Il Governo riforma le Camere di Commercio, ma la mediazione camerale va avanti

Con la pubblicazione del d.lgs. numero 219/2016, recante il riordino delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, il Governo ha attuato la delega relativa al riordino del sistema delle Camere di Commercio ridisegnandone le funzioni, ribadendo la linea della decurtazione del diritto annuale a carico delle imprese a suo tempo già intrapresa e prevedendo una riorganizzazione territoriale con uno sguardo anche alle sorti del personale che potrebbe, all’esito del processo di riordino, risultare in sovrannumero in ragione della riduzione ad un massimo di sessanta camere di commercio.

La competenza in materia di ADR. Ma il decreto di riforma delle Camere di Commercio incide anche sul tema della risoluzione alternativa delle controversie e, in particolare, della conciliazione e della mediazione ma anche, ovviamente, all’arbitrato . Ed infatti, le Camere di Commercio, sin dalla loro fondazione con la legge numero 580 del 1993 poi riformata nel 2010 hanno svolto un importante compito nell'ambito della risoluzione alternativa delle controversie specialmente nell'ambito della conciliazione anche perché rientrava nelle loro competenze istituzionali «esplicite» potendo ex articolo 2, comma 2 lett.g «promuovere la costituzione di commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e tra imprese e consumatori ed utenti». Oggi il decreto legislativo modifica anche l'articolo 2 modificando anche le modalità di svolgimento dei compiti che riguardano proprio la risoluzione alternativa delle controversie con un intervento normativo la cui formulazione aveva già lasciato, in parte qua, perplesso il Consiglio di Stato quando aveva reso il suo parere e che potrebbe generare, a prima lettura, qualche dubbio che è bene fugare. Che ne è dei procedimenti di mediazione presso gli Organismi camerali? Ecco allora che occorre chiedersi se vi sono e se sì, quali sono le conseguenze sulle mediazioni amministrate dalle Camere di Commercio iscritte come Organismi di mediazione nel registro tenuto dal Ministero della giustizia e che, ad oggi, sono circa 80. A mio avviso, come vedremo, la riforma non tocca nel modo più assoluto gli Organismi di mediazione delle Camere di commercio che potranno continuare ad amministrare i procedimenti di mediazione. I dubbi sulla «competenza» delle Camere di commercio ad amministrare i procedimenti di mediazione potrebbero derivare dal confronto tra il testo originario della legge numero 580/1993 e il testo risultante dalla modifica. Ebbene, in base all’originario articolo 2, comma 2 lett. g le Camere potevano provvedere alla «costituzione di commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e tra imprese e consumatori e utenti». Oggi quella norma non compare più nell’articolato avendo lasciato il posto al nuovo articolo 2, comma 2, lett. g , secondo cui la Camere svolgono le funzioni relative ad «attività oggetto di convenzione con le regioni ed altri soggetti pubblici e privati» nell’ambito «tra l’altro della risoluzione alternativa delle controversie» e «ferme restando quelle già in corso o da completare». Qual è il significato di questa norma? La nuova formulazione vuole forse significare che le Camere non potranno più svolgere le attività di Organismo di mediazione poiché appartiene all'area della risoluzione delle controversie dove l'attività può essere svolta soltanto in cofinanziamento? Francamente direi di no. A parte il fatto che, se così fosse, l'attività dell'Organismo sarebbe già «in corso» e quindi potrebbe proseguire tranquillamente. Ma v'è di più. Ed infatti, la nuova formulazione non impedirà di proseguire ovvero anche di iniziare con una nuova iscrizione al Registro l'attività di Organismo di mediazione poiché la nuova norma si preoccupa di disciplinare, in via generale e quindi a prescindere da eventuali previsioni di legge speciali , l’attività che le Camere di Commercio possono svolgere nell’ambito, ad esempio, della promozione dei sistemi alternativi delle controversie. La mediazione camerale prosegue. La previsione «speciale» che prevale e sopravvive è quella prevista dall'articolo 16 d.lgs. numero 28/2010 e dal d.m. numero 180/2010 e non già l’attività di mediaziwone svolta in base al d.lgs. numero 28/2010. In base all’articolo 4, comma 4 d.m. 180/2010 è espressamente prevista l’iscrizione a semplice domanda nel Registro de «gli organismi costituiti, anche in forma associata, dalla CCIAA». Quindi, non vi è dubbio che l’attività di mediazione ex d.lgs. numero 28/2010 può proseguire tranquillamente essendo fondata su una previsione specifica di legge. L'attività di conciliazione e di arbitrato. Ferma, quindi, la competenza per la mediazione e rimanendo nell'ambito delle ADR occorre chiedersi se le nuove previsioni possono incidere sulla competenza in materia di conciliazione e di arbitrato. A tal fine, sebbene la nuova normativa sembra essere fondata su un'indicazione espressa delle competenze delle Camere di Commercio, non vi può essere alcun dubbio che le ADR appartengono sicuramente alla competenza camerale non foss'altro perché oltre alla previsione di legge svolgono – come ci ricorda l'Unione Europea – una funzione fondamentale per la tutela del mercato e quindi delle imprese oltre che per in consumatori . Così ad esempio, la «conciliazione» potrà continuare ad essere svolta in base alla lettera c dell'articolo 2 riformato nella parte in cui prevede la tutela del consumatore. Le «azioni» per lo sviluppo delle ADR. Se tutto questo è vero, ecco allora che la nuova formulazione dell'articolo 2, l. numero 580/1993 riguarda principalmente le attività e le azioni di sostegno allo sviluppo delle ADR e dell'individuazione delle fonti di finanziamento di quelle azioni più che le competenze in senso proprio. È con riferimento alle azioni che le Camere potranno stipulare convenzioni con soggetti pubblici e privati per individuare, soprattutto, fonti di finanziamento per quelle attività le Camere non potranno destinare più del 50% del costo dell’iniziativa laddove decidano di utilizzare i proventi derivanti dal diritto annuale. Il che significa, se non mi inganno, che laddove intendano destinare somme con provenienza diversa da quella del diritto annuale potranno operare senza necessità di ricorrere allo strumento della convenzione, come del resto aveva giustamente notato il Consiglio di Stato nel parere reso sullo schema di decreto. Tutte le attività, quindi, che – pur rientrando nella nozione di risoluzione alternativa delle controversie magari in un’accezione ampia e tecnicamente magari non corretta che ricomprenda anche la composizione della crisi da sovraindebitamento – possono essere svolte senza ricorrere al diritto annuale possono essere svolte dalla Camera senza oneri per le imprese il che non significa che chi si avvale dello specifico servizio non debba corrispondere una tariffa . Del resto il diritto annuale non è l’unica fonte di finanziamento delle Camere di commercio essendo possibile ricorrere anche, ad esempio, ai diritti di segreteria, ai contributi volontari e, soprattutto, per quel che qui interessa, ai «proventi derivanti dalla gestione di attività e della prestazione di servizi e quelli di natura patrimoniale». Peraltro, quel servizio è svolto sulla base della previsione dell’articolo 16 d.lgs. numero 28/2010 al quale ha dato attuazione il d.m. numero 180/2010.