Data la natura irrinunciabile del diritto alle ferie, tutelato dall’articolo 36 della Costituzione e dal disposto dell’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE, nel caso di ferie non godute spetta al lavoratore un’indennità sostitutiva, indipendentemente dal fatto che ci sia una responsabilità del datore di lavoro in relazione alla mancata fruizione del riposo. L’indennità ha sia carattere risarcitorio che retributivo, in relazione rispettivamente alla perdita di un bene ed al pagamento del corrispettivo per il lavoro svolto in un periodo destinato alle ferie.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 276/16 depositata il 12 gennaio. Il caso. La Corte d’Appello di Roma accoglieva la domanda di gravame proposta da un lavoratore avverso la sentenza con cui il Tribunale competente aveva accolto soltanto in parte la sua domanda di pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute nei confronti di una s.p.a. . La società soccombente ricorreva per cassazione, lamentando la sussistenza dell’ipotesi di cui all’articolo 1227 c.c. concorso del fatto colposo del creditore ed eccependo la natura retributiva dell’indennità sostitutiva delle ferie, valorizzandone soltanto il valore risarcitorio. Indennità sostitutiva delle ferie duplice natura, risarcitoria e retributiva. La Corte di legittimità ha valutato come inconferenti i motivi di gravame concernenti la configurazione di un concorso colpose del creditore nella determinazione del danno, rilevando come le allegazioni con cui il lavoratore aveva rappresentato di aver più volte chiesto di poter godere delle ferie non siano state contestate in sede di giudizio e debbano ritenersi, pertanto, provate. La Suprema Corte ha, successivamente, ribadito il costante orientamento per cui, data la natura irrinunciabile del diritto alle ferie, tutelato dall’articolo 36 della Costituzione e dal disposto dell’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE, nel caso di ferie non godute spetta al lavoratore un’indennità sostitutiva. Tale indennità, hanno chiarito gli Ermellini, è dovuta anche qualora non vi sia una responsabilità del datore di lavoro in relazione alla mancata fruizione delle ferie. Peraltro, il Collegio ha evidenziato che la somma ha tanto carattere risarcitorio, poiché compensativa del danno integrato dalla perdita del bene riposo, tempo per le relazioni sociali e per attività di svago , quanto natura retributiva. Quanto sopra, in relazione al fatto che tale indennità integra il corrispettivo di un’attività lavorativa resa in un periodo di tempo destinato al godimento delle ferie. La Suprema Corte ha, pertanto, sottolineato il carattere illegittimo di qualsiasi disposizione dei contratti collettivi che escluda la natura obbligatoria della corresponsione dell’equivalente economico dei periodi di ferie non goduti, in sede di risoluzione del rapporto. Eccezione è rappresentata, ha chiosato il Collegio, dall’ipotesi in cui il lavoratore si sia rifiutato di fruire del periodo di ferie, proposto dal datore. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 15 ottobre 2015 – 12 gennaio 2016, numero 276 Presidente Amoroso – Relatore Berrino Svolgimento del processo La Corte d'appello di Roma ha accolto l'impugnazione di U.M. avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale capitolino, che gli aveva accolto solo in parte la domanda volta alla condanna della società Rai - Radiotelevisione Italiana s.p.a. al pagamento dell'indennità sostitutiva delle ferie non godute, ed in parziale riforma di tale decisione ha condannato l'appellata al pagamento del maggiore importo richiesto di Euro 53.502,26 in luogo di quello di Euro 17.527,00 liquidato dal primo giudice. La Corte territoriale ha escluso che nella fattispecie fosse ravvisabile l'ipotesi del concorso di un fatto colposo del creditore nella determinazione del danno di cui all'articolo 1227 cod. civ., posto che per la parte relativa allo smaltimento delle ferie non ancora godute dal personale giornalistico, di cui all'accordo del 18.7.1995 tra la RAI e l'associazione sindacale USIGRAI, la datrice di lavoro era rimasta inadempiente rispetto al disposto di cui al punto 9, nel senso che non aveva provveduto a collocare in ferie il ricorrente che non aveva presentato la relativa domanda. Inoltre, la società non aveva negato quanto dedotto nel ricorso dall'U. circa il ripetuto tentativo di far presente all'azienda il suo diritto a fruire delle ferie come tutti gli altri dipendenti, ricevendone per risposta che l'organico degli inviati era insufficiente e che non poteva essere sostituito nei momenti di grandi eventi, per cui il mancato godimento delle ferie da parte del ricorrente doveva essere addebitato esclusivamente alla datrice di lavoro. Per la cassazione della sentenza propone ricorso la RAI Radiotelevisione Italiana s.p.a. con cinque motivi. Resiste con controricorso l'U. . Le parti depositano memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Col primo motivo la ricorrente deduce l'erroneo convincimento della Corte territoriale in ordine alla non rilevabilità d'ufficio dell'articolo 1227 cod. civ. nell'ipotesi di concorso della responsabilità del lavoratore nell'omessa fruizione delle ferie. Si sostiene in particolare che, a fronte della prospettazione aziendale della necessità di una attenuazione delle conseguenze risarcitorie del danno lamentato dall'U. per non aver fruito di parte delle ferie, la Corte d'appello non avrebbe potuto esimersi da una valutazione ponderata, dovendo comunque verificare se ed in quali termini il comportamento del lavoratore avesse concorso a determinare la perdita patrimoniale dal medesimo subita. 