La consulenza tecnica d’ufficio costituisce un mezzo di ausilio per il giudice, volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti, la cui interpretazione richiede nozioni tecnico-scientifiche, e non un mezzo di soccorso volto a sopperire all’inerzia delle parti.
La stessa, tuttavia, può eccezionalmente costituire fonte oggettiva di prova per accertare quei fatti rilevabili unicamente con l’ausilio di un perito. Ne consegue che, qualora la consulenza d’ufficio sia richiesta per acquisire documentazione che la parte avrebbe potuto produrre, l’ammissione da parte del giudice comporterebbe lo snaturamento della funzione assegnata dal codice a tale istituto e la violazione del giusto processo presidiato dall’articolo 111 Cost. sotto il profilo della posizione paritaria della parti e della ragionevole durata. Il caso. Un condominio aveva convenuto in giudizio l’amministratore per la restituzione di alcuni importi che lo stesso avrebbe incassato indebitamente e senza giustificazione. L’amministratore si costituiva eccependo, tra le altre cose, la mancata produzione da parte dell’attore della documentazione condominiale contabile relativa agli anni contestati. Il tribunale respingeva le pretese del condominio e in particolare rigettava la richiesta attorea di c.t.u. ritenuta esplorativa in mancanza della documentazione contabile che l’attore stesso avrebbe dovuto produrre a fondamento della propria domanda e sulla quale si sarebbe dovuto eseguire l’esame del tecnico. La sentenza veniva confermata dalla Corte territoriale che, escludendo di poter ritenere la consulenza contabile richiesta tra quelle percipienti , giudicava corrette le valutazioni del giudice di prime cure. Ciononostante il condominio ricorreva in Cassazione insistendo nuovamente per l’ammissibilità della consulenza tecnica richiesta pur in assenza della documentazione contabile non prodotta in primo grado. Consulenza tecnica “deducente” e “percipiente”. Con la sentenza odierna la Suprema Corte fa chiarezza sui requisiti per l’ammissione della c.t.u. cosiddetta deducente e sulla produzione documentale ad essa correlata. In particolare si ribadisce che la consulenza tecnica d’ufficio è un mezzo istruttorio e non una prova in senso stretto. Ne deriva che il giudice, secondo la propria discrezionalità, vi ricorre quale aiuto per la conoscenza di fatti che sono già stati provati dalle parti e la cui interpretazione necessita di nozioni tecniche e scientifiche. In pratica come chiarito già in Cass. Civ. III Sez., 22.06.2005 numero 13401 citata nella sentenza se il giudice affida al consulente il semplice incarico di valutare fatti già accertati o dati preesistenti, la funzione del tecnico è meramente deducente e la sua attività non può produrre prova. Quindi se la consulenza tecnica viene richiesta come avvenuto nel caso di specie per acquisire prove che la parte avrebbe ben potuto produrre o esibire, il giudice non può che negarne l’ammissibilità. Se così non fosse, come indicato nella massima, si finirebbe per consentire c.t.u. meramente esplorative per sopperire all’inerzia della parte interessata, con violazione in ultimo dei principi del giusto processo ex articolo 111 Cost. sotto il profilo della posizione paritaria delle parti e della ragionevole durata. Diversamente, qualora sia necessario accertare fatti non altrimenti dimostrabili o chiaribili se non con l'impiego di specifiche tecniche scientifiche o strumentazioni particolari, è eccezionalmente consentito al giudice ricorrere alla consulenza percipiente . In simili ipotesi la consulenza costituisce allora fonte diretta di prova ed è utilizzabile al pari delle altre già acquisite nel corso del processo. In casi come questi il potere del consulente, per certi versi, è maggiore e di conseguenza gli oneri probatori della parte richiedente sono alleviati, potendo essa, in ipotesi, limitarsi ad allegare la tesi tecnica su cui il consulente sarà chiamato ad operare. La fattispecie odierna sfugge però a tali dinamiche poiché la controversia era relativa all’esame ex articolo 198 c.p.c. di semplici operazioni contabili eseguite dall’amministratore e delle quali il condominio chiedeva conto. Nel caso in esame quindi il condominio ricorrente avrebbe dovuto produrre sin dal giudizio di primo grado tutta la documentazione necessaria delibere dell’assemblea, rendiconti, bilanci preventivi e consuntivi da sottoporre eventualmente al consulente per il relativo esame contabile. Ciò il ricorrente non ha fatto e non può dunque pretendere l’ammissione di una consulenza tecnica su materiale non previamente introdotto e acquisito al processo nei tempi e modi previsti dal codice di rito. Devono infatti essere giudicate inammissibili le consulenze meramente esplorative richieste «non per evidenziare le singole poste contabili sulla scorta delle acquisizioni fatte ad iniziativa delle parti, bensì per ricercare ed indicare i documenti ad esse astrattamente idonei» cfr. Cass. 2.2.2000, numero 1132 . Esibizione o integrazioni non sono scorciatoie per sopperire al mancato assolvimento degli oneri probatori. A nulla vale in fattispecie come questa invocare l’esibizione officiosa ex articolo 210 c.p.c. dei documenti non prodotti dalla parte a ciò onerata, altrimenti, anche in tale ipotesi, si ammetterebbero scorciatoie non consentite per sopperire alle mancanze delle parti. Al contrario, l’esibizione ex articolo 210 c.p.c. è possibile solo ove la prova del fatto che si intende dimostrare non sia utilmente acquisibile aliunde cfr. Cass. 24.3.2004, numero 5908 . Tale requisito di indispensabilità quindi sussiste solo se lo strumento di cui all’articolo 210 c.p.c. costituisce l’unico modo per acquisire al giudizio una specifica e determinata prova precostituita. Da ultimo, precisa la Suprema Corte, in tema di esame contabile ex articolo 198 c.p.c., il presunto consenso dell’avversario all’acquisizione documentale cui non ha provveduto la parte onerata non esime comunque il giudice dal delibare in ordine all’ammissibilità o meno della consulenza tecnica d’ufficio. Peraltro l’assenso può essere eventualmente espresso solo per i documenti accessori utili ad una risposta più esauriente e approfondita al quesito, ma non per consentire l’ingresso di prove documentali poste direttamente a fondamento della domanda cfr. Cass. 2.12.200, numero 24549 . Nessuna chance quindi per il condominio attore, non si può ricorrere ai mezzi istruttori previsti dal codice di rito per escludere gli oneri probatori e le preclusioni relative e sopperire così all’inerzia delle parti.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 novembre 2012 - 18 gennaio 2013, numero 1266 Presidente Triola – Relatore Vincenti Ritenuto in fatto 1. - Il Condominio omissis , corrente in omissis , conveniva in giudizio l'amministratore rimasto in carica sino al 5 luglio 2001, formalmente S.H. , ma sostanzialmente E D.S. , per sentirli condannare al pagamento della complessiva somma di Euro 11.505,55 a titolo di importi incassati dagli stessi e non dovuti e per importi in uscita privi di giustificazione e della relativa documentazione. Si costituiva in giudizio soltanto il D.S. adducendo che, al fine di potersi difendere, occorreva l'acquisizione della documentazione condominiale contabile relativa agli anni 2000 e 2001, da esibirsi da parte del Condominio stesso quanto poi al contestato prelievo assumeva trattarsi di compenso per lavori di amministrazione straordinaria fatturati in base alle tabelle Anci. Concludeva, pertanto, per la reiezione della domanda attorea, invocando in ogni caso la produzione della documentazione contabile completa. L'adito Tribunale di Bolzano rigettava la domanda proposta dal condominio, negando l'ammissione di consulenza tecnica, ritenuta esplorativa, e ritenendo precluso l'esame sulla fondatezza della pretesa spiegata in mancanza della produzione in giudizio della documentazione contabile da parte del Condominio attore. 2. - Avverso tale sentenza interponeva gravame lo stesso Condominio OMISSIS , dolendosi della mancata ammissione della c.t.u. contabile, tramite la quale soltanto avrebbe potuto essere dimostrata la fondatezza della domanda, sostenendo che i documenti ben potevano essere acquisiti dal consulente in sede indagini tecniche. Si costituiva nel giudizio di gravame soltanto il D.S. , chiedendo la reiezione dell'appello. Con sentenza resa pubblica il 27 maggio 2006, la Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, rigettava l'impugnazione, condannando l'appellante al pagamento delle spese del grado. La Corte territoriale escludeva di poter ascrivere la consulenza contabile tra quelle c.d. percipienti e riteneva giuridicamente corretta la decisione di primo grado nell'aver impedito l'espletamento della auspicata c.t.u. in ragione della mancata preventiva dimissione di tutta la documentazione bancaria ed amministrativo contabile delibere dell'assemblea e conti preventivi e consuntivi . 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Condominio OMISSIS affidando le sorti dell'impugnazione a tre motivi di censura. Resiste con controricorso E D.S. , mentre non ha svolto difese H S. , ritualmente intimata. Considerato in diritto 1. - Con il primo mezzo è denunciata omessa e/o insufficiente motivazione, ex articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., in ordine a fatti decisivi della controversia, con particolare riferimento alla denegata ammissione della richiesta c.t.u. contabile . Il ricorrente premette che la prova della regolarità sotto il profilo contabile della gestione amministrativa S. - D.S. non poteva che essere fornita attraverso una consulenza tecnica e di ciò prendeva atto lo stesso D.S. , nonché la stessa sentenza impugnata, la quale però non avrebbe tenuto conto del preventivo generalizzato consenso di entrambe le parti in causa all'esame contabile, nonché conseguentemente all'analisi in sede di consulenza della documentazione amministrativo-contabile del Condominio non prodotta in giudizio, ma facilmente rintracciabile e data per pacifica da entrambe le parti . Ciò posto, si assume che la consulenza c.d. percipiente è pacificamente ammessa dalla giurisprudenza, trovando autorevole avallo nella sentenza delle Sezioni Unite numero 9522 del 1996, che ne indica i requisiti di ammissione, nella specie tutti riscontrabili, giacché si trattava di verificare un fatto . possibile, rilevante e tale da lasciare tracce accertabili , ciò evincendosi dalle deduzioni degli atti di causa, dalla mancata contestazione degli importi quanto al loro prelevamento, dalla documentazione prodotta, segnatamente bancaria, restando agevole per il consulente individuare la documentazione relativa alla pregressa gestione condominiale, che, seppur non depositata agli atti, era stata indicata nel verbale di consegna redatto e sottoscritto dal precedente amministratore e, inoltre, ritualmente prodotto in giudizio . Di tutto ciò la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto. Il ricorrente soggiunge che non sarebbe poi condivisibile l'affermazione della Corte territoriale sulla mancanza di ragioni relative al fatto che la documentazione non era stata potuta produrre , posto che era proprio la complessità tecnica dell'accertamento e della ricerca degli elementi di fatto da sottoporre all'esame del perito a consigliare che l'acquisizione della documentazione avvenisse direttamente in sede di operazione peritale , là dove inoltre il convenuto appellato non aveva mai invocato la produzione di delibere assembleari, conti preventivi e presuntivi documenti ad esso noti , bensì unicamente di copia degli estratti conto bancari per gli anni 2000 e 2001, nonché copia degli assegni emessi dall'amministrazione nel medesimo periodo . Di siffatta documentazione il giudice di primo grado non ha richiesto l'ordine di esibizione e di ciò il giudice di appello non altresì tenuto conto. In definitiva, ci si duole che la Corte di appello, acriticamente adagiandosi sulla motivazione resa dal primo giudice, non abbia considerato numerose e decisive circostanze che avrebbero avvalorato l'ammissione di c.t.u. contabile e, segnatamente, la presenza di un comune accordo in ordine alla necessità di dare ingresso a detta c.t.u., in assenza di alcuna contestazione del D.S. in ordine alla mancata dimissione della documentazione amministrativo-contabile del condominio . 2. - Con il secondo mezzo si prospetta la violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto, ex articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all'articolo 198 cod. proc. civ Il ricorrente deduce che la controversia sulla precedente amministrazione condominiale veniva instaurata in una logica di chiarezza , cui corrispondeva lo stesso comportamento processuale del D.S. , che aderiva alla richiesta di c.t.u. contabile, del resto imprescindibile per la verifica dell'operato dell'amministratore elementi, questi, che avrebbero dovuto indurre il giudice del merito a non indulgere, solo per un opinabile proprio convincimento, ad un atteggiamento di contestazione in ordine a presunte carenze procedurali , cosi da sostituirsi ad una delle parti del giudizio, senza corrispondente presa di posizione di quest'ultima, che, anzi, . era perfettamente d'accordo con la richiesta di parte attrice . Il motivo si chiude con la formulazione del seguente quesito ai sensi dell'articolo 366-bis cod. proc. civ. che il Giudice del merito non possa, come in realtà ha fatto, disattendere l'istanza di ammissione della consulenza medesima sic et simpliciter ritenendo non provati i fatti che questa avrebbe, invece, verosimilmente accertato, e che non possa, quindi, in presenza di una richiesta congiunta delle parti di ammissione dell'esame contabile con il medesimo o analogo quesito, nonché in presenza di un preventivo, anche implicito, consequenziale consenso alla esibizione differita, direttamente in sede di indagine peritale, dei documenti da far analizzare al consulente, rigettare, pena la violazione di legge processuale, l'istanza di ammissione di consulenza tecnica, limitandosi a dedurre il mancato assolvimento dell'onus probandi per la mancata previa produzione della documentazione da sottoporre al vaglio del perito cfr. Cass., sez. II, 14 gennaio 1999, numero 321 ex multis Cass., sez. II, 15 gennaio 1997, numero 342 Cass., sez. lav., 5 luglio 1996, numero 6166, Cass., sez. lav., 16 marzo 1996, numero 2205 . 3. - I primi due motivi, che vanno congiuntamente esaminati per la loro stretta connessione, sono infondati. La Corte territoriale si è, infatti, attenuta ai principi enunciati da questa Corte in materia di ammissione di c.t.u. contabile e di produzione documentale ad essa correlata, là dove, peraltro, le doglianze del ricorrente non indugiano con la dovuta specificità sulla questione da ultima richiamata, che invece assume centralità nella decisione impugnata. Difatti, il giudice di appello ha messo in rilievo che la denegata ammissione della richiesta c.t.u. già in primo grado è dipesa dalla mancata preventiva dimissione di tutta la documentazione bancaria ed amministrativo contabile delibere dell'assemblea e conti preventivi e consuntivi da parte del Condominio attore, con ciò facendo mostra, in definitiva, di prestare adesione al principio secondo cui non è dato addivenire ad una esibizione officiosa della documentazione stessa, ai sensi dell'articolo 210 cod. proc. civ., per sopperire all'inerzia della parte nel dedurre mezzi di prova, potendo tale potere discrezionale del giudice essere esercitato solo se la prova del fatto che si intende dimostrare non sia acquisibile aliunde, non anche per fini meramente esplorativi Cass., 24 marzo 2004, numero 5908 . In siffatta ottica, pertanto, rinviene ancor più forza l'affermata esclusione della ricorrenza, nella specie, di un'ipotesi di c.t.u. c.d. percipiente , che si armonizza al dictum secondo il quale, la consulenza tecnica d'ufficio costituisce un mezzo di ausilio per il giudice, volto alla più approfondita conoscenza dei fatti già provati dalle parti, la cui interpretazione richiede nozioni tecnico-scientifiche, e non un mezzo di soccorso volto a sopperire all'inerzia delle parti la stessa, tuttavia può eccezionalmente costituire fonte oggettiva di prova, per accertare quei fatti rilevabili unicamente con l'ausilio di un perito. Ne consegue che, qualora la consulenza d'ufficio sia richiesta per acquisire documentazione che la parte avrebbe potuto produrre, l'ammissione da parte del giudice comporterebbe lo snaturamento della funzione assegnata dal codice a tale istituto e la violazione del giusto processo, presidiato dall'articolo 111 Cost., sotto il profilo della posizione paritaria delle parti e della ragionevole durata Cass., 19 aprile 2011, numero 8989 ancora per la non ammissibilità di c.t.u. c.d. esplorative , cfr. Cass., 5 luglio 2007, numero 15219 Cass., 19 ottobre 2009, numero 22115 Cass., 8 febbraio 2011, numero 3130 . Del resto, proprio in tema di consulenza contabile in materia condominiale, questa Corte aveva già in precedenza ritenuto che legittima la mancata ammissione c.t.u. da parte il giudice di merito richiesta non per evidenziare le singole poste contabili sulla scorta delle acquisizioni fatte ad iniziativa delle parti bensì per ricercare ed indicare i documenti ad esse astrattamente idonei Cass., 2 febbraio 2000, numero 1132 . Né, in siffatto contesto, può aver rilievo il presunto consenso posto che, in base a quanto si evince dalle conclusioni di parte appellata riportate nella sentenza impugnata, esso non risulta tale, per esservi opposizione all'ammissione di c.t.u. a carattere esplorativo della controparte all'acquisizione documentale in sede di c.t.u., dovendosi rammentare a tacer d'altro che detto consenso, per un verso, non avrebbe potuto comunque surrogare la valutazione propria del giudice del merito in ordine all'ammissibilità o meno della consulenza d'ufficio e, dall'altro, che, ai sensi dell'articolo 198 cod. proc. civ., esso avrebbe potuto essere espresso solo con riferimento all'esame di documenti accessori, cioè utili a consentire una risposta più esauriente ed approfondita al quesito posto dal giudice una volta ammessa la c.t.u. , ma non già a consentire la produzione di prove documentali concernenti fatti e situazioni poste direttamente a fondamento della domanda e delle eccezioni di merito, essendo al riguardo irrilevante Cass., 2 dicembre 2010, numero 24549 . 4. - Con il terzo mezzo denuncia la violazione dell'articolo 112 cod. proc. civ. e, in particolare, la omessa pronuncia su uno dei capi della domanda autonomamente apprezzabile . Il ricorrente assume che nell'atto introduttivo del giudizio venivano imputati alla precedente amministrazione anche indebite uscite dal conto condominiale di cui ad assegni o prelevamenti per contanti per complessive lire 5.258.775, privi di causale, come risultante dall'allegato estratto conto bancario dd. 31.05.2001 , ciò costituendo un capo autonomo della domanda di restituzione dell'importo complessivo di lire 22.277.843 pari ad Euro 11.505,55 . Siffatta circostanza, soggiunge il Condominio, non costituiva oggetto di alcuna censura o contestazione specifica da parte del D.S. , sicché il giudice del merito, in ossequio al principio di c.d. non contestazione, avrebbe dovuto addivenire ad una pronuncia quantomeno di parziale accoglimento della pretesa attorea . A conclusione del motivo viene formulato il seguente quesito di diritto la mancata contestazione di uno dei fatti costitutivi dell'unica domanda di pagamento, integrante un autonomo capo di essa autonomamente apprezzabile, deve dare luogo ad una pronuncia di parziale accoglimento della domanda medesima, non potendo il mancato assolvimento dell'onus probandi eventualmente dichiarato dal giudice, investire anche quell'unico fatto incontestato e perciò solo escluso in modo vincolante per il giudice, quale riflesso del principio dispositivo sostanziale e della previsione a carico del convenuto di un onere di contestazione, dalla massa dei fatti suscettibili di prova . 4.1. - Il motivo è infondato. È sufficiente rilevare che la Corte di appello si è pronunciata su tutta l’ unica domanda di pagamento unicità predicata dallo stesso ricorrente per complessivi Euro 11.505,55, ritenendola infondata per mancato assolvimento dell'onere di prova incombente sull'attore, sicché non è in alcun modo apprezzabile l'omessa pronuncia dedotta con il motivo in esame, il quale - imperniandosi esclusivamente su tale error in procedendo - non investe, del resto, la correttezza, o meno, della soluzione giuridica adottata dalla Corte territoriale. 6. - Il ricorso va, dunque, rigettato e il ricorrente Condominio condannato, in quanto soccombente, al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo. Non vi è luogo a provvedere sulle spese del grado in relazione ad H S. , per non aver l'intimata svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il Condominio omissis , corrente in omissis , al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore di D.S.E. , che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.