Delega di firma solo se richiesta in giudizio

Si prende spunto dalla recente circolare numero 12/E/2016 emanata dall’Agenzia delle Entrate per approfondire il tema, molto dibattuto, negli ultimi tempi, circa la sottoscrizione degli atti da parte del titolare dell’ufficio finanziario. Con tale circolare l’Agenzia, nel fornire interessanti chiarimenti interpretativi, ha precisato punto 5.2 che al fine di verificare la validità degli avvisi, è possibile accedere al sito ufficiale dove è pubblicato l’elenco degli estremi degli atti di conferimento di incarico dirigenziale nonché l’elenco dei funzionari incaricati di funzioni dirigenziali cessati dal 26 marzo 2015 , mentre sull’ufficio non grava l’onere di allegare la delega di firma dell’accertamento o di altro impugnabile né di depositarla in giudizio. Su quest’ultimo incombe, invece, l’onere di prova dell’esistenza di validità della delega attraverso il deposito nel fascicolo di causa se richiesto nel ricorso, atteso che trattasi di questione non rilevabile d’ufficio da parte del giudice. Sulla questione in esame è opportuno fare chiarezza soprattutto alla luce delle ultime sentenze della giurisprudenza.

Evoluzione della giurisprudenza. La vicenda ha avuto inizio in seguito alla sentenza numero 37/2015 della Corte Costituzionale che ha chiarito l’illegittimità costituzionale delle posizioni occupate da funzionari 800 circa a cui è stato conferito un incarico dirigenziale poi prorogato nel corso degli anni. In particolare, si tratta di incarichi a contratto concessi dall’Agenzia delle Entrate articolo 24 del Regolamento senza il superamento di una procedura concorsuale nonché il sistema di assegnazione di incarichi dirigenziali ai funzionari – ciò che fino a qualche anno fa poteva effettuarsi facendo ricorso all’istituto della c.d. reggenza -, secondo l’applicazione non conforme alla legge dell’articolo 19, comma 6, del d. lgs numero 165/2001 secondo cui è possibile assegnare incarichi dirigenziali a funzionari interni, sulla base dl presupposto di essere funzionari. Tale situazione si è protratta fino alla emanazione della sentenza numero 37/2015 a cui sono seguite una serie innumerevoli di sentenze di merito e, poi, qualche prima sentenza di legittimità che ha toccato direttamente e non la questione in esame. I Giudici delle leggi hanno ritenuto che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, nessun dubbio possa nutrirsi in ordine al fatto che il conferimento di incarichi dirigenziali nell’ambito di una Pubblica Amministrazione debba avvenire previo esperimento di un pubblico concorso, e che il concorso sia necessario anche nei casi di nuovo inquadramento di impiegati già in servizio sentenze numero 217 del 2012, numero 7 del 2011, numero 150 del 2010 . In tali pronunce è stato chiarito che le reiterate delibere di proroga del termine finale hanno di fatto consentito, negli anni, di utilizzare uno strumento pensato per situazioni peculiari quale metodo ordinario per la copertura di posizioni dirigenziali vacanti. In realtà, nell’ambito dell’ordinamento del lavoro delle pubbliche amministrazioni, l’illegittimità di questa copertura delle posizioni dirigenziali deriva dalla sua non riconducibilità, né al modello dell’affidamento di mansioni superiori a impiegati appartenenti ad un livello inferiore, né all’istituto della c.d. reggenza. Invero, è stato precisato, che l’assegnazione di posizioni dirigenziali a un funzionario può avvenire solo ricorrendo all’istituto della reggenza, disciplinato dall’articolo 20 del d. P.R. numero 266/1987. In seguito il Consiglio di Stato sentenza numero 4641/2015 ha chiarito che la procedura di assegnazione degli incarichi a propri funzionari di cui all’articolo 24 del Regolamento di amministrazione da parte dell’Agenzia delle entrate non è conforme alla legge e alla Costituzione ed ha determinato di fatto una grave situazione di illegittimità tra la situazione concreta e l’organizzazione amministrativa. Tale Regolamento ha violato sia il principio di uguaglianza dei cittadini nell’accesso ai pubblici uffici nella specie, dirigenziali , sia il principio secondo cui ai pubblici uffici si accede mediante concorso articolo 97 Cost. . Con sentenze nnumero 22800, 22803 e 22810, la Corte di Cassazione ha ritenuto che gli atti firmati dagli “ex dirigenti” incaricati, decaduti a seguito della sentenza della Corte Costituzionale numero 37 del 2015, purché trattasi di capi dell’ufficio fiscale che non devono necessariamente essere dirigenti, a condizione che fosse legittimato da una particolare delega. Dette sentenze hanno posto a carico dell’Agenzia l’onere di provare in giudizio la corretta attribuzione della delega alla sottoscrizione degli avvisi di accertamento da parte del titolare dell’ufficio. In particolare, con la sentenza numero 22800/2015, i Giudici di legittimità hanno chiarito che migliaia di accertamenti fiscali firmati dagli incaricati sono validi e ciò ha ingenerato delle perplessità tra i contribuenti, le associazioni dei consumatori in attesa di ulteriori pronunciamenti. Una recente sentenza della Suprema Corte ha affermato che l’onere di provare che la sottoscrizione apposta sull’atto di appello dell’ufficio finanziario sia validamente apposta dal direttore o dal funzionario delegato incombe al contribuente. In tal caso la firma dell’appello dell’ufficio finanziario è validamente apposta da parte del funzionario preposto al reparto competente, anche nel caso in cui non sia esibita in giudizio una specifica delega Cassazione, sentenza numero 5201/2016 . La Corte di Cassazione ha ritenuto che «in tema di contenzioso tributario, gli articolo 10 e11, comma 2, del d.lgs numero 546/1992 riconoscono la qualità di parte processuale all’ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate nei cui confronti è stato proposto il ricorso, organicamente rappresentato dal direttore o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi con ciò delegata in via generale». Da ciò deve ritenersi validamente apposta la sottoscrizione dell’appello dell’ufficio da parte del preposto all’ufficio competente, anche se non viene esibita in giudizio specifica delega, salvo che non viene provata la non appartenenza del funzionario all’ufficio appellante e l’onere della prova spetta al contribuente e non all’ufficio. Nella nuova versione del citato articolo 10, così come modificato dal d. lgs numero 156/2015, in vigore dall’1 gennaio 2016, oltre alle parti note sono stati aggiunti l’agenzia delle dogane, l’agente della riscossione e gli iscritti all’albo di cui all’articolo 53 del d. lgs numero 446/1997. Sul tema si segnala, in contrapposizione alla tesi prevalente, la recentissima ordinanza numero 5360/2016 della Cassazione, depositata il 17 marzo u.s., secondo cui, fermi i casi di sostituzione e reggenza fiduciaria, è espressamente richiesta la delega a sottoscrivere e che il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione in quanto il potere di organizzazione è riferibile al capo dell’ufficio. Pertanto l’atto è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio, gravando sull’’amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo o della delega Cass numero 14626/2000 . Sul tema si segnalano, inoltre, alcune sentenze di merito tra cui la numero 184/13/2015 della ctr di Milano Cfr. anche numero 3222/25/2015 della ctp di Frosinone la sentenza numero 414/02/2015 della ctp di Brescia la numero 277/1/2015 le sentenze numero 1789/02/2015 e numero 1790/02/2015 della ctp di Lecce. Precedentemente la sentenza numero 24492/2015 ha stabilito che se l’ufficio finanziario non prova che l’accertamento è firmato da un funzionario legittimamente delegato l’atto è nullo ossia che gli accertamenti sono nulli tutte le volte che gli avvisi non risultano sottoscritti dal capo dell’ufficio o da un funzionario validamente delegato. Anche la giurisprudenza di merito si è pronunciata più volte sull’argomento, ritenendo che il capo di un ufficio è l'organo in grado di manifestare all'esterno la volontà dell'ufficio a prescindere dalla qualifica dirigenziale dallo stesso ricoperta cfr. ctp Pesaro numero 309/2015 ctp Bergamo numero 393/2015 . La ctp Lecce, con sentenze nnumero 1789 e 1780/2015, accogliendo la tesi della pronuncia numero 37 della Corte Costituzionale, ha affermato che se l’avviso di accertamento è firmato da un non-dirigente, l’atto discrezionale e non vincolato è viziato da nullità assoluta, ai sensi dell’articolo 21 l. numero 241/1990, il quale dispone che «è nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione.» ctp Siracusa numero 827/3/2016 . Al punto in cui si è giunti, al fine di pervenire ad una soluzione della problematica, sarebbe opportuno un pronunciamento definitivo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.