2. Col secondo motivo, dedotto per violazione delle norme di cui agli articolo 2109, 1218, 1204 e 1205 cod. civ., la ricorrente censura l'impugnata sentenza nella parte in cui è stata integralmente accolta la domanda sulla base della considerazione che l'indennità per mancato godimento delle ferie aveva natura retributiva, con conseguente inapplicabilità del principio del ridimensionamento del risarcimento riconducibile all'articolo 1227 cod. civ. In pratica, secondo la tesi difensiva della RAI, il lavoratore non aveva la possibilità, a causa del decorso del tempo dal momento in cui era maturato il suo diritto alle ferie annuali, a ricostituire le proprie energie lavorative, per cui, considerato anche il maggior onere che ne derivava per la parte datoriale, il medesimo poteva vantare solo un diritto al risarcimento del danno che doveva essere, però, vagliato alla luce della verifica della sussistenza del concorso del fatto colposo del creditore. 3. Col terzo motivo la ricorrente, nel dolersi della violazione di cui all'articolo 360 numero 5 c.p.c., lamenta l'insufficienza della motivazione, la mancata considerazione delle argomentazioni difensive anche di carattere istruttorie, l'erroneo convincimento dei giudici d'appello in ordine alla irrilevanza del comportamento dell'U. nella autodeterminazione dei titoli di assenza dal lavoro, l'omesso esame delle prove testimoniali richieste in merito all'obbligo del dipendente di articolare, da buon padre di famiglie, il proprio impegno lavorativo ed all'accertamento dell'abuso compiuto dal medesimo nell'imputare ai permessi, anziché alle ferie, un numero abnorme di giornate. 4. Col quarto motivo la ricorrente denunzia la carenza e l'illogicità della motivazione per la ritenuta sussistenza di un diritto al risarcimento coincidente con l'integrale corrispettivo di 171 giorni lavorativi per l'affermata responsabilità aziendale, nonché l'omessa vantazione della eccepita corresponsabilità dell'U. nella verificazione del danno. Al riguardo si contesta la valenza data dalla Corte d'appello al documento certificativo delle ferie spettanti al dipendente, in quanto si assume che tale documento era stato procurato dall'U. nell'ambito della segreteria dal medesimo coordinata e nella quale confluivano acriticamente le indicazioni dei giornalisti, per cui non poteva essere attribuito allo stesso il valore di un riconoscimento aziendale. 5. Col quinto motivo si denunzia, in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c., la mancata applicazione nella fattispecie dei principi di cui agli articolo 1227 e 1375 cod. civ Si sostiene, invero, che la Corte di merito non avrebbe fatto buon uso della norma di cui all'articolo 1227 c.c. non attribuendo rilevanza, nella determinazione del danno, al comportamento dell'U. che aveva contribuito alla sua determinazione non tentando nemmeno di recuperare le ferie prima della cessazione del rapporto di lavoro. Inoltre, la quantificazione del danno, commisurato alle emerse corresponsabilità del dipendente che non si era attivato a chiedere le ferie, avrebbe dovuto essere eseguita in via equitativa in misura non superiore a quella stabilita dal primo giudice. Osserva la Corte che il primo motivo, formulato per violazione di legge, il terzo e quarto motivo, proposti per vizio di motivazione, possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione in quanto introducono, sotto diversi aspetti, lo stesso tema della asserita corresponsabilità del lavoratore nella determinazione del danno derivatogli dal mancato godimento delle ferie. Tali motivi sono infondati. Invero, la decisione impugnata si basa sulla constatazione di fatto della provata inadempienza dell'azienda, inadempienza ravvisata nel mancato esercizio del potere datoriale di collocare il dipendente in ferie in caso di assenza di richiesta nei termini contrattuali, potere, questo, espressamente previsto al punto 9 dell'accordo sindacale del 18.7.1995 tra RAI ed USIGRAI in ordine allo smaltimento delle ferie non ancora godute dal personale giornalistico la Corte ha rilevato che era pacifico che l'U. fosse vice-capo redattore , per cui appaiono inconferenti i rilievi svolti sulla rilevabilità d'ufficio dell'ipotesi di cui all'articolo 1227 cod. civ. sul concorso colposo del creditore