Infatti, l’attuale intimazione a pagare è un adempimento per il regolare avvio della procedura di riscossione coattiva e non una mera irregolarità, pertanto si può esperire l’opposizione agli atti esecutivi.
La Cassazione, con la sentenza numero 14528 del 10 giugno 2013, si concentra su un’interessante fattispecie relativa alla riscossione mediante ruolo delle spese processuali e delle pene pecuniarie relative a sentenza emessa prima del 2008. Il caso . Due soggetti, opponendosi all’esecuzione, convenivano il Ministero della Giustizia per annullare cartelle esattoriali, notificate ad entrambi, alcune a titolo di spese di giustizia anticipate dall’erario nel procedimento penale in cui erano stati condannati, ed altre a titolo di pene pecuniarie. Il giudice di prime cure accoglieva l’opposizione basata sull’omessa notificazione dell’invito a pagare ai sensi dell’articolo 212, D.P.R. numero 115/2002 secondo il quale l'ufficio notifica al debitore l'invito al pagamento dell'importo dovuto, avvertendolo che, in caso di mora, si procederà ad iscrizione a ruolo. L’omessa notifica comporta la situazione di incertezza del debitore . Il giudice del merito sosteneva che l’articolo 212, D.P.R. numero 115/2002 statuisca implicitamente che l’obbligazione del condannato con sentenza penale di pagare allo Stato la pena pecuniaria e le spese processuali sia esigibile solo il trentesimo giorno successivo alla notificazione dell’invito al pagamento, in quanto tale invito comporterebbe un differimento di diritto di un mese del termine di adempimento dell’obbligazione. Tale assunto si fonda, a detta del giudice di prime cure, sulla mancanza di notificazione del titolo esecutivo, o comunque di un provvedimento o atto che contenga la liquidazione della somma da pagare o che, in ogni caso, attesti il passaggio in giudicato della sentenza di condanna. In conseguenza alla situazione di incolpevole incertezza in cui versava il debitore, pertanto, il Tribunale, annullava gli atti di riscossione coattiva reputando che la notifica costituisse un adempimento richiesto per l’esigibilità dell’obbligazione pecuniaria da parte dello Stato, la cui mancanza comporta l’insussistenza del diritto dell’Amministrazione della Giustizia alla riscossione coattiva che i debitori possono far valere con opposizione all’esecuzione senza nessun limite di tempo. L’invito al pagamento è un atto di precetto? Il Ministero della Giustizia ricorreva quindi in Cassazione criticando l’affermazione del giudice del merito secondo cui l’articolo 212, D.P.R. numero 115/2002 disponga implicitamente che l’obbligazione del condannato con sentenza penale di pagare allo Stato la pena pecuniaria e le spese processuali sia esigibile solo il trentesimo giorno dopo la notificazione dell’invito al pagamento. Secondo il Guardasigilli, l’invito al pagamento non è sovrapponibile ad un atto di precetto, in quanto questo sarebbe sostituito dalla cartella di pagamento, ed il titolo esecutivo sarebbe costituito dal ruolo esattoriale. Oltre a ciò, a detta del ricorrente, il giudice del merito avrebbe confuso la temporanea improcedibilità dell’azione esecutiva con il diritto del creditore istante di agire in executivis , che comporterebbe che la violazione della prima dovrebbe essere fatta valere con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’articolo 617 c.p.c. Il quadro normativo. Risulta opportuno premettere, ai fini di una migliore comprensione della fattispecie al centro della controversia in esame, che con l’entrata in vigore del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, è stata riformata la procedura di recupero delle spese processuali e delle pene pecuniarie già disciplinata dal codice di procedura penale, effettuando un’armonizzazione di tutta la normativa relativa al recupero delle spese di giustizia. In particolare modo, il legislatore della novella ha soppresso le funzioni di cassa degli uffici giudiziari, attribuendo definitivamente al concessionario del servizio per la riscossione. In particolare, concentrando l’attenzione sulle spese processuali, si osserva come il sistema di riscossione mediante ruolo presuppone ora che si compiano gli adempimenti previsti dall’articolo 280 dello stesso Testo Unico, e quelli successivi al passaggio in giudicato della sentenza. Per quanto, invece, attiene all’ammontare delle pene pecuniarie, questo risulta dalla sentenza o dal provvedimento giurisdizionale di condanna, come nella fattispecie esaminata dalla sentenza in commento. Gli obblighi dell’ufficio giudiziario dopo il passaggio in giudicato della sentenza. Trattandosi, dunque, di sentenza penale di condanna, gli adempimenti successivi al passaggio in giudicato della sentenza di competenza dell’ufficio giudiziario sono precisati dagli articolo 211 e 212 del suddetto Testo Unico applicabili ratione temporis . Infatti, la legge numero 244 del 2007, numero 244, ha disposto l’abrogazione degli articolo 211, 212 e 213, D.P.R. numero 115/2002. Tra i primi doveri dell’ufficio giudiziario si rintraccia quello di quantificare l'importo dovuto per spese sulla base degli atti, dei registri, delle norme che individuano la somma da recuperare, e prende atto degli importi stabiliti nei provvedimenti giurisdizionali per le pene pecuniarie, per le sanzioni amministrative pecuniarie e per le sanzioni pecuniarie processuali, specificando le varie voci dell'importo complessivo. Inoltre, lo stesso funzionario addetto all'ufficio è tenuto a correggere eventuali propri errori, d'ufficio o su istanza di parte. Si forma, in tal modo, la nota spese, considerando quanto risulta dal foglio delle notizie, oltre che sulla base degli atti, dei registri, delle norme che individuano la somma da recuperare. L’articolo 212, inoltre, afferma che, una volta passato in giudicato o divenuto definitivo il provvedimento da cui sorge l'obbligo l'ufficio notifica al debitore l'invito al pagamento dell'importo dovuto, con espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo, in caso di mancato pagamento entro i termini stabiliti. Specifica, altresì, che entro un mese dal passaggio in giudicato, o dalla definitività del provvedimento da cui sorge l'obbligo, l'ufficio chiede la notifica, ai sensi dell'articolo 137 e seguenti del codice di procedura civile, dell'invito al pagamento cui è allegato il modello di pagamento. Precisa, infine, che nell'invito è fissato il termine di un mese per il pagamento ed è richiesto al debitore di depositare la ricevuta di versamento entro dieci giorni dall'avvenuto pagamento. Il successivo articolo 213 dispone che l'ufficio proceda all'iscrizione a ruolo una volta scaduto inutilmente il termine per l'adempimento, calcolato dall'avvenuta notifica dell'invito al pagamento e decorsi i dieci giorni per il deposito della ricevuta di versamento. L’invito di pagamento è una condizione di procedibilità della riscossione . Da tale quadro normativo si evince che l’invito al pagamento costituisce un adempimento nell’interesse prevalente del debitore, giacché gli permette di beneficiare di un ulteriore termine di trenta giorni per provvedere al pagamento, senza incorrere nella mora debendi e senza iniziare la procedura di riscossione coattiva. Pertanto, l’invito al pagamento integra, più che una condizione di esigibilità del credito da parte dell’erario, una condizione di procedibilità della riscossione mediante ruoli. Infatti, fintantoché l’invito al pagamento non viene notificato e non sono decorsi i suddetti termini, l’azione esecutiva è temporaneamente inesigibile. Di conseguenza, l’omissione della notifica non costituisce una mera irregolarità ma un adempimento previsto per il regolare avvio della procedura di riscossione coattiva. Il diritto in capo all’erario di riscuotere coattivamente il proprio credito sussiste per il fatto che sia passato in giudicato o divenuto definitivo il provvedimento di condanna al pagamento delle pene pecuniarie e delle spese processuali. La notificazione dell’invito al pagamento presuppone il calcolo di quanto complessivamente dovuto sulla base degli atti e delle norme, di modo che il credito dell’erario sia determinato nel suo ammontare. L’omissione della notifica quindi impedisce il sorgere del diritto dell’erario di procedere alla riscossione del credito. Tale conclusione è confermata anche dalla recente introduzione dell’articolo 227- bis ad opera del d.l. numero 112/2008, il quale rafforza il fatto che l’invito al pagamento, oggi detta intimazione a pagare, nel termine di un mese sia un adempimento volto alla regolarità formale della procedura, ossia inerente al quomodo dell’azione esecutiva esattoriale. Ammissibile l’opposizione agli atti esecutivi. La Cassazione, pertanto, accoglie il ricorso del Guardasigilli e cassa la sentenza del giudice del merito. Infatti, dato che l’invito al pagamento è qualificabile alla stregua di un adempimento relativo non all’ an ma al quomodo dell’azione esecutiva, il debitore che ne lamenti l’omessa notificazione, dovendo contestare la legittimità dello svolgimento dell’azione esecutiva, è tenuto ad esperire l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’articolo 616 c.p.c., nel termine decorrente dalla data di notificazione della cartella di pagamento.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 11 aprile 10 giugno 2013, numero 14528 Presidente Berruti – Relatore Barreca Svolgimento del processo 1. Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 19 agosto 2006, il Tribunale di Pavia ha accolto l'opposizione, qualificata come opposizione all'esecuzione, proposta da M M. e S.L. nei confronti del Ministero della Giustizia. Gli opponenti, con un primo atto di citazione, notificato in data 22 maggio 2004, avevano convenuto il Ministero per sentire annullare le cartelle esattoriali notificate ad entrambi, rispettivamente in data 6 marzo 2004 ed in data 8 marzo 2004, per l'importo di Euro 25.810,57, a titolo di spese di giustizia, anticipate dall'erario nel procedimento penale in cui erano stati condannati, insieme ad altri coimputati, con sentenza del Tribunale di Milano Ufficio GIP, confermata dalla Corte d'Appello di Milano, passata in giudicato il 5 ottobre 1994. Si era costituita l'Avvocatura di Stato per il Ministero ed, eccepito in via preliminare il difetto di competenza e di giurisdizione del Tribunale, aveva dedotto, nel merito, l'infondatezza dei motivi di opposizione. 1.1. Con un successivo atto di citazione, notificato in data 14 dicembre 2004, i medesimi opponenti avevano convenuto il Ministero per sentire annullare altre due cartelle esattoriali, emesse rispettivamente per l'importo di Euro 31.053,62 nei confronti di M M. e per l'importo di Euro 7.297,61 nei confronti di L S. , notificate ad entrambi in data 8 marzo 2004, a titolo di pene pecuniarie inflitte con la stessa sentenza della Corte d'Appello di Milano, passata in giudicato il 5 ottobre 1994. Anche in questo secondo giudizio si era costituita l'Avvocatura di Stato per il Ministero, eccependo oltre al difetto di competenza e di giurisdizione, la tardività delle eccezioni sollevate, in specie con riferimento alla violazione dell'articolo 212 del D.P.R. numero 115 del 2002 per omessa notificazione dell'invito al pagamento, in quanto attinenti ad opposizione agli atti esecutivi e soggette al termine di decadenza dell'articolo 617 cod. proc. civ 1.2. Il Tribunale di Pavia, riuniti i procedimenti per connessione soggettiva, ha rigettato le eccezioni pregiudiziali di rito ed ha accolto il motivo di opposizione concernente l'omessa notificazione dell'invito a pagare ai sensi del citato articolo 212, ritenendo trattarsi di adempimento richiesto per l'esigibilità dell'obbligazione pecuniaria da parte dello Stato, la cui mancanza determina l'insussistenza del diritto dell'Amministrazione della Giustizia alla riscossione coattiva, che i debitori possono far valere con opposizione all'esecuzione senza alcun limite di tempo. Accogliendo perciò entrambe le opposizioni, ha dichiarato illegittimi ed annullato gli atti di riscossione coattiva posti in essere dal cancelliere del Tribunale di Milano e dal concessionario della riscossione in danno di M M. e di S.L. , condannando l'Amministrazione opposta al pagamento delle spese processuali in favore degli opponenti. 2. Avverso la sentenza il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro in carica, propone ricorso affidato ad un unico motivo, svolto nella duplice censura del vizio di violazione di legge e del vizio di motivazione. Gli intimati si sono difesi con controricorso. Il Ministero ha depositato memoria. Motivi della decisione 1. Preliminarmente, va rigettata l'eccezione di inammissibilità del presente ricorso sollevata dai resistenti nel presupposto dell'appellabilità della sentenza, per avere il Tribunale qualificato l'opposizione come opposizione all'esecuzione ex articolo 615 cod. proc. civ. e per essere secondo i ricorrenti applicabile il testo dell'articolo 616 cod. proc. civ., vigente prima delle modifiche apportate con la legge numero 52 del 2006, avuto riguardo alla data di notificazione degli atti di citazione introduttivi dei giudizi. 1.1. Sebbene, come si dirà, il motivo di opposizione accolto dal Tribunale debba essere qualificato come opposizione agli atti esecutivi, è corretto quanto sostenuto dai ricorrenti circa la rilevanza della qualificazione dell'azione da parte del provvedimento impugnato. Va, infatti, ribadito il principio per il quale il rimedio impugnatorio e le norme ad esso applicabili vanno individuati tenendo presente la qualificazione data al giudizio da parte del giudice di grado inferiore che sul punto si sia pronunciato cfr., tra le più recenti, Cass. numero 20811/10, numero 3712/11, S.U. numero 10073/11 . Pertanto, avendo il Tribunale ricondotto l'opposizione alla norma dell'articolo 615 cod. proc. civ., il rimedio impugnatorio va individuato avendo riguardo al disposto di tale norma e dell'articolo 616 cod. proc. civ 1.2. Dato quanto sopra, è tuttavia da escludere che la sentenza, depositata il 1 agosto 2006, fosse appellabile. Allo scopo è sufficiente richiamare i precedenti di questa Corte che hanno reiteratamente affermato che le sentenze conclusive in primo grado dei giudizi di opposizione all'esecuzione pubblicate tra il 1 marzo 2006 ed il 4 luglio 2009 non sono impugnabili in ragione di quanto disposto dall'articolo 616, ult.inc., c.p.c., nel testo introdotto dall'articolo 14 della legge numero 52 del 2006 abrogato con l'articolo 49, comma 2, della legge numero 69 del 2009 , quindi sono soltanto ricorribili per Cassazione ex articolo 111 Cost. Cass. numero 20392/09, numero 2043/10, ord. numero 20324/10, nonché, a contrario, Cass. numero 20414/06 ed, ancora, anche per il rigetto dell'eccezione di incostituzionalità, Cass. numero 976/08, nonché successivamente Cass. numero 3688/11 e numerose altre . In particolare, va ribadito il principio per cui, ai fini dell'individuazione del regime di impugnabilità di una sentenza, occorre avere riguardo alla legge processuale in vigore alla data della sua pubblicazione. Pertanto, le sentenze che abbiano deciso opposizioni all'esecuzione pubblicate prima del primo marzo 2006, restano esclusivamente appellabili per quelle, invece, pubblicate successivamente a tale data e fino al 4 luglio 2009, non è più ammissibile l'appello, in forza dell'ultimo periodo dell'articolo 616 cod. proc. civ., introdotto dalla legge 24 febbraio 2006, numero 52, con la conseguenza dell'esclusiva ricorribilità per cassazione ai sensi dell'articolo 111, settimo comma, Cost. le sentenze, infine, in cui il giudizio di primo grado sia ancora pendente al 4 luglio 2009, e siano quindi pubblicate successivamente a tale data, tornano ad essere appellabili, essendo stato soppresso l'ultimo periodo dell'articolo 616 cod. proc. civ., ai sensi dell'articolo 49, secondo comma, della legge 18 giugno 2009, numero 69. Principio affermato ai sensi dell'articolo 360 bis, numero 1, cod. proc. civ. da Cass. ord. numero 17321/11 . Il ricorso straordinario è perciò ammissibile. 2. Con l'unico articolato motivo, il Ministero denuncia violazione e falsa applicazione di norme di legge articolo 615 e 617 cod. proc. civ., articolo 212 e 213 del D.P.R. 30 maggio 2002 numero 115 , nonché vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 360 numeri 3 e 5 cod. proc. civ., al fine di censurare l'affermazione del giudice di merito secondo cui il legislatore, nel dettare l'articolo 212 del D.P.R. numero 115 del 2002, avrebbe implicitamente stabilito che l'obbligazione del condannato con sentenza penale di pagare allo Stato pena pecuniaria e spese processuali “ è esigibile solo il trentesimo giorno successivo alla notificazione dell'invito al pagamento dalla norma stessa previsto . ”, in quanto l’invito al pagamento determinerebbe “ .ipso iure un differimento di un mese del termine di adempimento dell'obbligazione, atteso che . manca la notificazione del titolo esecutivo o comunque di un provvedimento o atto che contenga la liquidazione della somma da pagare o che, in ogni caso, attesti il passaggio in giudicato della sentenza di condanna e quindi il debitore versa, senza sua colpa, in una situazione di incertezza . ”. Secondo il ricorrente, il giudice di merito avrebbe commesso due gravi errori di giudizio il primo, per aver identificato l'invito al pagamento con l'atto di precetto, laddove, per come emergerebbe dalla relazione al D.P.R. numero 115 del 2002, questo sarebbe sostituito dalla cartella di pagamento ed il titolo esecutivo sarebbe costituito dal ruolo esattoriale il secondo, per avere confuso la temporanea improcedibilità dell'azione esecutiva, ai sensi dell'articolo 112 del D.P.R. numero 115 del 2002, col diritto del creditore istante di agire in executivis , che comporterebbe che la violazione della prima dovrebbe essere fatta valere con opposizione agli atti esecutivi ex articolo 617 cod. proc. civ., laddove solo in caso di mancanza del secondo si potrebbe reagire con opposizione all'esecuzione ex articolo 615 cod. proc. civ Con riguardo al primo dei due dedotti errori, l'Avvocatura di Stato, in difesa del Ministero della Giustizia, deduce che l'invito al pagamento sarebbe posto a salvaguardia dell'interesse dell'erario, consentendo all'amministrazione, da un lato, di recuperare il credito erariale senza procedere agli onerosi incombenti relativi alla formazione del ruolo ove il debitore adempia spontaneamente , dall'altro di riscontrare con facilità l'eventuale irreperibilità del debitore erariale onde procedere all'annullamento del credito ex articolo 219 del D.P.R. numero 115 del 2002 che il debitore non avrebbe interesse particolare alla preliminare notificazione dell'invito, in quanto potrebbe ricavare dalla cartella esattoriale tutte le indicazioni utili per risalire alla pretesa erariale, mentre non sarebbe significativo l'”aggravio di spese” di Euro 3,10 per i diritti di notifica della cartella. Con riguardo al secondo dei due dedotti errori, l'Avvocatura deduce che l'opposizione avrebbe riguardato mere modalità della procedura esecutiva, per essere iniziata illegittimamente senza inviare l'invito al pagamento, con la conseguenza che il rimedio esperibile sarebbe quello dell'articolo 617 cod. proc. civ. e che l'opposizione, nel caso di specie, avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile perché proposta oltre il termine di cinque giorni all'epoca vigente dalle date di notificazione delle cartelle esattoriali oggetto di opposizione. 3. Le censure attinenti ai vizi di violazione di legge sono fondate per le ragioni di cui appresso. Va premesso che la riscossione mediante ruolo, nell'ambito della quale sono state proposte le opposizioni decise con la sentenza impugnata, riguarda spese processuali e pene pecuniarie, la condanna al cui pagamento è contenuta in una sentenza penale la riscossione dei crediti corrispondenti, poiché relativi ad un procedimento definito prima del 31 dicembre 2007, è regolata, ratione temporis , dagli articolo 200 e seg. del D.P.R. numero 115 del 2002. Su questo punto si è espressamente pronunciato, peraltro, il giudice a quo e la relativa statuizione non è stata censurata. In particolare, vengono all'attenzione gli articolo 211, 212 e 213 del T.U. sulle spese di giustizia ed al relativo sistema di recupero delle spese di giustizia e delle pene pecuniarie si farà appresso riferimento, malgrado tale sistema sia stato successivamente modificato. Al riguardo va precisato che non trovano applicazione, nel caso di specie, gli articolo 227 bis e 227 ter del D.P.R. numero 115 del 2002, introdotti dal d.l. 25 giugno 2008 numero 112, convertito con modifiche dalla legge 6 agosto 2008 numero 133 applicabili ai crediti dell'erario relativi a procedimenti definiti dal 1 gennaio 2008 ovvero a quelli definiti anteriormente, per i quali, alla data di entrata in vigore, non fosse stato notificato dagli uffici giudiziari l'invito al pagamento di cui all'articolo 212 del D.P.R. numero 115 del 2002 . Con l'entrata in vigore del Testo Unico di cui al D.P.R. numero 115 del 2002 è stata modificata la procedura di recupero delle spese processuali e delle pene pecuniarie già disciplinata dal codice di procedura penale e dalle relative disposizioni di attuazione, operando l'armonizzazione di tutta la normativa concernente il recupero delle spese di giustizia. Tra gli aspetti più importanti vi è stata la soppressione delle funzioni di cassa degli uffici giudiziari, con l'attribuzione definitiva al concessionario del servizio per la riscossione, cui già a far data dal 1 gennaio 1998 spettava la competenza alla riscossione bonaria e coattiva dei crediti erariali articolo 7 D.Lgvo. 327 del 1997 . Ulteriori modifiche non applicabili al caso di specie, ma significative come si dirà ai fini dell'interpretazione delle norme preesistenti, sulle quali hanno inciso , volte a spostare dagli uffici giudiziari all'agente della riscossione anche parte degli adempimenti precedenti l'avvio della riscossione, sono state apportate dal d.l. numero 112 del 2008, convertito nella legge numero 133 del 2008. Per quanto riguarda le spese processuali, il sistema di riscossione mediante ruolo come disciplinato dal T.U. numero 115 del 2002, parte VII, titolo II ”disposizioni generali per spese processuali, spese di mantenimento, pene pecuniarie, sanzioni amministrative pecuniarie e sanzioni pecuniarie processuali ” presuppone compiuti, con riferimento alle spese di cui agli articolo 4 e 5 dello stesso D.P.R. numero 115 del 2002, gli adempimenti dell'articolo 280 del medesimo T.U. tenuta e compilazione, per ogni procedimento, del foglio delle notizie ai fini del recupero del credito e annotazioni sul registro delle spese prenotate a debito e quelli successivi al passaggio in giudicato della sentenza chiusura del foglio delle notizie e trasmissione all'ufficio recupero crediti ex ufficio del campione penale, ove vi sia titolo per il recupero quindi, redazione della nota spese da parte dell'ufficio . Quanto all'ammontare delle pene pecuniarie, questo risulta dalla sentenza o dal provvedimento giurisdizionale di condanna. Nel caso di specie, come detto, si è trattato di sentenza penale di condanna. Gli adempimenti successivi al passaggio in giudicato della sentenza di competenza dell'ufficio giudiziario individuato ai sensi dell'articolo 208 sono quelli definiti dagli articolo 211 e 212 del T.U Il primo che espressamente richiama l'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997 numero 237, sulle modalità di determinazione delle entrate prevede che il funzionario addetto all'ufficio quantifichi l'importo dovuto per le spese e prenda atto degli importi stabiliti nei provvedimenti giurisdizionali per le pene pecuniarie, specificando le varie voci dell'importo complessivo e correggendo eventuali errori, d'ufficio o su istanza di parte. Viene così formata la nota spese, tenendo conto di quanto risulta dal foglio delle notizie, oltre che sulla base “ degli atti, dei registri, delle norme che individuano la somma da recuperare ”. Le somme relative vanno iscritte in apposito registro mod. 3/SG all'epoca dei fatti vigente in forma cartacea in articoli separati per ciascuna persona condannata, tenendo distinte le spese processuali dalle pene pecuniarie. L'articolo 212 prevede che, entro un mese dal passaggio in giudicato, o dalla definitività del provvedimento da cui sorge l'obbligo al pagamento, deve essere notificato al debitore l'invito al pagamento dell'importo dovuto con allegato il modello di pagamento mod. F23 debitamente precompilato, con l'espresso avvertimento che si procederà ad iscrizione a ruolo in caso di mancato pagamento entro il termine di trenta giorni e con la richiesta al debitore di depositare la ricevuta di versamento entro dieci giorni dall'avvenuto pagamento. Quindi, l'attività di riscossione delle partite di credito iscritte nel registro dei crediti da recuperare e delle successive vicende del credito è preceduta dalla notifica dell'invito al pagamento, ai sensi dell'articolo 212 T.U., col quale, tra l'altro, i debitori vengono informati degli effetti connessi al mancato e tempestivo versamento di quanto dovuto. L'articolo 213 prevede che, decorso inutilmente il termine per il pagamento compresi i dieci giorni necessari per il deposito della ricevuta di pagamento , l'ufficio procede all'iscrizione a ruolo. Quindi la documentazione richieste al debitore regolarmente notificate ed estratto del titolo viene trasmessa al concessionario competente per territorio che, una volta che il ruolo sia stato reso esecutivo dall'ufficio, avvia la riscossione coattiva, previa notificazione della cartella di pagamento. 3.1. Il motivo di opposizione accolto dal Tribunale di Pavia è quello col quale gli opponenti hanno lamentato di non aver ricevuto, con riferimento ai crediti vantati dall'erario per spese di giustizia e per pene pecuniarie, l'invito al pagamento di cui all'articolo 212 citato, essendo stati destinatari soltanto della notificazione delle quattro cartelle di pagamento oggetto di opposizione. Il Tribunale di Pavia ha qualificato quest'ultima come opposizione all'esecuzione ed ha pertanto rigettato l'eccezione di tardività formulata dall'Avvocatura di Stato, con riferimento all'articolo 617 cod. proc. civ., per essere stata proposta con atti di citazione notificati oltre il termine di cinque giorni all'epoca vigente decorrente dalle date di notificazione delle cartelle esattoriali. Il giudice di merito ha ritenuto, in un primo passaggio della motivazione, che l'invito al pagamento “ equivale sostanzialmente a un atto di precetto ” e come tale deve essere notificato personalmente al debitore ai sensi degli articolo 137 e seg. cod. proc. civ Lo stesso giudice è tuttavia andato ben oltre tale iniziale affermazione, sostenendo che “ a differenza dell'atto di precetto e di qualunque atto di costituzione in mora ” l'invito al pagamento comporterebbe “ il differimento di un mese del termine di adempimento dell'obbligazione ” e sarebbe condizione di esigibilità di tale obbligazione, come sarebbe dimostrato dal fatto che, per il combinato disposto degli articolo 212 e 213 su menzionati, il cancelliere non può dare inizio alla procedura di riscossione coattiva prima che sia decorso il termine di un mese e dieci giorni dalla notificazione dell'invito al pagamento. Ne seguirebbe, secondo il Tribunale di Pavia, che, in mancanza della notificazione dell'invito al pagamento, l'obbligazione pecuniaria non sarebbe esigibile e quindi farebbe difetto il diritto dell'Amministrazione di procedere all'esecuzione forzata. 4. Il collegio ritiene che nessuna delle due qualificazioni dell'invito al pagamento sia corretta in diritto. L'invito al pagamento precede l'attività di riscossione mediante ruolo e non può essere in alcun modo equiparato all'atto di precetto. Anzi, esso, secondo le norme del T.U. numero 115 del 2002, sopra riportate e salve le modifiche di cui si dirà , precede addirittura l'iscrizione a ruolo ed è di competenza dell'ufficio giudiziario, cioè dell'ufficio dell'ente creditore. Compete a quest'ultimo anche il ruolo che, reso esecutivo dallo stesso ufficio giudiziario, tiene luogo del titolo esecutivo. Invece, la procedura di riscossione è di competenza del concessionario del servizio di riscossione essa è preceduta dalla notificazione della cartella di pagamento, che tiene luogo del precetto di pagamento quindi, nel caso di mancato pagamento dell'importo indicato nella cartella, si avvia la riscossione coattiva. Deve perciò escludersi che l'invito al pagamento, così come previsto e regolato dall'articolo 212 del T.U. delle spese di giustizia, sia un atto della procedura di riscossione ovvero un atto a questa prodromico, alla stregua dell'atto di precetto. 4.1. Esso, peraltro, non comporta nemmeno il differimento di un mese del termine per adempiere l'obbligazione pecuniaria nei confronti dell'erario, nel senso sostenuto dalla sentenza impugnata che questa non sarebbe esigibile se non decorsi trenta giorni dalla notificazione dell'invito al pagamento. Ed, invero, l'obbligazione di pagamento delle spese processuali e delle pene pecuniarie è certa, liquida ed esigibile sin dalla data del passaggio in giudicato o della definitività del provvedimento da cui sorge l'obbligo arg. ex articolo 212, comma primo e il debitore vi può adempiere spontaneamente anche prima della ricezione dell'invito a pagamento mediante versamento volontario con utilizzazione del modello F 23 . L'invito al pagamento costituisce un invito bonario ad adempiere, in forza del quale viene concessa una dilazione fino a trenta giorni per consentire al debitore di provvedere, con un ulteriore termine di dieci giorni per il deposito della ricevuta relativa al medesimo modello F23 , in modo che il debitore non sia considerato in mora per tutto detto periodo. Pertanto, se pure può essere vero che, come sostenuto dall'Avvocatura, l'invito al pagamento, nella vigenza della disciplina in esame oggi sul punto significativamente modificata , potesse salvaguardare anche determinati interessi dell'erario in particolare, l'interesse ad evitare all'Amministrazione la dispendiosa attività di formazione del ruolo e l'interesse a riscontrare l'eventuale irreperibilità del debitore , esso è comunque un adempimento posto nel prevalente interesse del debitore, in quanto gli consente di beneficiare di un ulteriore termine di trenta giorni per provvedere al pagamento, senza incorrere nella mora debendi e senza che possa darsi avvio alla procedura di riscossione coattiva. Piuttosto che una condizione di esigibilità del credito da parte dell'erario, l'invito al pagamento costituisce una condizione di procedibilità della riscossione mediante ruoli. 5. Nel sistema originario del D.P.R. numero 115 del 2002, infatti, la previa notificazione dell'invito al pagamento è prevista come obbligatoria, tale cioè che, ai sensi dell'articolo 213, l'ufficio possa procedere all'iscrizione a ruolo solo una volta che sia “ scaduto il termine per l'adempimento, computato dall’avvenuta notifica dell'invito al pagamento e decorsi i dieci giorni per il deposito della ricevuta di versamento” . Il collegio ritiene che il combinato disposto degli articolo 212 e 213 del T.U. debba essere letto nel senso della temporanea improcedibilità dell'azione esecutiva fintantoché l'invito al pagamento non venga notificato e non siano decorsi i due termini anzidetti con la conseguenza che la sua omissione non costituisce, nel sistema delineato dal D.P.R. numero 115 del 2002, una mera irregolarità, inidonea ad inficiare la successiva procedura di riscossione coattiva come, invece, si è di recente ritenuto per la diversa ipotesi dell'invito al pagamento previsto dall'articolo 2 del decreto legislativo numero 462 del 1997 cfr. Cass., sez. V, numero 3366/13 , ma un adempimento prescritto per il regolare avvio di detta procedura. Il termine ad adempiere assegnato con l'invito al pagamento svolge una funzione analoga a quella che l'articolo 482 cod. proc. civ. assegna al termine fissato nell'atto di precetto, nel senso che l'esecuzione forzata non possa essere legittimamente avviata prima che esso sia decorso solo che poiché un ulteriore termine per l'adempimento è assegnato anche con la cartella di pagamento, che, come detto, tiene luogo del precetto si ha, prima dell'avvio della riscossione, un termine dilatorio più ampio in favore del debitore. La notificazione dell'invito al pagamento, per le medesime ragioni sopra esposte, non riguarda l' an dell'azione esecutiva, quasi che, in mancanza di invito bonario, debba ritenersi come erroneamente ha ritenuto il giudice a quo che venga meno il diritto dell'Amministrazione di riscuotere coattivamente il proprio credito. Quest'ultimo sussiste in capo all'erario per il fatto che sia passato in giudicato o divenuto definitivo il provvedimento di condanna al pagamento delle pene pecuniarie e delle spese processuali. Né rileva, come sostenuto nella sentenza, che, mentre l'ammontare delle prime risulta dalla sentenza o dal provvedimento giudiziale , le seconde debbano, invece, essere complessivamente quantificate dall'ufficio giudiziario. In effetti, il funzionario competente procede, ai sensi dell'articolo 211 del T.U., a determinare l'importo complessivamente dovuto, tenendo conto dei provvedimenti di liquidazione già emessi dagli organi giudiziari competenti e già noti al condannato, comunque risultanti dal foglio notizie e dai registri, nonché degli importi forfettari pre-determinati per le spese ripetibili relative a ciascun grado o fase del processo cfr. articolo 204-205-206 del T.U. . Si tratta, quindi, del mero calcolo di quanto complessivamente dovuto sulla base degli atti e delle norme, di modo che il credito dell'erario, che è già certo ed esigibile, viene ad essere, dopo la redazione della nota spese, anche esattamente determinato nel suo ammontare. Tuttavia, la notificazione dell'invito al pagamento presuppone compiuta tale attività ed esistente il diritto dell'erario di procedere alla riscossione del credito. È perciò errata la sentenza impugnata che ha ritenuto che la relativa omissione impedisca il sorgere di tale diritto. 5.1. Riscontro normativo della conclusione appena raggiunta in punto di sussistenza del diritto dell'Amministrazione della giustizia a procedere coattivamente, a prescindere dall'emissione e/o dalla notificazione dell'invito al pagamento, si rinviene nell'evoluzione che il sistema di riscossione mediante ruolo delle spese processuali e pene pecuniarie ha avuto a seguito dell'entrata in vigore degli articolo 221-bis “ Quantificazione dell'importo dovuto ” , che rinvia al precedente articolo 211, e 227 ter “ Riscossione a mezzo ruolo ” , introdotti dal d.l. numero 112 del 2008, convertito nella legge numero 133 del 2008. Questa seconda norma prevede “ Entro un mese dal passaggio in giudicato o dalla definitività del provvedimento da cui sorge l'obbligo, l'ufficio procede all'iscrizione a ruolo. L'agente della riscossione notifica al debitore una comunicazione con l'intimazione a pagare l'importo dovuto nel termine di un mese e contestuale cartella di pagamento contenente l’intimazione ad adempiere entro il termine di giorni venti successivi alla scadenza del termine di cui alla comunicazione con l'avvertenza che in mancanza si procederà ad esecuzione forzata. Se il ruolo è ripartito in più rate, l'intimazione ad adempiere contenuta nella cartella di pagamento produce effetti relativamente a tutte le rate” . Quindi, nel sistema