Furto al supermercato: la sorveglianza basta per escludere l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede

Sotto processo una donna, beccata mentre provava a portar via pochi generi alimentari. In Tribunale il reato viene dichiarato estinto per intervenuta condotta riparatoria. Decisione, questa, contestata dalla Procura, ma la Cassazione ribatte che correttamente è stata esclusa l’aggravante della esposizione della merce alla pubblica fede.

Se il supermercato è dotato di un adeguato sistema di controllo della merce, allora è impossibile riconoscere l’aggravante prevista per la esposizione alla pubblica fede per il – piccolo – colpo tentato dal ladro che ha provato a portar via pochi generi alimentari. Questo dettaglio può salvare il ladro, poiché così il giudice può optare per il ‘non doversi procedere’, essendo stato estinto il reato grazie alla intervenuta condotta riparatoria Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza numero 11921/20 depositata il 10 aprile . Furto. A finire sotto processo è una donna, beccata mentre provava a portar via da un supermercato una confezione di burro e quattro confezioni di prosciutto cotto. In Tribunale, però, arriva il «non doversi procedere» poiché «il reato di furto aggravato è estinto per intervenuta condotta riparatoria». Decisivo anche il mancato riconoscimento delle «aggravanti della destrezza e della esposizione della merce alla pubblica fede». Proprio su quest’ultimo dettaglio si sofferma la Procura, che propone ricorso in Cassazione e sostiene che in questa vicenda è lapalissiana «la circostanza dell’esposizione a pubblica fede». Essa è di solito ricollegata alle «merci esposte nei supermercati benché dotate di dispositivi antitaccheggio», e in questo caso, peraltro, «la merce non era protetta con simile accorgimento», aggiunge la Procura, ritenendo censurabile la valutazione compiuta in Tribunale, laddove si è fatto riferimento al «carattere di continua e diretta sorveglianza dei beni presenti nel supermercato». Sorveglianza. Le obiezioni della Procura non convincono però la Cassazione, che ritiene corretta e logica la considerazione compiuta dai Giudici del Tribunale, i quali hanno posto in evidenza che nel supermercato vi era «continua e diretta sorveglianza» sulla merce, così escludendo «la sussistenza della aggravante dell’esposizione alla pubblica fede» I Giudici del ‘Palazzaccio’ richiamano una chiave di lettura secondo cui «si esclude l’aggravante della esposizione alla pubblica fede solo in presenza di condizioni di sorveglianza e controllo continuativi e costanti della res, tali da non consentire la facilità di raggiungimento del bene», e in questa ottica «la sorveglianza continua va intesa quale esercizio di un controllo permanente sul bene, tale da elidere quella sorta di affidamento necessariamente implicato dall’esposizione” connessa alla «collocazione del bene protetto in un luogo accessibile al pubblico e dunque facilmente raggiungibile da un numero indeterminato di persone». Per fare chiarezza, però, i magistrati spiegano che «sia a voler ritenere la sorveglianza continua come esercizio di un controllo permanente sul bene che elide quella sorta di affidamento necessariamente implicato dall’esposizione, sia a voler ritenere, invece, che il controllo mediante un sistema di videosorveglianza sulla res esposta al pubblico attenui ma non elida l’esposizione alla pubblica fede», è fondamentale «verificare in concreto la sussistenza di una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione, al fine di ricercare la presenza della ragione normativa di aggravamento, e cioè la consuetudine e l’abitudine sociale connessa alla modalità di esposizione di una cosa alla fede pubblica». Ciò comporta che, in questa vicenda, correttamente, spiegano dalla Cassazione, i Giudici del Tribunale hanno fatto riferimento ai «parametri di continuità e di diretta sorveglianza» presenti nel supermercato e «idonei a conseguire risultati di diretta e continua sorveglianza sul bene» e quindi sufficienti per «escludere l’aggravante della esposizione della merce alla pubblica fede». E questa visione non può essere smentita dalla obiezione proposta dalla Procura, secondo cui se l’aggravante in discussione può esser riconosciuta «nel caso di merce dotata di dispositivo antitaccheggio», a maggio ragione essa deve essere identificata «qualora i beni non siano dotati di tale dispositivo», come in questa vicenda. Tirando le somme, poi, i Giudici della Cassazione fissano il principio secondo cui «in tema di furto, l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede non è configurabile in presenza di condizioni, da valutarsi in concreto caso per caso, di sorveglianza e controllo continuativi, costanti e specificamente efficaci nell’impedire la sottrazione della res, ostacolandone quella facilità di raggiungimento che è caratteristica tipica della ratio della disposizione di cui all’articolo 625, comma 1, numero 7, c.p., con cui non si intende tutelare qualsiasi condizione di fatto di detenzione di un bene in luoghi pubblici o privati esposti al pubblico». Tutto ciò conduce, ovviamente, alla conferma della pronuncia emessa dal Tribunale, con la donna sotto processo che vede dichiarato estinto il reato grazie a una condotta riparatoria.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 19 dicembre 2019 – 10 aprile 2020, numero 11921 Presidente Sabeone – Relatore Brancaccio Ritenuto in fatto 1. Con la decisione in epigrafe, il Tribunale di Asti ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Ma. Im. Ga. per il reato di furto aggravato in quanto estinto per intervenuta condotta riparatoria. La condotta ha avuto ad oggetto una confezione di burro e quattro di prosciutto cotto, sottratte dai banchi del supermercato Penny Market di San Damiano d'Asti. 2. Avverso la sentenza predetta propone ricorso immediato per cassazione il Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica di Asti deducendo un unico motivo con cui censura la decisione che, escludendo le aggravanti della destrezza e dell'esposizione a pubblica feda, ha dichiarato estinguibile il reato per condotte riparatorie. In particolare, si deduce l'erroneità della decisione di ritenere non configurata la circostanza dell'esposizione a pubblica fide, che invece la giurisprudenza di legittimità dominante ricollega alle merci esposte nei supermercati benché dotate di dispositivi antitaccheggio e applicabile al caso di specie, a maggior ragione perché la merce non era protetta con simile accorgimento . Non è conferente la motivazione utilizzata dal giudice e riferita al carattere di continua e diretta sorveglianza dei beni presenti nel supermercato che risulta dagli atti. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perchè genericamente proposto e manifestamente infondato. 2. Il pubblico ministero non tiene conto della motivazione impugnata che fa espresso riferimento al fatto che all'interno de supermercato, secondo quanto appare dagli atti, risulta che vi fosse continua e diretta sorveglianza, il che esclude la sussistenza dell'aggravante dell'esposizione a pubblica fede. 2.1. In generale, infatti, quanto alla configurabilità dell'aggravante prevista dall'articolo 625, comma primo, numero 7 cod, penumero , sebbene il confronto tra le affermazioni della giurisprudenza di legittimità relative alle singole fattispecie non riveli una linea di tendenza sempre univoca, può affermarsi - tentando una sintesi - che la Suprema Corte ricollega le ragioni dell'aggravamento previsto dall'articolo 625, comma primo, numero 7, cod. penumero alla volontà di apprestare una più energica tutela penale alle cose mobili che sono lasciate dal possessore, in modo permanente o per un certo tempo, senza diretta e continua custodia, per necessità o per consuetudine e che, perciò, possono essere più facilmente sottratte Sez. 4, numero 8113 del 7/11/2007, Demma, Rv. 238742 , estendendo tale speciale valutazione di gravità anche a quei beni che in tale condizione di esposizione alla pubblica fede si rovino in ragione di impellenti bisogni della vita quotidiana ai quali l'offeso è chiamato a far fronte cfr., tra le ultime pronunce in tal senso, Sez. 2, numero 33557 del 22/6/201.6, Felleti, Rv. 267504 . Se dal presupposto e dall'oggetto della