L’eccezione di decadenza ex articolo 10 e 11 del regolamento di cui ai DD.MM. 23 marzo 1963 e 30 luglio 1998 deve essere sollevata tempestivamente entro il termine di cui all’articolo 180, comma 2, c.p.c., essendo il c.d. contratto di Totocalcio di natura privatistica e le preclusioni e decadenze ivi contemplate soggiacciono al regime dettato dall’articolo 2969 c.c. sulle eccezioni in senso stretto.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 19378/2012, affronta il tema della vincita al Totocalcio, relativamente alle disposizioni contenute nel regolamento ufficiale di cui ai DD.MM. 23 marzo 1963 e 30 luglio 1998. Il quesito a cui sono chiamati a fornire risposta gli ermellini è il seguente la decadenza prevista dalle predette norme regolamentari è rilevabile d’ufficio dal giudice? Com’è facilmente intuibile la risposta non può che rintracciarsi nei criteri ermeneutici codicistici posti dall’articolo 2969 c.c. in relazione alla natura privatistica o meno del c.d. contratto di Totocalcio. Il caso. Uno scommettitore conviene in giudizio il CONI chiedendone la condanna al pagamento della somma di Lire 240.042.000, oggetto di vincita al Totocalcio. Deduce, parte attrice, di aver smarrito il tagliando-figlia della schedina, trovandosi nella impossibilità di fatto di provare la propria legittimazione al pagamento, pur fornendo una serie di elementi idonei a dimostrare la sua identificazione con il soggetto effettuante la giocata vincente. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 1° giugno 2005, accoglie la domanda. Anche la Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 16 dicembre 2010, respinge il gravame proposto dal CONI, costringendolo a ricorrere per cassazione. Secondo il CONI devono essere applicati al caso di specie gli articolo 10 e 11 del regolamento di cui al D.M. 23 marzo 1963 e D.M. 30 luglio 1998. In estrema sintesi, la normativa in parola prevede che un Bollettino ufficiale, edito a cura dell'Ente gestore pubblichi i risultati del concorso, e i numeri d'ordine delle matrici dichiarate vincenti per i premi superiori a Lire 20.000 . A pena di decadenza di ogni diritto, qualsiasi altro reclamo per qualunque motivo proposto, accompagnato dal tagliando figlia di partecipazione al concorso, deve pervenire alla competente sede di zona entro e non oltre il termine di sei giorni dalla data di pubblicazione dei numeri delle matrici vincenti sul Bollettino ufficiale. Ogni presunto diritto comunque attinente o conseguente alla decisione dei reclami deve essere esercitato in giudizio entro i sessanta giorni successivi alla data di svolgimento del concorso. Senza successo, il CONI si duole del fatto che la Corte d’Appello non abbia fatto buon governo della summenzionata normativa, ritenendo le decadenze e le preclusioni ivi contemplate non rilevabili d’ufficio. Natura privatistica del contratto di concorso a premi del Totocalcio. Per la Cassazione il contratto di concorso a premi del Totocalcio ha natura privatistica e con esso la disponibilità dei diritti in gioco, differentemente, ad esempio, dalle decadenze previste in materia tributaria in ordine all’esercizio dei poteri e alle facoltà del contribuente. E’ così che le decadenze previste dalle norme regolamentari soggiacciano al regime imposto dall’articolo 2969 c.c., ossia agli oneri deduttivi ed alle preclusioni delle eccezioni in senso stretto. Tali eccezioni, pertanto, non essendo rilevabili d’ufficio, dovevano essere dedotte dal CONI, a pena di decadenza, entro e non oltre il termine di cui all’articolo 180, secondo comma, c.p.c. cosa che, invece, non è stata fatta. Non rilevabilità d’ufficio delle decadenze previste dai regolamenti ministeriali. La Cassazione, accogliendo la tesi del controricorrente, ha concluso per la natura privatistica e contrattuale dei regolamenti in discorso, ritenendo che debba escludersi la natura normativa dei decreti ministeriali indicati in premessa. La posizione assunta dal giudice di nomofilachia è peraltro confortata da costante e consolidata giurisprudenza, di legittimità cfr. Cass. civ., 10 gennaio 2003, numero 191 Cass. civ., 12 luglio 1991, numero 7763 e di merito cfr. Appello Roma 13 maggio 1986 Trib. 4 febbraio 2002 , che hanno affermato essere i c.d. regolamenti dei concorsi a pronostico vere e proprie clausole contrattuali. La giurisprudenza della Corte di cassazione, infatti, è costante nel sostenere che «l'approvazione della pubblica Amministrazione controllo ministeriale prescritta per l'efficacia del regolamento per l'organizzazione e l'esercizio dell'attività di gioco riservate al Coni non trasforma la natura del contratto, cui dà luogo il concorso a pronostici, da privato in pubblico, né conferisce al regolamento natura normativa» cfr. Cass. civ., 13 luglio 1959, numero 2254 . Sul piano strettamente negoziale, due sono, infatti, le modalità per concludere il contratto in parola l’uno direttamente presso l’ufficio del CONI, la quale comporta l'immediata conclusione del contratto nel momento in cui l'ufficio competente accetta la scheda e riscuote la posta l’altra effettuata presso un ricevitore autorizzato che, però, non importa l'immediata conclusione del contratto, in quanto il ricevitore autorizzato non rappresenta né il CONI né gli altri concorrenti, ma è un incaricato dello stesso giocatore, che non può concludere un contratto con sé stesso. Il contratto, in tale ipotesi, si conclude, infatti, a norma dell'articolo 1326 cod. civ., nel momento in cui il CONI proponente riceve i due tagliandi spoglio e matrice della scheda di partecipazione, venendo così a conoscenza dell’accettazione dell'altra parte. Sulla base di tali presupposti è stata quindi affermata la piena operatività dell’articolo 2969 c.c. sulla non rilevabilità d’ufficio delle decadenze previste da detti regolamenti ministeriali.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 18 ottobre - 8 novembre 2012, numero 19378 Presidente Finocchiaro – Relatore Amendola Svolgimento del processo e motivi della decisione E stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti. Il relatore, cons. Adelaide Amendola esaminati gli atti, osserva 1. C.F. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Roma il CONI — Comitato Olimpico Nazionale — chiedendone la condanna al pagamento della somma di lire 240.042.000, oggetto di vincita al Totocalcio. Dedusse di aver smarrito il tagliando-figlia della schedina, così trovandosi nell'impossibilità di provare la propria legittimazione e di avere inutilmente tentato di sopperire alla perdita del documento fornendo al CONI una serie di elementi atti a dimostrare la sua identificazione con il soggetto che aveva effettuato la giocata vincente. Il convenuto, costituitosi in giudizio, contestò le avverse pretese. Con sentenza del 1 giungo 2005 il giudice adito accolse la domanda. Il gravame proposto dal CONI è stato respinto dalla Corte d'appello di Roma il 16 dicembre 2010. 2. Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione il CONI, formulando due morivi. Resiste con controricorso C.F. . 3. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., per esservi rigettato. La Corte territoriale ha ritenuto inammissibile l'eccezione di decadenza ex articolo 10 e 11 del regolamento di cui ai D.M. 23 marzo 1963 e 30 luglio 1998, opposta dal CONI, in quanto non tempestivamente sollevata nel primo grado del giudizio. Ha evidenziato in proposito che, stante la natura privatistica del contratto di Totocalcio, l'eccezione, non rilevabile d'ufficio, in base al disposto dell'articolo 2969 cod. civ., doveva essere proposta entro il termine di cui all'articolo 180, secondo comma, cod. proc. civ Di tale scelta decisoria si duole dunque l'impugnante nel primo motivo di ricorso. Con esso viene segnatamente denunciata violazione degli articolo 10 e 11 del regolamento del Totocalcio. In sostanza, secondo l'esponente, l'attore, non avendo esercitato il proprio diritto entro i sessanta giorni successivi alla data di pubblicazione del bollettino Ufficiale dei vincenti nonché entro i sessanta giorni successivi alla decisione del reclamo proposto, era incorso nella decadenza prevista dalle predette norme regolamentari, decadenza la quale, vertendosi in materia sottratta alla disponibilità delle parti, era rilevabile anche d'ufficio. 4. Le critiche sono destituite di ogni fondamento. Nel ritenere tardiva l'eccezione di decadenza il giudice di merito ha fatto coerente e corretta applicazione dei principi di diritto enunciati da questa Corte in punto di natura meramente privatistica del concorso a pronostici denominato totocalcio confr. Cass. civ. 10 gennaio 2003, numero 191 . Non par dubbio, infatti, che, una volta acclarato detto carattere, e con esso la disponibilità dei diritti in gioco, le decadenze previste dalle norme regolamentari richiamate non possono che soggiacere al regime dettato dall'articolo 2969 cod. civ. e cioè agli oneri deduttivi e alle preclusioni proprie delle eccezioni in senso stretto. Non a caso la giurisprudenza richiamata dal CONI a sostegno delle sue censure è relativa alle decadenze previste dalle norme tributarie in ordine all'esercizio di poteri e facoltà del contribuente nei confronti dell'amministrazione finanziaria, e cioè a poteri e a facoltà sicuramente attinenti a situazioni non disponibili, in quanto soggette a una disciplina non derogabile, né rinunciarle o modificabile dalle parti. 5. Il secondo mezzo, con il quale vengono denunciati vizi motivazionali con riferimento all'affermata sussistenza di ampi ed obbiettivi elementi per identificare nel C. il vincitore in assenza dell'esibizione del tagliando figlia, attiene a profili di stretto merito del convincimento del decidente che, in quanto congruamente motivati, attraverso il richiamo agli accertamenti e alle conclusioni del nominato consulente tecnico e a nozioni di fatto di comune esperienza ampiamente condivisibili, sono incensurabili in sede di legittimità. Non è superfluo in proposito ricordare che la Corte di cassazione non è giudice delle prove, ma giudice della esatta applicazione della legge, della corretta valutazione del materiale istruttorio e della esistenza di una motivazione completa e coerente a sostegno della decisione adottata confr. Cass. 11 luglio 2007, numero 15489 . 6. In tale contesto il ricorso appare destinato al rigetto . Ritiene il collegio di dovere fare proprio il contenuto della sopra trascritta relazione, alla quale il ricorrente non ha del resto neppure replicato. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza. Tenuto conto che spetta alla Corte di cassazione, adita in sede di ricorso contro la sentenza di appello del giudice di merito, pronunciarsi, ai sensi dell'articolo 385 cod. proc. civ., con la sentenza di rigetto, sul diritto al rimborso delle spese processuali affrontate dalla parte vittoriosa per resistere all'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata, proposta in virtù dell'articolo 373 cod. proc. civ. - procedura incidentale i cui atti sono producibili nei modi e nei termini di cui all'articolo 372 cod. proc. civ. confr. Cass. civ. 22 luglio 2011, numero 16121 Cass. civ. 25 marzo 2009, numero 7248 - la liquidazione delle stesse viene qui effettuata, insieme a quelle del giudizio di legittimità, facendo applicazione dei criteri stabiliti dal d.m. 20 luglio 2012, numero 140. Non sembra inutile precisare, in proposito, che le sezioni unite di questa Corte hanno già avuto modo di affermare che la norma di cui all'articolo 41 del d.m. 20 luglio 2012, numero 140, a tenor del quale le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore , è destinata ad operare anche con riferimento alla liquidazione del compenso spettante al professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria opera professionale, ancorché tale opera abbia avuto inizio e si sia in parte svolta in epoca precedente, quando erano ancora in vigore le tariffe professionali abrogate. Tanto nella prospettiva che non è possibile segmentare le prestazioni in liquidazione nei singoli atti compiuti in causa dal difensore, oppure distinguere tra loro le diverse fasi di tali prestazioni, per applicare in modo frazionato, in parte la precedente, e in parte la nuova regolamentazione confr. Cass. sez. unumero 12 ottobre 2012, numero 17406 . Ne deriva che la liquidazione effettuata in dispositivo è relativa, in maniera omnicomprensiva, sia alle spese del procedimento di sospensiva, che a quelle del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 9,200 di cui Euro 200 per esborsi , oltre IVA e CPA, come per legge.