Non può essere riconosciuto alcun diritto all’indennizzo per ingiusta detenzione nell’ipotesi di archiviazione per prescrizione del reato, a meno che la durata della custodia cautelare in carcere risulti superiore alla misura della pena astrattamente irrogabile o a quella eventualmente inflitta in concreto. In tali casi l’indennizzo è riconoscibile solo per la parte di detenzione subita in eccedenza.
Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza numero 2451/15, depositata il 20 gennaio. Il caso. Il ricorrente era stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in regime di arresti domiciliari, per un periodo complessivo di 14 mesi, per aver illegittimamente introdotto nel territorio nazionale, trasportato, ricettato e detenuto materiale nucleare, adibito ad uso militare e civile. La successiva sentenza di primo grado condannava l’imputato alla pena di 3 anni, 2 mesi e 9 giorni di reclusione. Dopo la pronuncia della Corte d’appello, la quale dichiarava prescritti alcuni dei reati contestati e rideterminava la pena per gli altri, l’imputato ricorreva in Cassazione per l’annullamento della sentenza. La S.C., accogliendo il ricorso, cassava la sentenza di merito e rilevava vizio di incompetenza dei giudici che si erano pronunciati sul caso. La causa veniva quindi rinviata al Tribunale di Roma. Il Gip, riscontrando l’intervenuto decorso del termine di prescrizione, archiviava il reato. Il ricorrente propose dunque domanda di riparazione per ingiusta detenzione, in riferimento al periodo di custodia domiciliare, domanda respinta con ordinanza. L’accoglimento dell’impugnazione in Cassazione della predetta ordinanza, comportava un nuovo esame della richiesta di indennizzo da parte della Corte territoriale. La pronuncia di merito rigettava nuovamente la domanda proposta dal ricorrente, in quanto riteneva non configurabile il diritto all’indennizzo per ingiusta detenzione ove sia intervenuta la prescrizione del reato, salvo il caso in cui la durata della custodia cautelare effettivamente subita sia maggiore della pena astrattamente irrogabile o afflitta in concreto. In questo caso può essere riconosciuto un indennizzo solamente per la parte di detenzione subita in eccedenza ovvero quando risultino accertati in astratto i presupposti per il riconoscimento dell’ingiustizia formale della privazione della libertà. La sentenza di merito viene impugna innanzi alla Corte di Cassazione. La prescrizione rende illegittima la custodia cautelare? L’unico motivo su cui si basa il ricorso contesta l’illegittimità della restrizione alla libertà personale subita dal ricorrente, in quanto con il decreto di archiviazione pronunciato al termine del complesso procedimento di merito, non vi sarebbe stato alcun accertamento della sussistenza o meno reato. Da tale rilievo, discenderebbe, a detta del ricorrente, l’inesistenza per fatti non accertati del titolo su cui si basava la misura cautelare e conseguentemente emergerebbe l’illegittimità, anche formale, della detenzione subita. Il ricorrente chiede l’annullamento dell’ordinanza che rigettava la sua richiesta di indennizzo per ingiusta detenzione. Il quesito di diritto che si sottopone all’attenzione dei Supremi Giudici riguarda la possibilità, e le eventuali condizioni, per il riconoscimento del diritto all’indennizzo per ingiusta detenzione in caso di decreto di archiviazione per intervenuta prescrizione del reato. Viene in primo luogo richiamato il principio, correttamente applicato dai giudici di merito, secondo cui non è configurabile il predetto diritto in caso di estinzione del reato per prescrizione, salvo che la durata della custodia cautelare effettivamente subita risulti maggiore della pena astrattamente irrogabile o afflitta in concreto, ma solo per la parte di detenzione subita in eccedenza ovvero quando risultino accertati in astratto i presupposti per il riconoscimento dell’ingiustizia formale della privazione della libertà. Il rapporto tra prescrizione e misure cautelari. A ciò si aggiunga che tra le fattispecie impeditive delle restrizioni alla libertà personale rientra anche la prescrizione, in quanto causa di estinzione del reato, ma solo ove essa risulti sussistente già nel momento iniziale in cui veniva disposta la misura. Se invece la prescrizione interviene