Corrispondenza tra avvocati: la riservatezza prevale sul diritto di difesa

Il Consiglio Nazionale Forense chiarisce che la corrispondenza riservata tra avvocati è sempre sottratta alla produzione in giudizio, anche rispetto al dovere di difesa.

Con decisione n. 356/2024, pubblicata il 16 marzo 2025 sul portale del Codice Deontologico, il Consiglio Nazionale Forense (CNF) ha affermato che la corrispondenza qualificata come riservata tra colleghi non può essere né prodotta né riferita in giudizio. L'obbligo deontologico di riservatezza, previsto dall'articolo 48 del Codice Deontologico Forense (CDF), prevale sul dovere di difesa, salvo i casi eccezionali tassativamente previsti. Il fatto La vicenda nasce da un esposto dell'avvocato di controparte nei confronti del professionista, ricorrente, per violazione dell'articolo 28 del Cdf all'epoca vigente (oggi articolo 48 NCDF) in quanto lo stesso, nel corso di un giudizio civile, aveva depositato allegati alla memoria atti qualificati come riservati e personali da non esibire, contenenti una proposta transattiva inoltratagli dalla collega. L'Ordine di appartenenza avviava un procedimento disciplinare e investiva della questione il Consiglio distrettuale di disciplina de L'Aquila, nel frattempo divenuto competente a seguito della l. n. 247/2012. Il CDD, all'esito del dibattimento, riteneva l'avvocato responsabile dell'illecito contestato e gli infliggeva la sanzione disciplinare dell'avvertimento. L'avvocato ricorreva, quindi, al Consiglio Nazionale Forense, eccependo innanzitutto l'intervenuta prescrizione e sostenendo che la produzione della corrispondenza fosse giustificata dall'esigenza di tutelare gli interessi del proprio assistito. La decisione del CNF Il Consiglio Nazionale Forense, innanzitutto dichiara infondata l'eccezione di prescrizione precisando che la violazione dell'articolo 28 del previgente CDF (articolo48 del CDF vigente) costituisce, per giurisprudenza sempre conforme, «illecito istantaneo, che si consuma ed esaurisce al momento stesso della produzione in giudizio di corrispondenza riservata tra colleghi» (cfr., da ultimo, CNF n. 149/2023). In secondo luogo, afferma il Consiglio, anche i motivi dedotti a sostegno dell'insussistenza dell'illecito disciplinare contestato sono infondati, in quanto la sentenza del CDD dell'Aquila è correttamente motivata e le censure proposte dall'incolpato non sono condivisibili. L'articolo 28 del previgente CDF (oggi articolo48 comma2 lett. a) e b)), infatti, osserva il CNF, prevede delle «eccezioni tassative per l'esclusione del divieto di produzione qualora con tale mezzo sia stato perfezionato un accordo di cui la stessa corrispondenza costituisca attuazione, e nel caso in cui la corrispondenza dell'avvocato assicuri l'adempimento delle prestazioni richieste». Nessuna delle due tassative previsioni attiene alla fattispecie in esame, nella quale la produzione sarebbe avvenuta per dimostrare il perché la proposta di controparte non poteva essere accettata. Pertanto, poiché le giustificazioni addotte dall'incolpato non rientrano nei casi di esclusione del divieto di produzione, vale la previsione di cui all'articolo 48, il quale «vieta di produrre o riferire in giudizio la corrispondenza espressamente qualificata come riservata quale che ne sia il contenuto, nonché quella contenente proposte transattive scambiate con i colleghi a prescindere dalla suddetta clausola di riservatezza. Tale norma deontologica è dettata a salvaguardia del corretto svolgimento dell'attività professionale e, salve le eccezioni previste espressamente, prevale persino sul dovere di difesa» (cfr., tra le molte CNF, sent. n.20 del 28 febbraio 2023, CNF sent. n. 108 del 16.10.1019). Da tutto ciò consegue che la sentenza del CDD dell'Aquila merita conferma e il ricorso va respinto.

CNF, sentenza n. 356/2024