La manutenzione straordinaria sine titulo non è reato se configurabile come variazione in corso d’opera

La DIA o SCIA non è necessaria se l’opera realizzata è una mera variante in corso d’opera, anche se costituisce una manutenzione straordinaria. Assolto dal reato di abuso edilizio il proprietario che aveva costruito due tettoie, in difformità parziale dall’autorizzazione, perché pertinenze strumentali all’edificio.

La sentenza del Tribunale penale di Brindisi numero 174 dello scorso 16 febbraio analizza un caso border-line di reato edilizio, definendolo, alla luce della più recente giurisprudenza, un illecito penalmente irrilevante ex articolo 36 d.p.r. numero 380/01 T.U. edilizia . La vicenda affrontata. Una donna, in parziale difformità dal permesso di costruire, regolarmente ottenuto e senza la preventiva DIA, realizzava due tettoie di modesta superficie. Rinviata a giudizio per abuso edilizio, è stata assolta perché il fatto non è penalmente rilevabile, in quanto non sussistono gli elementi tipici del suddetto reato, stante la natura pertinenziale delle opere. L’intervento contestato, poi, era da qualificarsi come una manutenzione straordinaria ed una variante all’originario progetto. Per meglio comprenderne la portata innovativa occorre analizzare nel dettaglio la materia e la sua evoluzione, tralasciata dalla pronuncia in esame. DIA e differenze col permesso di costruire. Ogni volta che il cittadino intende realizzare una «nuova costruzione» o interventi «di ristrutturazione urbanistica» o «di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici ovvero comportino mutamenti della destinazione d'uso» dovrà chiedere un preventivo permesso di costruire ai sensi degli articolo 10-15 e 20-21 TUE. È richiesto anche per la manutenzione straordinaria. Si noti che in questo caso, così come in quelli di ristrutturazione edilizia, di restauro e di risanamento conservativo, deve essere accompagnato dalla DIA ora sostituita dalla SCIA, L. 122/10, dd.ll. nnumero 78/10 e 70/11 Mammarella «SCIA la nuova procedura sostituisce la DIA» . Essa in casi tassativi si pone come «titolo abilitativo esclusivo» e non alternativo al permesso come sancito dall’articolo 22 TUE. Infine, l’articolo 6 non richiede alcuna autorizzazione per le opere di manutenzione ordinaria e volte «all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio». Dalla sentenza sembrerebbe che i lavori eseguiti dall’imputata riguardino la prima autorizzazione piuttosto che la seconda. È questo il punto più interessante di tale pronuncia perché apparentemente in contrasto con la giurisprudenza costante. In caso di manutenzione straordinaria, d’installazione di pannelli solari o similia e di «opere di pavimentazione e finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l'indice di permeabilità quando stabilito dal Comune , compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque, locali tombati», oltre al permesso è necessaria una semplice comunicazione scritta dell’inizio delle attività, inviata anche per via telematica, senza seguire tutte le formalità della DIA ex multis cfr Sabelli «Lavori edili la D.I.A. e il permesso di costruire» e Chieppa-Giovagnoli «Manuale breve di diritto amministrativo», ed. Giuffrè pagg. 343 ss anche relativamente alla problematiche sulla natura di tale atto . L’abuso edilizio è sempre reato? Contrasto giurisprudenziale. È ravvisabile quando si edifica in violazione del piano regolatore, dei regolamenti o di altri strumenti urbanistici, senza o con titolo illegittimo ed/od in totale o parziale difformità dall’autorizzazione rilasciata. L’articolo 44 TUE, riformando la materia, ha affermato che è penalmente rilevante solo in questi ultimi due casi Cass. penumero sez. III numero 3307/05 – del 09/12/04-, 41620/07, numero 6990/06 e conformi, Trib.lib.Na del 17/04/07,Granata «Abusi edilizi» . La giurisprudenza, poi, detta una nuova lettura di questa norma, evidenziando che la rilevanza penale dell’illecito era connessa più alla «consistenza concreta dell’intervento» che alla tipologia del titolo abilitativo Cass. penumero sez. III numero 24243/10 . Attualmente prevale una terza tesi non costituisce un reato, bensì un illecito amministrativo, l’assenza della DIA nelle materie di sua esclusiva competenza e/o la parziale difformità dell’opera realizzata da quella concessa Cass. penumero , sez. III, numero 32947/10 . Essa, tra l’altro ha specificato che le semplici varianti in corso d’opera non necessitano di alcuna autorizzazione e non integrano il reato in esame, purché non modifichino la sagoma, le superfici utili, il volume e la destinazione d’uso dell’immobile Parere Regione Piemonte numero 30/10 «Variante in corso d’opera con permesso di costruire. L. 47/85 – D.P.R. 380/01», TT.AA.RR. Firenze sez. III numero 2319/07, Lombardia-Milano sez. II numero 813/02 e Cass. penumero sez. III numero 46775/05 . La modifica non è penalmente rilevante. La sentenza annotata analizza indirettamente queste problematiche, così che senza queste premesse non sarebbero state chiare le sue motivazioni. Il contrasto, come detto, è solo apparente, perché sono sussumibili sotto le menzionate ultime due esegesi. Infatti il magistrato evidenzia come le tettoie fossero una variante in corso d’opera che «non imponeva il rilascio di un titolo concessorio, e ciò attesa la modesta entità della superficie e le caratteristiche di altezza e strutturali - segnatamente la apertura su tre lati - elementi questi che non consentono di ipotizzare altra destinazione oltre quella di natura pertinenziale all'edificio principale, e, in particolare, permettono di escludere quella abitativa in ampliamento». Tale modifica non incide, quindi, sulla sagoma, sul volume, sulla categoria edilizia e sulla destinazione d’uso dell’immobile, quindi non è penalmente rilevante, pur essendo una manutenzione straordinaria le tettoie sono mere pertinenze strumentali all’edificio.

Tribunale di Brindisi, sentenza 16 febbraio 2012, numero 174 Giudice Panzera Fatto e diritto Con decreto di citazione a giudizio emesso in data 24.6.11 a seguito di opposizione a decreto penale di condanna dal G.I.P. presso il Tribunale di Brindisi, L. C. era tratta a giudizio per rispondere del reato in rubrica ascritto. Esperite le formalità preliminari, si procedeva alla dichiarazione di apertura del dibattimento. A questo punto, le parti concordemente chiedevano l'acquisizione al fascicolo del dibattimento della c.numero r. ed allegati contenuti nel fascicolo del PM. All'esito, le parti rassegnavano le conclusioni riportate in atti. Le risultanze processuali non consentono di ritenere raggiunta la prova della penale responsabilità degli imputati in ordine al reato ascritto. Ed invero, dagli atti investigativi acquisiti ex articolo 493 co. 3 c.p.p. - e dunque pienamente utilizzabili a fini decisori - risulta che a seguito di sopralluogo eseguito dalla Polizia Municipale veniva accertato che l'imputata, titolare dell'immobile sito in Brindisi in c.da Sbitri nel complesso denominato A.C., aveva realizzato, in difformità rispetto a quanto assentito con concessione edilizia numero 60/2001 del 1.3.2001 due tettoie a falda spiovente, occupanti in proiezione una superficie rispettivamente di mq.35.00 e mq.11.50, ed un'altezza media di m.2.65. Lo stato dei luoghi risultava altresì rappresentato dai rilievi fotografici eseguiti in occasione del suddetto sopralluogo, ed allegati agli atti del procedimento. Tanto precisato, si deve preliminarmente osservare in punto di diritto come l'abuso edilizio oggetto dell' addebito è stato realizzato in difformità rispetto a quanto assentito. Pertanto, è evidente che le opere abusive in questione non possono conferire alla condotta di edificazione i caratteri della contestata assenza di permesso di costruire , né tantomeno di una 'totale difformità' rispetto al progetto, come delineato dall'articolo 32 DPR numero 380/01. Tanto meno, poi, l'intera costruzione può ritenersi realizzata in variazione essenziale rispetto a quanto autorizzato per la mera presenza della tettoia, e ciò in virtù di quanto disposto dall'articolo 32 DPR 380/01, e dall'articolo 2 della Legge regionale 13.5.1985 numero 26, quest'ultima attuativa delle disposizioni di cui all'articolo 8 L. 47/85, ora articolo 32 del DPR numero 380/01. Ne consegue che la realizzazione di opere in parziale difformità al pari di quella in variazione essenziale in zona non vincolata non è sanzionabile a norma dell' articolo 44 lett. b contestato, ma bensì ai sensi dell'articolo 44 lett. a del citato DPR 380/01. Posta tale ineludibile premessa in ordine alla qualificazione giuridica del fatto per cui si procede, nel merito l'intervento edilizio in questione non imponeva il rilascio di un titolo concessorio, e ciò attesa la modesta entità della superficie e le caratteristiche di altezza e strutturali - segnatamente la apertura su tre lati - elementi questi che non consentono di ipotizzare altra destinazione oltre quella di natura pertinenziale all'edificio principale, e, in particolare, permettono di escludere quella abitativa in ampliamento. Non può, pertanto, configurarsi un aumento di superficie abitativa utile. L'opera, dunque, può ricondursi alla tipologia degli interventi di manutenzione straordinaria e, comunque, se considerata in relazione all' originario permesso a costruire menzionato nella comunicazione notizia di reato, trattasi di variante a permesso di costruire che, ai sensi dell' articolo 22 DPR 380/01, richiede la denunzia di inizio attività di cui all'articolo 22 commi l e 2 del citato DPR, richiesta per opere che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire . L'omessa denunzia di inizio attività, nelle ipotesi del primo e secondo comma dell'articolo 22, è penalmente irrilevante, come espressamente ribadito dall'articolo 37 DPR 380/01. Va, dunque, emessa nei riguardi dell'imputata pronuncia assolutoria per insussistenza del fatto. P.Q.M. Visto l'articolo 530 c.p.p. assolve L. C. dal reato di cui all'articolo 44 lett. a DPR 380/01, così riqualificato il fatto di cui all'imputazione, perché il fatto non sussiste.