Detenuto chiede il beneficio della liberazione anticipata speciale … ma la finestra aperta ai condannati per i reati ostativi si chiude subito

La liberazione anticipata speciale è un beneficio penitenziario che non incide su reato e pena, di conseguenza non si applicano le disposizioni sulla irretroattività della legge penale più sfavorevole previste dal diritto interno e neppure quelle dell’articolo 7 Cedu.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 18709/15 depositata il 6 maggio. Il caso. Un detenuto, condannato per uno dei reati ostativi ai benefici penitenziari di cui all’articolo 4 - bis l. numero 354/1975 Ordinamento penitenziario che si trovava in espiazione di un provvedimento di cumulo con «fine pena mai» ergastolo , approfittava della normativa di favore con cui ha trovato cittadinanza nell’ordinamento italiano la figura della liberazione anticipata speciale. L’istituto comporta la sottrazione di pena di 75 per ogni semestre in luogo degli ordinari 45, già previsti dall’articolo 54 della legge sull’ordinamento penitenziario. La domanda avanzata dal detenuto però veniva respinta rectius , dichiarata inammissibile dal Magistrato di Sorveglianza di Nuoro, decisione confermata anche dall’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Sassari che respingeva il reclamo proposto. Di qui il ricorso davanti alla Corte di Cassazione. La liberazione anticipata speciale. Il beneficio invocato è stato introdotto con decreto l. numero 146 del 23 dicembre 2013 recante «Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria», poi convertito con modifiche con la l. numero 10 del 21 febbraio 2014. Nella versione originaria, il decreto legge prevedeva che il beneficio della detrazione di 75 giorni di pena per ogni singolo semestre di pena scontata potesse essere esteso a tutti i condannati, senza distinzioni, beninteso a condizione che il detenuto in espiazione pena per i delitti di cui all’articolo 4 – bis , ord. penumero avesse dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti indicatori del positivo evolversi della personalità. La legge di conversione, tuttavia, ha eliminato il riferimento ai condannati per delitti previsti dall’articolo 4 – bis , ord. penumero norma che, come risaputo, in generale, pone il divieto di concessione dei benefici penitenziari per i condannati per i delitti in quella sede richiamati ed anzi, con una decisa inversione di rotta, ha sancito espressamente che la maggiore detrazione di pena esclude quei condannati per la richiamata categoria di reati, dunque escludendo radicalmente dall’accesso al beneficio penitenziario tutti i condannati in espiazione di pena per i predetti delitti. L’estensione, peraltro, è definitivamente decaduta, in ragione della mancata conversione della previsione. Se la domanda di beneficio è intervenuta nell’arco di tempo di vigenza del decreto legge più favorevole? La disciplina non si presta a equivoci se vista in momenti statici, il contrario, invece, riguardo al caso, come quello in esame, in cui il condannato per reati ostativi abbia approfittato della finestra temporale più favorevole per proporre domanda di applicazione del beneficio. Evocata la natura sostanziale della pena per sostenere la natura sostanziale del beneficio che quella pena riduce La tesi del detenuto era che le modifiche apportate in sede di conversione del decreto legge – di esclusione dell’applicazione del beneficio per i condannati per i reati c.d. ostativi – non si applicherebbero in quanto la domanda di ammissione al beneficio era precedente la conversione, e ciò in quanto la liberazione anticipata, incidendo sulla durata della pena, avrebbe carattere sostanziale. Sotto diverso profilo, il ricorrente sosteneva che occorresse avere riguardo al tempo della proposizione della domanda, tempo in cui, nel caso concreto – medio tempore – l’accesso al beneficio era consentito. ma per la Cassazione il tempo che rileva è quello del fatto e non della domanda. La Suprema Corte non aderisce a tale tesi e ribadisce che le disposizioni in scrutinio attengono l’esecuzione della pena e non la sua determinazione. In proposito, la Corte richiama la giurisprudenza della CEDU che ha affermato che, se la natura e il fine della misura riguarda la detrazione di una pena o una modifica del regime di liberazione anticipata, non si applica il principio di irretroattività della pena successiva più sfavorevole di cui all’articolo 7 CEDU. Inoltre, per la Cassazione, il tempo che rileva è quello del fatto e non quello della domanda del beneficio penitenziario. Peraltro, la Corte di legittimità evidenzia che la regola che fa riferimento alla disciplina vigente al momento della domanda è propria della materia processuale, settore dell’ordinamento che, invece, proprio il ricorrente esclude sia quello in esame nel momento in cui evoca la natura sostanziale del beneficio penitenziario speciale. Qual è la sorte delle disposizioni dei decreti legge non recepite nella legge di conversione? La questione riguarda, più in generale, il piano costituzionale che disciplina la validità delle leggi nel tempo, non sempre ascrivibile al fenomeno della successione delle leggi. In particolare, l’articolo 77 della Costituzione, come noto, dispone che i decreti legge perdono efficacia ex tunc se non sono convertiti in legge entro 60 giorni, potendo, peraltro, il Parlamento regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Le disposizioni non confluite nella legge di conversione – vuoi perché il decreto non è stato convertito, vuoi perché lo è stato solo in parte – possono conservare un’efficacia limitata agli atti o ai rapporti giuridici sorti sulla base del decreto non convertito senza che ciò significhi riconoscere un diritto o un’aspettativa per situazioni pendenti davanti ad un’autorità giudiziaria al momento della conversione del decreto legge. Il decreto legge non convertito non è una norma provvisoria. La Corte costituzionale, già nel 1985, ha precisato che la norma contenuta nel decreto legge non convertito non è una norma da considerarsi valida “a tempo”, cioè nell’arco temporale tra la sua adozione e la mancata conversione. La norma non convertita non rientra nel fenomeno successorio. Il giudice delle leggi ha altresì precisato che la disposizione del decreto legge non convertito non è idonea ad inserirsi tra quei provvedimenti che partecipano della successione di leggi nel tempo, non dovendosi applicare, pertanto, le norme penali che regolano il fenomeno successorio delle norme penali sostanziali per le quali vige il principio di irretroattività delle disposizioni sfavorevoli. La disposizione non convertita non ha vigore ultrattivo. Alla luce di quanto premesso, la Cassazione ha ribadito che la disposizione che consentiva anche ai detenuti per delitti c.d. ostativi di accedere al beneficio della liberazione anticipata speciale, considerato che non è stata recepita dalla legge di conversione, non ha alcun vigore ultrattivo quanto detto, neppure nel caso in cui la relativa domanda sia stata presentata in forza del decreto legge in essere, perché vale la disposizione recepita nella successiva legge di conversione, sebbene più sfavorevole per il detenuto che, nell’arco di tempo prima della conversione o della mancata conversione non matura alcuna aspettativa ciò alla luce dell’interpretazione della norma costituzionale secondo cui il decreto legge non convertito cessa di efficacia sin dall’inizio in caso di mancata conversione.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 1 aprile – 6 maggio 2015, numero 18709 Presidente Di Tomassi – Relatore Mazzei Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, emessa il 5 giugno 2014, il Tribunale di sorveglianza di Sassari ha respinto il reclamo di R.B. , in espiazione di provvedimento di cumulo con fine pena mai, proposto ai sensi dell'articolo 69-bis della legge 26 luglio 1975, numero 354, di ordinamento penitenziario Ord. Penumero avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Nuoro che aveva dichiarato inammissibile la sua domanda di liberazione anticipata speciale, avanzata a norma dell'articolo 4, commi 1 e 4, d.l. 23 dicembre 2013, numero 146, prima della conversione in legge 21 febbraio 2014, numero 10. Il mancato riconoscimento del beneficio è stato giustificato con la radicale esclusione di tutti i condannati in espiazione di pena per delitti previsti dall'articolo 4-bis Ord. Penumero , quale è stato ritenuto il R. , dal novero dei destinatari della liberazione anticipata speciale, giusta modifica apportata dalla legge di conversione numero 10 del 2014 all'articolo 4 del decreto legge numero 146 del 2013 che, invece, nell'originaria versione, consentiva l'accesso al beneficio anche ai condannati per i predetti delitti nel caso in cui avessero dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità. 2. Avverso il provvedimento suddetto ha proposto ricorso per cassazione R. tramite il difensore, avvocato Giovanna Beatrice Araniti, la quale deduce, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. b , c ed e , cod. proc. penumero , la violazione dell'articolo 4, comma 1, d.l. numero 146 del 2013, degli articolo 2, 3, 27, 111 Cost., degli articolo 6 e 7 Cedu e l'assoluta carenza di motivazione in ordine alla ritenuta inammissibilità dell'istanza avanzata dal R. prima della conversione del citato decreto legge. 3. Il Procuratore generale, nella requisitoria scritta depositata l'11 dicembre 2014, ha chiesto il rigetto del ricorso. 4. Il 30 marzo 2015 è pervenuta memoria di replica del difensore del ricorrente nella quale si denuncia la violazione delle norme inerenti la scindibilita del cumulo ai fini della valutazione del richiesto beneficio, assumendosi che R. avrebbe totalmente espiato l'unico reato ostativo, previsto dall'articolo 4166/s cod. penumero , incluso nel provvedimento di esecuzione di pene concorrenti. Il Tribunale avrebbe omesso lo scorporo della quota di pena già scontata, riferibile al titolo ostativo, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità favorevole allo scioglimento del cumulo anche ai fini della verifica di ammissibilità del beneficio della liberazione anticipata speciale. Considerato in diritto 1. Va premessa l'inammissibilità del motivo nuovo dedotto con l'atto definito dal difensore memoria di replica , pervenuto il 30 marzo 2015, in violazione altresì dei termini previsti dall'articolo 611, comma 1, cod. proc. penumero . Il tema dell'espiazione di pena che non sarebbe imputabile a delitti ostativi nell'arco temporale, dal 4/12/2009 al 4/12/2013, cui si riferisce la richiesta di integrazione speciale del beneficio della liberazione anticipata, non ha infatti formato oggetto di reclamo al Tribunale di sorveglianza avverso il provvedimento del Magistrato dichiarativo dell'inammissibilità dell'istanza, né è stato dedotto con i motivi di ricorso contro l'ordinanza del medesimo Tribunale in data 5 giugno 2014, tempestivamente proposti dal difensore del condannato, avvocato Giovanna B. Araniti, il 16 luglio 2014. I motivi nuovi presentati a sostegno dell'impugnazione devono avere ad oggetto, a pena di inammissibilità, solo i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati già enunciati nei motivi originariamente proposti a norma dell'articolo 581, comma primo, lett. a , cod. proc. penumero l'ammissibilità di censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l'impugnazione determinerebbe, infatti, una irragionevole estensione dei tempi di definizione del processo oltre che lo scardinamento del sistema dei termini per impugnare Sez. 3, numero 18293 del 20/11/2013, dep. 05/05/2014, G., Rv. 259740 conformi Sez. 2, numero 1417 del 11/10/2012, dep. 11/01/2013, Platamone, Rv. 254301 Sez. 1, numero 46950 del 02/11/2004, Sisic, Rv. 230281 . 2. Nel resto il ricorso deve essere respinto per le ragioni già compiutamente illustrate dalla Corte nelle sentenze di questa stessa sezione, numero 34073 del 27/06/2014, Panno, Rv. 260848, e numero 3130 del 19/12/2014, dep. 22/01/2015, Moretti, Rv. 262060, che hanno rilevato l'inammissibilità del beneficio speciale nei riguardi dei condannati in espiazione di pena per delitti previsti dall'articolo 4-bis Ord. Penumero . 2. Il ricorrente, in espiazione della pena dell'ergastolo, postula l'applicazione della disciplina speciale di particolare favore recata dal d.l. 23 dicembre 2013, articolo 4, che estendeva a tutti i condannati la detrazione di settantacinque giorni anziché quarantacinque per ogni singolo semestre di pena scontata, a titolo di liberazione anticipata prevista dalla legge 26 luglio 1975, numero 354, articolo 54. In particolare il detto comma 4, eliminato dalla legge di conversione, prevedeva che Ai condannati per taluno dei delitti previsti dalla legge 26 luglio 1975, numero 354, articolo 4-bis, la liberazione anticipata può essere concessa nella misura di settantacinque giorni, a norma dei commi precedenti, soltanto nel caso in cui abbiano dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità attualmente, invece, per effetto delle modifiche al comma 1, apportate dalla legge di conversione, il riconoscimento della maggiore detrazione di pena è previsto Ad esclusione dei condannati per taluno dei delitti previsti dalla legge 26 luglio 1975, numero 354, articolo 4-bis . Il ricorrente, pur essendo in espiazione di pena per delitti previsti dalla legge numero 354 del 1975, articolo 4-bis, sostiene che le modifiche apportate in sede di conversione in legge non s'applicherebbero al condannato che aveva fatto istanza prima di detta conversione, vuoi perché la normativa di cui si discute, incidendo sulla pena avrebbe carattere sostanziale vuoi perché occorrerebbe comunque far riferimento al momento della domanda. 2.1. Come già osservato nei precedenti giurisprudenziali richiamati in esordio, gli argomenti in diritto a sostegno della tesi del ricorrente sono infondati, poiché errato ne è il presupposto. Le disposizioni in materia di liberazione anticipata attengono all'esecuzione della pena e non alla sua determinazione, incidendo sulla sanzione e non sul fatto cui essa attiene e il tempo che rileva ai fini del rispetto del principio dell'irretroattività della legge penale articolo 25, secondo comma, Cost. articolo 7, comma 1, Cedu articolo 11 preleggi e, in particolare, della disposizione meno favorevole articolo 2, quarto comma, cod. penumero , è quello del fatto e non il tempo della domanda di un beneficio penitenziario, come quello evocato nel caso in esame. La regola che fa riferimento alla disciplina vigente al momento della domanda in base al principio generale di cui costituisce espressione l'articolo 5 cod. proc. civ. postula che si verta in materia attinente alla giurisdizione o alla competenza, ovverosia in materia squisitamente processuale, ciò che costituisce l'esatto contrario della tesi giuridica del ricorrente, secondo cui la norma più favorevole contenuta nel decreto legge, sebbene non convertita in legge, dovrebbe prevalere proprio in forza della sua natura sostanziale, essendo in vigore al tempo della domanda del beneficio penitenziario speciale. Non alla domanda dunque occorre aver riguardo, ma al tempo di espiazione in cui si è tenuta la condotta della quale si chiede la valutazione al fine di ottenere la maggiore detrazione di pena. Ed è fin troppo agevole osservare che, al tempo del comportamento da valutare, la norma in tema di liberazione anticipata speciale, estesa ai condannati per delitti previsti dall'articolo 4-bis Ord. Penumero , non era prevista, poiché il decreto legge del 23 dicembre 2013, numero 146, da cui è stata introdotta, è entrato in vigore il 24 dicembre 2013 e la norma estensiva è, comunque, definitivamente decaduta, per mancata conversione, in forza di legge del 21 febbraio 2014, numero 10 vigente dal 22 febbraio 2014. Ne discende che non sono pertinenti al caso in esame l'articolo 25, secondo comma, Cost. l'articolo 11 delle preleggi e l'articolo 2, terzo comma, cod. penumero . 2.2. Non osta alla tesi qui sostenuta la giurisprudenza della Corte Edu. Sia la giurisprudenza costituzionale C. cost., ord. numero 10 del 1981 e sent. numero 376 del 1997 , sia la giurisprudenza della Corte Edu costantemente escludono che, in materia di benefici penitenziari in genere e di liberazione anticipata in particolare, sia applicabile il principio della irretroattività della legge più sfavorevole. Ed espressamente anche la Corte Edu, sent. Grande Camera del 21.10.2013, Del Rio Prada contro Spagna, ric. numero 42750/09, evidenzia che “Sia la Commissione sia la Corte hanno delineato nella loro giurisprudenza una distinzione tra una misura che costituisce in sostanza una pena e una misura che riguarda l'esecuzione o l'applicazione della pena. Conseguentemente, se la natura e il fine della misura riguarda la detrazione di pena o una modifica del regime di liberazione anticipata, essa non fa parte della pena ai sensi dell'articolo 7. E se è vero che la Corte Edu, nella medesima sentenza, riconosce che “in pratica la distinzione tra una misura che costituisce una pena e una misura che riguarda l'esecuzione e l'applicazione della pena può non essere sempre chiara si vedano Kafkaris, [ ] p. 142 Gurguchiani, [ ] p. 31 e M. c. Germania, [ ] p. 121 ”, e che è possibile perciò “che le misure adottate dal legislatore, dalle autorità amministrative o dai tribunali successivamente all'inflizione della pena definitiva, o nel corso dell'espiazione della pena, possano comportare la ridefinizione o la modifica della portata della pena inflitta dal tribunale del merito”, chiaramente rimarca, tuttavia, che “per determinare se una misura adottata nel corso dell'esecuzione di una pena riguarda solo la modalità di esecuzione della pena o, al contrario, incide sulla sua portata”, occorre “esaminare in ciascun caso che cosa comportava effettivamente la pena inflitta in base al diritto interno in vigore al momento pertinente, o in altre parole, quale era la sua natura intrinseca”, considerando “il diritto interno nel suo complesso e la modalità con cui esso era applicato al momento pertinente”. Sicché, nel precedente sottoposto al suo esame, la Corte Edu è giunta alla conclusione che la disciplina della redencion de penas , prima prevista dall'ordinamento spagnolo e abrogata nel 1995, poteva essere considerata parte integrante del droit penal materiel , vuoi per gli importanti riflessi ad essa accordati dalla giurisprudenza con riguardo al problema del cumulo materiale delle pene vuoi, soprattutto, per il fatto che, in occasione della riforma del 1995, il legislatore si era curato di formulare disposizioni transitorie volte a garantire l'applicazione del beneficio ai soggetti giudicati sulla base del codice penale del 1973 con la conseguenza che il revirement giurisprudenziale adottato in proposito dalla Corte suprema violava l'articolo 7 della Convenzione. Con riguardo alla liberazione anticipata speciale ora in esame, nessuno degli aspetti incidenza sul limite delle pene cumulate da eseguire e revirement della giurisprudenza al riguardo evidenziati dalla Corte Edu per giungere alla sostanziale assimilazione del mutamento giurisprudenziale ad un mutamento del o incidente sul diritto penale sostanziale, può invece all'evidenza ravvisarsi, e dunque la detta sentenza della Corte Edu non è pertinente al caso in esame. 2.3. E, soprattutto, sul piano del diritto costituzionale, va rilevato che i principi regolanti in vario modo il fenomeno della successione di leggi nel tempo non s'attagliano al differente fenomeno in esame, che concerne la sorte delle disposizioni di decreti-legge non recepite nella legge di conversione e che trae regola direttamente dall'articolo 77 Cost Questo, al comma 3, dispone infatti che “I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti”. Non deroga, né potrebbe, a tale norma di rango superiore la legge numero 400 del 1988, articolo 15, comma 5, laddove dispone che “Le modifiche eventualmente apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest'ultima non disponga diversamente.[ ]”, giacché tale disposizione sta solo a prevedere che tutti gli emendamenti approvati in sede di conversione entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della relativa legge, e non più dopo il decorso dell'ordinaria vacatio legis se nulla espressamente viene disposto al riguardo cfr. Cass. Civ. Sez. 1, sent. numero 4781 del 02/05/1991, Rv. 471926 Sez. 3, sent. numero 6368 del 07/06/1995, Rv. 492709 . In altri termini, l’”efficacia del decreto-legge in tutto o in parte non convertito che può farsi salva è da ritenere per principio circoscritta ai soli atti o “rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti” e non può in alcun modo essere estesa sino al riconoscimento di un diritto o di una aspettativa per comportamenti o situazioni precedenti quando la relativa domanda era ancora sub iudice al momento della conversione del decreto. Come osserva, infatti, C. cost. numero 51 del 1985, l'articolo 77 Cost., terzo comma, “in nessun caso considera la norma dettata con decreto-legge non convertito come norma in vigore nel tratto di tempo tra la sua adozione e quello della mancata conversione ed anzi, se interpretato sia in riferimento al suo specifico precetto privazione, per il decreto-legge non convertito, di ogni effetto fin dall'inizio , sia in riferimento al sistema in cui esso si colloca ispirato - come appare anche dagli altri due commi dell'articolo 77 Cost. - a maggior rigore nella riserva al Parlamento della potestà legislativa , vieta di considerarla tale”. Dunque, “indipendentemente da quello che possa ritenersi in proposito della norma dettata con decreto-legge ancora convertibile, la norma contenuta in un decreto-legge non convertito non ha [ ] attitudine, alla stregua del terzo e ultimo comma dell'articolo 77 Cost., ad inserirsi in un fenomeno successorio, quale quello descritto e regolato dai commi secondo e terzo dell'articolo 2 cod. penumero ”, ovverosia in un fenomeno successorio concernente norme penali sostanziali per le quali vale il principio di irretroattività delle disposizioni di sfavore. 2.4. Né può sostenersi, nel caso di specie, la violazione del principio di uguaglianza che avrebbe subito il ricorrente rispetto ai condannati, come lui, in espiazione di pena per delitti previsti dall'articolo 4-bis Ord. Penumero , i quali, avendo presentato domanda di liberazione anticipata speciale nel vigore del d.l. numero 146 del 2013, ne hanno ottenuto l'accoglimento prima della modifica restrittiva dell'originaria disciplina del beneficio da parte della legge di conversione numero 10 del 2014. È fin troppo evidente, infatti, che la disparità non è sostenibile in presenza di situazioni obiettivamente diverse in relazione ai tempi difformi di decisione delle rispettive istanze, in vigenza del decreto legge non ancora convertito ovvero dopo la legge di conversione di esso con modifiche restrittive. 2.5. In conclusione, va ribadito il seguente principio di diritto in tema di liberazione anticipata, trattandosi di beneficio penitenziario che non incide sul reato e sulla pena con riguardo al momento di commissione del fatto e di irrogazione della relativa sanzione, non si applicano le disposizioni dell'articolo 2 cod. penumero , e dell'articolo 25 Cost., e neppure quelle dell'articolo 7 Cedu in particolare, non può ritenersi suscettibile di vigore ultrattivo la disposizione - non recepita dalla legge di conversione - di cui all'articolo 4 del decreto-legge 23 dicembre 2013, numero 146, intitolato Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria , la quale ai comportamenti pregressi dei detenuti per delitti cosiddetti ostativi, di cui all'articolo 4-bis Ord. Penumero , collegava un effetto favorevole seppure a condizioni più rigorose rispetto a quelle previste nei riguardi dei detenuti per delitti non ostativi tale disposizione, infatti, non è stata recepita dalla legge di conversione 21 febbraio 2014, numero 10, che al primo comma dell'articolo 4 del decreto legge ha espressamente premesso l'esclusione dei condannati per taluno dei delitti di cui all'articolo 4-bis, cit., dal beneficio della liberazione anticipata speciale, operante invece nei riguardi degli altri detenuti per i semestri di pena scontata già positivamente valutati a decorrere dal 1 gennaio 2010 e per quelli ancora da espiare per un periodo di due ani dalla data del 24 dicembre 2013 di entrata in vigore del medesimo decreto. 3. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell’articolo 616, comma 1, cod. proc. penumero , al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.