Cappella gentilizia nel giardino di casa? Perché no, ma occhio alle distanze

La cappella gentilizia nel guardino di casa è ammessa ma soltanto se sono rispettate le distante imposte dal regolamento di polizia mortuaria. Nulla di fatto, quindi, per il Monastero delle suore di clausura che vorrebbe seppellire al suo interno le consorelle.

Ciò in quanto – spiega il Consiglio di Stato nella sentenza numero 4161 depositata il 6 agosto 2013 - le disposizioni proprie dell'ordinamento canonico, esterno a quello statuale, non possono interferire né sovrapporsi o prevalere sulla disciplina generale che subordina la realizzazione di sepolture fuori dai cimiteri, nel caso cappelle di ordini religiosi, o anche campi di inumazione, a rigorose e specifiche condizioni finalizzate alla salvaguardia di interessi pubblici di natura igienico-sanitaria e urbanistico-edilizia. La fattispecie. Il caso posto all'attenzione della Sezione riguarda un convento di monache cistercensi di clausura insediato, dall'inizio del secolo scorso, all'interno di un complesso facente parte originariamente di una villa veneta. Nell'ambito dell'area libera da clausura è stata realizzata, nel 1969, una cappella gentilizia, su parere favorevole del Consiglio provinciale di Sanità e sollecitazione dell'allora Sindaco di Vittorio Veneto in accoglimento dell'istanza presentata dalla Madre Badessa dell'epoca, dopo che una precedente istanza era stata rigettata con provvedimento del Medico provinciale su parere conforme dell'Ufficiale sanitario comunale. La legge è legge. Tale autorizzazione era stata rilasciata anche in considerazione del fatto che la regola claustrale non consentiva la sepoltura in altro luogo e la visita a sepolture di consorelle all'esterno del monastero. Sta di fatto che la legge è legge e quindi 40 anni dopo, ovvero nel 2006, veniva comunicato l'avvio del procedimento di decadenza dal diritto d'uso della cappella sul rilievo dell'insussistenza delle condizioni previste dall'articolo 104, commi 2 e 3, del regolamento di polizia mortuaria previsto dal d.P.R. numero 285/1990. Ciò in quanto il Monastero non era proprietario di suoli del raggio di almeno ml. 200 all'intorno della cappella, con vincolo d'inalienabilità e inedificabilità. Ciò comportava che non avrebbe potuto essere rilasciato alcun ulteriore nullaosta al seppellimento nella cappella gentilizia in questione. Com'è noto, già l'articolo 340 r.d. numero 1265/1934 recante «Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie» poneva il divieto generale di seppellimento « in luogo diverso dal cimitero» comma 1 , fatta salva la sola « tumulazione di cadaveri nelle cappelle private e gentilizie non aperte al pubblico, poste a una distanza dai centri abitati non minore di quella stabilita per i cimiteri» comma 2 , fattispecie da non confondere con quella di cui all'articolo 341, di autorizzazione specifica del Ministro dell'Interno di « autorizzare, di volta in volta, con apposito decreto, la tumulazione dei cadaveri in località differenti dal cimitero, quando concorrano giustificati motivi di speciali onoranze». Distanza dai centri abitati. Per le c.d. sepolture private fuori dai cimiteri, nella duplice forma delle cappelle gentilizie in senso stretto ossia destinate dal fondatore ad una gens , quindi a persone legate rapporti di sangue, parentela o affinità e delle cappelle private riferibili a enti, associazioni, fondazioni, corporazioni, anche religiose , requisito essenziale era quindi la distanza da centri abitati almeno pari a quella prescritta per i cimiteri dall'articolo 338 r.d. numero 1265/1934, pari a almeno 200 ml L'articolo 105 d.p.r. numero 803/1975 recante «Regolamento di polizia mortuaria» , sostanzialmente riproduttivo dell'articolo 82 del previgente regolamento di analogo oggetto di cui al r.d. numero 1880/1942, ha circoscritto la possibilità di realizzare, e mantenere, cappelle private e gentilizie fuori dai cimiteri alla condizione essenziale che esse « siano attorniate per un raggio di m 200 da fondi di proprietà degli enti e delle famiglie che ne chiedono la concessione e sui quali gli stessi assumano il vincolo di inalienabilità e di inedificabilità» comma 1 , stabilendo che «venendo meno le condizioni di fatto previste dal precedente comma, i titolari della concessione decadono dal diritto di uso delle cappelle» comma 2 , e con salvezza delle sole cappelle private o gentilizie e dei cimiteri privati « .preesistenti all'entrata in vigore del testo unico delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, numero 1265 » per i quali ha disposto che essi « . sono soggetti, come i cimiteri comunali, alla vigilanza dell'autorità comunale» comma 3 . Tali disposizioni sono state poi riprodotte e trasfuse nell'articolo 104 d.p.r. numero 285/1990, recante il nuovo regolamento di polizia mortuaria tuttora in vigore. A tale proposito, ha osservato il Collegio, è incontestato, in punto di fatto, che il Monastero non è proprietario di suoli all'intorno della sepoltura privata che esso ospita per fascia di profondità di 200 ml. sulla quale possa costituire il richiesto vincolo di asservimento e inedificabilità. Ne consegue che l'autorizzazione a suo tempo rilasciata dal Sindaco, sia pure per ragioni di carattere «etico-morale» intese a garantire in qualche modo l'invocata rigida regola claustrale, prive però di consistenza giuridica, non può confutarsi la piena legittimità del provvedimento che, in stretta applicazione dell'articolo 104 d.p.r. numero 285/1990 riproduttivo dell'articolo 105 d.p.r. numero 803/1975 ha dichiarato la decadenza dal diritto d'uso della cappella realizzata nel complesso monasteriale. E, del resto, è inimmaginabile che le disposizioni del codice canonico possano autorizzare la conservazione della cappella. Infatti, il canone 1240 prevede «cimiteri propri della Chiesa» solo «dove è possibile», altrimenti richiedendo solo che nei cimiteri civili vi siano «spazi riservati ai fedeli defunti», entrambi da benedire «secondo il rito proprio», o in alternativa «se non è possibile ottenere ciò» con benedizione dei «singoli tumuli» e il successivo canone 1241 ammette che parrocchie e istituti religiosi possano avere «il cimitero proprio» e così anche « altre persone giuridiche o le famiglie possono avere un cimitero o un sepolcro peculiare».

Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 27 novembre 2012 – 6 agosto 2013, numero 4161 Presidente De Felice – Estensore Spagnoletti Fatto e diritto 1. Il Monastero dei Santi Gervasio e Protasio è sito nella frazione di San Giacomo di Veglia del Comune di Vittorio Veneto. Il complesso è costituito da due barchesse, l'una di fronte all'altra -ossia da due edifici tipici dell'architettura della villa veneta, in origine destinati ad ambienti di lavoro agricolo e servizi, a struttura porticata con arcate alte a tutto sesto-, residuate dalla Villa Calbo Crotta , ed ospita dal 1909 il convento delle monache cistercensi di clausura, già prima e per secoli ospitato nel convento dei Santi Gervasio e Protasio di Belluno. Nell'ambito dell'area libera da clausura è stata realizzata una cappella gentilizia con nota del 30 giugno 1969, su parere favorevole del Consiglio provinciale di Sanità numero 624 di registro del 27 giugno 1969 e sollecitazione dell'allora Sindaco di Vittorio Veneto di cui alla nota numero 6869 di prot. del 29 aprile 1969 in ordine all'accoglimento dell'istanza presentata dalla Madre Badessa dell'epoca, dopo che precedente istanza era stata rigettata con provvedimento del Medico provinciale del 9 maggio 1968 su parere conforme dell'Ufficiale sanitario comunale del 23 marzo 1968. Tale autorizzazione era stata rilasciata anche sulla considerazione che la regola claustrale non consentisse la sepoltura in altro luogo e la visita a sepolture di consorelle all'esterno del monastero. Con nota dirigenziale numero 36878 di prot. del 26 settembre 2006, notificata il 26 settembre 2006, era comunicato l'avvio del procedimento di decadenza dal diritto d'uso della cappella sul rilievo dell'insussistenza delle condizioni previste dall'articolo 104 commi 2 e 3 del regolamento di polizia mortuaria di cui al d.P.R. 10 settembre 1990, numero 285 in quanto il Monastero non era proprietario di suoli del raggio di almeno ml. 200 all'intorno della cappella, con vincolo d'inalienabilità e inedificabilità , significando che non avrebbe potuto essere rilasciato alcun ulteriore nullaosta al seppellimento nella cappella. Con istanza del 19 dicembre 2007 la Madre Badessa chiedeva il nullaosta al seppellimento di consorella deceduta la sera prima, e nonostante le rassicurazioni espresse con lettera del Sindaco in pari data, con nota dirigenziale numero 51878 di prot. del 19 dicembre 2007 l'istanza veniva respinta, mentre con ordinanza sindacale numero 217 del 20 dicembre 2007 veniva assicurata sepoltura provvisoria in loculo del cimitero comunale di San Giacomo dio Veglia. Tali provvedimenti erano impugnati con il ricorso in primo grado numero r. 377/2008, nel quale, con motivi aggiunti, erano altresì gravati la determinazione dirigenziale numero 966 del 29 maggio 2008 che a chiusura del procedimento disponeva la decadenza dal diritto d'uso della cappella funeraria e la nota dirigenziale numero 20147 del 15 agosto 2008, di diniego di sepoltura nella cappella di altra consorella deceduta in pari data. Con sentenza numero 1192 del 3 aprile 2009 il T.A.R. Veneto ha - dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d'interesse l'impugnazione della comunicazione d'avvio del procedimento di decadenza, peraltro tardiva, e degli atti impugnati col ricorso sul rilievo che La sopravvenuta adozione del provvedimento definitivo di decadenza assorbe, infatti, ogni precedente statuizione, da cui la perdita di interesse all’annullamento degli atti che lo hanno preceduto nelle more della sua emanazione, interesse che ora è pertanto rivolto all’annullamento del provvedimento del 29.5.2008 - rigettato l'impugnativa del provvedimento decadenziale perché, incontestata la circostanza di fatto per cui il Monastero non è proprietario delle aree poste alla distanza di 200 metri dal luogo di sepoltura e che quindi su tali terreni non è stato apposto alcun vincolo di inalienabilità e di inedificabilità il giudice amministrativo veneto ha considerato che il provvedimento di decadenza assunto dal Comune di Vittorio Veneto sia immune dai vizi denunciati, in quanto correttamente sulla base di una situazione di fatto e di diritto incontestata è stata rilevata l’assenza delle condizioni richieste per effettuare la tumulazione della salme in un ambito diverso dal cimitero , non potendo assumere rilievo l'invocata disciplina di diritto canonico nel senso d'introdurre deroghe alla disciplina statale relativa ai cimiteri e dunque dovendosi negare alcun conflitto tra le medesime. 2. Con appello notificato il 20-21 maggio 2010 e depositato il 14 giugno 2010, il Monastero ha quindi impugnato la sentenza, deducendo, in sintesi, le seguenti censure A Violazione di legge, eccesso di potere, carenza di motivazione, falsa applicazione delle norme di diritto, illogicità, sviamento ed errore sul fatto, quanto alla declaratoria d'improcedibilità degli atti impugnati con il ricorso, con riferimento al richiamo da parte del giudice amministrativo veneto quale circostanza di fatto dell'incremento edilizio nelle immediate vicinanze del Monastero , poiché la progettata realizzazione di opera pubblica scuola con annessa palestra è poi avvenuta in luogo diverso, e perché la cappella, qualificata come cimitero interno delle suore pag 8 dell'appello è comunque situata a circa 200 ml. dal cimitero comunale ed anzi nel raggio di 50 ml. da quest'ultimo esistono costruzioni utilizzate permanentemente in numero ben maggiore rispetto a quelle esistenti in analoga area di rispetto del cimitero cistercense . B Riproposizione delle censure dedotte con il ricorso in primo grado 1 Violazione delle norme sul procedimento amministrativo articolo 2 legge numero 241/1990 . Eccesso di potere per carenza d'istruttoria. Violazione di legge ed eccesso di potere per assenza dei presupposti di fatto e diritto, in relazione all'omessa definizione del procedimento decadenziale e quindi dell'illegittimità del diniego alla sepoltura della consorella deceduta nel dicembre 2007. 2 Violazione di legge. Eccesso di potere per carenza d'istruttoria in relazione al parere dell'A.S.L. numero 7 o della sua mancata richiesta, non essendo alternativamente chiaro se il parere sia stato richiesto o quale sia stato il suo contenuto se conseguito. 3 Violazione di legge sotto diverso profilo ed eccesso di potere per sviamento e difetto di presupposti. Illegittimità derivata, perché la situazione di fatto non è mutata rispetto a quella assunta a base dell'originaria autorizzazione del 1969. 4 Violazione delle norme sulla notificazione, perché la nota numero 51878 di prot. del 19 dicembre 20078 non è stata notificata alla Madre Badessa, legale rappresentante del Monastero. 5 Violazione di legge ed eccesso di potere sotto ulteriore profilo contraddittorietà sviamento, in relazione alle pregresse autorizzazioni alla sepoltura nel cimitero monasteriale. 6 Violazione di legge sotto diverso profilo articolo 105 e 106 d.P.R. numero 285/1990, d.lgs. numero 112/1998. Violazione delle disposizioni regionali aggiuntive. Incompetenza. Eccesso di potere per difetto dei presupposti e sviamento, perché la materia della polizia mortuaria è oggetto di delega alle regioni e non è stata subdelegata ai comuni, la zona di sepoltura è non già cappella gentilizia sebbene vero e proprio cimitero interno alla comunità , con applicazione delle disposizioni ex articolo 106 del d.P.R. numero 285/1990, e in ogni caso ogni valutazione sul suo mantenimento compete alla Regione Veneto. 7 Violazione di legge, eccesso di potere per affidamento sulla sussistenza del diritto e interesse legittimo, in relazione alla violazione dell'affidamento riposto sulla piena legittimità dell'autorizzazione del 1969 e al lungo lasso temporale intercorso tra di esso e il provvedimento di decadenza. Costituitosi in giudizio, il Comune di Vittorio Veneto, con memorie difensive depositate il 26 ottobre e il 6 novembre 2012 ha dedotto l'inammissibilità dell'appello per violazione del principio di specificità dei motivi ex articolo 101 comma 1 c.p.a., nonché la sua infondatezza. A tali rilievi ha replicato il Monastero appellante, con memoria difensiva depositata il 6 novembre 2012 dal nuovo difensore, officiato con procura notarile numero . 6729 di rep. del 22 ottobre 2012. All'udienza pubblica del 27 novembre 2012 l'appello è stato discusso e riservato per la decisione. 3. L'appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico, onde può prescindersi dall'esame dell'eccezione pregiudiziale spiegata dal difensore dell'Amministrazione comunale relativa alla sostanziale genericità delle censure dedotte. 3.1 Com'è noto già l'articolo 340 del r.d. 27 luglio 1934, numero 1265 recante Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie poneva il divieto generale di seppellimento in luogo diverso dal cimitero comma 1 , fatta salva la sola tumulazione di cadaveri nelle cappelle private e gentilizie non aperte al pubblico, poste a una distanza dai centri abitati non minore di quella stabilita per i cimiteri comma 2 , fattispecie da non confondere con quella di cui all'articolo 341, di autorizzazione specifica del Ministro dell'Interno di autorizzare, di volta in volta, con apposito decreto, la tumulazione dei cadaveri in località differenti dal cimitero, quando concorrano giustificati motivi di speciali onoranze . Per le c.d. sepolture private fuori dai cimiteri, nella duplice forma delle cappelle gentilizie in senso stretto ossia destinate dal fondatore ad una gens, quindi a persone legate rapporti di sangue, parentela o affinità e delle cappelle private riferibili a enti, associazioni, fondazioni, corporazioni, anche religiose , requisito essenziale era quindi la distanza da centri abitati almeno pari a quella prescritta per i cimiteri dall'articolo 338 r.d. numero 1265/1934, pari a almeno 200 ml. L'articolo 105 del d.P.R. 21 ottobre 1975, numero 803 recante Regolamento di polizia mortuaria , sostanzialmente riproduttivo dell'articolo 82 del previgente regolamento di analogo oggetto di cui al r.d. 21 dicembre 1942, numero 1880, ha circoscritto la possibilità di realizzare, e mantenere, cappelle private e gentilizie fuori dai cimiteri alla condizione essenziale che esse siano attorniate per un raggio di m 200 da fondi di proprietà degli enti e delle famiglie che ne chiedono la concessione e sui quali gli stessi assumano il vincolo di inalienabilità e di inedificabilità comma 1 , stabilendo che Venendo meno le condizioni di fatto previste dal precedente comma, i titolari della concessione decadono dal diritto di uso delle cappelle comma 2 , e con salvezza delle sole cappelle private o gentilizie e dei cimiteri privati .preesistenti all'entrata in vigore del testo unico delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, numero 1265 per i quali ha disposto che essi . sono soggetti, come i cimiteri comunali, alla vigilanza dell'autorità comunale comma 3 . Tali disposizioni sono state poi riprodotte e trasfuse nell'articolo 104 del d.P.R. 10 settembre 1990, numero 285, recante il nuovo regolamento di polizia mortuaria tuttora in vigore. 3.2 Orbene, è incontestato, in punto di fatto, che il Monastero non è proprietario di suoli all'intorno della sepoltura privata che esso ospita per fascia di profondità di 200 ml. sulla quale possa costituire il richiesto vincolo di asservimento e inedificabilità. Ne consegue che se deve revocarsi in dubbio che potesse autorizzarsi la realizzazione della sepoltura -apparendo significativo che la prima istanza fosse stata respinta, e soltanto la seconda accolta su sollecitazione del Sindaco dell'epoca, e sia pure per ragioni di carattere etico-morale intese a garantire in qualche modo l'invocata rigida regola claustrale, prive però di consistenza giuridica-, non può confutarsi la piena legittimità del provvedimento che, in stretta applicazione dell'articolo 104 del d.P.R. 10 settembre 1990, numero 285 riproduttivo dell'articolo 105 del d.P.R. 21 ottobre 1975, numero 803 ha dichiarato la decadenza dal diritto d'uso della cappella realizzata nel complesso monasteriale. Peraltro, per le ragioni evidenziate in modo puntuale ed efficace nella sentenza impugnata, qui condivise, può immaginarsi che le disposizioni del codice canonico possano autorizzare la conservazione della cappella. Infatti, il canone 1240 prevede cimiteri propri della Chiesa solo dove è possibile , altrimenti richiedendo solo che nei cimiteri civili vi siano spazi riservati ai fedeli defunti , entrambi da benedire secondo il rito proprio , o in alternativa se non è possibile ottenere ciò con benedizione dei singoli tumuli e il successivo canone 1241 ammette che parrocchie e istituti religiosi possano avere il cimitero proprio e così anche altre persone giuridiche o le famiglie possono avere un cimitero o un sepolcro peculiare . Tali disposizioni proprie dell'ordinamento canonico, esterno a quello statuale, non possono interferire né sovrapporsi o prevalere sulla disciplina generale che subordina la realizzazione di sepolture fuori dai cimiteri, nel caso cappelle di ordini religiosi, o anche campi di inumazione, a rigorose e specifiche condizioni finalizzate alla salvaguardia di interessi pubblici di natura igienico-sanitaria e urbanistico-edilizia. Alla stregua dei rilievi che precedono, l'appello in epigrafe risulta quindi infondato, non meritando censura alcuna delle statuizioni della sentenza impugnata. Il procedimento di decadenza è stato avviato e concluso in puntuale e doverosa applicazione dell'articolo 104 del d.P.R. 285/1990, onde non possono assumere rilievo alcuno le vicende relative all'adozione e approvazione di variante urbanistica per realizzazione di opere pubbliche in aree adiacenti il monastero, né risulta conferente il richiamo alla distanza tra esso e il cimitero comunale, risultando infondati tutte le altri motivi, per vero confusamente dedotti. 4. In conclusione, l'appello in epigrafe deve essere rigettato, con la conferma della sentenza impugnata. 5. Sussistono comunque giusti motivi per dichiarare compensate per intero anche le spese e onorari del giudizio d'appello. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta rigetta l'appello numero r. 5304/2010 e per l'effetto conferma la sentenza del T.A.R. Veneto, Sezione I, numero 1192 del 3 aprile 2009. Spese del giudizio d'appello compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.