettare il ricorso e di condannare la parte ricorrente, rimasta soccombente, al pagamento delle spese dei giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo. Sussistono i presupposti di cui all'articolo 13,comma 1-quater D.P.R. numero 115 del 2002 per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 100 per esborsi ed in € 3500 per compensi professionali, oltre accessori. Ai sensi dell'articolo 13,comma 1-quater D.P.R. numero 115 del 2002 si da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.