Quale il rimedio avverso il diniego di certificazione?

La decisione di certificare una decisione giudiziaria come titolo esecutivo europeo ha natura di volontaria giurisdizione ed il mezzo di impugnazione in caso di diniego è il reclamo alla Corte d’Appello, ex articolo 739, primo comma, seconda parte, c.p.c Questa la decisione del tribunale di Novara, il quale si è espresso in un obiter anche sulla possibilità di concedere la certificazione anche per le sentenze contumaciali.

Una lacuna nella disciplina. Il regolamento comunitario numero 805/2004 ha istituito il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati. Nel perseguire l’obiettivo di adottare misure idonee alla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui realizzare la libera circolazione delle persone, è stata agevolata l’esecuzione di decisioni giudiziarie, transazioni giudiziarie ed atti pubblici relativi a crediti non contestati in materia civile e commerciale con le precisazioni di cui all’articolo 2, secondo comma, del regolamento , prevedendo per esse la possibilità di ottenere la certificazione come titolo esecutivo europeo. In particolare, per le decisioni giudiziarie il rilascio della certificazione rende superfluo l’ exequatur con i ritardi ed i costi che comporta o , meglio, lo abolisce del tutto e il provvedimento è riconosciuto ed eseguito negli Stati membri diversi da quello di origine. Nel regolamento è ravvisabile dettagliata disciplina relativa ai presupposti per il rilascio del certificato, alle spese relative ai procedimenti giudiziari, alla possibilità di emettere un titolo esecutivo europeo parziale, alle modalità di richiesta e rilascio del certificato, alla rettifica o revoca e, non meno importante, all’efficacia dello stesso. In questa sede l’attenzione va posta sulla possibilità di contestare il mancato rilascio della certificazione, che è la fattispecie su cui verte la pronuncia novarese. L’articolo 10 del Regolamento, infatti, disciplina i rimedi esperibili avverso il solo rilascio del certificato. Questi sono solamente la rettifica per errore materiale e la revoca se è stato concesso per errore sui requisiti non essendo possibile esperire alcun mezzo di impugnazione. Tace, invece, la disciplina sull’opportunità per l’istante di opporsi al diniego di rilascio. Il giudice del tribunale di Novara ha trovato giusto soccorso nella guida pratica per l’applicazione del regolamento sul titolo esecutivo europeo, redatta dalla Commissione Europea proprio al fine di costituire valido ausilio interpretativo. La guida prevede in questo caso la possibilità di 1 riproporre l’istanza 2 impugnare la decisione di diniego, se la legislazione nazionale lo consente 3 chiedere l’esecuzione secondo la procedura di exequatur ex regolamento CE numero 44/2001. Il regolamento deve essere pertanto interpretato nel senso che è possibile impugnare il rigetto della certificazione, a patto che ciò sia possibile secondo le norme di procedura dello Stato membro. Il reclamo ex articolo 739 c.p.c La questione, dunque, si sposta sul piano interno. Posto che non c’è una disciplina ad hoc, si è ritenuto che la decisione assunta dal giudice investito della richiesta di certificazione di titolo esecutivo europeo ha natura di volontaria giurisdizione e, pertanto, la decisione assunta dal tribunale in camera di consiglio in primo grado è reclamabile con ricorso alla corte d’appello, ex articolo 739, primo comma, seconda parte, c.p.c., che si applica al caso in esame. La posizione è condivisibile. Giustamente, infatti, il tribunale ha ritenuto che il rilascio della certificazione di titolo esecutivo europeo non comporta alcun accertamento circa l’esistenza in capo ad una delle due parti di un diritto controverso. Al contrario, il giudice deve semplicemente verificare la sussistenza dei requisiti previsti perché possa rilasciarsi la suddetta certificazione al fine di perseguire gli interessi comunitari superiori sviluppare uno spazio giudiziario europeo, nonché la cooperazione giudiziaria in materia civile per il corretto funzionamento del mercato interno. Allo stesso modo, la volontaria giurisdizione – a differenza di quella contenziosa – realizza un controllo circa la legittimità o opportunità di alcuni atti giuridici in ragione del perseguimento di un interesse pubblico. Di conseguenza, dovendosi individuare una norma interna per l’impugnazione del diniego del certificato di titolo esecutivo, è opportuno ricorrere al procedimento camerale e, in particolare, alla disciplina dell’articolo 739 c.p.c., laddove stabilisce che contro i decreti pronunciato dal tribunale in Camera di consiglio in primo grado si può proporre reclamo con ricorso alla corte d’appello Di conseguenza, è stato ritenuto inammissibile il reclamo che la parte aveva proposto, invece, ai sensi della prima parte dell’articolo 739 c.p.c. e cioè il reclamo al collegio avverso i decreti del giudice tutelare . L’obiter dictum sul senso della non contestazione ai fini del rilascio della certificazione. Tanto deciso, il giudice di Novara non reputa superfluo soffermarsi ugualmente sulle ragioni per cui è stato impugnato il diniego di certificazione, pur non potendo decidere al riguardo ma per offrire un contributo alla questione sottesa, rispetto alla quale non si rinvengono precedenti. Il giudice del Lavoro di Novara, infatti, aveva rigettato per la seconda volta l’istanza di parte volta ad ottenere la certificazione per il titolo esecutivo europeo in quanto la decisione giudiziale consisteva in sentenza contumaciale passata in giudicato. La questione da affrontare concerne, pertanto, la consistenza dell’espressione «crediti non contestati» per cui si può chiedere la certificazione di titolo esecutivo europeo e, specialmente, cosa debba intendersi per non contestazione secondo il regolamento comunitario. Il dato definitorio lo ritroviamo all’articolo 3 del Reg. 805/2004, laddove si stabilisce che un credito si reputa non contestato qualora ricorrano le seguenti ipotesi 1 espresso riconoscimento da parte del debitore mediante dichiarazione o transazione in giudizio oppure per atto pubblico 2 mancata contestazione del debitore nel corso del giudizio ergo si fa riferimento all’assenza di contestazione della parte costituita 3 mancata comparizione del debitore o sua mancata rappresentanza in udienza, nonostante il debitore abbia contestato inizialmente il credito stesso nel procedimento quindi si è costituito , «sempre che tale comportamento equivalga a un’ammissione tacita del credito o dei fatti allegati dal creditore secondo la legislazione dello Stato membro d’origine». A quanto è dato constatare, dunque, la non contestazione è sempre quella della parte costituita, e cioè della parte che ha avuto conoscenza del processo, si è difesa, ma ha scelto consapevolmente di non spiegare alcuna obiezione avverso la pretesa del creditore riconoscendo implicitamente il credito . Non sembra esservi alcuno spazio, dunque, per assimilare l’assenza di contestazione alla posizione del contumace come è anche nel nostro ordinamento giuridico, avendo la contumacia valore di ficta litis contestatio . Di diverso avviso si è mostrato il Tribunale di Novara, il quale ha sostenuto che la non contestazione di cui tratta la norma deve essere interpretata non nell’accezione processuale dell’eccezione, ma secondo il senso letterale comune, vale a dire come “dato di fatto ed oggettivo dell’assenza di difese volte a contrastare la sussistenza o l’entità del credito”. Due le principali argomentazioni a sostegno di tale tesi in primo luogo, il richiamo alla guida pratica per l’applicazione del regolamento sul titolo esecutivo europeo, laddove –commentando il suddetto articolo 3 – si citano come esempi tipici le sentenze contumaciali e le ingiunzioni di pagamento. In secondo luogo, la soluzione di cui sopra parrebbe confermata dall’articolo 18 del regolamento comunitario che «sancisce la possibilità di ottenere la certificazione del titolo esecutivo europeo, anche in difetto delle condizioni di cui agli artt. da 13 a 17, ove la decisione sia stata notificata al debitore e questi abbia avuto la possibilità di promuovere un’impugnazione diretta ad ottenere un riesame completo della decisione medesima». La tesi desta qualche perplessità, non solo perché la normativa sembra decisamente orientata in senso opposto, ma anche perché corredata da argomentazioni non decisive. Quanto alla prima, l’esempio citato dalla guida pratica non ci pare avere carattere prevalente, laddove la disposizione di cui all’articolo 3 Reg. 805/2004 lasci intendere tutt’altro. Si tenga presente, inoltre, che i concetti di non contestazione e contumacia non hanno lo stesso significato nei diversi ordinamenti giuridici. Quanto al secondo argomento, occorre esaminare le norme citate. Gli artt. da 13 a 17, individuano le norme minime in materia di notificazione che devono caratterizzare gli ordinamenti degli Stati membri, affinché possa essere garantito il diritto di difesa del debitore sia con riferimento alla messa a conoscenza della domanda giudiziale, sia con riferimento alle informazioni riguardo al credito ed alla possibilità di contestarlo. L’articolo 18, richiamato dal provvedimento in oggetto, stabilisce che «L’inosservanza, nel procedimento svoltosi nello Stato membro d’origine, dei requisiti procedurali di cui agli artt. da 13 a 17 è sanata e la decisione giudiziaria può essere certificata come titolo esecutivo europeo se a la decisione è stata notificata al debitore secondo le norme di cui agli articoli 13 o 14 e b il debitore ha avuto la possibilità di ricorrere contro la decisione per mezzo di un riesame completo ed è stato debitamente informato con la decisione o con un atto ad essa contestuale delle norme procedurali per proporre tale ricorso, compreso il nome e l'indirizzo dell'istituzione alla quale deve essere proposto e, se del caso, il termine previsto e c il debitore non ha impugnato la decisione di cui trattasi conformemente ai relativi requisiti procedurali. 2. L'inosservanza, nel procedimento svoltosi nello Stato membro d'origine, dei requisiti procedurali di cui agli articoli 13 o 14 è sanata se il comportamento del debitore nel corso del procedimento giudiziario dimostra che questi ha ricevuto il documento da notificare personalmente ed in tempo utile per potersi difendere». La norma consente di richiedere e ottenere la certificazione di titolo esecutivo europeo nonostante lo Stato membro non abbia un procedimento per la pronuncia giudiziale conforme alle norme 13-17 e qualora ricorrano determinate condizioni, da cui si evince che il debitore abbia avuto la possibilità di difendersi nonostante la violazione suddetta. La sanatoria riguarda solo l’inosservanza delle cosiddette norme minime che devono caratterizzare il procedimento con cui è emessa la decisione giudiziaria, mentre restano fermi gli altri requisiti. In altre parole, il giudice deve concedere la certificazione per il titolo esecutivo europeo verificando la sussistenza di determinati requisiti. In particolare, se si tratta di decisione giudiziaria, questa deve essere a sua volta qualificata da ulteriori presupposti vedi articolo 6 Reg. 805/2004 , tra cui vi rientrano i seguenti a essere stata resa all’esito di un procedimento conforme alle norme minime suddette b in tale procedimento si è trattato un credito non contestato ai sensi dell’articolo 3. Anche se il primo requisito può essere sanato dall’articolo 18, nulla cambia in ordine alla contemporanea sussistenza del secondo, il quale deve essere verificato ai sensi della tassatività della relativa disposizione. Sopra abbiamo visto come questa collochi la non contestazione nell’ambito della costituzione in giudizio, per cui un’equiparazione tra la posizione del contumace e quella della parte costituita che non ha avanzato contestazione ci sembra alquanto forzata in senso conforme Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata , Padova, 2012, 111 ss. .

Tribunale di Novara, sez. Civile, provvedimento 17 – 23 maggio 2012 Presidente Quatraro - Relatore Gambacorta Osserva Il presente reclamo ha per oggetto il provvedimento del 1° marzo 2012 con cui il Giudice del Lavoro ha rigettato, per la seconda volta, l'istanza presentata dall'odierna reclamante finalizzata ad ottenere la certificazione di titolo esecutivo europeo della sentenza numero 188/2011 pronunciata dal medesimo Giudice. La prima questione da affrontare riguarda l'ammissibilità del mezzo di impugnazione scelto dalla reclamante. Sul punto è opportuno premettere che l'articolo 10 comma 4 del regolamento CE numero 805/2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo, prevede che il rilascio di un certificato di titolo esecutivo europeo non è soggetto ad alcun mezzo di impugnazione . Il regolamento tace, invece, circa l'ipotesi di diniego di rilascio della certificazione e l'esperibilità di eventuali rimedi impugnatori. Si esprime, invece, sulla questione, la guida pratica per l'applicazione del regolamento sul titolo esecutivo europeo, redatta dalla Commissione Europea con l'esplicita finalità di dare indicazioni alle parti, ai giudici ed agli avvocati” e aiutare a capire meglio il regolamento CE numero 805/2004, a beneficio dei cittadini e delle imprese disponibile sul sito http //ec.europa.eu/civiljustice/ . La guida prevede, per il caso qui in esame, le seguenti possibilità 1 la riproposizione dell'istanza strada già percorsa dalla reclamante 2 l'impugnazione della decisione di diniego, se la legislazione nazionale lo consente, oppure 3 chiedere l'esecuzione secondo la procedura di exequatur prevista dal regolamento CE numero 44/2001. Si palesa dunque come la questione da dirimere nella presente sede riguardi l'ammissibilità del gravame avverso la decisione di diniego alla stregua della legislazione nazionale. Premesso che non esiste una specifica disciplina legislativa dettata ad hoc per il caso in esame, si tratta di vagliare l'applicabilità al medesimo delle ordinarie norme dei codice di procedura civile. La parte reclamante ha ritenuto di poter attivare il rimedio previsto per sottoporre a revisione i decreti del giudice tutelare ai sensi dell'articolo 739 c.p.c. Una siffatta scelta, ad avviso del Collegio, è solo parzialmente condivisibile. In particolare, lo è ove attinge alle disposizioni del codice di rito relative ai procedimenti in camera di consiglio articolo 737 e ss. . E' noto, infatti, come tale tipologia procedimentale trovi il suo naturale campo di applicazione di natura residuale, ovverosia per il caso in cui la legge non preveda un diverso e specifico procedimento nella volontaria giurisdizione che, è opportuno ricordarlo, si distingue dalla giurisdizione contenziosa perché non è finalizzata all'accertamento ed alla tutela di un diritto sostanziale nel contrasto di contrapposte pretese delle parti, e si configura come una sorta di punto di interferenza tra giurisdizione ed amministrazione, tra interessi privati e interessi pubblicistici. La decisione di certificare una decisione giudiziaria come titolo esecutivo europeo appare, per l'appunto, riconducibile a tali funzioni para-amministrative, essendo il giudice chiamato non già ad accertare l'esistenza di un diritto del singolo nel contrasto tra le parti, ma la ricorrenza di certi requisiti previsti dalla normativa europea quali condizioni per perseguire l'interesse - di natura sovraindividuale - di incrementare la creazione di uno spazio giudiziario europeo. Posta, per le considerazioni fatte, la natura di volontaria giurisdizione della decisione assunta dal Giudice del Lavoro investito della richiesta di certificazione di titolo esecutivo europeo, il mezzo di impugnazione che deve trovare applicazione è il reclamo alla Corte d'Appello previsto dalla seconda parte del comma 1 dell'articolo 739 c.p.c., trattandosi di decisione assunta, come prevede la norma, “dal tribunale in camera di consiglio in primo grado . Il reclamo al Collegio deve pertanto giudicarsi inammissibile. Nondimeno, appare opportuno, per la novità della questione, rispetto alla quale non si registrano precedenti giurisprudenziali, offrire un contributo alla riflessione, anche per il caso di riproposizione dell'istanza, esprimendo alcune considerazioni nel merito. Ebbene, vale la pena innanzitutto sottolineare che nella sopra citata guida pratica, in commento alla previsione dell'articolo 3 comma 1 lettera b che dispone che il credito si considera non contestato se il debitore non l'ha mai contestato nel corso del procedimento giudiziario, in conformità delle relative procedure giudiziarie previste dalla legislazione dello Stato membro di origine”, la Commissione cita come esempi tipici proprio le sentenze contumaciali e le ingiunzioni di pagamento. Si aggiunga che il complessivo impianto regolamentare, ed in particolare le disposizioni degli articolo da 13 a 18, appare ispirato alla finalità di assicurare al debitore la possibilità della contestazione del credito, dettando norme minime di tutela in punto notificazione della domanda, contenuto della stessa, e possibilità di sottoporre a gravame la decisione. Le considerazioni che precedono, ad avviso del Collegio, inducono a ritenere che il riferimento, contenuto nell'articolo 3 comma 1 lettera b alle procedure giudiziarie previste dalla legislazione dello Stato membro di origine , vada inteso non già alla stregua di un richiamo al valore sostanziale che la legislazione interna attribuisce alla contumacia del convenuto, bensì come mero punto di collegamento alla disciplina processuale nazionale, quale complesso normativo che prevede le forme ed i momenti attraverso cui la contestazione del credito sarebbe potuta avvenire. In altri termini, la non contestazione di cui parla la norma in commento deve essere interpretata non nell'accezione processuale dell'espressione, ma secondo il suo senso letterale e comune, ovverosia come dato di fatto ed oggettivo dell'assenza di difese volte a contrastare la sussistenza o l'entità del credito. Tale soluzione ermeneutica appare del resto confortata dalle previsioni dell'articolo 18 del regolamento 805/2004, che sancisce la possibilità di ottenere la certificazione di titolo esecutivo europeo, anche in difetto delle condizioni di cui agli articolo da 13 a 17, ove la decisione sia stata notificata al debitore e questi abbia avuto la possibilità di promuovere un'impugnazione diretta ad ottenere un riesame completo della decisione medesima. Ad avviso del Collegio la richiamata disposizione dimostra come la volontà del legislatore comunitario fosse quella di intendere la non contestazione come circostanza oggettiva, purché ne risulti accertata la natura di scelta volontaria e non già di inconsapevole conseguenza di un difetto di contraddittorio. Adottando la succitata linea interpretativa, dunque, la certificazione di titolo esecutivo europeo dovrebbe essere rilasciata anche in presenza di sentenze contumaciali passate in giudicato, ove risultino rispettate le prescrizioni degli articolo da 13 a 17 ovvero 18 del regolamento CE. Venendo alla regolazione delle spese di lite, la novità della questione ne giustifica l'integrale compensazione. P.Q.M. Il Tribunale di Novara in composizione collegiale, dichiara l'inammissibilità del reclamo spese compensate.