La parte civile è priva di interesse a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento dell’imputato per l’improcedibilità dell’azione penale dovuta a difetto di querela.
L’interesse ad impugnare deve essere apprezzabile, non solo in termini di attualità ma anche di concretezza, esso deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione del contesto pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa rispetto a quella determinatasi con la pronuncia giudiziale. La concretezza dell’interesse è ravvisabile non solo quando l’impugnante, attraverso l’impugnazione si riprometta di conseguire effetti processuali diretti e vantaggiosi, ma anche quando miri ad evitare conseguenze extrapenali pregiudizievoli ovvero ad assicurarsi effetti extrapenali più favorevoli come quelli che l’ordinamento fa derivare dal giudicato delle sentenze di condanna o di assoluzione dell’imputato Il caso. Il Giudice di Pace di Benevento pronunciava sentenze di non doversi procedere a carico di due imputate del reato di cui all’articolo 595 c.p. per difetto di querela. Avverso la pronuncia di proscioglimento la parte civile proponeva appello. Il tribunale di Benevento, in funzione di giudice dell’appello, con ordinanza dichiarava l’impugnazione inammissibile per carenza di interesse della parte appellante, posto che la sentenza di non doversi procedere per difetto di querela aveva funzione e natura esclusivamente penale e, quindi, non recando in se alcuna pronuncia relativa al fatto, priva della capacità di arrecar pregiudizio alla parte civile nell’ambito di un procedimento civile. La parte civile proponeva ricorso per Cassazione adducendo che l’intervenuta abrogazione dell’articolo 577 c.p.p. non aveva privato la parte civile della possibilità di frapporre appello nel giudizio penale in forza della pretesa restitutoria che, ex delicto , le compete. Deduceva altresì la sussistenza di vizio di forma in relazione alla natura del provvedimento assunto dal Tribunale in funzione di Giudice d’appello che aveva concluso il processo pronunciando ordinanza e non sentenza. Assegnato il ricorso alla quinta sezione penale, gli ermellini ritenevano sussistente contrasto di giurisprudenza sulla questione sottoposta al loro esame e, conseguentemente, ex articolo 618 c.p.p. rimettevano la questione alle Sezione Unite. Gli orientamenti giurisprudenziali. Secondo il primo orientamento giurisprudenziale formatosi la parte civile non alcuna possibilità di ricorrere per Cassazione nei confronti di pronunce rese con la forma dell’improcedibilità per difetto di querela. L’orientamento fonda il proprio convincimento sulla natura della pronuncia resa che, non affrontando questioni di merito non esplicava in punto alcuna efficacia preclusiva rispetto alle possibilità ed alle facoltà riconosciute al giudice civile in relazione alla ricostruzione del fatto, alla sua qua qualificazione giuridica ed alle conseguenze, di natura patrimoniale, che da esso derivavano per le parti Secondo altro orientamento, più recente, la parte civile avrebbe interesse ad impugnare la sentenza di improcedibilità per mancanza di querela atteso che la scelta di coltivare l’azione civile nel processo penale, spettante al danneggiato del reato, rappresentava una determinazione che trovava tutela e riconoscimento nel vigente orientamento giuridico non rilevando a tal fine in senso impeditivo la circostanza che la pronuncia di improcedibilità non fosse vincolante nell’eventuale giudizio civile. Sussiste o meno l’interesse della parte civile a proporre impugnazione contro la declaratoria di improcedibilità per mancanza di querela? Questo il quesito, cui le Sezioni Unite hanno dovuto rispondere. Quesito, non evidenziato e non direttamente analizzato nella pronuncia in commento ma che, evidentemente all’un tempo esplica effetti e trae forza dalla pronuncia delle Sezioni Uniti analizzate, ha portata più vasta e finisce con il coinvolgere l’interesse della parte civile ad impugnare le declaratorie che non esplicano, per loro natura, effetti preclusivi circa la portata ed i limiti del giudizio civile che può essere instaurato in relazione ai medesimi fatti. Giovi ricordare come le SS.UU. numero 40049/2008 avevano già affrontato il tema in riferimento alla possibilità della parte civile di proporre impugnazione contro la decisione con la quale l’imputato era stato assolto con la formula il fatto non costituisce reato che, come è noto, non ha alcun effetto preclusivo in relazione e funzione all’instaurando procedimento civile. Il ragionamento cui gli ermellini si erano rifatti nel pronunciarsi in punto, traeva origine e fondamento proprio dalla volontà dimostrata dalla parte civile di ottenere una pronuncia diversa e l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato. Infatti con la sua costituzione di parte civile nel giudizio penale, il danneggiato e qui sarebbe meglio dire la parte ndr ha appunto inteso trasferire in sede penale l’azione civile di danno ed ha quindi interesse ad ottenere nel giudizio penale il massimo di quanto può essergli riconosciuto. Per dipanare la questione le SS.UU. individuano, correttamente, quali debbano essere i caratteri qualificanti l’interesse ad impugnare. Caratteri contenuti nell’articolo 568, comma 4, del codice di rito. Di detti caratteri forniscono preziosa interpretazione ermeneutica specificando come l’interesse ad impugnare debba essere «apprezzabile non solo in termini di attualità ma anche di concretezza, esso deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione del contesto pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa rispetto a quella determinatasi con la pronuncia giudiziale». Ed ancora individuano il requisito della concretezza dell’interesse «non solo quando l’impugnante, attraverso l’impugnazione si riprometta di conseguire effetti processuali diretti e vantaggiosi, ma anche quando miri ad evitare conseguenze extrapenali pregiudizievoli ovvero ad assicurarsi effetti extrapenali più favorevoli come quelli che l’ordinamento fa derivare dal giudicato delle sentenze di condanna o di assoluzione dell’imputato nei giudizi di danno 651 e 652 c.p.p. o in altri giudizi amministrativi 654 c.p.p. ». Seguendo questi presupposti pare evidente come l’interesse ad impugnare permanga in capo ad ogni parte, ed anche quindi alla parte civile, allorché essa tenda all’eliminazione della lesione concreta di un diritto o di un interesse giuridico del proponente l’impugnazione. La peculiarità della parte civile nel procedimento penale . Se questi sono i presupposti giuridici dell’interesse ad impugnare essi vanno rapportati alla peculiare natura che assume la parte civile nel procedimento penale. Senza scomodare troppo la memoria occorre ricordare come ampio ed acceso fu il dibattito circa la opportunità di mantenerne la figura nel nuovo codice di rito e come, nella relazione al codice, nei confronti della parte civile essa venga individuata quale accidente necessario . Indubitabilmente essa costituisce un ibrido, sconosciuto normalmente ai sistemi di carattere accusatorio, posto che è diretta a far accertare esistenza di interesse di natura privatistica in un procedimento caratterizzato e fondato sulla necessità d’affermare l’interesse supremo pubblico. Non è certo il caso di addentrarsi nel dibattito, per vero mai sopito, circa l’opportunità di mantenere l’istituto nell’ambito processual penalistico chi scrive è fermamente convinto della necessità d’eliminarne la figura che, proprio per la sua natura ibrida costituisce fonte di innumerevoli problemi ermeneutici e valutativi ad esempio ma non solo in relazione alla veridicità ed alla valutazione della deposizione che essa rende , ma è indubbio che la pronuncia in commento costituisca un interessante riflessione nell’ambito del citato dibattito Le SS.UU., ribadito il principio della separazione delle giurisdizioni civile e penale, pur nell’ambito dell’unicità della giurisdizione, osservano come vi siano solo alcune ipotesi, di natura tassativa, nelle quali il giudicato penale ha effetto ed efficacia su determinati oggetti accertati o soltanto contro determinati soggetti. Le SS.UU. li indicano quali quelli previsti dagli articolo 2, 3, comma 4, 651, 652, 653, e 654 c.p.p. Appare evidente come nel novero delle fattispecie tassative non sia ricompresa, ad esempio, la pronuncia resa ex articolo 444 c.p.p. e neppure quella costituita dal decreto penale di condanna , posto che entrambi i procedimenti non si possono certo dire conclusi a seguito di dibattimento con notevoli e possibili effetti di ricaduta circa l’utilizzabilità di dette pronunce in sede civile od amministrativa, e, contemporaneamente danno atto di come la parte civile e l’azione che essa promuove nell’alveo del processo penale, sia caratterizzata dal carattere dell’eventualità, accessorietà e assuma natura del tutto subordinata rispetto all’azione penale. Alla luce delle caratteristiche descritta non può dubitarsi di come essa sia destinata a subire le «conseguenze e gli adattamenti della funzione e della struttura del processo penale, cioè le esigenze di interesse pubblico». Esigenze che altro non sono se non quelle costituite dall’accertamento dei reati ed alla rapida definizione del processo esigenze che, con la pretesa di natura privatistica, nulla hanno a che vedere. Tutta la normativa dettata dal Legislatore codici stico pare testimoniare in detta direzione. Si pensi, e le SS.UU. lo sottolineano alla possibilità del giudice di occuparsi dei capi civili solo in quanto contestualmente accerti la responsabilità penale dell’autore dell’illecito, della sua possibilità di statuire sugli interessi civili in sede di impugnazione della sola parte avverso la sentenza di proscioglimento dell’imputato ex articolo 576 c.p.p. e, aggiungo io, alla possibilità della parte civile in sede di richiesta di rito abbreviato, di non accettare l’emananda sentenza esprimendo il proprio dissenso. Se si assumono, e non si vede come potrebbe essere altrimenti, i presupposti indicati dalle Sezioni Unite, non può che giungersi alla conclusione che la sentenza di proscioglimento per difetto di querela abbia natura meramente processuale, affatto pregiudizievole per gli interessi di natura privatistica della parte civile che, dovrà, potrà, se vorrà, farli, cortesemente, far valere in altra sede. Appare a tutti ovvio che la pronuncia sia destinata a far discutere, anche e soprattutto gli ermellni, posto che essa appare in contrasto con la pronuncia, sempre resa a Sezioni Unite 40049/2008 già citata, cui peraltro pare riferirsi la pronuncia allorché afferma che «la scelta dell’istante di coltivare l’azione civile nel processo penale non può essere giustificata semplicemente da una preferenza di fatto per un certo iter processuale». Posto che non è configurabile nel sistema giuridico Italiano un principio di un diritto ad agire in giudizio secondo un determinato procedimento . Come dire, il processo penale è pensato, destinato e finalizzato ad occuparsi di quei fatti umani, antigiuridici e colpevoli per il cui accertamento sono necessarie risorse ed intelligenze che non possono essere distratte o destinate ad altri fini che, seppur nobili, possono e debbono essere demandati ad altre giurisdizioni. Speriamo!
Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 21 giugno - 17 settembre 2012, numero 35599 Presidente Lupo – Relatore Galbiati Ritenuto in fatto 1. Il Giudice di Pace di Benevento dichiarava non doversi procedere nei confronti di D.M.R.M. e P.F. , imputate del reato di cui all'articolo 595 cod. penumero per difetto di valida querela. La parte civile G.E. appellava la sentenza di proscioglimento. Il Tribunale di Benevento, quale giudice di appello, con ordinanza in data 24 gennaio 2011, dichiarava l'impugnazione inammissibile per carenza di interesse, sulla considerazione che la sentenza di non doversi procedere per mancanza di querela aveva natura esclusivamente penale, non era modificabile in assenza di impugnazione del Pubblico Ministero, non era suscettibile di effetti pregiudizievoli nell'ambito dell'eventuale successivo giudizio civile. 2. Il G. proponeva ricorso per cassazione facendo valere due motivi fondati sulla denuncia di violazione di legge in relazione agli articolo 591 e 605 cod. proc. penumero . Rilevava che l'ordinanza che aveva definito il grado di appello si palesava contraria alla disciplina processuale ed agli orientamenti giurisprudenziali. Difatti, la parte civile, dopo la legge 20 febbraio 2006, numero 46 che aveva abrogato l'articolo 577 cod. proc. penumero , pur non potendo proporre impugnazione agli effetti penali contro le sentenze nei procedimenti relativi ai reati di ingiuria e diffamazione, rimaneva portatrice della pretesa risarcitoria o restitutoria ex delicto e non aveva perso la facoltà di presentare appello nel giudizio penale. Inoltre, evidenziava la sussistenza di vizio di forma, idoneo ad inficiare la legittimità della decisione di appello, consistente nella non corretta utilizzazione della forma dell'ordinanza per emettere il provvedimento conclusivo del processo di secondo grado. 3. Il ricorso veniva assegnato alla Quinta Sezione penale e trattato all'udienza del 4 aprile 2012. 4. La Quinta Sezione rilevava la sussistenza di un contrasto di giurisprudenza sulla questione concernente la ricorrenza o meno dell'interesse della parte civile a proporre ricorso avverso la declaratoria di improcedibitità per difetto di querela. Secondo un primo orientamento, più risalente nel tempo, si riteneva inammissibile per difetto di interesse il ricorso per cassazione avanzato dalla parte civile allo scopo di rimuovere una pronuncia di improcedibilità per mancanza di querela, in quanto tale pronuncia, non coinvolgendo il merito dei rapporti patrimoniali tra le parti, non impediva al giudice civile di conoscere senza vincoli le conseguenze dannose derivanti dal fatto. Inoltre, la decisione oggetto del gravame, di carattere esclusivamente penale, non era modificabile senza l'impugnazione del p.m., né conteneva alcuna statuizione sull'azione civile. Secondo altro orientamento più recente, si riteneva configurabile l'interesse della parte civile ad impugnare la sentenza di improcedibilità per mancanza di querela, atteso che la scelta di coltivare l'azione civile nel processo penale, spettante al danneggiato dal reato, rappresentava una determinazione che trovava tutela e riconoscimento nel vigente ordinamento giuridico, né a tal fine poteva rilevare in senso impeditivo la circostanza che la pronuncia di improcedibilità non fosse vincolante nell'eventuale giudizio civile. Difatti, sussisteva comunque l'interesse del querelante, costituitosi parte civile, a perseguire il proposito di chiedere nel procedimento penale l'affermazione del diritto al risarcimento del danno. In particolare, Sez. 5, numero 238 del 14/10/2011, dep. 2012, Danieli, Rv. 251701, aveva sottolineato che l'assenza di preclusione per il giudizio civile assumeva una valenza sottordinata rispetto ai principale interesse della parte civile a vedere affrontate nella sede penale le questioni di merito dalle quali dipendeva l'accoglimento della domanda di risarcimento. Al riguardo, si richiamava la motivazione della pronuncia delle Sezioni Unite numero 40049 del 29/05/2008, Guerra, Rv. 240815, la quale, in riferimento al caso dell'impugnazione della parte civile contro la decisione con la quale l'imputato era stato prosciolto con la formula il fatto non costituisce reato , aveva affermato che “non è sufficiente il fatto che la sentenza di assoluzione non abbia effetto preclusivo dell'azione civile davanti al giudice civile per escludere automaticamente l'interesse della parte civile ad impugnarla per ottenere una pronuncia diversa e l'affermazione di responsabilità dell'imputato. Infatti, con la sua costituzione di parte civile nel giudizio penale, il danneggiato ha appunto inteso trasferire in sede penale l'azione civile di danno ed ha quindi interesse ad ottenere nel giudizio penale il massimo di quanto può essergli riconosciuto”. 5. In considerazione del contrasto giurisprudenziale delineato, la Sezione Quinta rimetteva il ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell'articolo 618 cod. proc. penumero . 6. Con decreto del 17 maggio 2012 il Primo Presidente assegnava il ricorso alle Sezioni Unite fissandone la trattazione all'odierna udienza. Considerato in diritto 1. La questione di diritto per la quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite è la seguente “se sussista o meno l'interesse della parte civile a proporre impugnazione contro la declaratoria di improcedibilità per mancanza di querela”. 2. L'orientamento, indicato come originariamente consolidato della Corte di Cassazione, ribadisce l'avviso analogo espresso dalla Suprema Corte sotto la vigenza del precedente codice di procedura penale del 1930, secondo cui “la parte civile non può ritenersi legittimata ad impugnare la pronuncia di improcedibilità per difetto di querela, che concerne esclusivamente l'azione penale e non incide sull'eventuale diritto al risarcimento dei danni. Non può in nessun caso essere ammesso un ricorso che sia volto a contestare esclusivamente la pronuncia di natura penale e non indichi un interesse di natura civile collegato al suo accoglimento”. La giurisprudenza che ha affrontato la questione dell'interesse della parte civile all'impugnazione sotto il vigore del nuovo codice di procedura penale e che ha riaffermato un avviso contrario alla ricorribilità, ha ulteriormente messo in luce che la decisione di non doversi procedere per difetto di querela non può spiegare effetti pregiudizievoli nell'ambito dell'eventuale giudizio civile. Si veda in tal senso, da ultimo, Sez. 5, numero 36639 del 26/04/2005, Di Sevo, Rv. 232237 Sez. 5, numero 5373 dell'11/01/2008, Versienti, Rv. 239113 Sez. 5, numero 13312 del 08/02/2008, Baroni, Rv. 239388 Sez. 4, numero 45498 del 14/10/2008, Pirovano, Rv.241758. Per contro, l'orientamento più recente, favorevole all'impugnabilità della sentenza di proscioglimento in esame, è stato formulato con le decisioni di Sez. 5, numero 36640 del 27/04/2005, Morrione, Rv. 232338 Sez. 3, numero 26754 del 23/05/2008, Didier Sez. 2, numero 24824 del 25/02/2009, Ferracini, Rv. 244335, oltre che con l'ultima già sopra citata della Sez. 5, Danieli. 3. Le Sezioni Unite ritengono di aderire all'indirizzo già manifestato dalla Corte di Cassazione in sede di applicazione del codice di rito previgente e confermato da parte della successiva giurisprudenza, sia pure tenendo conto di argomentazioni ulteriori. 4. La soluzione della problematica posta dalla Sezione Quinta impone, innanzitutto, l'individuazione dei caratteri qualificanti l'interesse a proporre impugnazione ai sensi dell'articolo 568, comma 4, cod. proc. penumero , ad opera delle parti processuali, e nel caso della parte civile. Detto interesse deve essere apprezzabile non solo in termini di attualità ma anche di concretezza esso deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l'eliminazione del contesto pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa rispetto a quella determinatasi con la pronuncia giudiziale. D'altro canto, la concretezza dell'interesse è ravvisarle non solo quando l'impugnante, attraverso l'impugnazione, si riprometta di conseguire effetti processuali diretti vantaggiosi, ma anche quando miri ad evitare conseguenze extrapenali pregiudizievoli ovvero ad assicurarsi effetti extrapenali più favorevoli, come quelli che l'ordinamento fa derivare dal giudicato delle sentenze di condanna o di assoluzione dell'imputato nei giudizi di danno articolo 651, 652 cod. proc. penumero o in altri giudizi civili o amministrativi articolo 654 cod. proc. penumero . In altre parole, si palesano rilevanti, nei riguardi della parte civile ai fini dell'interesse ad agire, tutte le conseguenze configurabili, anche extrapenali, che possono comunque influire in modo a lei favorevole, nel giudizio di accertamento della responsabilità civile del prevenuto. In conclusione, l'impugnazione, per essere ammissibile, deve tendere all'eliminazione della lesione concreta di un diritto o di un interesse giuridico del proponente l'impugnazione. V. Sez. U, numero 42 del 03/12/1995 dep. 1996, Tampini, Rv.203093 Sez. U, numero 40049 del 25/05/2008, Guerra, Rv. 240815. 5. Sotto altro profilo, vanno esaminati, ai fini della configurazione dei caratteri propri della iniziativa della parte civile che interviene nel processo penale per esercitare l'azione civile per le restituzioni ed il risarcimento del danno, i rapporti in generale intercorrenti tra giudizio penale e giudizio civile, nonché le connotazioni del procedimento civile instaurato nel processo penale. Tanto, appunto, per evidenziare i tratti peculiari dei poteri e comportamenti processuali come regolamentati nei riguardi della parte civile, il che incide anche sui limiti dell'interesse ad agire nel giudizio penale della parte civile stessa. Al riguardo, va detto che il vigente codice di procedura penale ha adottato in principio la regola, sia pure nell'ambito della riconosciuta unitarietà della giurisdizione, della separazione delle giurisdizioni civile e penale prevedendo solo alcune ipotesi tassative nelle quali il giudicato penale ha efficacia nel giudizio civile su determinati oggetti accertati