tutela rafforzata si guarda alle ricadute concretamente applicative, tuttavia, il quadro interpretativo si fa più complesso. In particolare, quanto alla rilevanza sulla configurabilità dell'aggravante ex articolo 625, comma primo, numero 7 cod. penumero di eventuali strumenti per il controllo e la vigilanza sulla res esposta alla pubblica fede, la giurisprudenza di legittimità ha approfondito il tema tracciando delle linee guida interpretative che, per quanto non del tutto omogenee, ricostruiscono una traccia utile a decidere i casi concreti. In verità, un'opzione interpretativa esclude l'aggravante della esposizione a pubblica fede solo in presenza di condizioni di sorveglianza e controllo continuativi e costanti della res tali da non consentire quella facilità di raggiungimento del bene che è caratteristica tipica della ratio della deposizione di cui all'articolo 625, comma 1, numero 7, cod. per. Sez. 5, numero 14022 del 8/1/2014, Fusari, Rv. 259870 in senso analogo Cass. sez. 5, numero 9245 del 14/10/2014, dep. 2015, Rv. 263258 Sez. 5, numero 4036 del 26/11/2015, Craciun, Rv. 267564, quest'ultima sulla specifica questione attinente l'apposizione di un dispositivo antitaccheggio, tema sul quale vedi anche, in senso conforme, Sez. 5, numero 435 del 30/6/2015, dep. 2016, Sefer, Rv. 265586 . La sorveglianza continua viene intesa, n tale condivisibile prospettiva, quale esercizio di un controllo permanente sul bene che elide quella sorta di affidamento necessariamente implicato dall'esposizione, escludendo, pertanto, anche l'aggravante. Altra opzione valorizza, invece, maggiormente l'ineliminabile affidamento insito nella collocazione del bene protetto in un luogo accessibile al pubblico,, dunque facilmente raggiungibile da un numero indeterminato di persone, quasi a sottolineare l'importanza del dato fisico della collocazione del bere, più che quelle dell'elemento esterno a tale dato fisico rappresentato dal grado di sorveglianza esercitato sulla res per tale orientamento, quindi, il controllo su detta res, esposta al pubblico, mediante un sistema di videosorveglianza attenua ma non elide l'esposizione alla pubblica fede, ovvero il presupposto fattuale per i riconoscimento dell'aggravante così Sez. 2, numero 2724 del 26/11/2015, Scalambrier, Rv. 265808 si orientano non dissimilmente le pronunce Sez. 5, numero 10584 del 30/01/2014, Rv. 260204 Sez. 5, numero 12436 del 11/12/2013, dep. 2014, Rv. 259869 . Anche tale secondo orientamento sembra propendere comunque nel senso che possa escludere l'aggravante in esame una sorveglianza specificamente efficace nell'impedire la sottrazione dell'oggetto e che la questione debba essere attentamente vagliata di volta in volta e con attenzione alle singole fattispecie, per ricercare la presenza della ragione normativa di aggravamento e cioè la consuetudine e l'abitudine sociale della modalità di esposizione di una cosa alla fede pubblica - poiché la disposizione in esame non è rivolta a tutelare, attraverso l'aggravante, qualsiasi condizione di fatto di detenzione di un bene in luoghi pubblici o privati esposti al pubblico. 2.2. Il Collegio ritiene, dunque, che vada affermato il principio secondo cui, in tema di furto, l'aggravante dell'esposizione delle cose a pubblica fede non è configurabile in presenza di condizioni, da valutarsi in concreto caso per caso, di sorveglianza e controllo continuativi, costanti e specificamente efficaci nell'impedire la sottrazione della res, ostacolandone quella facilità di raggiungimento che è caratteristica tipica della ratio della disposizione di cui all'articolo 625, comma 1, numero 7, cod. penumero , con cui non si intende tutelare qualsiasi condizione di fatto di detenzione di un bene in luoghi pubblici o privati esposti al pubblico. E ciò ridimensiona anche il contrasto poc'anzi evidenziato circa la valenza dell'aggravante ed il suo ambito applicativo. Difatti, sia a voler ritenere la sorveglianza continua come esercizio di un controllo permanente sul bene che elide quella sorta di affidamento necessariamente implicato dall'esposizione, sia a voler ritenere, invece, che il controllo sulla res esposta al pubblico mediante un sistema di videosorveglianza attenui ma non elida l'esposizione alla pubblica fede, quei che appare evidente nella prospettiva di tutte le pronunce di questa Corte già prima esaminate - a prescindere dall'adesione all'una o all'altra delle due opzioni enucleate - è la necessità di verificare in concreto la sussistenza di una sorveglianza specificamente efficace nell'impedire la sottrazione, al fine di ricercare la presenza della ragione normativa di aggravamento, e cioè la consuetudine e l'abitudine sociale connessa alla modalità di esposizione di una cosa alla fede pubblica. 