Dopo le richieste di pagamento inoltrate dalla Rai nei confronti di imprese, società e studi professionali arriva la risposta del Governo che chiarisce quali siano gli apparecchi per cui è necessario versare il tributo.
Il caso. Il tutto è nato dall’articolo 17 del decreto “Salva Italia”, poi convertito. La norma ha previsto, per le imprese e le società, l’obbligo di indicare nella dichiarazione dei redditi il numero di abbonamento speciale alla radio o alla televisione italiana. La Rai invia i bollettini. A seguito dell’entrata in vigore della disposizione, la Rai ha provveduto ad inviare indistintamente a diversi soggetti il bollettino postale per provvedere al pagamento dell’abbonamento speciale specificando che lo stesso è dovuto, oltre che per il possesso di un apparecchio televisivo, anche in presenza di computer con un collegamento alla rete Internet. Le norme di riferimento sono vecchie. La pretesa della Rai si fonda sull’articolo 1 del regio d.l. numero 246/38 che impone il pagamento di un canone di abbonamento a chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni. Il successivo d. lgs. luogotenenziale numero 458 del 21 dicembre 1944 ha poi stabilito che qualora le radioaudizioni fossero state effettuate «in esercizi pubblici o in locali aperti al pubblico o comunque al di fuori dell’ambito familiare», o gli apparecchi fossero stati impiegati «a scopo di lucro diretto o indiretto», sarebbe stata necessaria la stipula di uno speciale contratto di abbonamento. Il ruolo della giurisprudenza e il canone come tributo. Inevitabile, dunque, che, in questa materia, l’interpretazione delle norme giocasse un ruolo fondamentale. La Corte Costituzionale, con la sentenza numero 284/02, ha stabilito la natura di tributo del canone confermando «il collegamento dell’obbligo di pagare il canone alla semplice detenzione dell’apparecchio, atto o adattabile alla ricezione anche solo di trasmissioni via cavo provenienti dall’estero , indipendentemente dalla possibilità e dalla volontà di fruire dei programmi della concessionaria del servizio pubblico, discende dalla natura di imposta impressa al canone». Anche la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 24010/07, ha avuto modo di ribadire che il canone «non trova la sua ragione nell’esistenza di uno specifico rapporto contrattuale che le leghi con il contribuente, da un lato, e l’ente RAI dall’altro , ma si tratta di una prestazione tributaria, fondata sulla legge». Se da un lato la giurisprudenza ha fornito chiarimenti circa l’obbligatorietà della corresponsione del canone speciale, dall’altro non ha risolto i dubbi interpretativi circa la legittimità della richiesta in relazione al possesso di strumenti come computer, videofonini, apparecchi modem ecc. L’Agenzia delle Entrate non è competente. Sulla questione è stata interpellata l’Agenzia delle Entrate da un’associazione di consumatori. L’Agenzia, con la risoluzione 102 del 19 marzo 2008, pur confermando la debenza del pagamento si è dichiarata incompetente a risolvere la questione circa l’individuazione specifica degli apparecchi il cui possesso avrebbe imposto il pagamento del tributo, essendo la specificazione di competenza del Ministero delle Comunicazioni, oggi Ministero dello Sviluppo Economico. Inviata la richiesta all’amministrazione competente non si è mai avuto risposta. Le reazioni alla richiesta Rai. Ovviamente non sono mancate le polemiche e le proteste dopo la pretesa avanzata dalla Rai. Sono state presentante anche le relative interrogazioni parlamentari, volte ad ottenere un chiarimento sulla questione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico. La risposta del Ministero. E’ di ieri la risposta fornita dal sottosegretario Vari in rappresentanza del Governo secondo la quale «la normativa in esame porta a riferire il pagamento del canone solo al servizio di radiodiffusione. Pertanto non è possibile includere altre forme di distribuzione del segnale audio/video, per esempio web radio, web tv, altre forme che sono basate, come dicono i tecnici, su portanti fisici diversi». In definitiva, prosegue il sottosegretario, «gli apparecchi soggetti al canone sono quelli caratterizzati da un sintonizzatore che ha la funzione essenziale di prelevare il segnale di antenna nelle bande destinate al servizio di radiodiffusione e la capacità autonoma di erogare il servizio di radiodiffusione o, come veniva chiamato nel regio decreto, di radioaudizione». Dunque, retromarcia della Rai e tablet e computer salvi.
Legislatura XVI – Aula – Resoconto stenografico della seduta numero 680 del 23/02/2012 Vari, sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signora Presidente, le interrogazioni riguardano la definizione degli apparecchi soggetti al canone speciale RAI. Risale all'articolo 1 del regio decreto numero 246 del 1938 l'obbligo del pagamento del canone di abbonamento per tutti gli apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni. La questione sollevata nei giorni scorsi e ripresa dagli onorevoli interroganti, su quali debbano essere gli apparecchi soggetti al pagamento dei canoni speciali della RAI, ha reso necessario un celere chiarimento. Per questa ragione il Ministero dello sviluppo economico ha già provveduto a fornire all'Agenzia delle entrate elementi esplicativi in merito. La questione sta in questi termini. La normativa in esame porta a riferire il pagamento del canone solo al servizio di radiodiffusione. Pertanto, non è possibile includere altre forme di distribuzione del segnale audio/video, per esempio web radio, web tv, altre forme che sono basate, come dicono i tecnici, su portanti fisici diversi. In linea generale sono quindi esclusi i personal computer, fissi o portatili, i tablet come gli «iPad» e gli smartphone, cioè gli strumenti suscettibili di per sé di connessione alla rete Internet. È però necessario, per essere più chiari, qualche ulteriore specificazione tecnica. In altre parole dobbiamo circoscrivere il campo degli apparecchi soggetti al pagamento del canone a quelli utili alla ricezione di segnali televisivi su piattaforma terrestre e su piattaforma satellitare. Tali apparecchi sono quelle caratterizzati da un sintonizzatore che ha la funzione essenziale di prelevare il segnale di antenna nelle bande destinate al servizio di radiodiffusione e la capacità autonoma di erogare il servizio di radiodiffusione o, come veniva chiamato nel regio decreto che ho testé citato, di radioaudizione. Devo dire che abbiamo trovato la RAI già in linea con questa interpretazione, tanto che essa si è impegnata a fare tutte le necessarie azioni di chiarimento in questo senso. L'applicazione della norma in questi termini è tra l'altro in sintonia con la strategia che questo Governo ha già iniziato ad adottare sui temi dell'agenda digitale. Come sapete, infatti, ogni sforzo sarà fatto per permettere all'Italia di essere all'avanguardia nel mondo digitalizzato. Quanto all'articolo 17 del cosiddetto decreto salva Italia, con il quale è stato introdotto l'obbligo per le imprese e le società di indicare nella dichiarazione dei redditi il numero dell'abbonamento speciale alla radio e alla televisione e la categoria di appartenenza, va da sé che tale obbligo ricorre nella misura in cui sussiste il correlativo obbligo di pagare il canone speciale nei limiti sopra accennati. Concludo sulla richiesta di chiarire eventuali responsabilità sulla diffusione di queste notizie da parte della RAI. Il Governo ne prende atto e si rende disponibile per stabilire se e in quale misura tali responsabilità sussistano.