L'avvenuto pagamento in forza di una sentenza provvisoriamente esecutiva può desumersi dal comportamento processuale delle parti. «[] nel contesto dell’azione restitutoria proposta al giudice di rinvio ex articolo 389 cod. proc. civ., l'avvenuto pagamento in forza di una sentenza provvisoriamente esecutiva può essere desunto dal comportamento processuale delle parti, alla stregua del principio di non contestazione che informa il sistema processuale civile e del principio di leale collaborazione tra le parti, manifestata con la previa presa di posizione sui fatti dedotti, funzionale all'operatività del principio di economia processuale».
Il principio di disponibilità delle prove disciplina anche le domande restitutorie conseguenti alla cassazione di una sentenza provvisoriamente esecutiva. La vicenda processuale vedeva coinvolta una dipendente a tempo determinato della Rai contro l'ente pubblico. Le parti, a più riprese, si davano battaglia per i diritti patrimoniali connessi al riconoscimento dell'illegittima apposizione di termini ai contratti di lavoro a tempo determinato in primo grado il Tribunale accoglieva tutte le domande della lavoratrice, condannando l'ente al pagamento delle differenze retributive mentre la Corte d'Appello, in parziale riforma della sentenza, dichiarava illegittimo il termine apposto soltanto all'ultimo degli otto contratti succedutisi nel tempo. Si determinava così un indebito arricchimento della lavoratrice, con specifico riferimento alle differenze retributive versate dalla RAI in ottemperanza alla sentenza di primo grado per i primi sette contratti di lavoro a termine. Seguiva pure il giudizio per cassazione, che confermava l'indebito arricchimento della lavoratrice e rinviava al Giudice di merito per le statuizioni restitutorie. La Corte d'Appello rigettava la domanda di ripetizione proposta da RAI ai sensi dell'articolo 389 c.p.c., ritenendo che la società non avesse dimostrato il pagamento delle somme poiché non considerava quale materiale probatorio sufficiente la copia della busta paga quietanzata dalla lavoratrice. La mancata contestazione del fatto storico in atti e le affermazioni rese in udienza dal procuratore, se incompatibili con la negazione della circostanza, la confermano. In atti e in occasione dell'udienza di discussione in Appello, il Procuratore della lavoratrice ometteva qualsiasi contestazione sull’avvenuto pagamento svolto e, affermando come la domanda di restituzione delle somme corrisposte al lordo delle ritenute fiscali dovesse rivolgersi direttamente all'amministrazione finanziaria, sostanzialmente confermava l'avvenuto pagamento. In ragione della circolarità degli oneri di allegazione e contestazione, l'effettiva corresponsione delle somme alla lavoratrice era stata confermata dal procuratore che invitava il datore a rivolgersi all’Agenzia delle Entrate per la restituzione delle ritenute fiscali. Inutile mettere in discussione i fatti non contestati il giudice deve ritenerli pacifici. Il criterio di giudizio da adottare in caso di mancata contestazione dei fatti è molto semplice se la difesa viene improntata su circostanze o argomentazioni incompatibili con il disconoscimento di una circostanza, quest'ultima si ritiene implicitamente ammessa ed esistente. Il giudice di merito, in ottemperanza al criterio di circolarità degli oneri di allegazione e contestazione, appurata l'insussistenza di una valida contestazione del fatto allegato nei confronti di una parte, deve ritenerlo implicitamente ammesso e valutarlo come circostanza pacifica.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 dicembre 2020 – 27 aprile 2021, numero 11115 Presidente Raimondi – Relatore Blasutto Fatti di causa 1. P.S. adiva il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma per chiedere l’accertamento della nullità del termine apposto ad otto contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con la RAI s.p.a. e per il conseguente riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con qualifica di redattore. 2. Il Tribunale di Roma, con sentenza non definitiva numero 5203 del 2005, dichiarava la nullità del termine apposto al primo contratto di lavoro, relativo al periodo 16 giugno 1997-21 settembre 1997 dichiarava la sussistenza di un rapporto lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall’inizio di tale contratto condannava la RAI al pagamento delle differenze retributive tra il trattamento spettante e quanto percepito dalla ricorrente per l’intero periodo. Con sentenza definitiva numero 3284 del 2006, liquidava le differenze economiche, pari ad Euro 77.574,20. 