Attendibilità della chiamata in correità: la verifica può basarsi su elementi di qualsiasi natura

La verifica estrinseca dell’attendibilità della chiamata in correità può basarsi su elementi di qualsiasi natura, anche di carattere logico, purché individualizzanti ed esterni alle dichiarazioni del correo.

Il caso. La Corte di Cassazione sentenza numero 23166/2016, depositata il 1° giugno scorso è stata adita, ai soli effetti della responsabilità civile, dal legale della parte civile G.C.C. con ricorso avverso la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello, nella quale i giudici avevano deciso l’assoluzione dell’imputato D.I.S. dal reato di appropriazione indebita aggravata, ai sensi dell’articolo 530 comma 2 c.p.p. per non aver commesso il fatto. Il ricorrente lamentava la violazione di legge con riguardo ai criteri per la valutazione della chiamata in correità della coimputata D.F.A., in particolare nell’omessa considerazione di circostanze rilevanti ai fini del giudizio di attendibilità estrinseca, nonché difetto di motivazione sul punto. Verifica estrinseca dell’attendibilità della chiamata in correità. Gli Ermellini hanno accolto il ricorso e, fermi gli effetti penali della decisione della Corte territoriale, hanno annullato la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente, ex articolo 622 c.p.c La Corte sviluppa la propria argomentazione partendo da una precisazione circa la verifica estrinseca dell’attendibilità della chiamata in correità infatti, essa può basarsi su elementi di qualsiasi natura, anche di carattere logico, purché individualizzanti ed esterni alle dichiarazioni del correo. La Corte d’Appello, muovendo correttamente da tale principio, avrebbe tuttavia applicato in modo errato quanto sopra esposto, in quanto non avrebbe considerato circostanze e dichiarazioni, nonché dati fattuali emersi durante il giudizio di primo grado, tutti idonei a configurarsi quali elementi esterni non contradditori rispetto a quanto dichiarato nella chiamata in correità. L’articolo 192 c.p.p L'articolo 192, comma 3, c.p.p. stabilisce che «le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato [] sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermino l'attendibilità». Soprassedendo sul classico disaccordo tra dottrina e giurisprudenza che coinvolge una molteplicità di tematiche di diritto, rileva in questa sede il gran numero di pronunce della Suprema Corte circa la verifica dell’attendibilità delle dichiarazioni sopra menzionate. Infatti, è stato ampiamente precisato che il giudice debba operare una verifica intrinseca e, successivamente, una estrinseca in primo luogo, occorre vagliare la credibilità del dichiarante da un punto di vista personologico e personale, verificando l'attendibilità intrinseca di quanto dichiarato, sia in punto di completezza e coerenza, sia di libertà del chiamato in secondo luogo, risulta necessaria una verifica estrinseca, ossia circa l'esistenza di riscontri esterni coerenti con le dichiarazioni prodotte, al fine di ottenere una piena conferma di attendibilità di queste ultime. Verifica estrinseca su cui si eccepisce, appunto, nel ricorso che ha prodotto la sentenza in commento. L’articolo 622 c.p.p Risulta infine interessante l’applicazione dell’art 622, c.p.p. circa l’annullamento della sentenza ai soli effetti civili. Tale disposizione, mantenendo gli effetti penali prodotti da una sentenza, consente alla Corte di Cassazione di pronunciarsi, ed eventualmente annullare, la sentenza stessa in relazione unicamente all’azione civile, rinviando al giudice civile competente in grado di appello, anche nei casi di sentenza penale inappellabile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 27 maggio – 1 giugno 2016, numero 23166 Presidente Gallo – Relatore Ariolli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 22/12/2014 la Corte di appello di L'Aquila, in riforma della sentenza del 6/7/2012 del Tribunale di Teramo - Sezione distaccata di Giulianova, appellata dal Procuratore della Repubblica e dall'imputato D.I.S., assolveva quest'ultimo ai sensi dell'articolo 530, comma 2, cod. proc. penumero dal reato di appropriazione indebita aggravata per non aver commesso il fatto. 2. Avverso la suddetta sentenza ricorre per cassazione - ai soli effetti della responsabilità civile - il difensore della parte civile GESCO Consorzio Cooperativo, chiedendone l'annullamento. Al riguardo, deduce innanzitutto la violazione di legge con particolare riguardo ai criteri stabiliti per la valutazione della chiamata in correità operata dalla coimputata D.F.A., priva di adeguati riscontri esterni da parte della Corte territoriale, nonché il difetto di motivazione sul punto. In particolare, la Corte territoriale non avrebbe apprezzato, a tali fini, i dati dell'indagine telefonica che comunque rivelavano una certa frequenza di contatti tra l'imputato e la D.F., la frequentazione da parte dell'imputato dell'appartamento della dichiarante, la circostanza che le propalazioni della D.F. nei confronti di altri coimputati O.G. e C.C. additati, al pari del D.I., come concorrenti nelle sottrazioni di denaro erano state comunque ritenute riscontrate e confermate, anche per effetto dell'ammissione dei fatti, come accaduto per il C. , lo stato di contumacia dell'imputato per l'intera durata del giudizio. Con la conseguenza che la Corte territoriale per un verso non avrebbe dato sufficientemente atto dell'incompletezza ovvero dell'incoerenza delle argomentazioni spese dal giudice di primo grado che aveva, al contrario, ritenuto la dichiarante credibile e, per altro, fondato la decisione esclusivamente su proposizioni semplicemente diverse da quelle su cui poggia la sentenza di condanna e non di tipo risolutivo ed incontrovertibile, come richiesto allorché la decisione di secondo grado ribalti quella del giudizio precedente. La Corte d'appello aveva omesso di tener conto di circostanze rilevanti ai fini del giudizio di attendibilità estrinseca, quale il dispendioso bisogno di denaro che aveva l'imputato per i suoi frequenti e dispendiosi viaggi all'estero condotta che assurgeva a causale del delitto contestato o la stessa repentina scomparsa dalla scena con la subitanea interruzione dei contatti con la D.F. in corrispondenza della scoperta degli ammanchi da parte della società, quali molteplici elementi logici di riscontro. Inoltre, non aveva altresì apprezzato adeguatamente la riferita apprensione, constatata de visu dalla dichiarante, di somme rilevanti dalla cassa dell'azienda da parte dell'imputato. Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato. 1.2. La Corte territoriale, infatti, dopo aver correttamente precisato che i riscontri esterni alla chiamata in correità possono consistere in elementi di qualsiasi natura, anche di carattere logico e che, oltre ad essere individualizzanti e, quindi, avere direttamente ad oggetto la persona dell'incolpato in relazione allo specifico fatto attribuito, debbono essere esterni alle dichiarazioni stesse, ha omesso di fare corretta applicazione del principio di diritto sopra menzionato con riferimento al caso di specie. Invero, la Corte di appello risulta avere omesso di confrontarsi con la circostanza dell'avvenuto licenziamento dell'imputato ad opera della società ove questi lavorava insieme alla dichiarante, quale diretta conseguenza degli ammanchi registratesi nel corso degli anni e, soprattutto, con quella parte delle propalazioni della D.F. relative alla diretta constatazione delle condotte sottrattive ad opera del D.I., allorché, avendola l'imputato sostituita nella gestione della cassa nel corso di un periodo di ferie, al ritorno ella aveva accertato un ammanco di tre milioni di lire. Come ben evidenziato dal giudice di prime cure che vi ha attribuito valenza di riscontro, anche la dirigenza della società aveva riferito in ordine alla effettiva copertura dei posto da parte dell'imputato in occasione delle ferie della donna. Illogica, poi, è la motivazione della Corte di appello laddove attribuisce valore di elemento generico alla relazione intercorsa tra la dichiarante e l'imputato, omettendo di valutare, quale riscontro individualizzante, l'accertata locazione dell'appartamento ove la D.F. e l'imputato si incontravano, tenuto conto che la relazione sentimentale, per quanto dichiarato dalla donna, costituisce proprio la ragione per cui ella si determinò ad effettuare le molteplici sottrazioni. E in tale contesto, parimenti illogico, ai predetti fini, è l'aver disatteso la valenza di riscontro delle telefonate, dotate della necessaria frequenza comunque accertate tra i due, omettendo poi di accertare se l'assenza di altre telefonate tra i due nei periodi indicati dalla donna fosse conseguenza di un verosimile ostacolo normativo all'acquisizione dei tabulati per gli anni precedenti o frutto di un contrasto dichiarativo con quanto narrato dalla D.F La Corte territoriale omette, altresì, di confrontarsi col dato fattuale di riscontro emerso nel giudizio di primo grado mediante accertamento di P.G. relativo ai frequenti e costosi viaggi effettuati dall'imputato in Brasile, come da verifiche sul suo passaporto, considerato che la necessità di disporre di denaro è il presupposto dell'operata istigazione. E parimenti omette di considerare che nessun elemento a discarico, ritualmente introdotto dall'imputato avvalendosi delle facoltà di prova di cui all'articolo 495, comma 2, cod. proc. penumero , inficia la valenza degli elementi accusatori emersi. Lungi, pertanto, dal considerare quale elemento esterno di riscontro la contumacia dell'imputato come erroneamente propugnato dal ricorrente , la quale costituisce esercizio dei diritto di difesa, il Tribunale non si è confrontato con l'assenza di elementi esterni di contraddizione alle dichiarazioni rese dalla D.F 2. Fermi gli effetti penali della decisione, va annullata, pertanto, la sentenza impugnata con rinvio, ai sensi dell'articolo 622 cod. proc. penumero , al giudice civile competente per valore in grado di appello. 3. All'accoglimento del ricorso, consegue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese di costituzione e lite sostenute dalla parte civile costituita liquidate come da dispositivo tenuto conto dell'attività svolta, delle voci dì notula presentata e delle tariffe legali. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio alla Corte di appello di L'Aquila, Sezione civile. Condanna l'imputato D.I.S. al rimborso delle spese del presente grado di giudizio in favore della costituita parte civile Gesco Consorzio Cooperativo - Società Cooperativa Agricola, che liquida in complessive euro 5.000,00, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA di legge.