La consumazione del reato di estorsione si verifica al momento in cui il denaro venga consegnato dalla vittima al reo, non rilevando l’intervento immediato della polizia giudiziaria che tragga in arresto il colpevole.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 1919/2016, depositata il 19 gennaio. Il caso. L’imputato, quale custode del cimitero, aveva minacciato la persona offesa, titolare di impresa edile se voleva lavorare all’interno del cimitero doveva pagare una somma di denaro per il lavoro. Il custode, accompagnava l’invito dalla minaccia di denunciarne la trasgressione al catalogo imposto dal Comune ai costruttori, cui sarebbe conseguita la radiazione dall’elenco dei costruttori autorizzati. Così, il custode del cimitero otteneva la promessa di pagamento, oltre ad un acconto. Senonché veniva arrestato in flagranza di reato a seguito dell’intervento dei Carabinieri allertati dalla persona offesa. La Corte territoriale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, riqualificava il fatto nel reato di estorsione aggravata dalla violazione dei doveri inerenti a un pubblico servizio e concedeva le attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante contestata. Confermava, infine, il risarcimento dei danni alla parte civile costituita. Da concussione ad estorsione aggravata è reformatio in peius? L’imputato ha ritenuto che la Corte d’appello avesse violato il divieto di reformatio in peius , avendo solo l’imputato proposto impugnazione. La Suprema Corte, in proposito, chiarisce che, per orientamento consolidato, non costituisce violazione del divieto la nuova e più grave qualificazione giuridica data al fatto dal giudice dell’appello se la pena irrogata resta la stessa, ciò anche nell’eventualità che dalla riqualificazione potrebbe derivare all’interessato un più grave trattamento penitenziario o il cambiamento del termine di prescrizione del reato. Minaccia tra concussione, estorsione e induzione indebita. A seguito dell’entrata in vigore della Legge 190/2012 di riforma tra l’altro dei reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, la minaccia, esplicita o implicita, di un danno ingiusto, finalizzata a farsi dare o promettere denaro o altra utilità , realizzata con abuso della qualità o dei poteri integra il delitto di concussione se proviene da un pubblico ufficiale mentre integra estorsione se proviene da un incaricato di pubblico servizio. Sussiste invece induzione indebita se il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, abusando della qualità o dei poteri, prospetti, con comportamenti di persuasione o di convinzione, conseguenze sfavorevoli derivanti dall’applicazione della legge o l’adozione di atti legittimi ma dannosi e sfavorevoli , al fine di ottenere la dazione o la promessa di denaro o altra utilità. Differenze con estorsione. Estorsione e concussione sono accomunate dalla minaccia o violenza finalizzata a coartare tout court la volontà della persona offesa, mentre con l’induzione indebita la vittima si piega alla volontà del soggetto agente con un comportamento che dà vita ad un patto illecito in cui l’iniziativa è assunta dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio. La condotta induttiva posta in essere con abuso della qualità o dei poteri non è concussione come non è concussione la condotta del soggetto che non ha la qualifica di pubblico ufficiale, come nel caso in esame. Nell’ipotesi in verifica si sarebbe potuto parlare di induzione indebita, in luogo di estorsione, qualora l’imputato, nell’ambito dei poteri che le norme comunali gli avevano conferito quale custode cimiteriale, avesse rilevato una reale e non corretta esecuzione dei lavori da parte dell’impresa edile e, nonostante ciò, lo avesse indotto a consegnare denaro minacciandolo, in caso di diniego, di non rilasciare l’attestazione del buon operato alla quale era condizionata la permanenza dell’impresa nell’elenco dei costruttori autorizzati ad operare in loco. La Corte d’appello, invece, ha accertato che la richiesta di denaro da parte dell’imputato era svincolata da qualsiasi effettiva relazione con la qualità delle opere eseguite esulava, quindi, ogni valutazione in merito alla corretta applicazione delle norme da parte dell’incaricato di pubblico servizio. Il reato configurato è quello di estorsione Per le ragioni suesposte non è infatti configurabile il reato di induzione indebita né quello di concussione perché la riforma del 2012 ha estromesso, dai soggetti attivi, la figura dell’incaricato di pubblico servizio torna dunque ad applicarsi il delitto analogo alla concussione, nella sua fattispecie “comune”. consumato. Il delitto è infatti consumato quando la cosa estorta venga consegnata dal soggetto passivo al soggetto attivo anche quando sia predisposto l’intervento della polizia giudiziaria che provveda immediatamente all’arresto del reo e alla restituzione del bene all’avente diritto. La persona offesa è attendibile? La motivazione del provvedimento impugnato è giudicata esaustiva riguardo all’attendibilità della dichiarazione della persona offesa. Inoltre, evidenzia la Corte, sussistono riscontri ulteriori consistenti nell’operato dei Carabinieri intervenuti nel corso della vicenda e nella dichiarazione di un teste. Peraltro la valutazione della credibilità della persona offesa è questione di fatto sulla quale il giudice di legittimità non può ingerirsi fatte salve la manifeste contraddizioni che non sono riscontrabili nel caso in verifica. Inoltre, la Suprema Corte fa notare che la difesa dell’imputato ha prospettato una mera ricostruzione alternativa dei fatti che non trova agganci nelle risultanze processuali sottoposte alla Corte. In ultimo, la Cassazione rammenta che non vi è mancanza o vizio di motivazione quando i giudici di secondo grado seguano le grandi linee del discorso del giudice di primo grado quando l’indagine svolta in quella sede sia completa e corretta. È infatti ius receptum che in tale caso si verifica una fusione tra le motivazioni della sentenza di primo grado e quella d’appello, fusione da cui deriva reciproca integrazione che confluisce in un risultato organico e inscindibile al quale occorre far riferimento per giudicare la congruità della motivazione verificata in sede di legittimità.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 dicembre 2015 – 19 gennaio 2016, numero 1919 Presidente Prestipino – Relatore Alma Ritenuto in fatto Con sentenza in data 14/2/2014 la Corte di Appello di Messina, in parziale riforma della sentenza emessa in data 24/11/2009 dal locale Tribunale, riqualificato il fatto in contestazione nel reato di cui agli articolo 629 e 61 numero 9 cod. penumero e concesse all'imputato M.P. le circostanze attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante contestata, ha rideterminato la pena irrogata al predetto in termini ritenuti di giustizia dichiarando peraltro la pena detentiva integralmente condonata. Con la sentenza è stata inoltre confermata la condanna dell'imputato al risarcimento dei danni alla parte civile costituita G.A. . In origine era stato contestato all'imputato e ritenuto sussistente dal Giudice di prime cure il reato di concussione per avere il M. , in qualità di custode del cimitero di OMISSIS - minacciato il G. , titolare di una società edile, dicendogli che se voleva lavorare all'interno del cimitero doveva pagare una somma di 200 Euro per ogni trasformazione di tumulo, così come aveva già fatto altra ditta, prospettando allo stesso che se avesse trasgredito il decalogo imposto dal settore 8 del Comune di Messina ai costruttori lo avrebbe fatto radiare ed in tal modo ottenendo dal G. la promessa di pagamento della predetta somma nonché la consegna di 150 Euro a titolo di acconto. I fatti risalgono al OMISSIS . Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell'imputato, deducendo 1. Violazione dell'articolo 597 cod. proc. penumero per violazione del divieto di reformatio in peius articolo 606, lett. b, e, d ed e, cod. proc. penumero . Si duole, al riguardo, la difesa del ricorrente del fatto che la corte territoriale evocando un non pertinente insegnamento giurisprudenziale ha qualificato l'originaria contestazione di concussione come estorsione aggravata così operando una non consentita reformatio in peius non essendo stato interposto gravame sul punto. 2. Violazione di legge in relazione al combinato disposto dell'articolo 192 cod. proc. penumero e dell'articolo 629 cod. penumero articolo 606, lett. b, c, d ed e, cod. proc. penumero . Si duole, innanzitutto, parte ricorrente del fatto che la motivazione della sentenza impugnata ripropone i medesimi elementi di valutazione già esternati dal Giudice di prime cure senza che emerga un'analisi delle questioni sollevate in sede di gravame. I Giudici avrebbero, infatti, erroneamente valutato le dichiarazioni rese dalla persona offesa dal reato, dichiarazioni prive di credibilità soggettiva in quanto non lineari ed illogiche, nonché caratterizzate da una animosità che si era venuta a creare tra le parti. La somma versata dal G. al M. ben potrebbe essere il frutto di una attività di corruttela posta in essere dal primo nei confronti del secondo. Le risultanze delle attività di indagine hanno smentito il contenuto delle dichiarazioni della persona offesa che aveva affermato che tutte le aziende che svolgevano lavori all'interno del cimitero erano costrette a pagare una somma di denaro. 3. Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla operata sussunzione della condotta contestata all'imputato nella previsione normativa di cui al combinato disposto degli articolo 629 e 61 numero 9 cod. penumero . Sostiene, al riguardo, la difesa del ricorrente che il fatto doveva essere derubricato nella violazione dell'articolo 319-quater cod. penumero illustrando le ragioni in diritto che - a suo dire - consentirebbero di ricondurre a quest'ultima fattispecie l'azione posta in essere dall'imputato. 4. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata ritenuta fattispecie del delitto tentato. Rileva, sul punto, la difesa del ricorrente che l'iter criminoso non si è mai perfezionato, al più rimanendo al livello del tentativo di concussione. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Questa Corte Suprema, con un assunto condiviso anche dall'odierno Collegio ha reiteratamente avuto modo di chiarire che anche in presenza della sola impugnazione dell'imputato, non costituisce violazione del divieto di reformatio in peius la nuova e più grave qualificazione giuridica data al fatto dal giudice dell'appello ferma restando la pena irrogata cfr. ex ceteris Cass. Sez. 2, sent. numero 2884 del 16/01/2015, dep. 22/01/2015, Rv. 262286 Sez. 2, sent. numero 27460 del 13/06/2014, dep. 24/06/2014, Rv. 259567 e ciò persino nell'ipotesi in cui dalla riqualificazione potrebbe derivare all'interessato un più grave trattamento penitenziario od il cambiamento del termine di prescrizione del reato in tal senso Cass. Sez. 6, sent. numero 32710 del 16/07/2014, dep. 23/07/2014, Rv. 260663 . 2. Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La difesa dell'imputato - peraltro con affermazioni oltremodo generiche - contesta in sostanza l'attendibilità delle persona offesa. La Corte di Appello, con motivazione congrua e logica, ha, per contro, da un lato evidenziato l'attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e, dall'altro, ha chiarito che le prove di accusa nei confronti del M. hanno trovato immediato riscontro nell'operato dei Carabinieri intervenuti nel corso della vicenda e nelle dichiarazioni del teste GA.Gi. cfr. pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata . Sul punto è appena il caso di ricordare che in tema di prove, la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che, come tale, non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste contraddizioni Cass. Sez. 2, sent. numero 41505 del 24/09/2013, dep. 08/10/2013, Rv. 257241 il che non si è certamente verificato nel caso in esame. A ciò si aggiunga che nessuno degli elementi addotti dalla difesa del ricorrente è tale da incidere sulla tenuta dell'impianto accusatorio descritto in sentenza prospettando la difesa un ipotesi di ricostruzione alternativa dei fatti che non trova alcun aggancio nelle risultanze processuali sottoposte a questa Corte. Per il resto deve essere solo aggiunto che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di sentenza penale di appello, non sussiste mancanza o vizio della motivazione allorquando i giudici di secondo grado, in conseguenza della completezza e della correttezza dell'indagine svolta in primo grado, nonché della corrispondente motivazione, seguano le grandi linee del discorso del primo giudice. Ed invero, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione Cass. Sez. 3, sent. numero 4700 del 14.2.1994, dep. 23.4.1994, rv 197497 . 3. L'infondatezza investe anche il terzo motivo di ricorso concernente la qualificazione giuridica del fatto. La Corte di Appello risulta essersi posta il problema giuridico ed avere richiamato l'assunto di questa Corte Suprema secondo il quale a seguito dell'entrata in vigore della L. 6 novembre 2012, numero 190, la minaccia, esplicita o implicita, di un danno ingiusto, finalizzata a farsi dare o promettere denaro o altra utilità, posta in essere con abuso della qualità o dei poteri, integra il delitto di concussione se proveniente da pubblico ufficiale ovvero di estorsione se proveniente da incaricato di pubblico servizio mentre sussiste il delitto di induzione indebita, previsto dall'articolo 319 quater cod. penumero , qualora il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, abusando della qualità o dei poteri, prospetti conseguenze sfavorevoli derivanti dall'applicazione della legge per farsi dare o promettere il denaro o l'utilità Cass. Sez. 6, sent. numero 26285 del 27/03/2013, dep. 17/06/2013, Rv. 255371 . Nello stesso filone giurisprudenziale si colloca anche Cass. Sez. 6, sent. numero 