In tema di reato di omesso versamento di ritenute certificate, previsto e punito dall’articolo 10 bis d. lgs. numero 74/2000, ove una formale delega al versamento delle predette ritenute in favore di un proprio dipendente o consulente non sia stata rilasciata dal legale rappresentante della società, permane in capo a quest’ultimo il relativo obbligo tributario, in quanto tale puntuale e tempestivo adempimento deve avvenire senza aspettare l’accertamento dell’omissione da parte dell’ente pubblico preposto allo svolgimento della relativa attività di controllo.
Lo ha ribadito la Terza sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza numero 27720, depositata il 12 luglio 2012. Il caso. La pronuncia in esame trae origine da una sentenza di condanna confermata in appello del legale rappresentante di una società a responsabilità limitata per il reato tributario di omesso versamento di ritenute certificate, previsto e punito dall’articolo 10 bis del d. lgs. numero 74/2000. Nello specifico, il ricorrente non aveva versato le ritenute maturate nell’anno di imposta 2004, per un importo pari a circa 97.000 €, entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta. Già la Corte di Appello di Trieste aveva escluso che la condotta omissiva della dipendente della società, addetta a tutti gli adempimenti tributari e contabili della stessa, potesse escludere la responsabilità dell’amministratore. La delega di funzioni Come è noto, in generale, il fenomeno della delega di funzioni è sorto inizialmente in relazione alle problematiche inerenti la gestione di organizzazioni imprenditoriali complesse, nell’ambito delle quali il ruolo di garante primario degli obblighi, da adempiere in seno all’impresa, era ricoperto da coloro che detenevano cariche amministrative e gestionali. La delega di funzioni anche definita “delega di attribuzioni” comprende, in primo luogo, la realtà delle società di grandi dimensioni, all’interno delle quali gli amministratori affidano a strutture interne spesso a dipendenti, come nel caso di specie , o liberi professionisti esterni, l’adempimento di obblighi connessi alla gestione datoriale fra cui l’obbligo tributario di versamento delle ritenute certificate . L’esistenza di obblighi penalmente sanzionati in capo agli organi di amministrazione delle imprese è dunque direttamente correlata ai poteri imprenditoriali. A fronte di questa correlazione, è con il tempo emersa, in modo sempre più pressante, l’esigenza dell’imprenditore di delegare l’adempimento dei predetti obblighi mediante un atto di autonomia privata quale appunto è la delega , che allo stesso tempo costituisce modo di esatto adempimento dei doveri nascenti dalla gestione aziendale ivi incluso quello di versamento delle ritenute certificate . quando è valida Orbene, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la delega è ammissibile e valida, con conseguente trasferimento della responsabilità penale dal delegante al delegato, ove siano rispettate determinate condizioni, elaborate in seno al c.d. diritto vivente, in assenza di una normativa generalmente applicabile tranne che per il settore del diritto penale del lavoro, ove è recentemente intervenuta una “cristallizzazione” dei principi espressi dalla giurisprudenza nel corso degli anni, con l’articolo 16, d.lgs. numero 81/2008 . In primo luogo, occorre che il delegato abbia le qualità professionali necessarie per ben eseguire l’incarico, il quale deve essere stato da lui consapevolmente accettato. Egli deve dunque essere stato investito di compiti specifici, così da evitare in radice la possibilità che la delega sia attuata in frode alla legge. Inoltre, sarebbe invalida una delega in cui il delegante non abbia fornito al delegato i mezzi necessari per garantire a quest’ultimo piena autonomia decisionale nel corretto espletamento dell’obbligo assunto. Del pari, è invalida la delega che non sia rilasciata in forma scritta. A tal uopo, è sufficiente anche una scrittura privata, o un’espressa previsione nell’ambito delle norme interne o statutarie dell’impresa. Controverso è il requisito dell’organizzazione di impresa nel cui ambito la delega di funzioni è rilasciata. Per la giurisprudenza prevalente, occorre che si tratti sempre di un’organizzazione complessa, avente grandi dimensioni. Altra parte della giurisprudenza ritiene invece che anche le piccole e medie imprese possano avere esigenze organizzative, tali da giustificare la delega, specie nei casi di particolare complessità gestionale. e quando deve essere formalmente conferita. Ciò premesso sul piano generale, ci si è chiesti se ed in che termini la delega al versamento delle ritenute certificate possa avere efficacia scriminante, ove rilasciata a favore di terzi nell’ambito di una struttura aziendale complessa. Tale questione già si era posta ai tempi del d.l. numero 429/1982, contenente la previgente disciplina in materia di reati tributari. Sul punto, l’orientamento dominante in giurisprudenza sostanzialmente confermato dalla sentenza in commento afferma che il delegare a terzi l’adempimento dell’obbligo di versare le ritenute effettivamente operate non esclude la punibilità del sostituto d’imposta, ove manchi una delega formalmente rilasciata da quest’ultimo. Del resto, anche ove al delegato sia stata affidata la totale gestione degli adempimenti tributari, la natura di reato proprio dell’illecito di cui all’articolo 10 bis d. lgs. numero 74/2000 esclude che si versi in un caso di efficacia esonerante della delega di funzioni il contenuto colposo della condotta del contribuente si concretizza nell’incauta elezione del delegato, ma soprattutto nell’omesso controllo dell’esecuzione degli adempimenti da parte di quest’ultimo.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 aprile – 12 luglio 2012, numero 27720 Presidente Petti – Relatore Marini Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 18/6/2010 del Tribunale di Gorizia, pronunciata a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, il sig. F. è stato condannato, previa concessione della circostanza attenuante prevista dall'articolo 13 del d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74, alla pena di quattro mesi di reclusione, sostituiti con la corrispondente pena pecuniaria, perché ritenuto colpevole, quale presidente del consiglio si amministrazione della New System S.r.l. , del reato previsto dall'articolo 10-bis del d.lgs. 10 marzo 20007 numero 74 per omesso versamento delle ritenute maturate nell'anno d'imposta 2004, per un importo pari a 97.095,00 Euro, entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta. 2. Con sentenza dell'11/7/2011 la Corte di appello di Trieste ha respinto i motivi d'impugnazione e confermato la decisione del Tribunale di Gorizia. In particolare la Corte di appello ha a escluso che la condotta omissiva della sig.ra C. , dipendente della società, faccia venire meno la responsabilità dell'amministratore b escluso il difetto dell'elemento soggettivo invocato dall'imputato ed escluso la rilevanza della carenza di liquidità dell'azienda c escluso che la pena possa definirsi eccessiva e riservato alla sede esecutivo la valutazione circa l'applicazione dell'indulto. Avverso tale decisione il sig. F. propone ricorso tramite il Difensore, in sintesi lamentando a Errata applicazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 606, lett. b ed e cod.proc.penumero per avere erroneamente i giudici di merito omesso di considerare che la sig.ra C. era destinataria di una piena delega rispetto all’adempimenti contabili e tributari b Errata applicazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 606, lett. b ed e cod.proc.penumero per avere i giudici di appello ritenuto erroneamente esistente l'elemento soggettivo del reato, reato che ha natura dolosa e non può essere ascritto all'imputato a causa di eventuali profili di colpevolezza l'assenza di qualsivoglia volontà dell'imputato di commettere il reato può essere desunta dalla regolarità della presentazione della dichiarazione mod.770 e dalla successiva scelta di provvedere a saldare tutto il debito verso l'Erario una volta venuto a conoscenza dell'omesso versamento c Errata applicazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 606, lett. b ed e cod.proc.penumero per avere i giudici di merito non ammesso una prova decisiva, e cioè la testimonianza della sig.ra C. , non sostituita nei suoi possibili contenuti dalle dichiarazioni del teste B. , consulente del lavoro d Vizio motivazionale ai sensi dell'articolo 606, lett. e cod.proc.penumero in quanto la ricca istruttoria operata in primo grado ha consentito di escludere che l'imputato si sia occupato delle questioni stipendiali e contributive, con la conseguenza che immotivatamente la Corte di appello ha ritenuto sussistere l'elemento soggettivo del reato e Vizio motivazionale ai sensi dell’articolo 606, lett. e cod.proc.penumero in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche non può applicarsi ai fatti anteriori la modifica apportata all'articolo 62-bis cod. penumero dal disposto dell'articolo 1 - lett. f - bis della legge 24/7/2008, numero 125 e alla determinazione della pena, nonché violazione dell'articolo 175 cod. penumero in relazione alla mancata concessione della non menzione, violazione della legge numero 41 del 2006 per mancata concessione dell'indulto Con atto a firma del Difensore in data 20/3/2012 il Sig. F. ha proposto motivi aggiunti, in particolare prospettando due ulteriori motivi di ricorso coi quali lamenta f errata applicazione di legge ai sensi dell'articolo 606, lett. b cod. proc. penumero in relazione all'articolo 2 cod. penumero , agli articolo 25 e 117 Costituzione e all'articolo 7 C.e.d.u., nonché vizio di motivazione ai sensi dell'articolo 606, lett. e cod. proc. penumero per avere i giudici di merito applicato retroattivamente la fattispecie incriminatrice prevista dall'articolo 10-bis, citato, entrato in vigore in data 1/1/2005 ed erroneamente applicato alle ritenute maturate nel corso dell'anno 2004 una disciplina sfavorevole rispetto a quella precedente che prevedeva una mera sanzione amministrativa g errata applicazione di legge ai sensi dell'articolo 606, lett. b cod. proc. penumero in relazione alla mancata assunzione della testimonianza C. terzo motivo del ricorso principale che viola il diritto dell'imputato a difendersi provando ex articolo 495 cod.proc.penumero , articolo 111 Costituzione e articolo 7 C.e.d.u Con memoria depositata il 27/3/2012 la Difesa del ricorrente ha inteso meglio specificare le ragioni dell'imputato in relazione ai motivi già proposti. Considerato in diritto 1. Osserva in via preliminare la Corte che esiste una evidente contraddizione logica fra l'affermazione contenuta nel quarto motivo di ricorso pag. 22 secondo cui la ricca istruttoria operata in primo grado che ha chiarito che . F.C. non si è mai occupato personalmente delle questioni relative al pagamenti al personale dipendente e al versamento dei relativi oneri contributivi e il contenuto del terzo motivo in ordine alla mancata assunzione di prova decisiva relativa al ruolo svolto dalla sig.ra C. . In realtà, potendosi dare per scontato che l'incarico di provvedere agli adempimenti previdenziali sulla base della contabilità aziendale e delle istruzioni ricevute fosse affidato a persona alle dipendenza dell'azienda, la Corte considera quali elementi decisivi a l'assenza di una delega formale, così che su questo piano l'obbligo di adempiere, seppure tramite terzi incaricati, permane in capo al legale rappresentante, che deve rispettare in modo puntuale e tempestivo rispetto gli adempimenti senza attendere l'accertamento dell'omissione ad opera dell'ente pubblico b la logica e giuridica impossibilità per il consulente di sostituirsi all'imprenditore nell'adozione delle scelte conseguenti alla invocata carenza di liquidità , così che è all'imprenditore stesso che deve essere riferita la prospettata scelta delle priorità che, nella sua stessa prospettiva difensiva, avrebbe penalizzato il puntuale rispetto degli obblighi previdenziali e comportato una consapevole dilazione dei relativi pagamenti. 2. Sulla base di tali considerazioni la Corte considera infondati e meritevoli di rigetto i motivi primo, secondo e terzo, giudizio che deve essere esteso anche al quarto motivo, che nella sostanza costituisce la riproposizione in termini diversi del secondo motivo. Infondate anche, sempre per le ragioni espresse, il secondo motivo aggiunto atto del Difensore del 20/3/2012 e la memoria depositata il 27/3/2012. 3. La Corte ritiene che non illogicamente le circostanze attenuanti generiche non siano state concesse, sebbene difettino precedenti penali, a causa dell'entità della somma non versata il quinto motivo è sul punto manifestamente infondato. Alla stessa conclusione deve giungersi con riferimento alla mancata applicazione del beneficio della non menzione, su cui difetta una motivazione espressa ma che deve logicamente porsi in parallelo con la dei giudici di merito, non contestata neppure nei motivi di appello, di non concedere la sospensione condizionale della pena. Quanto, infine, alla mancata concessione dell'indulto in ordine alla pena convertita, che i giudici di appello espressamente rinviano alle valutazioni del giudice dell'esecuzione, si è In presenza di scelta non suscettibile di controllo da parte del giudice di legittimità per tutte, Sez. 3, 25135 del 15/4/2009, Renda, rv 243907 . 4. Ritiene, infine, la Corte che debba qualificarsi come manifestamente infondato il primo dei motivi aggiunti introdotti con l'atto del Difensore in data 20/3/2012. Come puntualmente illustrato nell'ampia motivazione della sentenza numero 7588 del 2012, resa all'udienza del 12/1/2012, ricorrente Screti, alle pagine 5 e seguenti la Corte da conto del contenuto e della ratio dell'articolo 1, comma 414 della legge 30/12/2004 legge finanziaria 2005 e della natura del reato reintrodotto con tale disposizione il riferimento è al reato ex articolo 2, comma 3, della legge numero 516 del 1982 , pacificamente qualificabile come reato omissivo a carattere istantaneo. Ciò comporta che lo spostamento del termine ultimo per la dichiarazione obbligatoria a data posteriore all'entrata in vigore della legge sostituisce integralmente i termini periodici anteriormente vigenti e mette il cittadino in condizione di adempiere anche con riferimento ai termini già scaduti prevedendo, a fronte della possibilità di regolarizzazione in assenza di oneri aggiuntivi e di sanzioni in relazione alle omissioni già verificatesi, una nuova e futura scadenza il cui mancato rispetto integra una nuova fattispecie di reato. La motivazione della sentenza citata affronta, inoltre, i presupposti della precedente decisione, numero 14160/99 e illustra le ragioni per cui tale decisione attiene a fattispecie storica diversa da quella in esame, così escludendo che esista un contrasto interpretativo. Non sussistono, dunque, né la violazione del divieto di sanzionare condotte poste In essere anteriormente all'entrata in vigore della legge né la violazione del divieto di applicare a condotte anteriori una sanzione più grave di quella prevista al momento della loro commissione. 5. Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso viene rigettato, con condanna del ricorrente, ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , al pagamento della spese del presene grado di giudizio. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.