2.3. Ebbene, alla luce di tale breve ricognizione delle opzioni interpretative in campo, il Collegio ritiene che, nel caso di specie, il giudice abbia correttamente fatto riferimento ai parametri di continuità e di diretta sorveglianza che, se sussistenti perché risolti, in fatto, dall'approntamento di mezzi, non meglio specificati ma idonei a conseguire risultati di diretta e continua sorveglianza sul bene, sono idonei ad escludere la ratio di aggravamento insita nella disposizione di cui all'articolo 625, comma primo, numero 7, cod. penumero Rispetto alla presenza di tali condizioni di sorveglianza pressante e continuativa di fatto il pubblico ministero nulla obietta, non centrando l'oggetto della questione giuridica sottesa alla risoluzione della vicenda, anzi negando valenza risolutiva ai predetti caratteri che, come detto, costituiscono, invece, condizioni rilevanti per ritenere o non, nelle fattispecie concrete, la sussistenza dell'aggravante dell'esposizione a pubblica fede. In ciò evidentemente il ricorso si rivela generico, oltre che manifestamente infondato. Del resto, quella sottratta dall'imputata non era merce disposta sui banchi con dispositivo antitaccheggio, sicché non viene in rilievo la specifica tematica - ed il peculiare contrasto interpretativo sussistente in merito nella giurisprudenza di legittimità - tra se il dispositivo predetto possa costituire o meno uno strumento di sorveglianza tale da escludere l'affidamento della generalità dei consociati in ordine al rispetto della proprietà e del possesso altrui, che è alla base della valutazione legislativa di aggravamento di una condotta la quale si caratterizzi per la violazione di quel pactum fiduciae tra i consociati che si risolve in un vincolo etico - normativo la dissoluzione del quale giustifica l'inasprimento della sanzione. Erra, peraltro, il pubblico ministero, dal punto di vista logico prima ancora che giuridico, a ritenere, secondo un sillogismo di dubbia valenza rispetto ai dati fattuali ed alle condizioni giuridiche di sussistenza della circostanza prevista dall'articolo 625, comma primo, numero 7 cod. penumero , che, potendosi configurare l'aggravante nel caso di merce dotata di dispositivo antitaccheggio secondo la giurisprudenza dominante Sez. 5, numero 21158 del 30/11/2016, Monachino, Rv. 269923 Sez. 5, numero 6168 del 16/10/2015, P.M. in proc. Altobelli, Rv. 266071 nello stesso sensp Rv. 267564 Rv. 250914, Rv. 259047, Rv. 262683, Rv. 265913, Rv. 265586 in senso difforme Rv. 245300, Rv. 259223, Rv. 264075. Tuttavia, contra, come detto Sez. 5, numero 20342 del 28/1/2015, Torre, Rv. 264075 Sez. 4, numero 11161 del 27/2/2014, Tricci, Rv. 259223 Sez. 2, numero 38716 del 25/9/2009, Lo Cascio, Rv. 245300 , a maggior ragione la stessa aggravante sussista qualora i beni non siano dotati di tale dispositivo. 2.4. Deve, in conclusione, affermarsi il seguente principio di diritto in tema di furto, l'aggravante dell'esposizione a pubblica fede non è configurabile in presenza di condizioni, da valutarsi in concreto caso per caso, di sorveglianza e controllo continuativi, costanti e specificamente efficaci nell'impedire la sottrazione della res, ostacolandone quella facilità di raggiungimento che è caratteristica tipica della ratio della disposizione di cui all'articolo 625, comma 1, numero 7, cod. penumero , con cui non si intende tutelare qualsiasi condizione di fatto di detenzione di un bene in luoghi pubblici o privati esposti al pubblico. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del p.m.