L’illecita compensazione di debiti INPS non è truffa ma reato in materia di imposte sui redditi

La compensazione illecita, ex articolo 10 – quater, d.lgs. numero 74/00, può essere configurabile anche tra crediti e debiti di diversa natura, senza alcuna distinzione tra debiti fiscali e quelli di diversa origine. Si risolve in questo modo come apparente il concorso della disposizione citata con le norme penali in materia di truffa ai danni dello Stato.

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza numero 5177/15, depositata il 4 febbraio. Il caso. Il p.m. del Tribunale di Chieti impugna in Cassazione la pronuncia con cui il G.u.p. locale ha dichiarato non luogo a procedere, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, nei confronti di un’imputata, avendo riqualificato l’originaria imputazione di truffa ai danni dello Stato in delitto di indebita compensazione, di cui all’articolo articolo 10 – quater, d.lgs. numero 74/00. La condotta contestata all’imputata, amministratore unico di una s.r.l., era riferita all’aver posto in essere artifici e raggiri consistiti nell’indicazione a conguaglio, nelle denunce mensili di retribuzioni, di somme di denaro figurabili come anticipate dall’INPS ai lavoratori dipendenti ed in realtà mai corrisposte. In tal modo ometteva il versamento dei corrispondenti importi all’ente previdenziale e traeva in inganno i funzionari di quest’ultimo, ottenendo un ingiusto profitto per se e cagionando un danno per l’ente medesimo. Il rapporto tra truffa e indebita compensazione. Con l’unico motivo di ricorso, il p.m. lamenta violazione di legge per aver il giudice riqualificato la condotta contestata, la quale avrebbe dovuto essere invece considerata come truffa, in quanto anche la semplice menzogna, ove sia idonea ad ottenere dal soggetto a cui è diretta un ingiusto profitto, con altrui danno, può integrare il reato indicato dal p.m La Suprema Corte, richiamando alcune precedenti, afferma che, in materia di reati tributari, il titolo della legge in questo caso, per il d.lgs. numero 74/00, «Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto» , non vincola l’interprete. Considera inoltre la Corte il dato letterale riscontrabile nell’articolo 17, d.lgs. numero 241/97 relativo a debiti e crediti suscettibili di compensazione, il quale, ricomprendendo anche quelli relativi a contributi previdenziali, si riferisce agli importi non versati come «somme dovute», omettendo volontariamente ogni riferimento al titolo del debito, proprio in ragione della possibilità di applicare l’istituto a qualunque tipologia di debito. È possibile rilevare inoltre il rapporto di specialità tra la truffa e la compensazione illecita, individuando l’elemento specializzante nella natura dell’artificio ovvero nella compensazione mediante crediti inesistenti o non dovuti e nel soggetto passivo definito attraverso il rinvio ai soggetti creditori di cui all’articolo 17, d.lgs. numero 241/97 . Nel caso di specie, la qualificazione giuridica della condotta da parte della sentenza impugnata appare perfettamente coerente con gli indirizzi interpretativi consolidati e richiamati dalla S.C Allo stesso modo si sottrae ad ogni censura di legittimità, l’affermazione di irrilevanza penale del fatto per il mancato superamento della soglia di punibilità. Per questi motivi, la Cassazione rigetta il ricorso del p.m

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 gennaio – 4 febbraio 2015, numero 5177 Presidente Squassoni – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Chieti, con sentenza del 29/1/2014 ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di T.E. perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, in ordine al delitto di cui all'articolo 10-guater d.lgs. 74/2000, così riqualificata l'originaria imputazione riferita agli articolo 81 e 640, comma 2 cod. penumero , contestata per avere, quale amministratore unico della “D'AMICO FILIPPO s.r.l.”, posto in essere artifici e raggiri consistiti nel porre indebitamente a conguaglio, nelle denunce mensili delle retribuzioni DM10 , somme di denaro che faceva figurare come anticipate a vario titolo, per conto dell'INPS, ai lavoratori dipendenti ed in realtà mai corrisposte, traendo così in inganno i competenti funzionari dell'ente previdenziale, procurandosi un ingiusto profitto consistito nell'omesso versamento all'ente di somme di pari importo di quelle fittiziamente anticipate, con conseguente danno per l'ente medesimo fatti commessi in OMISSIS . Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Chieti. 2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rilevando che la condotta contestata configurerebbe comunque la truffa, integrabile anche mediante la semplice menzogna, ovvero l'indicazione di fatti non rispondenti al vero, purché dette condotte siano idonee ad ottenere, da parte del destinatario delle stesse, atti di disposizione patrimoniale tali da conseguire un profitto ingiusto con altrui danno. Aggiunge che il G.U.P. avrebbe erroneamente inquadrato la condotta nell'ambito dell'articolo 10-quater d.lgs. 74/2000, riguardando tale norma solo ed esclusivamente le obbligazioni di natura tributaria e non anche quelle di natura contributiva. Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. L'articolo 10-quater d.lgs. 74/2000 così dispone “La disposizione di cui all'articolo 10-bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche a chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, numero 241, crediti non spettanti o inesistenti”. La questione che si prospetta nel caso in esame riguarda il rapporto tra il delitto di truffa e quello contemplato dalla disposizione appena richiamata. Si tratta di argomento che la giurisprudenza di questa Corte ha già affrontato, giungendo a conclusioni che il Collegio condivide e dalle quali non intende discostarsi. 2. In una precedente decisione Sez. 2, numero 35968 del 20/5/2009, Cecconi, Rv. 245586 si è ritenuta la sussistenza del concorso apparente di norme rilevando, in primo luogo, come l'articolo 10-quater d.lgs. 74/2000 sia riferibile anche alle compensazioni riguardanti crediti previdenziali. È questo un argomento che viene introdotto anche dal Pubblico Ministero ricorrente e che la richiamata decisione ha risolto osservando come il titolo della legge, riferito ai reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, non sia vincolante per l'interprete e richiamando l'attenzione sul riferimento, contenuto nell'articolo, all'articolo 17 del d.lgs. 241/1997, il quale indica, tra i debiti e crediti suscettibili di compensazione, anche quelli relativi a contributi previdenziali e si riferisce agli importi non versati indicandoli come “somme dovute”, espressione volutamente priva di riferimenti al titolo del debito proprio in ragione del fatto della diversa tipologia di crediti e debiti oggetto di compensazione. Si fa inoltre rilevare che una diversa lettura della disposizione ne renderebbe ardua la concreta applicazione nel caso in cui venga portato in compensazione un credito fittizio incidente su partite debitorie fiscali e non fiscali, in quanto la compensazione viene effettuata sulla somma delle posizioni debitorie del contribuente senza distinzione tra debito fiscale e debiti di diversa natura. La richiamata sentenza rileva, inoltre, l'esistenza di un rapporto di specialità tra la truffa e la compensazione illecita, individuando l'elemento specializzante nella esatta individuazione della natura dell'artificio, consistente nella compensazione mediante crediti inesistenti o non dovuti e del soggetto passivo, effettuata attraverso il rinvio, definito “recettizio e conchiuso”, ai soggetti creditori indicati nell'articolo 17 del d.lgs. 241/1997. 3. Ad identiche conclusioni è pervenuta una successiva pronuncia Sez. 2, numero 22191 del 4/4/2014, Libertone, Rv. 259578 la quale, richiamando gli argomenti sviluppati nella precedente decisione, ha anche rilevato che il riconosciuto rapporto di specialità tra le due fattispecie esaminate si pone in linea con la decisione delle Sezioni Unite Sez. U, numero 1235 del 28/10/2010 dep. 2011 , Giordano, Rv. 248865 che ha ritenuto configurabile un tale rapporto tra le fattispecie penali tributarie in materia di frode fiscale articolo 2 ed 8, D.Lgs. 10 marzo 2000, numero 74 ed il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato articolo 640, comma secondo, numero 1, cod. penumero , in quanto “qualsiasi condotta fraudolenta diretta alla evasione fiscale esaurisce il proprio disvalore penale all'interno del quadro delineato dalla normativa speciale, salvo che dalla condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all'evasione fiscale, quale l'ottenimento di pubbliche erogazioni”. 4. Date tale premesse, deve rilevarsi che la qualificazione giuridica del fatto effettuata nell'impugnata decisione appare corretta, così come corretta risulta la riconosciuta irrilevanza penale del fatto per il mancato superamento della soglia di punibilità. L'articolo 10-quater d.lgs. 74/2000 stabilisce, infatti, che la disposizione del precedente articolo 10-bis si applica “nei limiti ivi previsti” e tale ultima disposizione prevede che il mancato versamento deve riguardare un ammontare superiore ai 50.000,00 Euro per periodo di imposta perviene alle stesse conclusioni anche Sez. 2, numero 22191 del 4/4/2014, Libertone, Rv. 259578, cit. . Nella fattispecie il giudice del merito ha correttamente rilevato che gli importi portati ad indebita compensazione non superavano detto importo. Il ricorso del Pubblico Ministero deve conseguentemente essere rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso del Pubblico Ministero.