o soltanto contro determinati soggetti v. articolo 2, 3, comma 4, 651, 652, 653, 654, cod. proc. penumero . D'altro canto, va osservato che l'azione civile inserita nel processo penale assume carattere eventuale, accessorio e subordinato rispetto all'azione penale, sicché essa deve subire tutte le conseguenze e gli adattamenti derivanti dalla funzione e struttura del processo penale, cioè le esigenze, di interesse pubblico, connesse all'accertamento dei reati ed alla rapida definizione del processo. In particolare, consegue, da un verso, che l'azione civile mantiene la sua natura e caratteristiche civilistiche e che, al di fuori di quanto attiene alla natura civilistica dell'azione, i poteri ed i comportamenti processuali della parte civile sono disciplinati dal codice di procedura penale. All'uopo, è di rilievo evidenziare che l'esclusione della parte civile dal processo penale, disposta dal giudice articolo 80, 81 cod. proc. penumero , non è oggetto di impugnazione, al fine di non impedire appunto il sollecito accertamento della contestazione penale formulata nei confronti dell'imputato. 6. Debbono pure sottolinearsi i limiti sussistenti alla cognizione dell'azione civile nel processo penale. Vige il principio secondo cui il giudice penale può occuparsi dei capi civili in quanto contestualmente accerti la responsabilità penale dell'autore dell'illecito v. articolo 538, 578 cod. proc. penumero . Parimenti, il giudice può statuire sugli interessi civili in sede di impugnazione della sola parte civile avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato ex articolo 576 cod. proc. penumero in tal caso, il giudicante può accertare incidentalmente il fatto reato e la sua attribuibilità all'imputato prosciolto in primo grado, con una nuova valutazione difforme priva di effetti sul giudicato penale già formatosi . V. Sez. U, numero 25083 del 11/07/2006, Negri, Rv. 233918. 7. Si aggiunge, nell'ambito delle argomentazioni utili per la definizione della questione demandata alle Sezioni Unite, che la sentenza di non doversi procedere per mancanza di querela ha carattere meramente processuale, non contiene un accertamento mediante prove del fatto storico-reato, si limita a statuire su un aspetto processuale la non ricorrenza di una condizione di procedibilità che non consente l'accertamento in fatto, e non è idonea a fondare l'efficacia del giudicato nei processi civili, amministrativi e disciplinari in base agli articolo 652-654 cod. proc. penumero . 8. Le argomentazioni sopra svolte consentono di affermare che la presenza della parte civile nel processo penale ha la finalità esclusiva di preservare e perseguire la responsabilità civile dell'imputato con l'eccezione ora dell'impugnazione della parte civile avverso la decisione di non luogo a procedere all'esito dell'udienza preliminare, ai sensi dell'articolo 428 cod. proc. penumero , che riguarda solo gli effetti penali nonché dell'ipotesi ex articolo 38 del procedimento innanzi al Giudice di pace . La partecipazione di detta parte al giudizio penale in tanto è giustificata ed ammessa processualmente in quanto si riconnetta alla giurisdizione limitata spettante, come detto, al giudice penale sulla domande di risarcimento e restituzione formulate dalla parte civile nei confronti dell'imputato cognizione che presuppone appunto l'accertamento del fatto reato con effetti diretti ovvero incidentali nei confronti del prevenuto. Ne consegue che l'interesse ad impugnare, ex articolo 568, comma 4, cod. proc. penumero , ad opera della parte civile di sentenza di rito di non doversi procedere va valutato e configurato in relazione a dette peculiarità proprie dell'azione civile promossa nel giudizio penale. In tal senso, la decisione processuale in esame non comporta per la parte civile alcun effetto preclusivo di accertamento in sede civile articolo 652 cod. proc. penumero né pregiudizievole di alcun genere. Detto soggetto neppure ha la possibilità di ottenere, con l'impugnazione, l'affermazione di responsabilità dell'imputato sia pure in riferimento agli effetti civili, in mancanza di impugnazione sul punto del p.m. e comunque di precedente accertamento sul fatto invero, la cognizione penale si è limitata al riconoscimento della ricorrenza della pregiudiziale di