Pensione di reversibilità riconoscibile se il giudice verifica l’inabilità al lavoro del figlio

L’accertamento del requisito dell’inabilità, richiesto ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità ai figli superstiti del lavoratore o del pensionato, deve essere operato secondo un criterio concreto, cioè avendo riguardo al possibile impiego delle eventuali energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità ed alle generali attitudini del soggetto

Lo afferma la Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 11966, depositata il 9 giugno 2015. Il caso. Un uomo agiva per il riconoscimento del diritto alla reversibilità della pensione di inabilità goduta dalla madre convivente deceduta, negato dall’INPS per insussistenza del requisito dello stato di inabilità. L’INPS, costituendosi in giudizio, eccepiva l’insussistenza del requisito dell’inabilità al momento del decesso della congiunta e del requisito della vivenza a carico. In primo grado, i giudici respingevano la domanda, ritenendo l’istante inabile in base ad altra sentenza prodotta dall’uomo, con cui gli era stato attribuito l’assegno di invalidità civile ma insussistente il requisito della vivenza a carico. In seguito ad appello proposto dall’istante, la Corte d’appello di Campobasso riconosceva il suo diritto alla pensione di reversibilità, accertando la sussistenza dei requisiti dell’inabilità sempre sulla base del riconoscimento in altra sentenza della parziale invalidità, da cui derivava il riconoscimento di condizioni lavorative seriamente limitate e l’incapacità di un autonomo sostentamento e della vivenza a carico su tale ultimo aspetto, i giudici muovevano «dall’oggettiva modestia dei redditi percepiti dai due congiunti e dall’essenzialità dell’apporto di entrambi». L’INPS ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito di aver riconosciuto la totale inabilità per l’esiguità del reddito percepito, senza accertare l’insussistenza di residue capacità lavorative, e di aver ritenuto provata la vivenza a carico sulla scorta di atti dimostrativi soltanto dell’equivalenza degli importi percepiti dai due congiunti. Mantenimento del figlio. La Corte di Cassazione ricorda che, in caso di morte del pensionato, il figlio superstite ha diritto alla pensione di reversibilità, ove maggiorenne, se riconosciuto inabile al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di quest’ultimo, laddove il requisito della vivenza a carico, se non si identifica indissolubilmente con lo stato di convivenza né con una situazione di totale soggezione finanziaria del soggetto inabile, deve essere considerato con particolare rigore è necessario dimostrare infatti che il genitore provvedeva in via continuativa ed in misura quanto meno prevalente al mantenimento del figlio inabile. Verifica del requisito dell’inabilità. Inoltre, l’accertamento del requisito dell’inabilità, richiesto ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità ai figli superstiti del lavoratore o del pensionato, deve essere operato secondo un criterio concreto, cioè avendo riguardo al possibile impiego delle eventuali energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità ed alle generali attitudini del soggetto. In questo modo, si può verificare, anche in caso del mancato raggiungimento di una riduzione del 100% dell’astratta capacità di lavoro, la permanenza di una capacità dello stesso di svolgere attività idonee per procurarsi una fonte di guadagno non simbolico. Nel caso di specie, tuttavia, i giudici di merito non avevano compiuto alcun accertamento sulle residue capacità lavorative dell’uomo, per cui non era stata svolta nessuna verifica sulla permanenza o meno di una sua capacità di svolgere un’attività tale da procurargli una fonte di guadagno che non fosse meramente simbolica «e nel ritenere che l’interessato fosse totalmente inabile al lavoro». L’inabilità al lavoro rappresenta un presupposto del diritto alla pensione di reversibilità del figlio maggiorenne e, quindi, un elemento costitutivo dell’azione diretta ad ottenerne il riconoscimento, per cui la sussistenza di esso deve essere accertata anche d’ufficio dal giudice. Si tratta di un requisito che deve sussistere al momento del decesso del genitore in caso contrario, cioè qualora lo stato di inabilità insorga successivamente a tale momento, rimane irrilevante. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione alla Corte d’appello di Campobasso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 9 aprile – 9 giugno 2015, numero 11966 Presidente Curzio – Relatore Mancino Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex articolo 375 c.p.c. a seguito di relazione a norma dell'articolo 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio, letta la memoria della parte intimata. 2. C.P. ha agito per il riconoscimento del diritto alla reversibilità della pensione di inabilità goduta dalla madre convivente deceduta, negato dall'INPS per insussistenza del requisito dello stato di inabilità. 3. L'INPS, costituendosi in giudizio, aveva eccepito l'insussistenza del requisito dell'inabilità al momento del decesso della congiunta e del requisito della vivenza a carico. 4. Il primo giudice, sulla base della sentenza prodotta dal ricorrente resa in altro giudizio e con la quale al predetto C. era stato attribuito l'assegno di invalidità civile , riteneva l'istante inabile ma insussistente il requisito della vivenza a carico e, per l'effetto, respingeva la domanda. 5. La sentenza veniva gravata dal C. che contestava l'insussistenza della vivenza a carico. 6. L'INPS resisteva all'appello, eccependo anche l'insussistenza del requisito sanitario, non disaminato dal primo giudice. 7. La Corte territoriale accertava la sussistenza del requisito dell'inabilità - sulla base del riconoscimento giudiziale in altro giudizio della parziale invalidità, da ciò facendo conseguire l'obiettivo riconoscimento di condizioni lavorative seriamente limitate a causa delle limitazioni psico-fisiche e l'incapacità di un effettivo, dignitoso, autonomo sostentamento - e della vivenza a carico - muovendo dall'oggettiva modestia dei redditi percepiti dai due congiunti e dall'essenzialità dell'apporto di entrambi - e riconosceva il diritto del C. alla pensione di reversibilità. 8. Avverso tale sentenza l'INPS ha proposto ricorso, affidato a due motivi il secondo svolto in via subordinata . 9. L'intimato ha resistito con controricorso. 10. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. numero 222 del 1984, articolo 2 e 8, dell'articolo 13 r.g.numero d.l. 636/1939, conv. in L. 1272/1939 e successive modifiche, per avere la Corte riconosciuto la totale inabilità per l'esiguità del reddito percepito, pretermettendo l'accertamento dell'insussistenza di residue capacità lavorative, e ritenuto provata la vivenza a carico sulla scorta di atti dimostrativi soltanto dell'equivalenza degli importi percepiti dai due congiunti. 11. Si deduce, inoltre, la contraddittorietà della motivazione per avere la Corte territoriale richiamato, da una parte, l'accertamento peritale espletato in altro giudizio definito con il riconoscimento dell'invalidità parziale e concluso, dall'altra, nel senso dell'inabilità. 12. Il ricorso è qualificabile come manifestamente fondato. 13. Secondo il condiviso orientamento della giurisprudenza di legittimità, in caso di morte del pensionato, il figlio superstite ha diritto alla pensione di reversibilità, ove maggiorenne, se riconosciuto inabile al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi, laddove il requisito della vivenza a carico , se non si identifica indissolubilmente con lo stato di convivenza né con una situazione di totale soggezione finanziaria del soggetto inabile, va considerato con particolare rigore, essendo necessario dimostrare che il genitore provvedeva in via continuativa e in misura quanto meno prevalente al mantenimento del figlio inabile cfr, ex plurimis, Cass., nnumero 5008/1994 15440/2004 11689/2005 3678 del 2013 . 14. Più in particolare, Cass. numero 2630 del 2008 ha affermato che 15. “La nozione di vivenza a carico è definita dal D.P.R. 30 giugno 1965, numero 1124, articolo 106 T.U. nei seguenti termini Agli effetti dell'articolo 85, la vivenza a carico è provata quando risulti che gli ascendenti si trovino senza mezzi di sussistenza autonomi sufficienti ed al mantenimento di essi concorreva in modo efficiente il defunto 16. i due presupposti sono entrambi necessari e come due facce dello stesso fenomeno Cass. 25 agosto 2006 numero 18520 17. il livello quantitativo di sussistenza del richiedente non è determinato né per legge, né con direttive amministrative, né attraverso la giurisprudenza di legittimità 18. sul piano nomofilattico che le compete questa Corte può semplicemente dire che l'espressione mezzi di sussistenza con cui il d.P.R. 30 giugno 1965, numero 1124, articolo 106, definisce lo stato di vivenza a carico richiama l'analoga espressione mezzi necessari per vivere di cui all'articolo 38, primo comma, Cost., e non i mezzi adeguati di vita del lavoratore, di cui al secondo comma. 19. La determinazione in concreto della sufficienza dei mezzi di sussistenza è tipico giudizio di fatto demandato al giudice del merito, il quale può valutare tale sufficienza in relazione al costo della vita, al potere di acquisto della moneta, e agli altri standards sociali del luogo in cui la vicenda si svolge. 20. Non sembra applicabile al caso di specie, data la diversità delle fonti normative e delle nozioni dalle stesse adottate, la giurisprudenza di questa Corte Cass. 3 luglio 2007 numero 14996 , la quale, al fine di determinare la nozione di vivenza a carico nella diversa fattispecie della pensione di reversibilità a carico dell'Inps in favore di figlio maggiorenne inabile, ha determinato la soglia di autosufficienza recependo le determinazioni dello stesso Istituto previdenziale nel limite di reddito previsto per il riconoscimento del diritto a pensione nei confronti degli invalidi civili totali stabilito dal d.l. 30 dicembre 1979, numero 663, articolo 14-septies, convertito, con modificazioni, in L. 29 febbraio 1980, numero 33, nel senso che un reddito proprio del figlio inabile inferiore a tale limite configura il requisito della vivenza a carico. 21. La giurisprudenza di legittimità si è, viceversa, focalizzata sul secondo elemento necessario, il contributo del de cujus ed il rapporto tra questo e i mezzi propri dell'ascendente. 22. Il principio enunciato è che, per quanto riguarda l'apporto del de cujus, non si richiede che il superstite fosse totalmente mantenuto in tutti i suoi bisogni dal lavoratore defunto, ma è indispensabile, e insieme sufficiente, che quest'ultimo abbia contribuito in modo efficiente al suo mantenimento mediante aiuti economici che per la loro costanza e regolarità costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di sussistenza Cass. 18 maggio 2001 numero 6794 Cass. 12 giugno 1998 numero 5910 Cass. 4 marzo 2002 numero 3069 Cass. 28 luglio 2005 numero 15914 . 23. È necessario, però, sempre l'altro presupposto, quello dell'insufficienza dei mezzi propri di sussistenza ” così Cass. 2630/2008 v., più di recente, Cass. 29238/2011 24. Quanto alla valutazione sulla sufficienza dell'assegno percepito, essa costituisce tipica valutazione di fatto insindacabile in questa sede di legittimità. 25. Inoltre, secondo il costante orientamento di questa Corte, l'accertamento del requisito della inabilità di cui alla L. numero 222 del 1984, articolo 8 richiesto ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione di riversibilità ai figli superstiti del lavoratore o del pensionato, deve essere operato secondo un criterio concreto, ossia avendo riguardo al possibile impiego delle eventuali energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle generali attitudini del soggetto, in modo da verificare, anche nel caso del mancato raggiungimento di una riduzione del cento per cento della astratta capacità di lavoro, la permanenza di una capacità dello stesso di svolgere attività idonee nel quadro dell'articolo 36 Cost. e tali da procurare una fonte di guadagno non simbolico cfr. ex plurims Cass. numero 12765/2004 Cass. 21425/2011. 26. Nella specie la Corte territoriale non ha compiuto alcun accertamento sulle residue capacità lavorative del C. e, dunque, nessuna verifica ha operato, in concreto, sulla permanenza o meno di una capacità del soggetto di svolgere un'attività tale da procurargli una fonte di guadagno che non fosse meramente simbolica e nel ritenere che l'interessato fosse totalmente inabile al lavoro. 27. Va anche ribadito che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in caso di morte del titolare di pensione di invalidità, la pensione di riversibilità spetta al coniuge e ai figli minorenni, mentre ai figli superstiti maggiorenni spetta soltanto se essi siano riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di quest'ultimo l'inabilità al lavoro rappresenta pertanto un presupposto del diritto alla pensione di reversibilità del figlio maggiorenne e, quindi, un elemento costitutivo dell'azione diretta ad ottenerne il riconoscimento, con la conseguenza che la sussistenza di esso deve essere accertata anche d'ufficio dal giudice tanto che a nulla rileva che l'istituto previdenziale non abbia tempestivamente eccepito la carenza del suddetto presupposto Cass. numero 1367/98, Cass. numero 2204/81 . 28. Sulla stessa linea, anche se in tema di invalidità civile, è stato affermato che nei giudizi volti al riconoscimento del diritto a pensione o ad assegno di invalidità civile, il requisito reddituale, al pari dei requisiti sanitari e di quello socio - economico c.d. incollocazione al lavoro , costituisce elemento costitutivo del diritto, la cui sussistenza va verificata anche d'ufficio ed è preclusa solo dalla relativa non contestazione, ove la situazione reddituale sia stata specificamente dedotta, nonché dal giudicato, nel caso in cui non sia stato proposto sul punto specifico motivo di appello cfr. Cass. numero 16395/2008 . 29. È stato altresì precisato che, in tema di pensione di reversibilità, il requisito della inabilità, prescritto ai fini della sussistenza del diritto alla pensione di reversibilità o indiretta in favore del figlio ultradiciottenne vivente a carico del genitore, pensionato o assicurato, al momento del decesso di quest'ultimo, deve esistere con riferimento a tale momento perché possa ritenersi integrata la fattispecie costitutiva del diritto stesso, restando lo stato di inabilità irrilevante ove insorga successivamente a quel momento, attesa l'inapplicabilità dell'articolo 149 disp. att. c.p.c., riguardante soltanto la pensione diretta di invalidità Cass. numero 15440/2004 . 30. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata cassata e, per essere necessari accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla stessa Corte d'appello, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla stessa Corte d'appello, in diversa composizione.