nella determinazione del danno. In ogni caso un tale concorso è stato escluso dalla Corte in base alla considerazione, adeguatamente motivata ed esente da vizi logici e giuridici, che era stato proprio il comportamento inadempiente della datrice di lavoro a determinare i presupposti della mancata fruibilità delle ferie da parte del dipendente. A tal riguardo la Corte di merito ha posto bene in evidenza che le allegazioni dell'U. , il quale aveva più volte dedotto in causa di aver ripetutamente fatto presente all'azienda il suo diritto ad usufruire le ferie come tutti gli altri dipendenti, sentendosi opporre esigenze organizzative dovute all'insufficienza dell'organico degli inviati e all'impossibilità di una sua sostituzione come inviato nei momenti dei grandi eventi, non erano state contestate in maniera specifica dalla controparte, al punto da potersi ritenere come provate. Tra l'altro, secondo la condivisa analisi condotta dai giudici d'appello, la suddetta previsione collettiva era significativa della necessità datoriale di regolare la disciplina delle ferie arretrate, proprio al fine di evitare che le esigenze aziendali si traducessero in un impedimento alla loro normale fruizione, diritto, questo, costituzionalmente garantito ed irrinunciabile. Inoltre, il rimedio del collocamento forzoso in ferie, così come previsto dalla summenzionata fonte collettiva, era anche idoneo, se puntualmente esercitato, a privare di rilievo la mancata collaborazione del lavoratore che non presentava l'apposito piano di ferie. Quanto agli aspetti del terzo e quarto motivo, riflettenti la lamentata ricorrenza di vizi della motivazione relativi al convincimento dei giudici d'appello sulla ritenuta sussistenza del diritto in esame ed alla valutazione delle argomentazioni difensive e di carattere istruttorio, si osserva che questa Corte ha già avuto occasione di ribadire Cass. Sez. Lav. numero 7394 del 26/3/2010 che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell'ari 360 numero 5 cod. proc. civ., qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione . in senso conf. v. Cass. sez. lav. numero 6064 del 6.3.2008 . Egualmente infondati sono il secondo ed il quinto motivo, che possono esaminarsi congiuntamente in quanto comportano la disamina della stessa questione della spettanza per intero dell'indennità dovuta al mancato godimento delle ferie alla luce dell'asserita mancata cooperazione della parte creditrice atta ad evitare il lamentato evento o l'aggravamento delle sue conseguenze. Orbene, fermo restando quanto già illustrato in ordine alla validità della decisione incentrata sulla rilevata insussistenza dei presupposti di cui all'articolo 1227 cod. civ. atti a giustificare una mitigazione della predetta condanna, si rivela, altresì, infruttuoso il tentativo della ricorrente di far discendere dalla prospettata natura risarcitoria dell'indennizzo in esame la necessità di una verifica dell'entità dell'importo oggetto di condanna. Infatti, come questa Corte ha già precisato, Cass. Sez. Lav. numero 11462 del 9/7/2012 in relazione al carattere irrinunciabile del diritto alle ferie, garantito anche dall'articolo 36 Cost. e dall'articolo 7 della direttiva 2003/88/CE v. la sentenza 20 gennaio 2009 nei procedimenti riuniti c-350/06 e c-520/06 della Corte di giustizia dell'Unione Europea , ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore l'indennità sostitutiva che ha, per un verso, carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita di un bene il riposo con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali, l'opportunità di svolgere attività ricreative e simili al cui soddisfacimento l'istituto delle ferie è destinato e, per altro verso, costituisce erogazione di indubbia natura retributiva, perché non solo è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, quale rapporto a prestazioni corrispettive, ma più specificamente rappresenta il corrispettivo dell'attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo di per sé retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perché destinato al godimento delle ferie annuali, restando indifferente l'eventuale responsabilità del datore di lavoro per il mancato godimento delle stesse. Ne consegue l'illegittimità, per contrasto con norme imperative, delle disposizioni dei contratti collettivi che escludano il diritto del lavoratore all'equivalente economico di periodi di ferie non goduti al momento della risoluzione del rapporto, salva l'ipotesi del lavoratore che abbia disattesa la specifica offerta della fruizione del periodo di ferie da parte del datore di lavoro. Sulla natura mista dell'indennità sostitutiva delle ferie v. in senso conforme Cass. Sez. Lav. numero 19303 del 25/9/2004 e Cass. Sez. Lav. numero 20836 dell'11/9/2013 . Pertanto, il ricorso va rigettato. Le spese di presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 4000,00 per compensi professionali e di Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori.