Il ricorso straordinario può essere azionato solo per fare valere errori materiali o di fatto nei quali può essere incorsa la Corte di Cassazione, sul condiviso assunto che siffatti vizi debbano consistere in errore percettivo causato da una svista o da un equivoco incorso nella lettura degli atti propri del giudizio di legittimità, che si sia risolto nell’inesatta percezione delle risultanze processuali, con determinante influenza nel processo formativo della volontà, tanto da portare ad un decisione diversa da quella che, in mancanza, sarebbe stata adottata.
Questo il principio di diritto riaffermato dalle Sezioni Unite Penali con l’ordinanza numero 36663/16, depositata il 2 settembre, nel dichiarare inammissibile ricorso proposto ex articolo 625- bis c.p.p Il caso in esame. All’esito di condanna per bancarotta fraudolenta per distrazione, bancarotta documentale e fraudolenta impropria da reato societario, in conseguenza del fallimento della s.p.a. L’Aquila Calcio, i difensori e procuratori speciali propongono ricorso straordinario per Cassazione avverso pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione, che aveva rigettato il ricorso proposto dai difensori medesimi, confermando la condanna della Corte di appello. Lamentano i difensori che la Cassazione si sarebbe limitata a disaminare la doglianza della mancata assunzione dell’esame dei soli imputati ricorrenti per Cassazione, mentre il motivo di impugnazione aveva chiaramente voluto lamentare la mancata assunzione dell’esame anche dei coimputati, esame che era stato ritualmente richiesto. Con altro motivo i ricorrenti lamentano la mancata escussione del perito in sede dibattimentale, questione anch’essa sollevata nell’originario ed ordinario ricorso per Cassazione, senza che le Sezioni Unite avessero compreso la reale portata di tale eccezione processuale. Alle origini del ricorso straordinario. Correttamente le Sezioni Unite, prima di vagliare la manifesta fondatezza o infondatezza del ricorso e dunque la sua stessa ammissibilità si preoccupano di ripercorrere per sommi capi i limiti e la portata del peculiare mezzo di impugnazione utilizzato, cioè il ricorso straordinario per Cassazione. Come noto infatti il ricorso straordinario per Cassazione è volto a sindacare la legalità di decisioni già assunte dalla Cassazione, sulla base di argomenti già emersi e erroneamente valutati. La dottrina ha più volte e con pregevoli argomentazioni affermato non solo la piena compatibilità con il dettato costituzionale di detto rimedio straordinario, ma finanche il suo fondamento costituzionale rinvenibile nel diritto ad ottenere una «giusta decisione» all’esito di un «giusto processo». Come noto la via fu aperta dalla Corte Costituzionale che dichiarò in sede civilistica l’illegittimità dell’articolo 395 numero 4 c.p.c., laddove non prevedeva la revocazione di sentenze rese dalla Corte di Cassazione per errore di fatto nella lettura degli atti interni al suo giudizio. A tale pronuncia seguirono interventi in sede penale in cui il giudice delle leggi, pur senza addivenire ad una declaratoria di illegittimità costituzionale, alla luce dei principi desumibili dagli articolo 24 e 111 Cost. invitò esplicitamente la Corte di Cassazione «a svolgere la propria funzione di interpretazione adeguatrice del sistema individuando all’interno di esso lo strumento riparatorio più idoeneo», sollecitando peraltro esplicitamente un intervento legislativo. E’ in tale contesto che si inserì l’articolo 6 della l. numero 128/2001, che ha introdotto l’articolo 625- bis c.p.p I limiti del ricorso straordinario. Come pacifico, il ricorso straordinario per Cassazione, a differenza della revisione, consente una rivisitazione della sentenza sulla base di una diversa valutazione dei medesimi elementi sulla base dei quali la stessa ha già fondato la propria decisione. Sulla base di tale premessa deve individuarsi quale possa essere l’errore rilevante che possa legittimare tale procedura, errore che il testo normativo individua «nell’errore materiale o di fatto contenuto nei provvedimenti della Cassazione». Ed è proprio sul punto, decisivo e particolarmente interessante, che si sofferma la pronuncia in esame. Precisano infatti gli Ermellini che deve trattarsi di un vero e proprio errore percettivo causato da una svista o da un equivoco incorso nella lettura degli atti derivante da una inesatta percezione degli atti processuali, errore che sia stato determinante al fine della decisione. Nel dettagliare tale principio precisa la Cassazione che deve pertanto ritenersi escluso dal vaglio attuabile attraverso questo mezzo di impugnazione il mero errore di giudizio che abbia portato ad una decisione di carattere valutativo, così come estranei al ricorso straordinario sono gli errori di interpretazione delle norme giuridiche sostanziali o processuali, così come gli errori percettivi commessi non dalla Cassazione, ma dal giudice di merito, in quanto questi ultimi andavano fatti valere con gli ordinari mezzi di impugnazione nelle forme e limiti, anche temporali, per gli stessi previsti. Per altro lato, ricordano le Sezioni Unite, l’errore di fatto ben può consistere anche nella mancata disamina di uno più motivi di ricorso per Cassazione, sempre che ciò sia dipeso da una svista materiale e l’operatività del mezzo di impugnazione ben può estendersi ad un errore percettivo che cada su qualunque dato fattuale. Il precipitato sul caso specifico. Compiuta la doverosa premessa in diritto, osserva la Cassazione come, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, la impugnata pronuncia di legittimità desse invero contezza della censura relativa all’omesso esame di tutti gli originari coimputati. Inoltre il ricorso straordinario per Cassazione non chiariva in alcun modo sotto che profilo l’esame dei coimputati, di cui si lamentava l’ingiustificata omissione, sarebbe risultato decisivo al fine del giudizio. Il primo motivo di ricorso per Cassazione viene dunque ritenuto manifestamente infondato. Non diversa sorte ha il secondo motivo di impugnazione. La mancata disamina dibattimentale del perito prima della acquisizione al fascicolo del dibattimento dell’elaborato peritale redatto dal medesimo in sede di incidente probatorio, ancora una volta contrariamente a quanto asseriscono le difese, osserva la Cassazione, è questione che le Sezioni Unite avevano già vagliato in sede di ricorso ordinario, giungendo ad un decisione sicuramente di natura valutativa, che per quanto opinabile e sindacabile, proprio per la sua natura, non è suscettibile di un nuovo vaglio attraverso il ricorso straordinario per cassazione. Pregi e difetti. La decisione in commento si segnala per chiarezza e linearità e si colloca perfettamente nel solco di un orientamento giurisprudenziale ormai ben definito e delineato secondo parametri che ormai hanno connotato con sufficiente chiarezza limiti e portata del ricorso straordinario per Cassazione. La decisione finale è dunque il naturale e scontato precipitato di tali principi di cui senza dubbio la Cassazione fa corretta applicazione. Restano le perplessità più volte sollevate dalla dottrina in ordine agli stretti limiti tratteggiati dalla giurisprudenza su diversi aspetti e, uno fra tanti, la rilevanza dell’errore di diritto. L’auspicio è dunque quello di una evoluzione della interpretazione giurisprudenziale, i cui primi segnali invero si riscontrano ad esempio in quelle pronunce che hanno riconosciuto l’operatività del rimedio allorché vi siano state vere e proprie violazioni del diritto di difesa nell’ambito del giudizio di Cassazione, che renda effettivamente l’articolo 625 bis c.p.p. lo strumento attuativo del diritto dell’imputato ad una «giusta decisione».
Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, ordinanza 21 luglio – 2 settembre 2016, numero 36663 Presidente Siotto – Relatore Bruno Osserva 1. Con la sentenza indicata in epigrafe le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno rigettato i ricorsi proposti da I.E. e P.M. avverso la sentenza della Corte di appello dell’Aquila del 24/03/2014, che aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, rimodulando in melius le pene inflitte ai predetti, siccome ritenuti - entrambi - colpevoli dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale ed il solo P. , del reato di bancarotta fraudolenta impropria da reato societario, in relazione al fallimento della s.p.a. L’Aquila Calcio, di cui il predetto era stato amministratore di diritto e lo I. amministratore di fatto, a partire dal luglio 2003 sino alla data del fallimento, dichiarato dal Tribunale dell’Aquila con sentenza del 28/04/2004. Avverso l’anzidetta pronuncia i difensori dello I. , avv.ti Cristiana Valentini e Massimo Manieri, muniti di procura speciale, hanno proposto ricorso straordinario, ai sensi dell’articolo 625-bis cod. proc. penumero , affidandolo alle ragioni di censura di seguito indicate. 1.1. Con il primo motivo si deduce che il Supremo Collegio non avrebbe colto che, con uno dei motivi d’impugnazione, l’odierno ricorrente aveva inteso dolersi del mancato esame dibattimentale degli imputati, con riferimento a tutti gli originari imputati e, dunque, diversi dai ricorrenti I. e P. , assolti o prosciolti nelle fasi di merito. Invece, la sentenza impugnata - con evidente travisamento - aveva ritenuto che la censura riguardasse l’omesso esame dei soli ricorrenti I. e P. , come fatto palese dalla risposta motivazionale che aveva sottolineato la contraddittorietà della richiesta difensiva in rapporto al comportamento processuale degli imputati, che avevano preferito restare contumaci argomento giustificativo, questo, riferibile soltanto agli stessi I. e P. . Peraltro, l’errore percettivo era ancor più evidente in base alla lettura del punto 14 della parte motiva della sentenza impugnata, laddove l’estensore aveva fatto riferimento al mancato esame di I. e P. mai richiesto dalla difesa e nulla aveva detto in ordine agli originari coimputati il liquidatore A.F. ed i componenti del collegio sindacale , poi divenuti testimoni a seguito di intervenuto proscioglimento. Erroneamente, inoltre, le Sezioni Unite avevano ritenuto che l’odierno ricorrente non avesse, comunque, chiarito quale contributo di conoscenza avrebbero potuto offrire i testi non esaminati. Si tratterebbe, dunque, di ulteriore fraintendimento in quanto la rilevanza dell’omessa audizione era stata adeguatamente illustrata nell’atto di gravame, nella memoria riassuntiva della discussione in appello e, da ultimo, in termini ampi ed esaustivi, in ben cinque pagine della memoria riassuntiva depositata, ex articolo 121 cod. proc. penumero , innanzi alle Sezioni Unite il giorno dell’udienza. In sostanza, l’errore percettivo denunciato avrebbe avuto un duplice riflesso, consistendo, per un verso, nel travisare il reale contenuto della ragione di doglianza e, per altro verso, nel ritenere non specificate le ragioni per le quali la prova non assunta avrebbe avuto carattere decisivo , al punto da disarticolare, ove raccolta, la tenuta logico-giuridica dell’impianto giustificativo della pronuncia impugnata. Inoltre, l’esame dibattimentale dell’A. , il quale aveva reso dichiarazioni al curatore fallimentare - poi trasfuse nella relazione ex articolo 33 legge fall. e valorizzate anche nella perizia - sarebbe stato necessario perché, proprio in base alle sue dichiarazioni era stato ritenuto che lo I. avesse svolto attività di amministratore di fatto dal luglio 2003, così come contestato in rubrica. Secondo pacifica interpretazione giurisprudenziale, le dichiarazioni predibattimentali erano da considerare inutilizzabili ove la persona accusata avesse chiesto - come avvenuto nel caso di specie - l’esame diretto del teste, affinché le fosse dato modo di confrontarsi con il suo accusatore, in sede di controesame, secondo i canoni del giusto processo. Se era vero che, nella fattispecie, l’esame era stato disposto in primo grado e non era mai stato raccolto, era pur vero che la richiesta di escussione era stata, inutilmente, riproposta in sede di appello, sotto il profilo della rinnovazione doverosa dell’istruttoria dibattimentale, stante il carattere decisivo della richiesta testimonianza , dovendosi, appunto, considerare teste - e non più coimputato - l’A. , dopo il suo proscioglimento in primo grado. 1.2. Le Sezioni Unite non avrebbero, infine, compreso la reale portata di altra eccezione processuale, quella racchiusa nel quarto motivo dell’originario ricorso, con cui si era lamentato l’omesso esame del perito in sede dibattimentale, che, a mente dell’articolo 511, comma 3, cod. proc. penumero , costituiva presupposto ineludibile per l’utilizzazione della relazione tecnica a sua firma, che, nel caso di specie, tanta importanza aveva avuto ai fini della decisione. In proposito, era evidente, anche alla luce di non pertinente richiamo ad un precedente giurisprudenziale, che l’estensore della sentenza aveva equivocato sull’effettivo significato della doglianza, finendo con il replicare a censura tutt’affatto diversa e mai agitata, come se fosse stata eccepita la mancata applicazione del citato articolo 511, comma 3, cod. proc. penumero in sede di incidente probatorio. 2. Tanto premesso, è opportuno, a questo punto, considerare che - secondo indiscusso insegnamento di questa Corte di legittimità, nella sua più autorevole espressione a Sezioni Unite - il ricorso straordinario previsto dall’articolo 625-bis cod. proc. penumero può essere azionato solo per far valere errori materiali o di fatto nei quali possa essere incorsa la Corte di cassazione, sul condiviso assunto che siffatti vizi debbano consistere in errore percettivo causato da una svista o da un equivoco incorso nella lettura degli atti propri del giudizio di legittimità, che si sia risolto nell’inesatta percezione delle risultanze processuali, con determinante influenza nel processo formativo della volontà, tanto da portare ad una decisione diversa da quella che, in mancanza, sarebbe stata adottata Sez. U, numero 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280 Sez. U, numero 16104 del 27/03/2002, De Lorenzo, non mass. . Corollari di siffatta enunciazione sono le seguenti affermazioni di principio - l’errore anzidetto non è configurabile qualora la causa che lo abbia determinato non sia identificabile, esclusivamente, in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, trattandosi in tal caso di errore di giudizio e non già di fatto, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’articolo 625-bis cod. proc. penumero Sez. U, numero 18651 del 26/03/2015, Moroni, Rv. 263686 Sez. U, numero 37505 del 14/07/2011, Corsini, Rv. 250527 - alla sfera di applicazione