attuale, gli uffici giudiziari recuperano le somme derivanti da provvedimenti divenuti esecutivi procedendo direttamente, dopo l'iscrizione delle stesse sul registro, alla formazione ed alla trasmissione dei ruoli, senza effettuare nessuna richiesta bonaria di pagamento al debitore, essendo tale adempimento demandato all'agente della riscossione, che vi provvede con un'intimazione a pagare comunicata unitamente alla cartella di pagamento. Si ha così conferma del fatto che l'invito al pagamento oggi l'intimazione a pagare nel termine di un mese costituisce un adempimento richiesto per la regolarità formale della procedura, cioè inerente al quomodo dell'azione esecutiva esattoriale adempimento, in passato riservato all'ufficio creditore, oggi all'agente della riscossione. E ciò in ragione del fatto che il primo emette il titolo esecutivo, mediante l'iscrizione a ruolo, nel presupposto appunto della sussistenza del suo diritto di procedere esecutivamente, prima ed indipendentemente da detta intimazione. 6. Dato quanto sopra, per individuare il rimedio esperibile dal debitore che lamenti l'omessa notificazione dell'invito al pagamento ai sensi dell'articolo 212 del D.P.R. numero 115 del 2002, è sufficiente ribadire che il criterio distintivo fra l'opposizione all'esecuzione e l'opposizione agli atti esecutivi si individua considerando che, con la prima, si contesta l' an dell'esecuzione, cioè il diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo ovvero nell'esecuzione per espropriazione della pignorabilità dei beni, mentre, con la seconda, si contesta solo la legittimità dello svolgimento dell'azione esecutiva attraverso il processo, deducendosi l'esistenza di vizi formali degli atti compiuti o dei provvedimenti adottati nel corso del processo esecutivo e di quelli preliminari all'azione esecutiva così Cass. numero 16262/05, nonché già Cass. numero 15561/01 e numerose altre, tra cui, da ultimo, Cass. numero 20989/12 . Pertanto, il motivo di opposizione oggetto della sentenza impugnata avrebbe dovuto essere ricondotto all'opposizione agli atti esecutivi ex articolo 617 cod. proc. civ Quest'ultima è applicabile al procedimento di riscossione in oggetto per il richiamo che l'articolo 226 del T.U. sulle spese di giustizia fa all'articolo 57, comma secondo, del D.P.R. 29 settembre 1973 numero 602. Peraltro, l'affermazione della competenza del giudice civile per l'opposizione all'esecuzione ed agli atti esecutivi, in tema di recupero delle spese anticipate dallo Stato nell'ambito dei procedimenti penali è già presente in numerosi precedenti di questa Corte Cass. civ. numero 1189/97, numero 8471/99, numero 21841/05, numero 23387/11, nonché Cass. penumero numero 19547/04, numero 30737/07, numero 45773/08, tra le altre ed, ancora, Cass. S.U. numero 491/11 . In conclusione, va affermato il principio di diritto per il quale, in materia di riscossione mediante ruolo delle spese processuali e delle pene pecuniarie relative a sentenza penale di condanna emessa in procedimenti definiti prima del 1 gennaio 2008, l'omissione della notificazione dell'invito al pagamento, previsto dall'articolo 212 del D.P.R. 30 maggio 2002 numero 115, anteriormente all'iscrizione a ruolo determina un'irregolarità formale dell'attività di riscossione che può essere fatta valere dal debitore con opposizione agli atti esecutivi ai sensi degli articolo 617 cod. proc. civ. e 226 del D.P.R. 30 maggio 2002 numero 115 nel termine fissato dalla prima norma, decorrente dalla data di notificazione della cartella di pagamento. In applicazione di questo principio, va accolto il ricorso del Ministero della Giustizia e va cassata la sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa, Corte decide nel merito ai sensi dell'articolo 384, comma secondo, cod. proc. civ Risulta infatti già dalla sentenza impugnata che le cartelle di pagamento opposte con atti di citazione notificati il 22 maggio 2004 e il 14 dicembre 2004 vennero notificate rispettivamente nelle date del 6 e dell'8 marzo 2004 le prime due e nella stessa data dell'8 marzo 2004 le ultime due. Poiché il termine per proporre l'opposizione ex articolo 617 cod. proc. civ. era all'epoca di cinque giorni e la decorrenza va fissata nelle date di notificazione delle cartelle di pagamento, non può che concludersi nel senso della dichiarazione di inammissibilità delle due opposizioni proposte da M M. e L S. con gli atti di citazione anzidetti. La novità e la peculiarità delle questioni trattate rende di giustizia la compensazione delle spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibili le opposizioni agli atti esecutivi proposte da M M. e L S. , con atti di citazione notificati il 22 maggio 2004 ed il 14 dicembre 2004, avverso le cartelle di pagamento dell'importo di Euro 25.810,57 ciascuna, notificate rispettivamente al M. il 6 marzo 2004 ed alla S. l'8 marzo 2004, nonché avverso le cartelle di pagamento dell'importo di Euro 31.053,62 notificata al M. l'8 marzo 2004 e dell'importo di Euro 7.296,61 notificata alla S. l'8 marzo 2004. Compensa le spese dell'intero giudizio.