3. A seguito di gravame proposto dalla società, la Corte di appello di Roma, con sentenza numero 96 del 2010, in parziale riforma delle statuizioni di primo grado, dichiarava la legittimità del termine apposto ai primi sette contratti e la nullità del termine apposto all’ottavo e ultimo contratto, stipulato per il periodo 29 agosto 2002-28 febbraio 2004 in base all’accordo Rai/Usigrai del 22 ottobre 2001 dichiarava la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal 29 agosto 2002 e il diritto di P.S. di percepire, dalla stessa data, il trattamento economico di redattore. 4. Proposto ricorso per cassazione da entrambe le parti, questa Corte, con sentenza numero 14814 del 2015, respingeva il ricorso incidentale di P.S. e, accogliendo parzialmente il primo motivo del ricorso principale della RAI, dichiarati assorbiti i restanti, riteneva erronea l’affermazione contenuta nella sentenza di appello secondo cui l’Accordo RAI/USIGRAI del 22.10.2001 sarebbe un accordo aziendale. Trattandosi, invece, di un accordo nazionale, il giudice di merito, prima di escludere l’ultrattività dello stesso, a norma del D.Lgs. numero 368 del 2001, articolo 11, avrebbe dovuto accertare se lo stesso fosse già efficace al momento dell’entrata in vigore del medesimo D.Lgs 5. La Corte di appello di Roma, con sentenza numero 3522/2016, pronunciando in sede di rinvio sull’accertamento demandato dalla sentenza rescindente, accertava che l’Accordo sindacale RAI/USIGRAI del 22.10.2001 era vigente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. numero 368 del 2001 e che, pertanto, a norma dell’articolo 11 dello stesso decreto, era legittima anche la clausola di apposizione del termine relativa all’ultimo contratto stipulato tra le parti. Per l’effetto, rigettava integralmente la domanda proposta dalla P. con il ricorso introduttivo del giudizio. 6. Rigettava la domanda restitutoria proposta dalla RAI ai sensi dell’articolo 389 c.p.c., diretta ad ottenere la restituzione delle somme che la società assumeva essere state corrisposte in esecuzione della sentenza del Tribunale di Roma. La Corte di appello riteneva che la società non avesse fornito la dimostrazione dell’avvenuto pagamento, non potendosi considerare probante la produzione di copia della busta paga, neanche quietanzata dalla lavoratrice . 7. Per la cassazione di tale sentenza la RAI ha proposto ricorso affidato a due motivi. P.S. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti ha depositato memoria ex articolo 380-bis c.p.c 8. All’esito della adunanza in Camera di consiglio tenutasi il 20 febbraio 2020, il Collegio ha ravvisato l’insussistenza dei presupposti per la trattazione in sede camerale e ha disposto il rinvio a nuovo ruolo per la fissazione della pubblica udienza. 9. La RAI ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo la RAI denuncia violazione o falsa applicazione degli articolo 416, 420 e 436 c.p.c., anche in relazione all’articolo 389 c.p.c., articolo 88 c.p.c. e articolo 111 Cost., per avere la Corte d’appello respinto la domanda restitutoria proposta nel giudizio di rinvio con allegata documentazione busta paga di febbraio 2006 facente espresso riferimento alla sentenza intervenuta tra le parti, per la quale la RAI aveva corrisposto alla P. la somma complessiva di Euro 96.000,82. Inoltre, in occasione dell’udienza di discussione, la difesa di parte ricorrente in riassunzione non aveva contestato il fatto storico del pagamento a suo tempo intervenuto, ma si era limitata a contestare la domanda di restituzione delle somme richieste al lordo rispetto alle quali per le ritenute la società doveva rivolgersi direttamente all’amministrazione finanziaria . In tal modo la controparte aveva impostato il proprio sistema difensivo su una circostanza la somma non poteva essere richiesta al lordo, ma al netto delle ritenute fiscali , incompatibile con la negazione dell’avvenuto pagamento, di modo che questo, anche in ragione della circolarità degli oneri di allegazione e contestazione, doveva ritenersi fatto non contestato. 2. Con il secondo motivo la RAI denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio è stato oggetto di discussione tra le parti articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5 . Sostiene che, ove pure si dovesse ritenere non decisivo e assorbente il primo motivo di ricorso, andrebbe considerato che la società, costituendosi nel giudizio di rinvio e illustrando la propria domanda restitutoria, aveva indicato la data e la consistenza del pagamento eseguito, precisando di avere già operato alcune trattenute a titolo di recupero parziale, senza che a tale allegazione, parimenti documentata in atti, avesse fatto seguito alcuna contestazione avversaria. Precisamente aveva documentato l’avvenuto recupero di Euro 10.061,00 sulle competenze di fine rapporto, contabilizzate a ottobre 2015, e di Euro 1.999,00 sui ratei di TFR, come da busta paga di luglio 2015. Ancora prima dell’instaurazione del giudizio di rinvio, la parte ricorrente in riassunzione non aveva mai contestato le trattenute eseguite dalla RAI in sede di pagamento del trattamento di fine rapporto, a valere sul suo maggior credito. 3. Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo. 4. Va premesso che l’articolo 389 c.p.c., attribuisce la competenza per le domande restitutorie al giudice di rinvio, in quanto alla Suprema Corte compete solo il giudizio rescindente, sicché l’istanza restitutoria, ove il pagamento sia avvenuto sulla base della sentenza annullata, va proposta al giudice di merito, a norma dell’articolo 389 c.p.c Tale norma tende a ripristinare la situazione di fatto illegittimamente modificata in base ad un titolo rescindibile e la cui rescissione opera ex tunc, di modo che attribuisce alla parte, che ha subito una modificazione dello stato di fatto, il diritto autonomo alla restituzione ed al ripristino. In altre parole, la restituzione avviene in base al venir meno del titolo del pagamento nè si presta a valutazioni sulla buona o mala fede dell’accipiens, non potendo venire in rilievo stati soggettivi rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti cfr. Cass. numero 7270 del 2003, numero 17374 del 2018 . 5. Secondo giurisprudenza costante, in caso di cassazione con rinvio, la domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di appello cassata non costituisce domanda nuova, in quanto la ripetizione è diretta alla restaurazione della situazione patrimoniale precedente alla sentenza che, nel caducare il titolo del pagamento rendendolo indebito sin dall’origine, determina il sorgere dell’obbligazione e della pretesa restitutoria che non poteva essere esercitata se non a seguito e per effetto della sentenza rescindente Cass. numero 21969 del 2018, numero 7978 del 2013 . 6. Nel caso in esame, il giudice di rinvio, pronunciando nei limiti a lui devoluti dalla sentenza rescindente, ritenuta la fondatezza dell’originario appello della RAI anche in ordine all’ultimo contratto stipulato tra le parti, ha rigettato integralmente l’originaria domanda di P.S. . Tale pronuncia ha travolto il titolo provvisorio costituito dalle sentenze di primo e di secondo grado provvisoriamente esecutive tra le parti. Da ciò conseguiva il diritto della RAI di ottenere la restituzione delle somme pagate in esecuzione delle sentenze caducate. Tuttavia, il giudice di rinvio ha ritenuto che la domanda di restituzione, seppur proponibile, fosse infondata nel merito perché priva di adeguato riscontro probatorio, sul limitato rilievo della insufficienza della busta paga prodotta in atti il cui contenuto non è stato meglio chiarito nella sentenza impugnata . 7. In ordine al principio di non contestazione, la cui violazione è stata denunciata con il primo motivo, in linea di diritto va ricordato che, secondo l’insegnamento di questa Suprema Corte Cass. numero 19865 del 2015 , anche prima della formale introduzione del principio di non contestazione , mediante la modifica dell’articolo 115 c.p.c., il convenuto era tenuto a contestare in termini specifici, e non limitati a una generica negazione, le circostanze di fatto dedotte a fondamento della domanda e, per il rito del lavoro Cass. numero 16970 del 2018 , ai sensi dell’articolo 416 c.p.c., comma 3, a prendere posizione, in modo chiaro ed analitico, sui fatti posti dall’attore a fondamento della propria domanda. Questi devono ritenersi ammessi, senza necessità di prova, ove la parte, nel primo atto difensivo, si limiti a negare genericamente la fondatezza della domanda attorea, senza sollevare alcuna contestazione chiara e specifica. 8. Sin dalla più risalente giurisprudenza è stato affermato v. Cass. numero 12082 del 2003, in motivazione che l’articolo 167, comma 1 e articolo 416, comma 3, imponendo al convenuto l’onere di prendere posizione su tali fatti, fanno della non contestazione un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà ritenerlo sussistente, proprio per la ragione che l’atteggiamento difensivo delle parti, valutato alla stregua dell’esposta regola di condotta processuale, espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti. In altri termini, la mancata contestazione, a fronte di un onere esplicitamente imposto dal dettato legislativo, rappresenta, in positivo e di per sé, l’adozione di una linea difensiva incompatibile con la negazione del fatto onde, nell’ambito di operatività di un onere siffatto si rende sostanzialmente inavvertibile, ai fini dell’identificazione dei fatti pacifici , la tradizionale differenza - per la quale cfr. da ultima, Cass. 18 luglio 2000, numero 9424 e, fra le altre, Cass. 23 maggio 1995, numero 5643 Id., 2 giugno 1994, numero 5359 Id., 20 maggio 1993, numero 5733 Id., 5 dicembre 1992, numero 12947 Id. 6 marzo 1987, numero 2386 - fra ammissione implicita e non contestazione e, quindi, rende inutile provarlo, perché non controverso, come è già stato posto in luce da altro orientamento espresso dalla Corte sul punto, con sentenza 2 marzo 1995, numero 2415 . 9. L’operatività del principio citato, con conseguente relevatio dell’avversario dall’onere probatorio, postula che la parte dalla quale è invocato abbia per prima ottemperato all’onere processuale, posto a suo carico, di provvedere ad una puntuale allegazione dei fatti di causa, in merito ai quali l’altra parte è tenuta a prendere posizione Cass. numero 20525 del 2020, numero 3023 del 2016, numero 19896 del 2015 , mentre la generica deduzione di assenza di prova senza negazione del fatto storico non è equiparabile alla specifica contestazione di cui all’articolo 115 c.p.c. Cass. numero 17889 del 2020 . 10. Una circostanza dedotta da una parte può ritenersi pacifica - in difetto di una norma o di un principio che vincoli alla contestazione specifica - se essa sia esplicitamente ammessa dalla controparte o se questa, pur non contestandola in modo specifico, abbia improntato la difesa su circostanze o argomentazioni incompatibili col suo disconoscimento, così implicitamente ammettendone l’esistenza Cass. numero 23816 del 2010, numero 2699 del 2004, numero 13830 del 2004 . 11. La domanda di restituzione delle somme versate in esecuzione di una sentenza poi cassata va proposta, come detto in precedenza, al giudice di rinvio, che nella specie opera quale giudice di primo grado, in quanto detta domanda non poteva essere formulata precedentemente. Orbene, la stessa sentenza impugnata, nel limitarsi ad affermare l’inidoneità della busta paga a comprovare il fatto dell’avvenuto preesistente pagamento, ha ammesso, per implicito, quale presupposto logico-giuridico imprescindibile del ragionamento decisorio, che vi fosse l’allegazione del fatto ritenuto non provato. 12. Deve quindi ritenersi che l’onere di allegazione del fatto costitutivo della domanda restitutoria, consistente nella affermazione di avere operato il pagamento di determinate somme di cui all’originario titolo provvisoriamente esecutivo, fosse stato assolto dalla RAI in sede di memoria di costituzione in sede di riassunzione, con conseguente onere della controparte di prendere specifica posizione di contestazione nel primo atto difensivo successivo, che era costituito circostanza pacifica dagli atti del giudizio di legittimità dall’udienza di discussione. 13. Nel corso di tale udienza, come è documentato dalla copia del relativo verbale trascritto integralmente nel ricorso per cassazione e riprodotto al doc. numero 1 dei relativi allegati , il difensore della parte ricorrente in riassunzione aveva opposto quanto segue l’avv. Cacciapaglia contesta la domanda di restituzione delle somme richieste al lordo rispetto alle quali per le ritenute la Società doveva rivolgersi direttamente all’amministrazione finanziaria la difesa della parte convenuta aveva replicato affermando che la somma richiesta è quanto globalmente corrisposto ad ogni titolo per la lavoratrice . 14. A fronte di tale comportamento processuale, la Corte di merito ha omesso di esaminare la portata delle dichiarazioni delle parti alla luce del principio di circolarità degli oneri di allegazione e di contestazione, onde verificare se, a fronte della allegazione da parte della RAI del fatto che costituiva il presupposto della pretesa restitutoria il pregresso pagamento , la difesa svolta dalla controparte nel primo atto difensivo successivo presentasse o meno gli estremi di una valida contestazione del fatto allegato ovvero costituisse una affermazione incompatibile con la negazione del pagamento. 15. Deve infatti affermarsi il principio che, nel contesto dell’azione restitutoria proposta al giudice di rinvio ex articolo 389 c.p.c., l’avvenuto pagamento in forza di una sentenza provvisoriamente esecutiva può essere desunto dal comportamento processuale delle parti, alla stregua del principio di non contestazione che informa il sistema processuale civile e del principio di leale collaborazione tra le parti, manifestata con la previa presa di posizione sui fatti dedotti, funzionale all’operatività del principio di economia processuale. 16. Per tali assorbenti motivi, la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, che provvederà al riesame del merito della domanda restitutoria avanzata dalla RAI, conformandosi al suddetto principio di diritto, e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.