rito. Diversa, in tema, è la posizione della parte civile che impugna la sentenza di assoluzione dell'imputato con la formula il fatto non costituisce reato , statuizione di per sé non preclusiva di azione civile, ma in ordine alla quale l'impugnante ha sicuramente interesse giuridico ad ottenere in sede di appello una statuizione incidentale di responsabilità della controparte con una rinnovata valutazione del fatto reato, in modo difforme rispetto all'accertamento assolutorio del primo giudice v. così, la già citata Sez. U, Guerra . Egualmente, risulta assicurata in sede civile per il danneggiato la risarcibilità totale dei danni patrimoniali ed anche non patrimoniali subiti, dovendo, per quest'ultimi, il giudice civile, nell'applicazione dell'articolo 185 cod. penumero , accertare in via incidentale se ricorrano o meno gli estremi di un reato al fine appunto della liquidazione dei danni morali v. così, Sez. 3 civ., numero 1947 del 14/05/1977, Rv. 385671 Sez. 3 civ., numero 15022 del 21/11/2000, Rv. 541961 Sez. 3 civ., n, 13972 del 30/06/2005, Rv. 582748 . 9. Ulteriormente va sottolineato che, in mancanza di gravame del p.m. della sentenza di proscioglimento per mancanza di querela, l'accertamento circa la sussistenza o meno dell'atto condizionante la procedibilità penale non influisce in alcun modo sulla posizione processuale del danneggiato, nell'esercizio dell'azione intesa ad affermare la responsabilità civile dell'autore dell'illecito e la sua obbligazione di risarcimento del danno procurato. La parte civile non ha alcun interesse a che la querela sia qualificata o meno come sussistente. In tal guisa, l'impugnazione della parte civile di una pronuncia penale meramente processuale si palesa priva di ogni idoneità ad apportare al proponente effetti di vantaggio o non pregiudizievoli di qualunque genere, non configurandosi alcuna utilità, ai fini dell'azione civilistica intentata, che, in modo concreto e attuale, immediato e diretto, risulti connessa all'accoglimento dell'impugnazione. 10. Le considerazioni suddette comprovano la non ricorrenza di interesse giuridico dell'istante all'impugnazione in sede di appello ed in sede di legittimità. 11. D'altro canto, prendendo in considerazione l'orientamento giurisprudenziale più recente che ammette l'impugnabilità della sentenza di non doversi procedere, deve ritenersi che la scelta dell'istante di coltivare l'azione civile nel processo penale non può essere giustificata semplicemente da una preferenza di fatto per un certo iter processuale . Invero, non è configurabile in principio un diritto ad agire in giudizio secondo un determinato procedimento, salva la previsione normativa di specifiche forme di tutela giurisdizionale, disciplinate dall'ordinamento processuale in relazione al concreto bisogno di tutela delle singole situazioni di diritto sostanziale fatte valere. Il che non appare verificarsi nel caso di specie, essendo il diritto al risarcimento del danno del danneggiato congruamente garantito innanzi al giudice civile, nell'insussistenza delle condizioni di procedibilità che consentono l'esercizio dell'azione in sede penale nei confronti del responsabile dell'illecito. 12. Il secondo motivo di ricorso, concernente la forma del provvedimento con il quale il giudice di appello ha dichiarato l'inammissibilità dell'impugnazione della parte civile per carenza di interesse, appare assorbito dalla reiezione della prima censura. Comunque, va detto che il provvedimento assunto, qualificato dal giudice come ordinanza, in sostanza presenta tutti gli elementi configuranti una sentenza emessa a séguito di celebrazione del dibattimento, a conclusione del grado di giudizio svolto secondo le forme di cui agli articolo 601 e segg. cod. proc. penumero . E come tale, esso risulta correttamente emanato, v. Sez. 1, numero 9283 del 12/07/1995, Fanizzi, Rv. 202232 Sez. 1, numero 11027 del 13/07/1998, Aleo, Rv. 211608 . 13. Pertanto, deve enunciarsi il seguente principio di diritto ”la parte civile è priva di interesse a proporre impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato per l'improcedibilità dell'azione penale dovuta a difetto di querela”. 14. Il ricorso della parte civile G.E. va, dunque, rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.