dell’istituto sono estranei gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di un’inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, nonché gli errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, dovendosi questi ultimi far valere - anche se risoltisi in travisamento del fatto - soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie Sez. 1, numero 17362 del 15/04/2009, Di Matteo, Rv. 244067 Sez. 6, numero 3522 del 09/12/2008, dep. 2009, Previti, Rv. 242658 - l’operatività del ricorso straordinario non può essere limitata alle decisioni relative all’accertamento dei fatti processuali, non risultando giustificata una simile restrizione dall’effettiva portata della norma, in quanto l’errore percettivo può cadere su qualsiasi dato fattuale Sez. U, numero 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280 . Sez. U, numero 16104 del 27/03/2002, De Lorenzo, non mass. - l’errore di fatto deducibile con il ricorso straordinario è solo quello che consiste in un’errata percezione di risultanze direttamente ricavabili da atti del giudizio di cassazione e non quello imputabile a mere valutazioni Sez. 5, numero 7469 del 28/11/2013, dep. 2014, Misuraca, Rv. 259531 - l’errore di fatto può consistere anche nell’omesso esame di uno o più motivi di ricorso per cassazione, sempre che risulti dipeso da una vera e propria svista materiale, ossia da una disattenzione di ordine meramente percettivo che abbia causato l’erronea supposizione dell’inesistenza della censura ovvero che l’omesso esplicito esame lasci presupporre la mancata lettura del motivo di ricorso e da tale mancata lettura discenda, secondo un rapporto di derivazione causale necessaria , una decisione che possa ritenersi incontrovertibilmente diversa da quella che sarebbe stata adottata in caso di apprezzamento del motivo Sez. 4, numero 17178 del 08/04/2015, Giori, Rv. 263443 e sempre che non sia dato ritenere che il motivo sia stato implicitamente rigettato siccome logicamente incompatibile con la struttura e con l’impianto della motivazione Sez. 4, numero 15137 del 08/03/2006, Petrucci, Rv. 233963 . 3. Alla stregua di siffatte premesse, è dato cogliere, ictu oculi, la manifesta infondatezza delle dedotte censure. 3.1. Ed invero, con riferimento alla prima doglianza, è agevole rilevare che, al punto 14.1. pagg. 25 ss., da rigo 26 in poi della parte motiva della sentenza impugnata, risulta espressamente affrontata la censura relativa al mancato esame di tutti gli originari imputati. Risulta, altresì, chiaramente affermato che il ricorso per cassazione non aveva affatto chiarito quale decisiva incidenza sulla decisione avrebbe mai potuto avere l’esame dei coimputati, ove raccolto. D’altronde, è indubbio che l’onere di specificità non possa ritenersi adempiuto ex post, mediante la trascrizione in ricorso di interi brani della memoria riassuntiva. Ed infatti, a parte l’irritualità della stessa memoria, in quanto intempestivamente prodotta all’udienza di discussione e, dunque, inutilizzabile ai fini della decisione, non può dirsi neppur oggi precisato quale specifico contributo di conoscenza, con riferimento proprio alla posizione dello I. , avrebbero potuto offrire il liquidatore ed i componenti del collegio sindacale, peraltro in termini di decisiva influenza sul processo formativo dell’epilogo decisorio, sì da scardinare la statuizione - frutto di insindacabile apprezzamento di merito - che aveva assegnato allo stesso I. la qualità di amministratore di fatto, sulla base di circostanze fattuali e dati sintomatici, motivatamente ritenuti di particolare pregnanza. 3.2. Con riferimento alla seconda censura, riguardante il preteso fraintendimento dell’eccezione di rito riguardante l’omesso esame del perito, la questione - contrariamente all’assunto di parte ricorrente - risulta anch’essa, espressamente, affrontata dalle Sezioni Unite punto 16 della motivazione e risolta con l’affermazione di principio che esclude la necessità del previo - e rinnovato - esame dibattimentale del perito prima dell’acquisizione dell’elaborato a sua firma, che, essendo stato redatto in sede di incidente probatorio, era già acquisito e confluito nel fascicolo per il dibattimento, a mente dell’articolo 431, comma 1, lett. f , cod. proc. penumero Si è, dunque, trattato di soluzione esegetica ancor oggi contestata dal ricorrente - che per quanto, in ipotesi, possa ritenersi opinabile, costituisce perspicua espressione di giudizio, insuscettibile, per le dette ragioni, di essere posto in discussione con il ricorso straordinario di cui all’articolo 625-bis cod. proc. penumero 4. Per quanto precede, il ricorso è inammissibile, ai sensi dell’articolo 625, comma 4, cod. proc. penumero , e tale va, dunque, dichiarato de plano. Alla relativa declaratoria conseguono ex lege le statuizioni dettate in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 2.000,00 alla Cassa delle Ammende.