13047 del 25/02/2013, dep. 21/03/2013, Rv. 254466 che ha chiarito che a seguito dell'entrata in vigore della l. numero 190 del 2012, la minaccia, di qualsivoglia tipo o entità, di un danno ingiusto, finalizzata a farsi dare o promettere denaro o altra utilità, posta in essere con abuso della qualità o dei poteri, integra il delitto di concussione se proveniente da pubblico ufficiale ovvero di estorsione se proveniente da incaricato di pubblico servizio sussiste, invece, il delitto di induzione indebita, di cui all'articolo 319 quater cod. penumero , qualora il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, abusando della qualità o dei poteri, per farsi dare o promettere il denaro o l'utilità prospetti, con comportamenti di persuasione o di convinzione, la possibilità di adottare atti legittimi, ma dannosi o sfavorevoli. In sostanza, la differenza tra i due reati sta nel fatto che mentre nell'estorsione cosi come nella concussione ci si trova in presenza di una minaccia o violenza finalizzata a coartare tout court la volontà della persona offesa si ha, per contro, induzione indebita a dare o promettere utilità ex articolo 319-quater cod. penumero allorquando la vittima si piega alla volontà del soggetto agente ed assume un comportamento connivente che da vita ad una sorta di patto corruttivo in cui l'iniziativa è assunta dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio. La condotta induttiva dell'intraneus nel caso di cui all'articolo 319-quater realizzata con abuso della qualità o dei poteri fuoriesce dal paradigma della concussione o se il soggetto non ha, come nel caso in esame, la qualifica di pubblico ufficiale da quello della estorsione per approdare ad un terreno contiguo a quello della corruzione ove sono puniti entrambi i soggetti del rapporto. Tuttavia perché ciò accada è necessario che il rapporto tra le condotte di chi induce e di chi è indotto fermo restando che la parte pubblica e la parte privata non si muovono su di un piano di perfetta parità finiscano per prevedere pur sempre un interesse della parte privata a cedere all' induzione della parte pubblica. Ne consegue che nel caso in esame si sarebbe potuto configurare il reato di cui all'articolo 319-quater cod. penumero in luogo di quello di estorsione solo nell'ipotesi in cui il M. nell'ambito dei poteri che le norme comunali gli avevano conferito quale custode cimiteriale avesse rilevato una reale e non corretta esecuzione dei lavori da parte della ditta del G. ma, nonostante ciò, lo avesse indotto a consegnare il denaro minacciandolo in caso contrario di non rilasciargli l'attestazione del buon operato alla quale era condizionata la permanenza dell'impresa nell'elenco dei costruttori autorizzati ad operare in loco. Ora nel caso in esame la Corte di Appello, con una accertamento di fatto in quanto tale non sindacabile in questa sede ha invece evidenziato che la richiesta della somma di denaro da parte dell'imputato era svincolata da qualsiasi effettiva relazione con la qualità in concreto delle opere eseguite, si da non potersi in alcun modo rapportare alla corretta applicazione delle norme da parte dell'incaricato di pubblico servizio. Così stando le cose è di palmare evidenza che - come correttamente rilevato dalla Corte di Appello - il reato configurabile è quello di estorsione e non certo quello di cui all'articolo 319-quater cod. penumero non potendosi più configurare il reato di concussione originariamente ipotizzato a carico dell'imputato a seguito delle intervenute modifiche nella normativa in materia e non potendo qualificarsi come pubblico ufficiale il custode cimiteriale. 4. Quanto detto al punto che precede determina anche l'infondatezza del quarto ed ultimo motivo di ricorso. Una volta confermato che l'azione addebitata all'imputato rientra nel paradigma di cui all'articolo 629 cod. penumero deve qui evidenziarsi che risulta accertato in fatto che il G. ebbe a consegnare al M. la somma di 150 Euro e che fu arrestato in flagranza a seguito dell'intervento dei carabinieri allertati dalla persona offesa. Orbene, secondo un costante orientamento di questa Corte Suprema condiviso anche dall'odierno Collegio in tema di estorsione, il delitto deve considerarsi consumato e non solo tentato allorché la cosa estorta venga consegnata dal soggetto passivo all'estorsore, e ciò anche nelle ipotesi in cui sia predisposto l'intervento della polizia giudiziaria che provveda immediatamente all'arresto del reo ed alla restituzione del bene all'avente diritto ex ceteris Cass. Sez. 2, sent. numero 1619 del 12/12/2012, dep. 14/01/2013, Rv. 254450 . Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.