successivamente, basandosi sul semplice decorso del tempo, non è possibile trarre alcun argomento per valutare la giustizia o meno del provvedimento cautelare. La Corte evidenzia inoltre la possibilità per l’imputato di rinunciare alla prescrizione, ove ritenga di aver subito una misura cautelare ingiusta, in modo tale da poter perpetrare il giudizio di merito e ottenere una sentenza di assoluzione, con conseguente diritto al risarcimento. Nel caso concreto, il ricorrente reclama il diritto all’indennizzo per ingiusta detenzione ma risulta mancante qualunque accertamento della legittimità, anche formale, della misura medesima. Ne consegue che i giudici di merito hanno correttamente escluso la riparazione a causa dell’intervenuta prescrizione del reato, nonostante essa non sia configurabile come proscioglimento di merito. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 ottobre 2014 – 20 gennaio 2015, numero 2451 Presidente Squassoni – Relatore Di Nicola Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Catania, giudicando in sede di rinvio, ha rigettato, con l'ordinanza in epigrafe, la domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione proposta da R.D. nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze. 1.1. E' pacifico e non controverso, risultando anche dal ricorso, che il ricorrente fu attinto da ordinanza di custodia cautelare in regime di arresti domiciliari per i reati previsti capo b dalla legge 2 ottobre 1967, numero 895, articolo 1 e 2, per avere illegalmente introdotto nello Stato, posto in vendita e detenuto nove barre contenenti combustibile nucleare capo c dall'articolo 648 cod. penumero per aver ricettato le suddette nove barre capo d dalla legge 9 luglio 1990, numero 185, articolo 2 e 25, per avere senza autorizzazione importato e fatto transitare le nove barre contenenti materiale nucleare capo e dalla legge del 27 febbraio 1992, numero 222, articolo 12, per avere detenuto e posto in transito in Italia le dette nove barre di materiale nucleare. 1.2. A seguito dell'espletamento di perizia dibattimentale volta ad accertare la reale natura del materiale contenuto nell'unica barra in sequestro, il pubblico ministero contestò agli imputati i reati previsti dal d.lgs. 17 marzo 1995, numero 230, articolo 23 e 136 capo f , per avere detenuto, senza averne fatto denunzia, materie fissili speciali, materiali e combustibili nucleari dalla legge 31 dicembre 1962, numero 1860, articolo 5 e articolo 29, comma 2 capo g , per avere trasportato il detto materiale nucleare senza la prescritta autorizzazione dal d.lgs. 24 febbraio 1997, numero 89, articolo 7 capo h , per avere effettuato operazioni di esportazione di barre contenenti combustibile nucleare, da considerarsi materiale a duplice uso militare e civile, ai sensi del regolamento 94/3381 del Consiglio CE del 19 dicembre 1994 e dell'allegato 1 alla decisione 96/613/PESC del Consiglio CE del 22 ottobre 1996, con l'aggravante di cui ali' articolo 7 decreto-legge 13 maggio 1991, numero 152 convertito in legge 12 luglio 1991, numero 203. 1.3. Con sentenza dell'11 ottobre 2001 il tribunale di Catania dichiarò gli imputati tra cui R.D. colpevoli dei soli reati contestati in udienza dal pubblico ministero, e precisamente dei reati cui ai capi f , in esso assorbito il capo b , di cui al capo g , in esso assorbito il capo d , e di cui al capo h , e limitatamente ad una sola barra di uranio e condannò, per quanto qui interessa, R.D. alla pena di anni tre, mesi due e giorni otto di reclusione, assolvendo tutti gli imputati dai reati di introduzione nello Stato e di offerta in vendita di cui alla residua contestazione ex capo b , di ricettazione di cui al capo c , e di esportazione e di offerta in vendita di materiale di armamento di cui alla residua contestazione ex capo d , perché il fatto non sussiste, e dal reato di cui al capo e perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. 1.4. La Corte d'appello di Catania, con sentenza del 3 maggio 2004, dichiarò estinti per prescrizione i reati di cui ai capi f e g e rideterminò la pena per il reato di cui al capo h , confermando nel resto la sentenza di primo grado. R.D., unitamente ad altri coimputati, propose ricorso per cassazione e la Corte Suprema annullò la sentenza impugnata nonché la sentenza del tribunale di Catania dell'11 ottobre 2001 per incompetenza territoriale, con rinvio al tribunale di Roma competente per territorio. 