L’obbligo di verifica dell’esistenza dei presupposti processuali e delle condizioni dell’azione sancite dal nostro ordinamento riguarda un incontestato principio generale che non riguarda gli accertamenti da compiere in concreto.
Il caso. La controversia al centro della fattispecie in questione riguarda la richiesta di efficacia di alcune sentenze emesse dal Tribunale di Lubiana e di Zagabria nei confronti di una banca slovena. Occorre premettere che con legge costituzionale in Slovenia era stata creata una banca cui erano state trasferite le poste attive di un precedente istituto di credito. Alcuni creditori, nell’istaurare il giudizio, sostenevano di aver sollecitato l’accertamento della circostanza che la filiale italiana di Milano della vecchia banca non era tuttavia stata incorporata nel nuovo istituto di credito, e quindi, per tale ragione, aveva continuato ad essere una filiale della prima, giustificando la competenza della Corte di Appello di Trieste. Di conseguenza, gli attori domandavano di eseguire le sentenze per la realizzazione coattiva di beni e crediti della suddetta filiale milanese, ai sensi dell’articolo 67, l. numero 218/1995. Invece, entrambe le banche convenute eccepivano l’incompetenza territoriale, sostenendo che la filiale di Trieste non sarebbe appartenuta alla nuova banca, ma continuasse a far parte del vecchio istituto di credito. La Corte di appello rigettava la domanda rilevando, tra l’altro, l’inammissibilità della domanda proposta contro la vecchia banca per mancanza di interesse. Il giudice di seconde cure riteneva, infatti, che in Italia non ci sarebbero stati beni suscettibili di esecuzione. Per le Sezioni Unite sussiste comunque la giurisdizione italiana. La questione giungeva dunque in Cassazione, dove le Sezioni Unite Cass. numero 22663/2006 affermavano che nel giudizio di riconoscimento di sentenze straniere in Italia, quando si renda necessario procedere ad esecuzione forzata per la loro attuazione, sussiste la giurisdizione del giudice italiano anche se all’attualità manchino in Italia beni da sottoporre all’esecuzione, e la corte d’appello, data la natura ed i limiti di tale giudizio, deve limitarsi ad accertare, al fine di pronunciare il riconoscimento, la sussistenza dei soli requisiti per il riconoscimento automatico di cui all’articolo 64, l. numero 218/1995, rimanendo estranea a tale giudizio ogni altra questione in merito alla titolarità dei beni che l’attore intenda sottoporre ad esecuzione. Infatti, la presenza o assenza di beni in Italia da sottoporre al procedimento esecutivo non rappresenta un elemento il cui accertamento competa al giudice della delibazione della sentenza straniera. Né il medesimo giudice può accertare incidentalmente se certi beni appartengano al soggetto condannato nella sentenza straniera al pagamento di una somma. La mancanza di esecutorietà sarebbe stata irrilevante in ogni caso. La Corte di Appello di Trieste, cui la sentenza era stata rinviata dalle Sezioni Unite, dichiarava quindi efficaci nell’ordinamento italiano, le sentenze slovene e croate, evidenziando che il carattere chiuso del giudizio di rinvio avrebbe tuttavia impedito la valutazione di questioni non considerate nel precedente giudizio di legittimità dinnanzi alla Suprema Corte. Di conseguenza, aggiungeva, non sarebbe stata valutabile l’eccezione di carenza di esecutorietà della sentenza. Tuttavia, la Corte di Appello precisava che in ogni caso il difetto di esecutorietà sarebbe stato irrilevante. Infatti, in primo luogo il riconoscimento della sentenza straniera presupporrebbe esclusivamente il passaggio in giudicato della decisione, che, nel caso in specie, si sarebbe realizzato. Inoltre, l’articolo della la legge costituzionale slovena in base alla quale sarebbe stata dichiarata la sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento, sarebbe stato dichiarato incostituzionale. Nuovamente in Cassazione difetto di legittimazione? La questione ritornava quindi nuovamente dinnanzi alla Suprema Corte, su ricorso della banca slovena neocreata, il quale si concentra su una duplice questione di legittimazione il presunto difetto di legittimazione attiva di uno degli attori e la affermata carenza della propria legittimazione passiva. In particolare, infatti, l’istituto di credito sloveno denuncia che le procure rilasciate dai pretesi creditori della banca convenuta in favore di uno degli attori non sarebbero stati sufficienti a integrare i requisiti richiesti dall’articolo 77 c.p.c., il quale esige che il potere stare in giudizio deve essere conferito espressamene per iscritto al procuratore generale e a quello preposto a determinati affari, tranne che per gli atti urgenti e per le misure cautelari. Di conseguenza, secondo il ricorso presentato dalla banca slovena, il procedimento, essendo stato riassunto da un soggetto privo dei relativi poteri di rappresentanza, avrebbe dovuto essere dichiarato estinto. In aggiunta a ciò l’istituto di credito ricorrente ritiene che il giudice di seconde cure non si sia uniformato al suddetto principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, secondo il quale il giudicante, nel giudizio di riconoscimento di sentenze straniere in Italia, ha l’obbligo preliminare di verificare l’esistenza della legittimazione attiva e passiva delle parti. La verifica della legittimazione non spetta al giudice che deve riconoscere la sentenza . La Cassazione, nel rigettare il ricorso, osserva che la questione della legittimazione attiva non era stata prospettata nel precedente grado di merito, e dunque, di conseguenza, la legittimazione doveva ritenersi implicitamente affermata dal giudice di legittimità, senza poter essere oggetto di ulteriore valutazione in sede di giudizio di rinvio. Inoltre, per quanto concerne il presunto obbligo di verifica sull’esistenza dei presupposti processuali e delle condizioni dell’azione contenuto nel principio di diritto delle Sezioni Unite, la Suprema Corte sostiene che tale principio non sia demandato al giudice del rinvio, ma che riguardi un generale principio dell’ordinamento, richiamato con riferimento a quanto accaduto in precedenza. In ogni caso la Cassazione, ha valutato i profili di legittimazione passiva delle banche convenute, considerando implicitamente sussistente e incontestabile la legittimazione attiva del rappresentante dei creditori. In relazione alla affermata carenza della legittimazione passiva in capo all’istituto di credito medesimo, la ricorrente lamentava tale difetto fondandolo sull’assunto secondo il quale le sentenze di cui era stata richiesta l’esecuzione sarebbero state rese nei confronti di un ente bancario, ossia il vecchio istituto di credito, che in base al diritto straniero rappresenta un soggetto giuridico distinto e autonomo rispetto alla ricorrente. La Suprema Corte richiama, ancora una volta la decisione delle Sezioni Unite, evidenziando come dall’esame della sentenza in sede di legittimità, come anche dall’esposizione di fatto contenuta nella pronuncia della Corte di Appello in sede di rinvio, si deduce che la banca ricorrente non avesse mosso alcuna riserva relativa al profilo della legittimazione passiva. Inoltre, la stessa Cassazione nel precedente giudizio statuendo sull’ammissibilità della domanda fatta valere a carico del medesimo istituto di credito, aveva implicitamente accertato la legittimazione passiva. Il giudice del riconoscimento deve solo verificare i requisiti dell’articolo 64 L. 218/1995 . In conclusione, si riafferma come al fine di riconoscere le sentenze straniere in Italia, il giudice deve limitarsi ad accertare la competenza, il rispetto delle regole del contraddittorio, l’eventuale passaggio in giudicato e la non contrarietà ad altra sentenza divenuta definitiva, le regole della litispendenza, nonché il rispetto dell’ordine pubblico.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 16 ottobre - 19 novembre 2012, numero 20237 Presidente Luccioli – Relatore Piccininni Svolgimento del processo Con atto di citazione del 23.12.2002 e del 6.5.2003 B.V. , quale rappresentante e procuratore di R.B. , Br.Go. , M.S. , S.D. , D.D. , K.D. , M.D. -V. conveniva in giudizio davanti alla Corte di Appello di Trieste la Ljubljanska Banka, filiale di xxxxxxx, corrente sotto il nome di Nova Ljubljanska Banka, la Ljubljanska Banka corrente in omissis , la Nova Ljubljanska Banka corrente in OMISSIS , per sentir dichiarare l'efficacia delle sentenze numero 83/95, resa dal Tribunale di Ljubljana nella causa di R.B. contro la Ljubljanska Banka, numero 1345/95, resa dal Tribunale di Zagabria nella causa tra Br.Go. e la Ljubljanska Banka, nnumero 1881/92 e 4397/94, rese dal Tribunale di Zagabria nella cause tra D.S. e K.D. contro la Ljubljanska Banka, numero 7579/199, resa dal Tribunale di Zagabria nella causa tra M.D. e la Ljublianska Banka. In particolare gli attori, dopo aver premesso che con legge costituzionale era stata creata la Nova Ljubljanska Banka, cui erano state trasferite le poste attive della Ljubljanska Banka, ed aver preliminarmente sollecitato l'accertamento del fatto che la filiale italiana di Ljubljanska Banka corrente in Milano alla data di promulgazione - 27.7.1994 - della legge costituzionale slovena e quindi trasferita a Trieste non era stata incorporata dalla Nova Ljubljanska Banka ed aveva quindi per tale ragione continuato ad essere una filiale della Ljubljanska Banka, chiedevano di mettere in esecuzione le sopra indicate sentenze, per la realizzazione coattiva di beni e crediti della detta filiale. Si costituivano in giudizio la Ljubljanska Banka e la Nova Ljubljanska Banka, che eccepivano l'inammissibilità della domanda - perché mirante a pronunzie sottratte alla competenza della Corte di Appello - l'incompetenza territoriale di quest'ultima, atteso che la filiale di Trieste non sarebbe appartenuta alla Nova Ljubljanska Banka, la carenza di giurisdizione della Corte di Appello di Trieste. Quest'ultima rigettava la domanda, segnatamente escludendo la legittimazione passiva della Nova Ljubljanska Banka e della sua filiale di Trieste,, rilevando l'inammissibilità di quella proposta contro la Ljubljanska Banka, per mancanza di interesse derivante dal fatto che in Italia non vi sarebbero stati beni suscettibili di esecuzione, ritenendo comunque inammissibili le altre domande, perché estranee al giudizio di riconoscimento di sentenze straniere. La sentenza, impugnata dagli originari attori, veniva quindi cassata da questa Corte comma 06/22663 con pronuncia emessa a sezioni unite. Ne discendeva conseguentemente il rinvio alla medesima Corte di Appello, con invito ad uniformare l'emananda decisione al formulato principio di diritto, secondo il quale quando come nella specie in sede di riconoscimento di sentenze straniere si renda necessario procedere ad esecuzione per la relativa attuazione, sussiste la giurisdizione italiana anche nel caso di mancanza di beni da sottoporre ad esecuzione, sicché il giudice deve limitare l'accertamento alla verifica dell'esistenza dei requisiti per il riconoscimento automatico di cui all'articolo 64 L. 218/95. La Corte di Appello di Trieste, all'esito del giudizio riassunto dagli originari attori, dichiarava l'efficacia in Italia delle sentenze di cui era stato sollecitato il riconoscimento, osservando in particolare, sulle diverse questioni sottoposte al suo esame, che il carattere chiuso del giudizio di rinvio avrebbe precluso l'esame di questioni non considerate nel precedente giudizio di legittimità che pertanto non sarebbe stata valutabile l'eccezione di carenza di legittimazione attiva di B.V. che la rappresentanza processuale del V. , che sarebbe stata revocata da M.D. -V. mancando tuttavia la prova della conoscenza, da parte dell'interessato dell'intervenuta revoca della procura , sopravviverebbe all'estinzione della rappresentanza sostanziale, non inciderebbe sull'attività svolta e spiegherebbe i suoi effetti esclusivamente nei rapporti interni che comunque la conoscenza successiva della revoca non avrebbe dato luogo ad una carenza di legittimazione, perché il potere attribuito al procuratore sarebbe conferito dalla legge processuale e per di più l'attività svolta, sarebbe stata successivamente ratificata dalla D. -V. che l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla Ljubjanska Banka sarebbe stata priva di pregio, atteso che le sentenze in questione sarebbero state pronunciate contro la Ljubjanska Banka, mentre la filiale o la succursale di una banca non rappresenterebbero un soggetto giuridico autonomo che il preteso difetto di esecutorietà della sentenza resa a favore di R.B. sarebbe stato in ogni modo irrilevante, sotto il duplice aspetto a che il riconoscimento della sentenza straniera presupporrebbe soltanto il passaggio in giudicato della decisione, esito che nella specie si sarebbe verificato b l'articolo 23 della legge della Repubblica Slovena emanata in data 6.3.2006, sulla cui base sarebbe stata dichiarata la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento, sarebbe stato dichiarato incostituzionale. Avverso la decisione la Ljubljanska Banka ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui non hanno resistito gli intimati. La controversia veniva quindi decisa all'esito dell'udienza pubblica del 16.10.2012. Motivi della decisione Con i due motivi di impugnazione la Ljubjanska Banka ha rispettivamente denunciato 1 violazione degli articolo 384, 112, 392, 393, 307, 394, 75, 77, 82, 83, 84 c.p.c., 1724, 1729, 1396 c.c., nonché vizio di motivazione, con riferimento all'omesso esame dell'eccezione di difetto di legittimazione attiva di V. in particolare con riferimento alla posizione di D. -V. , che avrebbe addirittura revocato la procura , dalla cui rilevazione sarebbe discesa la tardività della riassunzione. Nel merito poi il potere di rappresentanza conferito a V. avrebbe avuto una valenza prettamente processuale, invece che sostanziale. Tale conclusione sarebbe stata inoltre ulteriormente confortata dall'esame della posizione di D. -V. , rispetto alla quale la revoca della procura sarebbe divenuta efficace prima dell'intervenuta riassunzione del giudizio. 2 violazione degli articolo 384 c.p.c., 67, 25 L. 218/95, nonché vizio di motivazione, con riferimento al mancato accoglimento dell'eccezione di difetto di legittimazione formulata da essa ricorrente. La Corte territoriale avrebbe infatti errato nel ritenere che le sentenze in questione fossero state emesse nei confronti della Ljubljanska Banka, ed avrebbe altresì errato nel decidere sulla natura giuridica dell'ente applicando a tal fine la legge italiana, anziché quella dello Stato in cui si era perfezionato il relativo procedimento di costituzione. Ad identiche conclusioni si dovrebbe comunque pervenire anche ove applicata la legge italiana per la finalità indicata, poiché il diritto di credito derivante da un rapporto intercorso con la filiale straniera di una banca non potrebbe essere esercitato nei confronti della sede centrale, se situata in altro Stato. Osserva il Collegio che con i due motivi di impugnazione la ricorrente ha posto una duplice questione di legittimazione, una prima avente ad oggetto il difetto di legittimazione attiva di V. , ed una seconda relativa alla carenza della propria legittimazione. Più precisamente, quanto al primo aspetto, denunciato con il primo motivo di ricorso, la censura è incentrata sul fatto che le procure rilasciate dai pretesi creditori della banca convenuta in favore di V. non avrebbero soddisfatto i requisiti previsti dall'articolo 77 c.p.c., circostanza questa che avrebbe determinato l'estinzione del giudizio, poiché riassunto da soggetto privo dei relativi poteri. Per di più la contestata decisione della Corte di Appello sarebbe connotata da ulteriori profili di erroneità, perché la Corte non avrebbe dato risposta all'eccezione relativa al preteso difetto di procura, avrebbe omesso di operare la prescritta verifica di ufficio sul punto, non si sarebbe infine uniformata al principio di diritto enucleato da questa Corte, che avrebbe individuato l'obbligo del giudicante di dare corso ad una preventiva verifica in ordine all' esistenza della legittimazione attiva e passiva delle parti . La censura è infondata. In proposito si osserva infatti che dalla lettura della citata sentenza numero 06/22663 di questa Corte si evince che nel precedente grado di merito le questioni prospettate dalle convenute avevano riguardato il preteso stravolgimento della funzione del procedimento di riconoscimento di sentenze straniere , l'insussistenza della giurisdizione del giudice italiano, l'incompetenza territoriale del giudice adito, la carenza di legittimazione passiva della Nova Ljublianska Banka p. 6 , rimanendo dunque esclusa, dall'ambito delle contestazioni sollevate, quella relativa alla legittimazione del V. . Neanche questa Corte, che pur aveva trattato diffusamente la questione concernente la legittimazione passiva dei soggetti evocati in giudizio, ha prestato alcuna attenzione al problema relativo alla legittimazione del V. , circostanza da cui discende che, presupponendo sul piano logico la disposta cassazione con rinvio della sentenza impugnata per la delibazione della domanda proposta nei confronti della Ljubljanska Banka dichiarata inammissibile dalla Corte territoriale per mancanza di interesse la legittimazione degli attori, questa sia stata implicitamente affermata dal giudice di legittimità, e non possa quindi essere oggetto di ulteriore sindacato in sede di giudizio di rinvio. Né vale in senso contrario il richiamato riferimento all'obbligo di verifica in ordine all' esistenza dei presupposti processuali e delle condizioni dell'azione sancite dal nostro ordinamento, e, pertanto, l'esistenza della legittimazione attiva e passiva delle parti pp. 11, 12 , contenuto nella citata sentenza di cassazione numero 22663, atteso che è agevole considerare in proposito che non si tratta di un principio di diritto demandato al giudice del rinvio perché ad esso conformi la sua decisione che l'affermazione riguarda un incontestato principio sancito dal nostro ordinamento, richiamato in via generale con riferimento al pregresso e non già agli accertamenti da compiere nel futuro che alla riferita affermazione di principio il giudice di legittimità ha fatto seguito prendendo in esame i profili di legittimazione passiva delle banche evocate in giudizio, così implicitamente ritenendo sussistente, incontestata e incontestabile la legittimazione del rappresentante dei creditori che avevano dato causa all'instaurazione del giudizio. Qualche ulteriore considerazione va infine svolta, per quanto concerne la posizione di M.D.V. , rispetto alla quale il difetto di legittimazione è stato invocato poiché vi sarebbe stata revoca della procura originariamente rilasciata. Anche tale rilievo risulta tuttavia inconsistente, innanzitutto per il fatto che la revoca sarebbe intervenuta con lettera del 10.1.2006 prima della pubblicazione della sentenza numero 22663 di questa Corte risalente al 23.10.2006 , sicché la posizione della D.V. appare del tutto uguale a quella degli altri creditori promotori del presente giudizio. Inoltre la Corte di Appello, cui erano state sostanzialmente sottoposte le medesime questioni, non le aveva ritenute meritevoli di accoglimento per diverse ragioni così individuate a ai sensi della vigente legge processuale il difensore in un giudizio civile conserverebbe i poteri legati alla sua attività defensionale fino alla sua eventuale sostituzione b non vi sarebbe prova che il soggetto revocato avesse avuto conoscenza dell'atto di revoca c ogni discussione sul punto sarebbe comunque priva di pregio, atteso che sarebbe intervenuta ratifica dell'operato del rappresentante con la conferma dei suoi poteri dichiarazione della D.V. , depositata all'udienza del 17.9.2008 . Tali rilievi segnatamente quelli sub b e c non sono stati contestati in punto di fatto dalla banca ricorrente, che al riguardo si è limitata a riferire di aver ricevuto la comunicazione dell'atto di revoca, e quindi a prospettare una circostanza inidonea a contrastare adeguatamente le articolate deduzioni svolte dalla Corte di Appello. Nel merito poi le diverse argomentazioni di quest'ultimo giudice risultano condivisibili, soprattutto in relazione alla sostanzialmente affermata irrilevanza dei rapporti interni fra le parti, rispetto a quelli esterni esteriorizzati nell'ambito di un giudizio civile comma 10/17649, comma 99/175 , e all'intervenuta ratifica dell'operato del rappresentante. Considerazioni in parte analoghe a quelle finora svolte a proposito della pretesa carenza di legittimazione attiva dell'originario attore valgono poi per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, con il quale la Ljubljanska Banka ha sostenuto il proprio difetto di legittimazione, per la ragione che le sentenze di cui era stata sollecitata l'esecuzione sarebbero state rese nei confronti di un ente bancario che in base al diritto straniero applicabile rappresenta un soggetto giuridico distinto ed autonomo rispetto all'odierna ricorrente p. 34 . Ed invero, premesso che dall'esame della sentenza numero 22663 del 2006 di questa Corte, oltre che dalla successiva esposizione in fatto risultante dalla sentenza emessa dalla Corte di Appello in sede di rinvio, si evince che la Ljubljanska Banka non aveva in precedenza sollevato alcuna riserva al riguardo, va osservato che a questa Corte nel precedente giudizio era stata espressamente sottoposta la questione relativa alla legittimazione passiva degli originari convenuti Riteneva la Corte che non sussisteva la legittimazione passiva della Nova Ljubljanska Banka e della sua filiale di xxxxxxx che la domanda degli attori nei confronti di Ljubljanska Banka era inammissibile per mancanza di interesse , p. 6 , questione esplicitamente risolta in senso negativo sia per la Nova Ljubljanska Banka con sede in xxxxxxx che per la filiale di xxxxxxx p. 12 e implicitamente in senso positivo per la Ljubljanska Banka, rispetto alla quale la domanda fatta valere a suo carico è stata dichiarata ammissibile e fondata nella parte in cui ne era stata contestata l'affermata inammissibilità per mancanza di interesse , con statuizione quindi che fisiologicamente presuppone un accertamento in ordine alla legittimazione e che fra l'altro non risulta essere stata specificamente contestata nel passaggio motivazionale sopra riportato. Conclusivamente il ricorso deve essere dunque rigettato, mentre nulla va disposto in ordine alle spese processuali poiché gli intimati non hanno svolto attività difensiva. P.Q.M. Rigetta il ricorso.