L’assenza del gancio di traino non priva l’automobile di una qualità essenziale: contratto valido

L’inidoneità del mezzo a montare il dispositivo d’aggancio, se non rientrava nel novero delle qualità promesse dal venditore, non rappresenta una caratteristica che rende il mezzo ontologicamente diverso o privo delle qualità essenziali per l’uso per cui era stato progettato.

Di conseguenza, l’obbligo di consegna dei documenti relativi alla cosa venduta, gravante sul venditore ex articolo 1477, comma 3, c.c., è assolto anche nel caso in cui la carta di circolazione dell’automobile risulti priva dell’indicazione dell’omologazione del gancio di traino montato sulla vettura. L’impossibilità di montare un gancio di traino omologato non influisce sulle qualità essenziali dell’autovettura. L’uso legittimo del bene venduto non può venire meno in ragione della sola assenza dell’omologazione del gancio di traino – montato sul veicolo dal venditore - sul libretto di circolazione della vettura. La Suprema Corte, facendo propria l’argomentazione contenuta nell’impugnata sentenza della Corte d’Appello di Lecce, ritiene che la mancanza del gancio di traino non incida sull’uso per il quale la cosa era destinata, sia nel caso in cui il gancio risulti effettivamente assente, sia nel caso in cui esso sia stato montato ma non risulti omologato sul libretto di circolazione. I documenti di circolazione sono completi e validamente consegnati anche in assenza dell’omologazione del dispositivo di traino. Il venditore è adempiente all’obbligo imposto dall’articolo 1477 c.c. di consegnare i documenti di circolazione dell’autoveicolo anche se essi non contengono l’omologazione del dispositivo di traino montato dallo stesso venditore sulla vettura. La presenza del gancio di traino, infatti, non costituisce una caratteristica essenziale del veicolo in relazione all’uso cui è destinato ne consegue che l’assenza dell’accessorio non è circostanza idonea a rendere il venditore inadempiente per l’obbligo di consegna dei documenti di circolazione.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 2 aprile – 4 maggio 2012, numero 6777 Presidente Felicetti – Relatore Mazzacane Svolgimento del processo A P. citò innanzi al Tribunale di Brindisi la srl Marino Auto per la risoluzione del contratto di vendita di un'autovettura Ford Fiesta, assumendo che la stessa era stata fornita di gancio di traino ma che la relativa carta di circolazione mancava della indicazione dell'omologazione di tale accessorio, montato a cura della convenuta, che aveva venduto l'autoveicolo all'esponente. La società, costituendosi, osservò che nella commissione d'ordine non era prevista la fornitura ed il montaggio del gancio e che la decisione di essa venditrice di offrire anche quest'accessorio non poteva considerarsi espressione di una volontà di integrare l'originario contratto eccepì inoltre la tardività della denunzia ex articolo 1495 cod. civ L'adito Tribunale, con sentenza numero 1178/2003, accolse l'eccezione, respingendo la domanda la Corte di Appello di Lecce, con decisione numero 326/2007, respinse l'impugnazione del P. osservando che, contrariamente a quanto sostenuto da costui nell'impugnazione, la domanda aveva ad oggetto l'accertamento dell'inidoneità del mezzo a montare il dispositivo d'aggancio, deducendosi dunque la mancanza di una delle qualità promesse e non già la denunzia della fornitura di un bene ontologicamente diverso o privo delle qualità essenziali per l'uso per cui era stato progettato che non vi sarebbe stato, da parte del venditore, un occultamento del vizio - tesi sostenuta dall'appellante sul rilievo che sia il montaggio che la predisposizione della documentazione relativa all'accessorio erano state curate dalla società venditrice - che detta fornitura non avrebbe formato oggetto dell'originario ordine e quindi non avrebbe potuto rientrare nel novero delle qualità promesse . Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il P. sulla base di due motivi la società Marino Auto ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1 - Con il primo motivo parte ricorrente lamenta che la Corte del merito sarebbe incorsa in un travisamento del fatto controverso, ritenendo che la domanda avesse ad oggetto il mancato montaggio dell'accessorio mentre in realtà essa era rivolta a far constatare la carenza di provvedimento di omologazione dello stesso ciò avrebbe influito sulla stessa qualificazione della domanda. Il motivo è infondato. 1/a — Invero, pur se le espressioni usate dalla Corte distrettuale possono dare adito ad ambiguità interpretative, appare chiaro che il punto controverso ineriva alla possibilità legale di montaggio del gancio di traino, di tal che nella esposizione del primo motivo di appello viene esattamente riportato il pensiero del P. e quindi esposti gli esatti contorni della fattispecie .le doglianze avevano riguardato non una carenza del veicolo oggetto di vendita, ma piuttosto la mancata consegna, doverosa ai sensi dell'articolo 1477, 3, c.c., del documento di circolazione atto a consentire il legittimo uso del bene, in ragione della mancanza dell'omologazione del collaudo del dispositivo d'aggancio nella descrizione del secondo motivo viene vieppiù sottolineata tale linea difensiva, Osserva in proposito l'appellante che il materiale montaggio del gancio di traino da parte della concessionaria ed, inoltre, il rilascio del documento atto a garantire la conformità di tale installazione . e nell'argomentazione della Corte territoriale non vi sono affermazioni contrarie a tale riportata ricostruzione del fatto. 1/b — Va poi evidenziato che l'enunciato del giudice dell'appello, secondo il quale la mancanza del gancio di traino non poteva qualificarsi come incidente sull'uso per il quale la cosa era destinata fol. 9 della impugnata decisione , introduceva un concetto utilizzabile sia nell'ipotesi di assenza materiale dell'accessorio sia di sua non legittima utilizzazione. 1/c - Il quesito di diritto è infine eccentrico rispetto alle argomentazioni esposte nel motivo in esame, in quanto è diretto a far formulare alla Corte una regula juris che non si pone come esito logico finale della censura fino ad allora articolata bensì come riaffermazione della tesi in diritto in precedenza sostenuta, vale a dire che la mancanza dell'annotazione della omologazione sul libretto di circolazione dell'autovettura equivaleva all'inadempimento dell'obbligo di consegnare - ex articolo 1477 cod. civ. - i documenti che necessariamente debbono accompagnare la vettura circolante su strada in ogni caso anche su tale aspetto la Corte del merito rispose - pur sempre utilizzando l'ambigua espressione che si riferiva alla mancanza del gancio di traino , da intendersi, come sopra visto, come mancanza di un gancio di traino legittimamente montato - negando che la vettura, pur se priva di tale accessorio, potesse ritenersi priva delle qualità identificatrici del genere. 2 — Con il secondo motivo viene svolta censura di omessa, contraddittoria ed erronea motivazione sempre sul medesimo punto, sostenendosi che la Corte distrettuale non avrebbe esaminato tutte le argomentazioni esposte. 2/a - In particolare il ricorrente lamenta che sia stato escluso che il gancio di traino fosse compreso nella commissione d'ordine, non avvedendosi che questa conteneva l'annotazione della concessionaria di aver montato l'accessorio correttamente, vale a dire in conformità delle prescrizioni del costruttore del veicolo e dell'accessorio medesimo, sostenendosi al contrario che, quanto meno perfacta concludentia, avrebbe dovuto ritenersi formato un consenso traslativo anche su detto accessorio. 2/b — Censura poi il P. la ritenuta irrilevanza dell'assenza - nei termini più sopra precisati - dell'accessorio ai fini della qualificazione dell’aliud pro alio, non considerando che il montaggio dello stesso avrebbe comportato una modifica irreversibile delle strutture dell'autoveicolo. 2/c - Il motivo deve ritenersi inammissibile perché introduce una questione nuova - quella della irreversibilità della modifica - per come emerge dai pur richiamati ampi stralci dei motivi di appello in seno al ricorso foll. 15/16 e comunque involgente un accertamento di mero fatto non commissionabile alla Corte. 3 - Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come indicato nel dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della parte controricorrente, determinandole in Euro 1.700,00 di cui Euro200,00 per esborsi, oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.