Frasi ‘strappa sorriso’ sulle magliette, ma copiate da prodotti già in vendita: non basta per la contraffazione

Secondo il Tribunale basta questa constatazione per ‘bloccare’ il materiale. Ora, però, la prospettiva viene ribaltata bisogna tener conto del fatto che la singola frase non può essere considerata segno distintivo e cioè capace di creare confusione nei consumatori.

Azienda che cita un’altra azienda, o, meglio, azienda che utilizza frasi già impiegate da un’altra azienda per ‘caratterizzare’ nuove magliette da mettere in commercio, per giunta impiegando la stessa veste grafica dell’originale. Ciò non basta, però, per ritenere acclarata la «potenziale confusione» fra i differenti prodotti ecco perché il sequestro del materiale ‘incriminato’ va rimesso in discussione Cassazione, sentenza numero 29410, sezione Seconda Penale, depositata oggi . Frasi sparse A dare il ‘la’ alla querelle sono le frasi – tipo «Uffa che p » e «Guido la Vespa» – impresse su alcune magliette pronte ad essere messe in commercio da un’azienda. Frasi, sia chiaro, già viste sull’abbigliamento proposto da un’altra azienda. Ecco perché scatta il provvedimento di sequestro, ovviamente connesso alle accuse di contraffazione mosse nei confronti del titolare dell’azienda finita nel mirino della giustizia. Nessun dubbio secondo i giudici evidente l’obiettivo di creare confusione sul mercato, traendone profitto a livello di vendite. Segni particolari? Nessuno. Tutta la vicenda, però, va attentamente rivisitata, secondo il legale dell’uomo finito sul banco degli imputati. Questo l’obiettivo del ricorso proposto per cassazione, e fondato, innanzitutto, sulla sottolineatura che i marchi tutelati, in realtà, «erano ancora oggetto di domanda di registrazione», mentre il marchio della società ‘sotto accusa’ «era stato validamente registrato». Nodo centrale, però, è soprattutto quello relativo alle frasi stampate sulle magliette, frasi che non potevano essere considerate «segni distintivi la cui imitazione era idonea a trarre in inganno su origine, provenienza e qualità della merce». Per i giudici di Cassazione, in premessa, è da rilevare, in negativo, il fatto che il Tribunale abbia basato la propria decisione «solo sull’assunto che il confezionamento di magliette con la stampigliatura di frasi, mediante ricorso alla medesima veste grafica utilizzata dalla ditta denunciante nella produzione di proprie magliette, poteva ingenerare confusione fra i prodotti». Ma l’approfondimento della vicenda è legato a un principio chiaro, ossia che la vendita di «magliette aventi scritte uguali a quelle apposte sui propri prodotti da una società» non può portare a contestare il reato di «vendita di prodotti industriali con segni mendaci», perché l’«induzione in errore» del consumatore è legata alla riproduzione di un «segno distintivo che identifica il produttore del bene» e non del semplice «motivo estetico-creativo che caratterizza il prodotto». Di conseguenza, la decisione del Tribunale va rimessa in discussione è necessario approfondire, anche alla luce delle indicazioni della Cassazione, prima di considerare legittimo il sequestro, e, di rimando, anche l’ipotetico reato di contraffazione.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 6 – 19 luglio 2012, numero 29410 Presidente Casucci – Relatore Davigo Considerato in diritto II ricorso è fondato. Il Tribunale ha basato la sua decisione solo sull’assunto che il confezionamento di magliette con la stampigliatura di frasi come ‘‘La vita è bella’’ e ‘‘Guido la Vespa’’ mediante corso alla medesima vesta grafica utilizzata dalla ditta denunciarne nella produzione delle proprie magliette, poteva ingenerare confusione fra i prodotti. Peraltro questa Corte ha affermato che non è configurabile il reato di vendita dì prodotti industriali con segni mendaci articolo 517 cod. penumero , qualora la vendita abbia per oggetto magliette aventi scritte uguali a quelle apposte sui propri prodotti da una società, in quanto ai fini dell’integrazione della fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 517 cod. penumero è necessario che l’induzione in errore sia prodotta da nomi, marchi o segni distintivi, e, pertanto, è necessaria la riproduzione di un segno distintivo, inteso quale elemento - nominativo o figurativo - che identifica il produttore del bene, mentre la riproduzione del motivo estetico-creativo che caratterizza il prodotto, nella specie riprodotto sulle predette magliette, non comporta violazione del marchio, non solo perché marchio non è, ma anche perché non ne svolge la medesima funzione identificativa, potendo, invece, costituire irritazione servile dei prodotti altrui idonea ad ipotizzare la sussistenza di illeciti civili e commerciali, ad esempio per concorrenza sleale. Cass. Sez. 5, Sentenza numero 2975 del 30.11.2011 dep. 24.1.2012 rv251936, citata anche nel ricorso . D’altro canto è del tutto mancante nell’ordinanza impugnata qualunque motivazione in ordine alla possibile contraffazione di marchi registrati, con riferimento sia al fatto che il marchio ‘‘Happy Star’’ era rgistrato, sia alla considerazione che, ai fini della configurabilità del delitto di introduzione nello Stato e di commercio di prodotti con segni falsi, è sufficiente che prima della consumazione del reato sia stata depositata la domanda tesa ad ottenere la registrazione del segno distintivo di cui si assume la falsificazione. Cass. Sez. 5, Sentenza numero 48534 del 7.10.2011 dep. 28.12.2011 rv 251538 . L’assoluta mancanza di motivazione sul punto integra la nullità prevista dati articolo 125 comma 3 cod. proc. penumero Ritenuto in fatto A seguito di decreto di perquisizione e sequestro del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rimini del 21.7.2011 fu operato sequestro probatorio di una maglietta recante la scritta ‘‘La vita è bella’’ e due magliette recanti la scritta ‘‘Guido la Vespa’’, tutte e tre marchiate con il logo ‘‘Happy Star’’ , di pertinenza di D. M., indagato per i reati di cui agli articolo 473, 474, 648, 517, 61 numero 7 cod. penumero Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame, ma il Tribunale di Rimini, con ordinanza del 23.9.2011, la respinse. Ricorre per cassazione l’indagato deducendo violazione della legge penale e difetto assoluto di motivazione, segnalando che il P.M. aveva disposto la ricerca ed il sequestro di capi contraffatti con marchi e segni distintivi di ‘‘Happiness is a 10 $ tree’’ recanti scritte o disegni ‘‘Uffa che palle’’, ‘‘Guido la Vespa’’, ‘‘After Party’’, ‘‘La vita è bella’’, ‘‘Rock n’Roll’’ e simili, a seguito del quale la polizia giudiziaria aveva sequestrato le magliette sopra irdicate. All’udienza il difensore aveva depositato documentazione da cui emergeva che i marchi indicati nel decreto di perquisizione e sequestro non erano marchi o segni registrati in quanto le diciture ‘‘Happiness is a 10 $ tree’’ e ‘‘Rock n’Roll’’ erano oggetto di domanda di registrazione non ancora positivamente vagliata dall’Ufficio Italiano Marchi e Brevetti, che gli altri elementi decorativi non erano coperti da una domanda di registrazione, che il marchio ‘‘Happy Star’’ apposto sui capi sequestrati era stato validamente registrato il 29.3.2011 e che era comunque diverso da quello ‘‘Happiness is a 10 $ tree’’ e che ciò impediva di configurare i reati di cui agli articolo 473, 474 e 648 cod. penumero Quanto alla violazione dell’articolo 57 cod. penumero I segni decorativi ‘‘Uffa che palle’’, ‘‘Guido la Vespa’’, ‘‘After Party’’, ‘‘La vita è bella’’, non potevano essere considerati segni distintivi la cui imitazione era idonea a trarre in inganno su origine, provenienza e qualità della merce. Il Tribunale del riesame ha invece ritenuto che le stampigliature ‘‘La vita è bella’’ e ‘‘Guido la Vespa’’, con ricorso alla stessa veste grafica utilizzata dalla denunciante determinava confusione dei prodotti e quindi qualificava i capi di abbigliamento come corpo di reato, in contrasto con giurisprudenza di legittimità Cass. Sez. 5 sent. numero 2975 del 30.11.2011 dep. 24.1.2012 . L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio al Tribunale di Rimini per un nuovo esame. Il giudice di rinvio da un lato si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati, dall’altro dovrà verificare se dei marchi di cui si discute sia astrattamente ipotizzabile la contraffazione. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Rimini per nuovo esame.