Integra il delitto di cui all’articolo 474 c.p. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto. E’ altresì illecito l’uso senza giusto motivo di un marchio identico o simile ad un altro notorio anteriore, quando al primo derivi un vantaggio indebito e sia idonea a creare confusione.
E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 44354, depositata il 24 ottobre 2014. Il caso. La Corte d’appello, confermando la sentenza di primo grado, condannava l’imputato per il reato di ricettazione articolo 648 c.p. e di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi 474 c.p. . Il soccombente ricorreva in Cassazione lamentando la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza del reato di falso anche in caso di imitazione servile della fattura esterna della merce senza la riproduzione del marchio. Da tutelare la fede pubblica. La Cassazione, nell’affrontare la questione in esame, ricorda che, come affermatosi in sede di legittimità, «integra il delitto di cui all’articolo 474 c.p. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto, né a tal fine rileva la configurabilità della cosiddetta contraffazione grossolana, considerato che la norma citata, in via principale e diretta tutela, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la pubblica fede, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno ed i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione. Trattasi, invero, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno nemmeno ricorre l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno» Cass., numero 12452/2008 . Uso senza giusto motivo e vantaggio indebito. E’, d’altra parte, illecito l’uso senza giusto motivo di un marchio identico o simile ad un altro notorio anteriore, quando al primo derivi un vantaggio indebito e sia idonea a creare confusione Cass., numero 40170/2009 . Correttamente quindi i Giudici territoriali avevano ritenuto sussistente l’esistenza dei marchi e la loro contraffazione. Sulla base di tali argomenti, la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 11 luglio – 24 ottobre 2014, numero 44354 Presidente Esposito – Relatore Cervadoro Svolgimento del processo Con sentenza del 23.10.2013, la Corte d'Appello di Messina confermava la decisione di primo grado che aveva condannato alla pena di mesi otto di reclusione e Euro 500,00 di multa per il reato di cui agli articolo 81, 474 e 648 c.p. Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato deducendo la manifesta illogicità di motivazione ai sensi dell'articolo 606, co. 1 lett. e c.p.p. in relazione alla sussistenza del reato di falso anche in caso di imitazione servile della fattra esterna della mercé senza la riproduzione del nome del marchio e in ordine alla assoluta inidoneità della contraffazione dei marchi apposti sulla mercé a trarre in inganno il pubblico. Chiede pertanto l'annullamento della sentenza. Motivi della decisione L'unico motivo è privo della specificità, prescritta dall'articolo 581, lett. e , in relazione all'articolo 591 lett. c c.p.p., a fronte delle congrue e logiche motivazioni svolte dalla Corte, la quale ha evidenziato, in particolare, che la quantità e ripetitività degli oggetti detenuti, e le modalità della loro detenzione sono indici univoci della destinazione alla vendita i marchi erano poi ben ben contraffatti. Deve poi rammentarsi che questa Corte ha più volte affermato - e questo Collegio non ha motivo di discostarsi da tale principio - che integra il delitto di cui all'articolo 474 c.p. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto, né a tal fine rileva la configurabilità della cosiddetta contraffazione grossolana, considerato che la norma citata, in via principale e diretta tutela, non già la libera determinazione dell'acquirente, ma la pubblica fede, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi, che individuano le opere dell'ingegno ed i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione. Trattasi, invero, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell'inganno nemmeno ricorre l'ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno da ultimo, Cass. Sez. II, numero 12452/2008 Rv. 239745 Sez. V, numero 33543/2006 Riv. 235225 Sez. V, numero 31451/2006 Rv. 235214 Sez. II, numero 34652/2005 Riv. 232501 . Non ha rilievo, poi, nella specie se i marchi Alviero Martini e Louis Vitton risultino o meno registrati, perché comunque, anche in sede di Comunità' Europea, è illecito l'uso senza giusto motivo di un marchio identico o anche simile ad altro notorio anteriore, usato per prodotti o servizi sia omogenei o identici che diversi, allorché' al primo derivi un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà' del secondo, e integra il rischio di confusione v. Cass. Sez. V, Sent. numero 40170/2009 Rv. 244750 . Stante la notorietà dei marchi contraffatti, correttamente la Corte d'Appello ha ritenuto non sussistere alcun dubbio sia in ordine all'esistenza dei marchi delle varie griffe, sia alla loro contraffazione. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l'imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa v. Corte Cost. sent. numero 186/2000 , nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.