Considerazioni generiche e vizi di motivazione non specificati rendono il ricorso inammissibile

Non rientra tra i compiti della S.C. effettuare un’indagine sul discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre una propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito. Il ricorrente, inoltre, ha l’onere di specificare con precisione se il vizio di motivazione prospettato sia riferito alla mancanza, alla contraddittorietà o alla manifesta illogicità di questa.

Tali principi sono stati ribaditi dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 12790/13, depositata il 19 marzo. Il caso. Il subagente di una società di assicurazioni viene condannato in entrambi i gradi di merito per appropriazione indebita di somme di denaro delle quali aveva il possesso per ragioni professionali l’imputato propone allora ricorso per cassazione. A giudizio degli Ermellini, tuttavia, il ricorso è fondato su motivi non consentiti in sede di legittimità, dedotti genericamente e, in ogni caso, manifestamente infondati. Il travisamento della prova Anzitutto la S.C. ricorda che non rientra tra i suoi compiti effettuare un’indagine sul discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre una propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito la mancata rispondenza delle considerazioni di questi ultimi alle risultanze processuali, infatti, può essere dedotta solo in caso di c.d. travisamento della prova, qualora il dato travisato o omesso sia decisivo nell’apparato motivazionale contestato. e i relativi oneri a carico del ricorrente. Ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lett. e c.p.p., in questo caso il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente l’atto processuale sul quale si fonda la doglianza, l’elemento fattuale o il dato probatorio incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza impugnata, la prova della verità del fatto o del dato invocato e infine le ragioni per cui l’atto invocato compromette la tenuta logica della motivazione contestata. Il vizio di motivazione va specificato. Consolidata giurisprudenza ha affermato che il ricorso presentato prospettando vizi di motivazione, i cui motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa, è da considerarsi inammissibile è infatti onere del ricorrente specificare con precisione se il vizio di motivazione dedotto sia riferito alla mancanza, alla contraddittorietà o alla manifesta illogicità di questa, con l’enunciazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Solo considerazioni generiche il ricorso è inammissibile. Nessuno dei motivi prospettati dal ricorrente, in conclusione, può essere accolto infatti, a fronte di una motivazione ampia, esauriente, logica e non contraddittoria della Corte di Appello, l’imputato oppone solo considerazioni generiche per questi motivi la Cassazione dichiara il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 dicembre 2012 – 19 marzo 2013, numero 12790 Presidente Carmenini – Relatore Beltrani Ritenuto in fatto Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Lecce Catanzaro ha confermato quella pronunziata dal Tribunale di Brindisi in composizione monocratica in data 28 dicembre 2005 che aveva dichiarato l'odierno ricorrente colpevole dell'appropriazione indebita aggravata e continuata di plurime somme di denaro delle quali aveva il possesso in qualità di subagente della RAS Assicurazioni s.p.a., commessa in Brindisi nel novembre del 2002, condannandolo, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle circostanze aggravanti concorrenti, alla pena ritenuta di giustizia, che sospendeva, ed al risarcimento del danno - da liquidarsi in separata sede - in favore della costituita parte civile . Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, con l'ausilio del difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'articolo 173, comma 1, disp. att. c.p.p. A Polizze intestate a F.C. numero omissis I - inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 646 c.p., per essere le somme di denaro in oggetto premi di assicurazione non più dovuti dall'assicurato, in quanto i relativi contratti erano stati già rescissi possedute dall'imputato non in nome e per conto dell'agente generale della RAS Assicurazioni, costituendo esse provento di attività illecite poste in essere dallo stesso imputato ovvero la truffa dalla quale egli è già stato peraltro assolto con sentenza irrevocabile II - manifesta illogicità della relativa motivazione B Polizze numero intestata a F.C. e numero intestata a V.A. III - mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per omessa valutazione di una prova decisiva a discarico travisamento della prova IV - violazione dell'articolo 646 c.p., per avere il ricorrente provveduto al versamento dei premi riscossi, sia pure in ritardo e parzialmente C Polizza numero omissis intestata al Condominio di via in persona dell'amm. p.t. V - violazione dell'articolo 646 c.p. per insussistenza della condotta appropriativa VI - mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per omessa valutazione di una prova decisiva a discarico D Assegno di Euro 4.370 somme di Euro 6.500 e 3.501,40 VII - violazione dell'articolo 646 c.p. per insussistenza della condotta appropriativa VIII - mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per omessa valutazione di una prova decisiva a discarico E Polizze numero intestata ad A.M. e numero intestata a C.A. IX - inosservanza degli articolo 191 e 526 c.p.p. X - mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Ha concluso chiedendo annullarsi l'impugnata decisione con ogni conseguenza di legge. All'odierna udienza pubblica, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, e questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in udienza. Considerato in diritto Il ricorso è in toto inammissibile, perché fonda su motivi non consentiti in sede di legittimità, dedotti genericamente, e comunque manifestamente infondati. I LIMITI DEL SINDACATO DI LEGITTIMITÀ. 1. Con riguardo ai limiti del sindacato di legittimità, delineati dall'articolo 606, comma 1, lettera e , c.p.p., come vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla L. numero 46 del 2006, questa Corte Suprema ritiene che la predetta novella non abbia comportato la possibilità, per il giudice della legittimità, di effettuare un'indagine sul discorso giustificativo della decisione finalizzata a sovrapporre una propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito, dovendo il giudice della legittimità limitarsi a verificare l'adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sottolineare il suo convincimento. La mancata rispondenza di queste ultime alle acquisizioni processuali può, soltanto ora, essere dedotta quale motivo di ricorso qualora comporti il c.d. travisamento della prova, purché siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione, in modo da rendere possibile la loro lettura senza alcuna necessità di ricerca da parte della Corte, e non ne sia effettuata una monca individuazione od un esame parcellizzato. 1.1. L'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, poi, deve risultare di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici in tal senso, conservano validità, e meritano di essere tuttora condivise, Cass. penumero , Sez. unumero , numero 24 del 24 novembre 1999, Spina, rv. 214794 Sez. unumero , numero 12 del 31 maggio 2000 numero 12, Jakani, rv. 216260 Sez. unumero , numero 47289 del 24 settembre 2003, Petrella, rv. 226074 . A tal riguardo, devono tuttora escludersi la possibilità di “un'analisi orientata ad esaminare in modo separato ed atomistico i singoli atti, nonché i motivi di ricorso su di essi imperniati ed a fornire risposte circoscritte ai diversi atti ed ai motivi ad essi relativi” Cass. penumero , sez. VI, numero 14624 del 20 marzo 2006, Vecchio, rv. 233621 conforme, sez. II, numero 18163 del 22 aprile 2008, Ferdico, rv. 239789 , e la possibilità per il giudice di legittimità di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti Cass. penumero , sez. VI, numero 27429 del 4 luglio 2006, Lobriglio, rv. 234559 sez. VI, numero 25255 del 14 febbraio 2012, Minervini, rv. 253099 . 1.2. Il ricorso che, in applicazione della nuova formulazione dell'articolo 606, comma 1, lett. e , c.p.p. intenda far valere il vizio di “travisamento della prova” consistente nell'utilizzazione di un'informazione inesistente o nell'omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisività nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica deve, inoltre, a pena di inammissibilità Cass. penumero , sez. I, numero 20344 del 18 maggio 2006, Salaj, rv. 234115 sez. VI, numero 45036 del 2 dicembre 2010, Damiano, rv. 249035 a identificare specificamente l'atto processuale sul quale fonda la doglianza b individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta asseritamente incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza impugnata c dare la prova della verità dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché dell'effettiva esistenza dell'atto processuale su cui tale prova si fonda tra i materiali probatori ritualmente acquisiti nel fascicolo del dibattimento d indicare le ragioni per cui l'atto invocato asseritamente inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato. 1.3. Il giudice di legittimità ha, ai sensi del novellato articolo 606 c.p.p., il compito di accertare Cass. penumero , sez. VI, numero 35964 del 28 settembre 2006, Foschini ed altro, rv. 234622 sez. III, numero 39729 del 18 giugno 2009, Belloccia ed altro, rv. 244623 sez. V, numero 39048 del 25 settembre 2007, Casavola ed altri, rv. 238215 sez. II, numero 18163 del 22 aprile 2008, Ferdico, rv. 239789 a il contenuto del ricorso che deve contenere gli elementi sopra individuati b la decisività del materiale probatorio richiamato che deve essere tale da disarticolare l'intero ragionamento del giudicante o da determinare almeno una complessiva incongruità della motivazione c l'esistenza di una radicale incompatibilità con l’iter motivazionale seguito dal giudice di merito e non di un semplice contrasto non essendo il giudice di legittimità obbligato a prendere visione degli atti processuali anche se specificamente indicati, ove non risulti detto requisito d la sussistenza di una prova omessa o inventata, e del c.d. “travisamento del fatto”, ma solo qualora la difformità della realtà storica sia evidente, manifesta, apprezzabile ictu oculi ed assuma anche carattere decisivo in una valutazione globale di tutti gli elementi probatori esaminati dal giudice di merito il cui giudizio valutativo non è sindacabile in sede di legittimità se non manifestamente illogico e, quindi, anche contraddittorio . 1.4. In presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità, va, peraltro, ritenuta l'ammissibilità della motivazione della sentenza d'appello per relationem a quella della decisione impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi, in quanto il giudice di appello, nell'effettuazione del controllo della fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è tenuto a riesaminare questioni sommariamente riferite dall'appellante nei motivi di gravame, sulle quali si sia soffermato il primo giudice, con argomentazioni ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente censurate. In tal caso, infatti, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell'appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, sicché le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entità Cass. penumero , sez. II, numero 1309 del 22 novembre 1993, dep. 4 febbraio 1994, Albergamo ed altri, rv. 197250 sez. III, numero 13926 del 1 dicembre 2011, dep. 12 aprile 2012, Valerio, rv. 252615 . 1.5. Infine, anche il giudice d'appello non è tenuto a rispondere a tutte le argomentazioni svolte nell'impugnazione, giacché le stesse possono essere disattese per implicito o per aver seguito un differente iter motivazionale o per evidente incompatibilità con la ricostruzione effettuata per tutte, Cass. penumero , sez. VI, numero 1307 del 26 settembre 2002, dep. 14 gennaio 2003, Delvai, rv. 223061 . 1.6. Per quel che concerne il significato da attribuire alla locuzione & lt , già adoperata dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema per tutte, cfr. Cass. penumero , Sez. unumero , numero 30328 del 10 luglio 2002, Franzese, rv. 222139 , e successivamente recepita nel testo novellato dell'articolo 533 c.p.p. quale parametro cui conformare la valutazione inerente all'affermazione di responsabilità dell'imputato, è opportuno evidenziare che, al di là dell'icastica espressione, mutuata dal diritto anglosassone, ne costituiscono fondamento il principio costituzionale della presunzione di innocenza e la cultura della prova e della sua valutazione, di cui è permeato il nostro sistema processuale. Si è, in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha una funzione meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in precedenza, il “ragionevole dubbio” sulla colpevolezza dell'imputato ne comportava pur sempre il proscioglimento a norma dell'articolo 530, comma 2, c.p.p., sicché non si è in presenza di un diverso e più rigoroso criterio di valutazione della prova rispetto a quello precedentemente adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito il principio, immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed ordinario, secondo cui la condanna è possibile soltanto quando vi sia la certezza processuale assoluta della responsabilità dell'imputato cfr. Cass. penumero , sez. II, numero 19575 del 21 aprile 2006, Serino ed altro, rv. 233785 sez. II, numero 16357 del 2 aprile 2008, Crisiglione, rv. 239795 . 1.7. La giurisprudenza di questa Corte Suprema è ormai orientata nel senso dell'inammissibilità, per difetto di specificità, del ricorso presentato prospettando vizi di motivazione del provvedimento impugnato, i cui motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa Cass. penumero , sez. VI, numero 32227 del 16 luglio 2010, T., rv. 248037 nella fattispecie il ricorrente aveva lamentato la mancanza e/o insufficienza e/o illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari posti a fondamento di un'ordinanza applicativa di misura cautelare personale conforme, sez. VI, numero 800 del 6 dicembre 2011, dep. 12 gennaio 2012, Bidognetti ed altri, rv. 251528 . Invero, l'articolo 606, comma 1, lett. e , c.p.p. stabilisce che i provvedimenti sono ricorribili per “mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame” la disposizione, se letta in combinazione con l'articolo 581, comma 1, lett. c , c.p.p. a norma del quale è onere del ricorrente “enunciare i motivi del ricorso, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta” evidenzia che non può ritenersi consentita l'enunciazione perplessa ed alternativa dei motivi di ricorso, essendo onere del ricorrente di specificare con precisione se la deduzione di vizio di motivazione sia riferita alla mancanza, alla contraddittorietà od alla manifesta illogicità ovvero a una pluralità di tali vizi, che vanno indicati specificamente in relazione alle varie parti della motivazione censurata. 1.8. Alla luce di queste necessarie premesse va esaminato l'odierno ricorso. IL RICORSO. 2. In virtù di quanto appena osservato nel p.1.7. di queste Considerazioni in diritto, appaiono prima facie inammissibili i motivi III, VI, VIII, X, articolati con prospettazione perplessa, per evidente difetto di specificità. 3. Polizze intestate a F.C. numero e numero . Con riguardo ai primi due motivi, la Corte di appello f. 13 ss. , con motivazione ampia, esauriente, logica e non contraddittoria, come tale non censurabile in questa sede, che il ricorrente non considera e cui nulla oppone, se non le proprie generiche ed assertive considerazioni, in violazione dei principi enucleati nel p.1.2. di queste Considerazioni in diritto, ha spiegato che non era stato l'imputato ad indurre fraudolentemente l'assicurato al versamento delle somme di denaro non più dovute, ma che, cionondimeno, l'imputato aveva ricevuto tali somme di denaro in qualità di subagente RAS, ed avrebbe, pertanto, dovuto versarle alla RAS pur se al fine della successiva restituzione all'assicurato , e non trattenerle indebitamente, come aveva invece fatto. La Corte di appello ha anche richiamato, a sostegno del suo assunto, il principio desumibile da un risalente, ma tuttora condivisibile, precedente giurisprudenziale, a parere del quale “La circostanza aggravante prevista dall'articolo 61 n 11 cod. penumero , abuso di relazioni di prestazione d'opera non sussiste qualora il rapporto di lavoro sia già cessato, essendo in tal caso venuta meno quella particolare situazione su cui la legge fonda la ragione dell'aggravamento. Peraltro detto rapporto, ai fini dell'applicabilità della suindicata aggravante, dev'essere cessato anche come rapporto di fatto e non soltanto come situazione giuridica. In particolare devono essere cessati tutti gli effetti e le situazioni ricollegabili al rapporto estinto come a loro causa efficiente e nei quali, appunto, il rapporto stesso, di fatto sopravvive. Risponde, pertanto, di appropriazione indebita aggravata dall'abuso di tale rapporto l'amministratore di una società il quale, dopo il suo recesso dalla stessa, si appropri cose e valori di cui abbia il possesso in virtù di quel rapporto e che avrebbe dovuto restituire alla società all'atto stesso del recesso” Sez. II, n, 3866 del 14 gennaio 1974, Gamberi, rv. 127015 . Non può, pertanto, ritenersi violato l'articolo 646 c.p., al contrario integrato anche da condotte poste in essere con riguardo a somme di denaro delle quali si abbia la disponibilità sulla base di un rapporto di fatto, per l'intervenuta cessazione del rapporto giuridico in origine sottostante nel caso di specie, invero, non erano cessati tutti gli effetti e le situazioni ricollegabili al rapporto estinto, avendo l'imputato accettato di ricevere il versamento dei premi de quibus, in realtà non dovuti, pur sempre in qualità di subagente incaricato della riscossione per conto della RAS, il che gli imponeva di girare quanto ricevuto a quest'ultima, che, in ultima ipotesi, sarebbe stata chiamata all'eventuale restituzione dell'indebito. 4. Polizze numero intestata a F.C. e numero intestata a V.A. . Con riguardo al terzo peraltro, articolato in forma perplessa e quarto motivo, la Corte di appello f. 16 ss. , con motivazione ampia, esauriente, logica e non contraddittoria, come tale non censurabile in questa sede, che il ricorrente non considera e cui nulla oppone, se non le proprie generiche ed assertive considerazioni, in violazione dei principi enucleati nel p.1.2. di queste Considerazioni in diritto, ha spiegato che l'assunto del ricorrente che invocava il pagamento soltanto parziale dei premi oggetto di contestazione risultava documentalmente sconfessato proprio dal documento datato 5 febbraio 2002, proveniente dallo stesso imputato. La Corte di appello ha anche dato atto che l'imputato aveva versate parte dei premi riscossi e non registrati a distanza di cinque mesi dall'incasso, ma che aveva trattenuto per sé la somma di Euro 329,95. 5. Polizza numero omissis intestata al Condominio di via in persona dell'amm. p.t. . Con il quinto e sesto motivo peraltro articolato in forma perplessa , il ricorrente lamenta che la somma versata dal Condominio in pagamento del premio oggetto di contestazione sarebbe stata tempestivamente versata all'agente generale RAS, come documentalmente risultante ex actis. Tuttavia, la Corte di appello f. 17 s. , con motivazione ampia, esauriente, logica e non contraddittoria, come tale non censurabile in questa sede, che il ricorrente non considera e cui nulla oppone, se non le proprie generiche ed assertive considerazioni, in violazione dei principi enucleati nel p.1.2. di queste Considerazioni in diritto, ha spiegato che l'assunto del ricorrente risultava documentalmente sconfessato l'imputato non aveva annotato l'intervenuto versamento della somma, salvo provare a creare l'apparenza di un errore quando, a seguito di un sinistro, la RAS aveva negato al Condominio la copertura assicurativa invocando il mancato versamento del premio, ed il Condominio aveva documentato il tempestivo versamento del premio nelle mani del subagente, ovvero dell'odierno imputato. E solo in virtù di tale fortuita circostanza, la RAS aveva appurato che il subagente non le aveva tempestivamente girato il premio versato dal Condominio. 6. Assegno di Euro 4.370 somme di Euro 6.500 e 3.501,40. Con il settimo ed ottavo motivo peraltro articolato in forma perplessa , il ricorrente lamenta la non configurabilità del reati di cui all'articolo 646 c.p. per insussistenza della condotta appropriativa, in presenza di una compensazione con crediti del subagente, sulla base dell'articolo 22 del contratto di subagenzia che non ha, peraltro, prodotto . Tuttavia, la Corte di appello f. 18 ss. , con motivazione ampia, esauriente, logica e non contraddittoria, come tale non censurabile in questa sede, che il ricorrente non considera, e cui nulla oppone, se non le proprie generiche ed assertive considerazioni, in violazione dei principi enucleati nel p.1.2. di queste Considerazioni in diritto, ha esaminato le doglianze dell'imputato reputandone l'inconsistenza, spiegando, in particolare, che non potesse essere considerata a giustificazione per l'omesso versamento dei premi assicurativi de quibus una compensazione con crediti non liquidi, né esigibili, e che avrebbero asseritamente riguardato provvigioni su somme non versate, e quindi non dovute, e chiarendo altresì la corretta interpretazione della clausola contrattuale ex adverso solo genericamente invocata. 7. Polizze numero intestata ad A.M. e numero intestata a C.A. . Con gli ultimi due motivi il decimo, peraltro, articolato in forma perplessa il ricorrente lamenta promiscuamente l'inutilizzabilità di due missive apparentemente provenienti dai predetti intestatari delle polizze in contestazione e che non si fosse tenuto conto delle notevoli imprecisioni e lacunosità delle dichiarazioni rese dai predetti in sede di esame testimoniale. Peraltro, la Corte di appello f. 21 ss. , con motivazione ampia, esauriente, logica e non contraddittoria, come tale non censurabile in questa sede, che il ricorrente non considera, e cui nulla oppone, se non le proprie generiche ed assertive considerazioni, in violazione dei principi enucleati nel p.1.2. di queste Considerazioni in diritto, ha esaminato le doglianze dell'imputato reputandone l'inconsistenza, ed in particolare valorizzando, con riguardo all'episodio che riguardava la polizza A. , essenzialmente le circostanziate dichiarazioni di quest'ultimo, che aveva ribadito il contenuto della corrispondenza intercorsa con la RAS che aveva sollecitato il pagamento del premio dovuto, in realtà già versato puntualmente, e puntualmente trattenuto indebitamente dal subagente D.S. , e con riguardo all'altro episodio, le circostanziate dichiarazioni dello stesso C. , che a sua volta aveva ribadito il contenuto della corrispondenza per analoghe ragioni intercorsa con la RAS. Quanto alla eccezione di inutilizzabilità formulata dal ricorrente, essa, se riferita alle dichiarazioni testimoniali appena indicate è manifestamente infondata, non essendo doverosa l'esibizione ai predetti testimoni delle lettere de quibus e comunque della documentazione riguardante le rispettive pratiche acquisita agli atti che poteva comunque essere mostrata loro anche su iniziativa della difesa dell'imputato, in sede di controesame, se ciò fosse stato ritenuto utile a fini difensivi se, invece, riferita alle predette lettere, è inammissibile per genericità, poiché il ricorrente non chiarisce compiutamente la ragione della invocata inutilizzabilità che la Corte di appello esclude tassativamente né soprattutto la concreta incidenza delle relative risultanze ai fini della conclusiva decisione, in realtà all'evidenza fondata essenzialmente sulle dichiarazioni rese in contraddittorio dagli interessati, non su quanto emergente dalle predette lettere. 8. Non può porsi in questa sede d'ufficio la questione della declaratoria della prescrizione eventualmente maturata dopo la sentenza d'appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte chiarito che “l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'articolo 129 cod. proc. penumero ” Cass. penumero , Sez. unumero , 22 novembre 2000, numero 32, De Luca, rv. 217266 nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso conformi, Sez. unumero , 2 marzo 2005, numero 23428, Bracale, rv. 231164, e Sez. unumero , 28 febbraio 2008, numero 19601, Niccoli, rv. 239400 . 9. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché - apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per colpa Corte cost., 13 giugno 2000 numero 186 e tenuto conto della entità di detta colpa - della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo sanzione pecuniaria. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.