1.5. II Gip presso il tribunale di Roma, su richiesta del pubblico ministero, cui erano stati trasmessi gli atti per l'ulteriore corso, archiviò il residuo reato di cui al capo h per intervenuta prescrizione. 1.6. All'esito, R.D. propose domanda di riparazione per ingiusta detenzione pari a quattordici mesi di custodia cautelare che venne dichiarata inammissibile ma, a seguito di ricorso, la relativa ordinanza venne annullata con rinvio dalla Corte di cassazione per nuovo esame. 1.7. La Corte territoriale ha poi rigettato nel merito le istanze ex articolo 315 cod.proc. penumero sul rilievo che non è configurabile il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione nel caso di estinzione del reato per prescrizione, a meno che la durata della custodia cautelare sofferta risulti superiore alla misura della pena astrattamente irrogabile, o a quella in concreto inflitta, ma solo per la parte dì detenzione subita in eccedenza, ovvero quando risulti accertata in astratto la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'ingiustizia formale della privazione della libertà personale. 2. Con unico complesso ed articolato motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. penumero in relazione all'articolo 314 cod. proc. penumero nonché per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in base a vizio risultante dal testo del provvedimento impugnato. In sintesi, assume che, disposta l'archiviazione da parte dell'autorità giudiziaria romana, non è stata pronunciata, come erroneamente dedotto dalla Corte catanese, una sentenza di proscioglimento per prescrizione che, se emessa, avrebbe implicato l'accertamento del reato contestato è stato invece emesso un decreto di archiviazione, reso prima ancora che l'autorità giudiziaria competente svolgesse qualsiasi indagine diretta ad accertare la sussistenza o meno del reato sicché non poteva affermarsi fosse stato compiuto, neppure in via incidentale, un accertamento sull'esistenza di esso, conseguendo da ciò la mancanza di ogni indagine di merito sulla responsabilità sia in ordine al reato di cui al capo h e sia per gli altri reati posti originariamente a fondamento dell'ordinanza di custodia cautelare da cui era scaturita la detenzione ritenuta ingiusta. Subìta quindi una restrizione della libertà personale sulla base di un titolo inesistente per fatti non accertati, emergendo l'illegittimità anche formale della detenzione per la sopravvenuta nullità dei titoli custodiali in quanto emessi da autorità giudiziaria incompetente, e mai rinnovati, e risultando infine non contestati i calcoli effettuati dagli attori sul quantum debeatur, il ricorrente chiede l'annullamento dell'ordinanza impugnata con le conseguenze di legge. 3. II Procuratore generale, nella requisitoria scritta, ha concluso in conformità alla tesi sostenuta dal ricorrente che ha fatto pervenire memoria con la quale ha ribadito le prospettazioni contenute nel ricorso ed avversate con memoria prodotta dal convenuto Ministero. Considerato in diritto 1. II ricorso è infondato nei limiti e sulla base delle considerazioni che seguono. 2. La questione sottoposta alla Corte è se e a quali condizioni, in tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il diritto all'indennizzo può essere riconosciuto anche in presenza di un decreto di archiviazione pronunciato per prescrizione del reato e, in caso positivo, a quali ulteriori condizioni tale principio si applichi nelle ipotesi di imputazioni cumulative, incise dal titolo custodiale, in ordine alle quali sia intervenuta, per alcune di esse, sentenza di proscioglimento nel merito o decreto di archiviazione. Questa Corte ha già affermato che non è configurabile il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione in caso di estinzione del reato per prescrizione, a meno che la durata della custodia cautelare sofferta risulti superiore alla misura della pena astrattamente irrogabile, o a quella in concreto inflitta, ma solo per la parte di detenzione subita in eccedenza, ovvero quando risulti accertata in astratto la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'ingiustizia formale della privazione della libertà personale Sez. 4, numero 34661 del 10/06/2010, Mugeri, Rv. 248076 , precisando che tale principio è applicabile anche all'ipotesi in cui il diniego del diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione sia fondato su un decreto di archiviazione emesso per la intervenuta prescrizione del reato Sez. 4, numero 38167 del 10/07/2013, Paternò, Rv. 256207 . 3. Secondo quanto disposto dall'articolo 314, comma 3, cod. proc. penumero che rinvia al primo comma del medesimo articolo, il decreto di archiviazione può, di certo, dare luogo alla riparazione per l'ingiusta detenzione nei casi di infondatezza della notizia di reato perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato , e ciò esclude che il diritto alla riparazione maturi anche quando il procedimento sia definito, con sentenza o con decreto di archiviazione, per estinzione del reato per prescrizione. Va tuttavia ricordato che il terzo comma dell'articolo 314 cod. proc. penumero , il quale peraltro equipara gli epiloghi decisori ivi contemplati decreto di archiviazione e sentenza di non luogo a procedere , rinvia anche al secondo comma dello stesso articolo per disciplinare le condizioni, in aggiunta a quelle previste nel primo comma, dalle quali origina il diritto alla riparazione, con la conseguenza che il diritto spetta anche a coloro la cui posizione processuale sia stata definita con decreto dì archiviazione o con una sentenza di non luogo a procedere e che nel corso del processo siano stati sottoposti a custodia cautelare, quando sia stato accertato che il provvedimento dispositivo della misura sia stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli articolo 273 e 280 cod. proc. penumero Ne consegue che la disposizione prevista dall'articolo 314, comma 2, cod. proc. penumero , disciplina esclusivamente i casi in cui, a prescindere dall'esito del processo quindi anche nell'ipotesi di condanna , si accerti con decisione irrevocabile che la custodia cautelare sìa stata disposta o mantenuta illegittimamente per la mancanza dei gravi indizi di colpevolezza articolo 273, comma 1, cod. proc. penumero , per la presenza di una fattispecie impeditiva della restrizione articolo 273, comma 2, cod. proc. penumero operativa in partenza o intervenuta nel corso della perdurante restrizione della libertà in senso stretto oppure senza la presenza delle particolari condizioni di applicabilità delle misure coercitive previste dall'articolo 280 cod. proc. penumero 4. È noto che tra le fattispecie impeditive delle restrizioni della libertà personale figurano le cause di estinzione del reato tra cui la prescrizione ma esse per fungere da condizioni negative di applicabilità delle misure cautelare personali devono sussistere in via genetica, devono cioè essere operative in partenza, nel senso che la custodia cautelare deve essere stata disposta nonostante l'esistenza attuale di una causa di estinzione dei reato impeditiva dell'adozione della misura cautelare custodiale. Va anche ricordato che la Corte costituzionale, con sentenza 11 giugno 2008 numero 219, ha ampliato il contenuto del diritto alla riparazione dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'articolo 314 cod. proc. penumero nella parte in cui non risulta previsto il diritto all'equa riparazione allorquando la pena definitivamente inflitta all'imputato, ovvero oggetto di una preclusione processuale che la sottragga a riforma nei successivi gradi di giudizio, risulti inferiore al periodo di custodia cautelare sofferto . Con la pronuncia richiamata, la Corte costituzionale ha escluso che il diritto alla riparazione debba essere automaticamente ricollegato al proscioglimento nel merito ma ciò non significa che gli epiloghi decisori, diversi da quelli indicati nel primo comma dell'articolo 314 cod. proc. penumero , radichino per ciò solo il diritto alla riparazione. Si deve in primo luogo considerare che, quando il reato è dichiarato estinto per intervenuta prescrizione, la natura del provvedimento sia esso sentenza di proscioglimento o decreto di archiviazione si fonda sul mero decorso del tempo che costituisce un elemento neutro per stabilire l'ingiustizia o meno della detenzione. In secondo luogo, va tenuto presente come la prescrizione sia sempre espressamente rinunciabile dall'imputato articolo 157, comma 7,cod. penumero che ha quindi la possibilità di optare per una scelta difensiva diretta ad ottenere il proscioglimento nel merito ove ritenga che la detenzione cautelare sia stata ingiustamente applicata nei suoi confronti. Nel caso di specie, il ricorrente, senza che sia stata accertata l'ingiustizia sostanziale o formale della detenzione cautelare sofferta, impropriamente reclama il diritto alla riparazione per il solo fatto che il procedimento sia stato archiviato per essere il reato estinto per prescrizione. 5. Né rileva il fatto che, seppure ex post, sia stata accertata l'incompetenza dell'autorità giudiziaria che emise i provvedimenti custodiali, derivando da ciò, secondo il ricorrente, l'ingiustizia formale di essi, perché l'adozione di titoli custodiali da parte di giudice incompetente esula dalle fattispecie articolo 314, comma 2, cod. proc. penumero di mancanza delle condizioni di applicabilità di cui agli articolo 273 e 280 cod. proc. penumero , al cui solo cospetto è integrabile il requisito dell'ingiustizia formale del titolo custodiale. E' vero, come sottolinea il Procuratore generale, che, in materia di riparazione per l'ingiusta detenzione, vale il principio che, se il provvedimento restrittivo della libertà è fondato su più contestazioni, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di queste, sempreché autonomamente idonea a legittimare la compressione della libertà, impedisce il sorgere del diritto, irrilevante risultando il pieno proscioglimento dalle altre imputazioni da ultimo, Sez. 4, numero 31393 del 18/04/2013, Liii, Rv. 257778 . Nel caso di specie, sia dal ricorso che dal testo del provvedimento impugnato, risulta che la declaratoria di prescrizione, pronunciata con il decreto di archiviazione, ha investito il solo reato di cui al capo h e ciò significa che l'autorità giudiziaria romana ha correttamente ritenuto coperti dal giudicato interno parziale i reati di cui al capo f e al capo g , che avevano assorbito rispettivamente i reati di cui al capo b ed al capo d e per i quali la custodia cautelare fu pure disposta. Va infatti ricordato che, in ordine ad essi, il ricorrente riportò in primo grado condanna, sebbene limitatamente alla parte dell'imputazione cautelare assorbita nella definitiva imputazione penale come risultante dalla successiva contestazione orale dibattimentale, a pena detentiva ampiamente superiore, come ha precisato la Corte territoriale, alla custodia cautelare sofferta ed i relativi reati furono dichiarati estinti per prescrizione in secondo grado, con rideterminazione della pena per il solo reato di cui al capo h sicché, da un lato, non è neppure esatta l'affermazione del ricorrente secondo la quale mancherebbe un accertamento incidentale in ordine alla corretta applicazione della custodia cautelare e, dall'altro, occorre considerare che l'intervenuta prescrizione, ossia l'adozione di una formula di proscioglimento non di merito, che è stata dichiarata dalla Corte di appello di Catania e che ha polverizzato la precedente condanna, è stata ritenuta dal Giudice della riparazione, in quanto autonomamente idonea a legittimare la compressione della libertà, ostativa al sorgere del diritto, essendo risultato perciò irrilevante il pieno proscioglimento dalle altre imputazioni. Va pertanto affermato il principio che, in tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, non spetta il diritto all'indennizzo nell'ipotesi di archiviazione per prescrizione dei reato, a meno che la durata della custodia cautelare sofferta risulti superiore alla misura della pena astrattamente irrogabile, o a quella in concreto inflitta, ma solo per la parte di detenzione subita in eccedenza, oppure salvo che risulti accertata in astratto la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'ingiustizia formale della custodia cautelare sofferta e fermo restando che, se il provvedimento restrittivo della libertà è fondato su più contestazioni, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di queste, in tanto impedisce il sorgere del diritto se ed in quanto sia autonomamente idonea a legittimare la compressione della libertà, irrilevante risultando il pieno proscioglimento dalle altre imputazioni. 6. Da ciò consegue il rigetto del ricorso consegue e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.