Ancora in piedi il procedimento penale. Tuttavia, il tempo trascorso dai fatti e la sporadicità delle assenze illegittime del lavoratore rendono poco plausibile l’ipotesi della reiterazione del reato contestato, cioè quello di truffa aggravata. Cancellato quindi il provvedimento di sospensione dal servizio.
Cartellino timbrato. Ufficialmente a lavoro. In realtà subito fuori azienda, destinazione il negozio della compagna. A beccare il lavoratore – dipendente in qualità di autista della società, partecipata della Regione Sicilia, che gestisce il ‘118’ – sono stati i Carabinieri. Inevitabile l’accusa di truffa. Non altrettanto scontata, invece, la sospensione dal servizio. L’ultima parola, pronunciata dalla Cassazione, è favorevole all’uomo legittima la sua richiesta di tornare operativo per la propria azienda Cassazione, sentenza numero 25136, sezione Seconda Penale, depositata il 16 giugno 2016 . Assenze. A ottobre 2014 la vicenda conquista l’attenzione dei media nazionali, che riportano, in dettaglio, il blitz compiuto dai Carabinieri. E dodici mesi dopo viene decisa l’applicazione della «sospensione temporanea dal servizio». Per il Tribunale della libertà vi sono «tutti i presupposti per l’adozione della misura». Rilevanti le «condotte» poste in essere dal lavoratore, qualificate come «truffa aggravata» egli, difatti, si è «assentato in tre giorni dal servizio». Evidente, poi, il «pericolo di reiterazione» del reato, non essendo influenti, secondo i giudici, «il tempo trascorso dai fatti» e «le nuove mansioni» affidate dall’azienda al dipendente. Sospensione. Di avviso completamente opposto, invece, i magistrati della Cassazione. Fragile viene ritenuta la valutazione compiuta dal Tribunale della libertà. In sostanza, secondo i Giudici del ‘Palazzaccio’, è generico il richiamo al «pericolo di reiterazione di altre condotte di assenteismo». A maggior ragione se, viene evidenziato, si tengono presenti due elementi primo, «la consumazione dei fatti a distanza di oltre un anno dall’applicazione della misura» secondo, la realizzazione delle assenze, con cartellino timbrato, «in tre isolate occasioni». Per i magistrati di Cassazione, quindi, appare plausibile escludere «la concretezza delle esigenze cautelari». Ciò significa, di conseguenza, cancellare in maniera definitiva il provvedimento di applicazione della «sospensione temporanea» del lavoratore «dal servizio».
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 25 maggio – 16 giugno 2016, numero 25136 Presidente Gallo – Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1.1 Con ordinanza in data 22 ottobre 2015 il Tribunale della Libertà di Palermo accoglieva l'appello proposto dal Procuratore della Repubblica avverso l'ordinanza del Tribunale di Palermo del 22 gennaio 2016 che aveva rigettato l'istanza di applicazione della misura interdittiva della sospensione temporanea dal servizio nei confronti di B.F. e disponeva la predetta misura. 1.2 Riteneva il Tribunale della libertà che sussistevano tutti i presupposti per l'adozione della disposta misura interdittiva poiché, sotto il profilo indiziario, rilevavano le condotte poste in essere dal B. qualificate come truffa aggravata e continuata essendosi lo stesso assentato in tre giorni dal servizio prestato presso l'ente pubblico SEUS mentre, con riguardo alle esigenze, emergeva il pericolo di reiterazione essendo non influente sia il tempo trascorso dalla commissione dei fatti un anno che le nuove mansioni cui era stato adibito l'imputato. 1.3 Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il B., lamentando inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ex articolo 606 lett. b cod.proc.penumero in relazione alla ritenuta esigenza cautelare del pericolo di reiterazione, affermata senza tenere conto dello stato di incensuratezza e delle concrete modalità del fatto accertato che attestavano, al più, un'assenza per circa due ore e quindi senza alcun danno economicamente apprezzabile. Con il secondo motivo deduceva analogo vizio in ordine alla ritenuta qualifica di incaricato di pubblico servizio ed infine lamentava violazione di legge per omessa sottoposizione dell'indagato ad interrogatorio di garanzia. All'udienza del 25 maggio 2016 le parti concludevano come in epigrafe. Considerato in diritto Preliminarmente deve respingersi l'istanza di rinvio avuto riguardo alla fase cautelare dei presente procedimento ed alle disposizioni dei codice di autoregolamentazione in proposito. 2.1 II primo motivo di ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto. Ed infatti, con riguardo alle misure interdittive questa Corte ha già avuto modo di affermare che in tema di misure cautelari personali, il parametro della concretezza dei pericolo di reiterazione di reati della stessa indole non può essere affidato ad elementi meramente congetturali ed astratti, ma a dati di fatto oggettivi ed indicativi delle inclinazioni comportamentali e della personalità dell'indagato, tali da consentire di affermare che quest'ultimo possa facilmente, verificandosene l'occasione, commettere detti reati Sez. 6, numero 38763 dei 08/03/2012, Rv. 253372 deve pertanto affermarsi, anche facendo applicazione delle modificazioni introdotte dalla legge 47 del 2015, che il pericolo di reiterazione dei reati non può essere affidato a valutazioni meramente congetturali ed ipotetiche. Orbene, nel caso in esame, il Tribunale della Libertà di Palermo non ha spiegato perché ritenere concretamente sussistente il pericolo di reiterazione di altre condotte di assenteismo a fronte dell'avvenuta consumazione dei fatti a distanza di oltre un anno dall'applicazione della misura e della perpetrazione degli stessi in tre isolate occasioni per l'accertamento delle quali pende il giudizio penale. Corretto appare pertanto il giudizio espresso dal Tribunale di Palermo che in sede di reiezione dell'istanza formulata dal Pubblico Ministero aveva escluso la concretezza delle esigenze cautelari rispetto alle quali difetta anche il necessario ed imprescindibile elemento dell'attualità che secondo la rinnovata disposizione di cui all'articolo 274 cod.proc.penumero non può neppure essere desunto dalla sola gravità dei reato per cui si procede. Alla luce delle predette considerazioni l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato.