Riesame del sequestro preventivo: il Tribunale non usurpi i compiti del giudice della cognizione

La verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare reale da parte del Tribunale del riesame non deve tradursi in un’anticipata decisione riguardo la questione di merito relativa alla responsabilità del soggetto indagato in merito al reato oggetto di investigazione.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 60/2016, depositata il 7 gennaio. Il caso. La vicenda cautelare – altalenante e oggetto reiterata attenzione da parte dei giudici – prendeva avvio da un’indagine relativa al reato di associazione a delinquere di stampo mafioso a carico di una coppia, nel contesto della quale la polizia giudiziaria eseguiva una perquisizione d’iniziativa presso l’abitazione della figlia degli indagati. Nell’ambito di tale perquisizione, a cui era presente il coniuge della donna, veniva spontaneamente consegnato dall’uomo alla polizia giudiziaria una somma di denaro per oltre 80 mila euro e numero undici assegni di conto corrente. Tali beni venivano sequestrati e il sequestro preventivo veniva convalidato da parte del pubblico ministero e confermato dal giudice per le indagini preliminari. Senonché il coniuge della figlia degli indagati proponeva istanza di riesame motivata dall’asserita esclusiva proprietà dei beni sequestrati l’istanza era corredata dall’allegazione di svolgimento di attività imprenditoriale – quindi percettore di reddito autonomo – e naturale richiesta di restituzione. Al rigetto dell’istanza seguiva ricorso davanti alla Corte di Cassazione che si concludeva con annullamento con rinvio per nuovo esame. Il Tribunale del rinvio annullava il decreto di sequestro. Varie ed eventuali rinnovano il quadro in esame. Successivamente l’uomo veniva iscritto nel registro degli indagati per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso ed estorsione il pubblico ministero allora disponeva sequestro preventivo d’urgenza, tempestivamente convalidato dal giudice per le indagini preliminari. Il decreto aveva ad oggetto i beni prima dissequestrati. L’indagato otteneva, con il riesame, l’annullamento del decreto. Di qui l’iniziativa del Procuratore della Repubblica davanti al Giudice di legittimità. Tribunale del riesame ha effettuato giudizi che non gli competevano. Il Tribunale, in luogo di valutare l’antigiuridicità dei fatti oggetto di accusa, limitandosi a verificare la compatibilità tra l’ipotesi di imputazione e le emergenze esistenti nonché alla riconducibilità dell’illecito ipotizzato all’indagato, ha errato compiendo una vera e propria indagine di merito. Invero il Tribunale ha esaminato questioni che involgono la responsabilità in concreto dell’indagato ed esplorano la fondatezza della pretesa punitiva ciò è ingiustificato atteso che si tratta di giudizi che esulano dai limiti del procedimento di riesame di misura cautelare reale. Il Tribunale ha analizzato gli elementi posti a fondamento del provvedimento di sequestro quali intercettazioni, dichiarazioni dei collaboratori di giustizia utilizzando la misura di valutazione tipica delle fonti di prova e dei gravi indizi di colpevolezza, con una valutazione, peraltro, parcellizzata. Il provvedimento del Tribunale del riesame è stato perciò annullato con rinvio per nuovo esame. Limiti al vaglio di legittimità della misura cautelare reale. Al giudice del riesame o a quello di legittimità non è consentito verificare la sussistenza del reato per il quale sono state adottate misure cautelari reali, dovendosi solo accertare – in termini di sommarietà e provvisorietà tipici della fase delle indagini preliminari – se il fatto sia ascrivibile alla fattispecie astratta. Ratio di neutralizzazione dei pericoli derivanti dalla disponibilità della cosa. La misura reale, infatti, accede ad una cosa connessa al reato e che presenta un tasso di pericolosità si vuole impedire che la libera disponibilità della cosa possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione di altri reati. Il sequestro preventivo serve perciò a limitare la libera disponibilità della res e, pertanto, la “conservazione” della misura cautelare disposta è sganciata da qualsiasi verifica circa la fondatezza dell’ipotesi accusatoria. Verifica con limiti. La verifica delle condizioni che legittimano la misura cautelare non può tradursi in un’anticipata decisione sulla questione concernente la responsabilità del soggetto indagato per l’ipotesi di reato in contestazione bensì deve essere limitata a confrontare la fattispecie concreta con quella legale ipotizzata mediante verifica della compatibilità e valutazione prioritaria dell’antigiuridicità penale del fatto. Come noto, per valutare la legittimità del sequestro preventivo deve verificarsi unicamente che gli indizi di reato siano seri e che sussista il fumus commissi delicti cioè la sovrapponibilità della fattispecie astratta ai parametri di riferimento. Vietato anticipare il giudizio, pena l’usurpazione del potere del giudice di merito. La valutazione è fatta al netto delle condizioni generali relative all’applicabilità delle misure cautelari personali perché alle misure reali tali condizioni peculiari non sono estensibili. Ne consegue che, in sede di verifica sulla legittimità del provvedimento che ordina il sequestro preventivo di un bene pertinente al reato, è preclusa ogni valutazione relativa alla sussistenza degli indizi di colpevolezza, alla loro gravità e alla colpevolezza dell’indagato. Operando diversamente si utilizzerebbe la procedura di riesame per verificare la fondatezza dell’accusa in via anticipata e con usurpazione dei poteri attribuiti alla cognizione del giudice del procedimento di merito.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza10 dicembre 2015 – 7 gennaio 2016, numero 60 Presidente Gentile – Relatore Pellegrino Ritenuto in fatto 1. Con provvedimento del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli in data 06.07.2015, veniva disposto nei confronti di E.L. il sequestro preventivo della somma di euro 83.500,00 e di numero undici assegni di conto corrente rinvenuti presso l'abitazione del medesimo. Invero, nell'ambito dell'indagine condotta a carico di B.P. e di A.R., indagati in ordine al reato di cui all'articolo 416 bis cod. penumero ed altro, in data 22.01.2014, la polizia giudiziaria eseguiva una perquisizione d'iniziativa presso l'abitazione di B. Maria, figlia dei sunnominati, che conduceva al rinvenimento ed al sequestro di quanto descritto nel relativo verbale. Al momento della perquisizione, era presente in casa E.L., coniuge della B., all'epoca non indagato, che consegnava spontaneamente ai verbalizzanti denaro ed assegni con decreto in data 23.01.2014, il pubblico ministero convalidava il sequestro. 2. Avverso detto provvedimento, E.L. proponeva ricorso al Tribunale dei riesame in qualità di terzo interessato, assumendo la proprietà esclusiva dei beni in sequestro di cui chiedeva la restituzione, allegando documentazione attestante lo svolgimento di attività economica-imprenditoriale redditizia. 3. L'istanza di E.L. veniva rigettata provvedimento che la Corte di Cassazione annullava con rinvio per nuovo esame. 4. In sede di rinvio, il Tribunale annullava il decreto impugnato dal ricorrente ritenendo che il pubblico ministero non avesse adeguatamente indicato le ragioni afferenti la conservazione e/o l'acquisizione di elementi relativi al thema probandum ed in particolare per non aver esplicitato per quale motivo i beni rinvenuti a casa della B. e nella disponibilità dei coniuge, percettore di reddito autonomo, dovessero ritenersi pertinenti rispetto alle ipotesi di reato ascritte ai genitori della stessa B 5. A seguito di nuova informativa della polizia giudiziaria, E.L. veniva, nell'ambito dei medesimo procedimento, veniva iscritto nel registro degli indagati per i reati di cui agli articolo 629 cod. penumero , 7 I. numero 203/1991 e 416 bis cod. penumero ed il pubblico ministero emetteva un decreto di sequestro preventivo di urgenza, successivamente convalidato dal giudice per le indagini preliminari con decreto in data 06.07.2015, avente ad oggetto i beni già dissequestrati dal Tribunale. 6. Con atto in data 13.07.2015, la difesa di E.L. proponeva ricorso avverso il provvedimento del 06.07.2015 il Tribunale del riesame, con l'ordinanza in data 18.09.2015, in accoglimento del gravame, annullava il decreto impugnato evidenziando come le ipotesi delittuose non trovassero corrispondenza nei fatti e che facessero comunque difetto i requisiti richiesti dalle fattispecie normative poste a sostegno del sequestro. 7. Avverso detta ordinanza, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli propone ricorso per cassazione lamentando inosservanza ed erronea applicazione della legge penale. In particolare, censura il ricorrente la violazione di due profili -il primo, per aver il Tribunale applicato un criterio di valutazione delle condizioni legittimanti il sequestro del tutto errato avendo proceduto a verificare la ricorrenza dei gravi indizi di colpevolezza valevoli per le misure cautelari personali e non quella della sussistenza del fumus del reato che, viceversa, fonda la possibilità del provvedimento ablativo -il secondo, per aver il Tribunale compiuto una valutazione atomistica delle fonti di prova che collide con le regole ermeneutiche che impongono di esaminare e di valutare i vari elementi in modo sinergico e sistemico, attraverso un collegamento razionale e logico degli indizi. Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato e, come tale, va accolto. 2. Va preliminarmente osservato come, in materia di misure cautelari reali, in sede di legittimità così come in sede di riesame, non sia consentito verificare la sussistenza del reato ma solo accertare se il fatto contestato sia configurabile quale fattispecie astratta di reato, in termini di sommarietà e provvisorietà propri della fase delle indagini preliminari. La misura cautelare reale attiene infatti a cose che vengono rappresentate con un tasso di pericolosità , collegandosi con un reato, e la conservazione del sequestro - volto a limitare la libera disponibilità delle stesse - prescinde da qualsiasi verifica in merito alla fondatezza dell'accusa, la quale introdurrebbe nel procedimento incidentale un thema decidendi coinvolgente l'oggetto del procedimento principale cfr., ex multis, Sez. U, sent. numero 7 del 23/02/2000, dep. 04/05/2000, Mariano, Rv. 215840 Sez. 3, sent. numero 23214 del 10/02/2004, dep. 18/05/2004, P.M. in proc. Persico, Rv. 228807 . 2.1. È sufficiente al riguardo ricordare - in via di principio - che, in tema di sequestro preventivo, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare, da parte del tribunale del riesame e di questa Corte , non può tradursi in un'anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità del soggetto indagato in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria della antigiuridicità penale del fatto cfr. Sez. U, sent. numero 6 del 27/03/1992, dep. 07/11/1992, Midolini, Rv. 191328 . 2.2. Invero, le condizioni generali per l'applicabilità delle misure cautelari personali, indicate nell'articolo 273 cod. proc. penumero , non sono estensibili, per la loro peculiarità, alle misure cautelari reali, e da ciò deriva che, ai fini della verifica in ordine alla legittimità del provvedimento mediante il quale sia stato ordinato il sequestro preventivo di un bene pertinente ad uno o più reati, è preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza, alla gravità di essi e alla colpevolezza dell'indagato cfr. Sez. U, sent. numero 4 del 25/03/1993, dep. 23/04/1993, Gifuni, Rv. 193117 . 2.3. Diversamente - come si è accennato in premessa - si finirebbe con lo utilizzare surrettiziamente la procedura incidentale di riesame per una preventiva verifica del fondamento dell'accusa, con evidente usurpazione di poteri che sono per legge riservati al giudice del procedimento principale cfr., ex multis, Sez. 6, sent. numero 316 del 04/02/1993, dep. 07/04/1993, Francesconi, Rv. 193854 Sez. 3, sent. numero 1970 del 26/04/1996, dep. 24/05/1996, Beltrami, non mass. sul punto . 3. Nella fattispecie, il Tribunale è rimasto inosservante al principio, mal interpretando i limiti del proprio compito di controllo ad esso devoluto, atteso che, invece di valutare su di un piano di astrattezza l'antigiuridicità dei fatti sostanzianti l'accusa, limitandosi alla verifica di compatibilità tra la enunciata ipotesi accusatoria e le emergenze esistenti nonché alla attribuibilità dei prospettato illecito all'indagato, ha compiuto una vera e propria indagine di merito esaminando questioni che, in concreto, involgono la responsabilità dell'indagato ed esplorano, in modo dei tutto ingiustificato, il tema della fondatezza della pretesa punitiva, di per sé esulante dai limiti dei procedimento incidentale di cui trattasi. In particolare, il Tribunale ha compiuto un'analisi dei molteplici elementi posti a fondamento dei provvedimento impositivo della cautela reale intercettazioni, dichiarazioni dei collaboratori di giustizia operando con un metro di valutazione tipico degli articolo 275 e 192, commi 2 e 3 cod. proc. penumero e, attraverso una valutazione parcellizzata delle fonti di prova, ha finito - in un epilogo rapportabile all'esito del giudizio di merito - per ritenere la mancanza di riscontri all'accusa. 4. II provvedimento impugnato va quindi annullato con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame. Il giudice dei rinvio dovrà attenersi al seguente principio considerato che la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare, da parte del tribunale del riesame non può tradursi in un'anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità del soggetto indagato in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria della antigiuridicità penale del fatto essendo in quella sede preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza, alla gravità di essi e alla colpevolezza dell'indagato, valuti il tribunale, su di un piano di astrattezza, l'antigiuridicità dei fatti sostanzianti l'accusa, limitandosi - ai fini del controllo della ricorrenza dei presupposti per l'applicazione della misura cautelare reale del sequestro preventivo - alla verifica di compatibilità tra la enunciata ipotesi accusatoria e le emergenze esistenti nonché alla attribuibilità del prospettato illecito all'indagato P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame.