È ammissibile la sostituzione della pena detentiva con misure alternative in caso di detenzione domiciliare?

La pena detentiva può essere sostituita con misure alternative anche quando l’imputato sta già scontando una detenzione domiciliare. La decisione si basa sulla necessità di una lettura coerente e costituzionale dell’articolo 70 l. numero 689/1981, che consente la coesistenza di pene sostitutive e detentive. 

La Corte d'Appello di Genova, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha rideterminato la pena inflitta in un caso di furto in luogo di privata dimora, riducendola in anni due, mesi due, giorni venti di reclusione ed euro 445 di multa. Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cassazione l'imputato, deducendo: vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta impossibilità di disporre la sostituzione della pena detentiva con la sanzione alternativa della detenzione domiciliare, a causa del superamento del limite dei 4 anni di pena; carenza di motivazione in relazione alla richiesta difensiva, avanzata con i nuovi motivi, di sostituzione della pena detentiva con una delle altre sanzioni sostitutive previste, quali la semilibertà ed il lavoro di pubblica utilità. Il ricorso è fondato. Secondo la Cassazione, l'interpretazione della Corte d'Appello si scontra con lo spirito dell'articolo 70 l.numero 689/81, che consente il cumulo delle pene sostitutive, stabilendo che queste devono essere eseguite dopo le pene detentive. Di conseguenza, è possibile che le sentenze riguardino tanto pene detentive (che vanno eseguite prima) quanto pene sostitutive (che vanno eseguite successivamente). La pronuncia in commento, evidenzia, inoltre, la necessità di colmare la lacuna dell'articolo68 l.numero 689/81, che prevede la sospensione dell'esecuzione delle pene sostitutive solo in determinati casi (ad esempio, quando viene emesso un ordine di carcerazione). Tuttavia, non è previsto esplicitamente come comportarsi quando un individuo è soggetto ad una pluralità di titoli esecutivi, che comprendano sia pene sostitutive che pene detentive da eseguire alternativamente. La legge non stabilisce una priorità chiara tra le due, lasciando spazio a potenziali disparità di trattamento. Una lettura coerente e costituzionalmente orientata della normativa dovrebbe includere - continuano i Giudici - anche i casi in cui la pena detentiva sia eseguita in forma di misura alternativa; diversamente, si rischierebbe di creare ingiustizie. In base ad una lettura sistematica della disciplina e a diverse sentenze di legittimità precedenti in materia, la Suprema Corte ha concluso che non vi sono previsioni normative che impediscano la sostituzione della pena in caso di esecuzione di misure alternative già in corso. La decisione impugnata, che aveva rigettato la richiesta di sostituzione della pena, è stata quindi annullata limitatamente al punto della sostituzione della pena, con rinvio ad un’altra sezione della Corte di Appello di Genova per un nuovo esame. La Corte ha, dunque, ribadito il principio secondo cui il giudice non può rigettare la sostituzione della pena solo sulla base dell’esistenza di altre pene già in corso ed ha riaffermato la possibilità di applicare misure alternative in modo autonomo, senza che il cumulo di pene preesistenti costituisca un ostacolo.

Presidente Miccoli - Relatore Sessa Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 12.11.2024, la Corte di Appello di Genova, in parziale riforma della pronuncia emessa in primo grado, in sede di abbreviato, nei confronti di R.M., che l'aveva dichiarata colpevole del reato di furto in luogo di privata dimora, ha rideterminato la pena alla predetta inflitta, riducendola, previa esclusione delle aggravanti di cui all'articolo 625 numero 4 e 61 numero 7 cod. penumero, in anni due, mesi due, giorni venti di reclusione ed euro 445 di multa; ha confermato nel resto la decisione del primo giudice. 2. Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cassazione l'imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'articolo 173, comma 1, disp. att. cod. proc. penumero 2.1. Col primo motivo deduce l'erronea applicazione dell'articolo 20-bis cod. penumero, degli articolo 545-bis, 598 del codice di rito, articolo 53,58,59,62,67,68,70 e 76 legge numero 689/81, articolo 47-ter e 51-bis legge 354/1975, articolo 3 Cost., nonché vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta impossibilità di disporre la sostituzione della pena detentiva con la sanzione sostitutiva della detenzione domiciliare, sul presupposto che “la somma della pena che la R.M. sta scontando e quella ora inflittale supera il limite di 4 anni di pena detentiva, quindi la sostituzione non può essere operata in questa sede”, laddove la pena che la ricorrente sta già espiando è quella della detenzione domiciliare alternativa e non quella della detenzione domiciliare sostitutiva. 2.2. Col secondo motivo lamenta la carenza di motivazione in relazione alla richiesta difensiva, avanzata coi motivi nuovi, di sostituzione della pena detentiva con una delle altre sanzioni sostitutive previste, quali la semilibertà ed il lavoro di pubblica utilità. La Corte di appello sembra riferirsi unicamente al caso dell'esecuzione concorrente tra pena sostitutiva della detenzione domiciliare e pena alternativa della detenzione domiciliare. 3. Il ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato - ai sensi dell'articolo 611 come modificato dal d.lgs. del 10.10.2022 numero 150 e successive integrazioni - senza l'intervento delle parti, che hanno così concluso per iscritto: il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; il difensore dell'imputata ha insistito nell'accoglimento del ricorso e con una successiva ulteriore memoria ha replicato agli argomenti addotti dal P.G.   Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. L'interpretazione effettuata nella sentenza impugnata, come posto in evidenza in ricorso, contrasta con la ratio del novello articolo 70, legge 689/81, che è quella di consentire e disciplinare la formazione del solo cumulo tra più pene sostitutive, prevedendo, tra l'altro, al comma quarto, che le pene sostitutive sono sempre eseguite dopo le pene detentive; dunque, è ben possibile che le sentenze in esecuzione abbiano ad oggetto tanto pene detentive (che vanno eseguite prima, anche in affidamento) che pene sostitutive (che vanno eseguite dopo). In questo senso dovrebbe essere colmata la lacuna lasciata dalla formulazione dell'articolo 68 della legge 689/81, che prevede unicamente la sospensione dell'esecuzione delle pene sostitutive in caso di notifica di un ordine di carcerazione o di consegna o di arresto o di fermo del condannato o di applicazione, anche provvisoria, di misura di sicurezza detentiva - con ripresa della decorrenza dal giorno successivo a quello di cessazione dell'esecuzione della pena detentiva -, e non contempla espressamente l'affine ipotesi di una pluralità di titoli da eseguire a carico del medesimo condannato, comprendenti condanne a pena sostitutiva e a pena detentiva da eseguirsi in misura alternativa, e non detta di conseguenza una regola specifica che determini la priorità in sede esecutiva dell'una o dell'altra. Un'interpretazione ragionevole e sistematica, oltre che costituzionalmente orientata, dovrebbe in altri termini portare a ritenere applicabile l'articolo 68 anche ai casi in cui la pena detentiva sia in esecuzione nelle forme di una misura alternativa; in caso contrario l'ordinamento lascerebbe campo ad una inaccettabile disparità di trattamento. Le pacifiche finalità di certezza ed effettività delle pene sostitutive che permeano l'intera disciplina si pongono pertanto in aperto conflitto con la interpretazione della Corte di appello, secondo cui la misura di anni quattro, imposta dall'articolo 20-bis quale limite per la possibilità di sostituire la pena detentiva con la detenzione domiciliare, oltre che dall'articolo 70 legge 689/81 con riferimento al cumulo delle pene detentive sostituite, possa rappresentare l'invalicabile confine anche nel caso in cui l'esecuzione concorrente riguardi pene sostitutive e pena in espiazione in regime di misura alternativa. Non vi è dubbio invero che la legge sull'ordinamento penitenziario delinei una misura restrittiva di tipo domestico ontologicamente difforme dall'omonima pena sostitutiva che presenta presupposti applicativi assai diversi rispetto a quest'ultima. Si pensi innanzitutto al fatto che il comma 1-bis dell'articolo 47-ter legge 354/975 prevede un limite di pena assai più stringente di due anni per l'accesso alla forma ordinaria di detenzione domiciliare rispetto ai già ricordati quattro anni imposti in relazione alla detenzione domiciliare quale pena sostitutiva. Laddove, peraltro, anche il regime domiciliare è differente, essendo più restrittivo quello relativo alla detenzione domiciliare alternativa. Ed anche riguardo alle stesse finalità dell'una e dell'altra pena non vi è perfetta coincidenza. Tale impostazione ha peraltro già trovato riconoscimento nella giurisprudenza di questa Corte. Le sentenze Sez. 1, numero 11950 del 02/02/2024 (Rv. 285989) e Sez. 1, numero 13133 del 07/12/2023, dep. 29/03/2024 (Rv. 286129) hanno, infatti, innanzitutto, ribadito che il giudizio di applicabilità della sostituzione della pena detentiva breve deve sostanzialmente fondarsi sulla verifica dei limiti quantitativi della condanna inflitta e sul giudizio prognostico di prevedibile corretta esecuzione della pena sostitutiva e dell'adeguata funzione rieducativa di quest'ultima in relazione al soggetto condannato, con la conseguenza che il Giudice non può rigettare la richiesta di applicazione di pena sostitutiva solo perché il condannato risulta al momento beneficiario di misura alternativa, in relazione al cumulo di precedenti pene irrevocabili, già in fase di esecuzione. Ciò perché di regola la sostituzione della pena 'tradizionale' con una delle 'pene sostitutive' è compito del giudice della cognizione (solo in via transitoria l'articolo 95 del d.lgs. numero150 del 2022 rimette il compito al giudice della esecuzione nella ipotesi di pendenza in cassazione alla data del 30 dicembre 2022) e pertanto prescinde dalla unificazione delle pene per fatti giudicati con più sentenze di condanna. Dunque, si deve fare riferimento alla sola pena inflitta nella sentenza oggetto della domanda e non è ostativa la esistenza di una misura alternativa in corso per altri reati, né di conseguenza potrebbero assumere rilievo, ai fini della verifica della ricorrenza del presupposto del limite quantitativo di pena, ragioni legate al cumulo con altri reati. In particolare, secondo la sentenza numero 11950 del 21.03.2024, «nessuna previsione normativa sancisce la inapplicabilità delle pene sostitutive ai soggetti che si trovano detenuti o sottoposti a misure alternative alla detenzione. Sussistono, piuttosto, numerose disposizioni che impongono la soluzione positiva», richiamando sia il comma 3 dell'articolo 62 legge numero 689/1981, che il secondo e il terzo periodo del comma 2 del successivo articolo 63, e definendo erroneo il riferimento, per sostenere la tesi contraria, all'articolo 51-bis legge numero 354/1975, «il quale si limita a regolare la situazione nella quale si trova il soggetto sottoposto a una misura alternativa alla detenzione quando sopraggiunga un altro titolo definitivo, senza stabilire alcuna incompatibilità con le pene sostitutive» (e contempla, peraltro, anche la soluzione della cessazione della misura alternativa, meno favorevole, per il condannato, rispetto a quella dettata dall'articolo 70, comma 4, legge 689/81). Sez. 1, numero 13133 del 07/12/2023, a sua volta, entrando più nello specifico, ha osservato che: “a) già l'articolo 61 della legge numero689 del 1981 conferma che la condanna ad una pena sostitutiva va indicata nel dispositivo della sentenza di condanna unitamente alla pena che si va a sostituire, concludendo che si tratta, quindi, all'evidenza, di una opzione affidata al giudice della cognizione, indenne dalla operazione di cumulo di pene inflitte con sentenze diverse; b) l'articolo 53 l. numero689 del 1981, al comma 3, impone di tener conto, ai fini della determinazione del limite di pena detentiva, della pena aumentata ai sensi dell'articolo 81 del codice penale, dunque della eventuale pena inflitta per il reato continuato, se riconosciuto con la sentenza che si va ad emettere in cognizione; c) la disciplina dettata all'articolo 70 della l. numero689 del 1981 regolamenta in sede di esecuzione il fenomeno della coesistenza di più titoli, il che sta a significare come il legislatore non ha trascurato il fenomeno, ma lo ha 'posposto' sul piano della regolamentazione, rispetto alla decisione da emettersi in cognizione.” E ha giustamente rilevato che “[c]on ciò si intende dire che il giudice della cognizione - ed è da ritenersi tale, per le ragioni dette in premessa, anche il giudice della esecuzione ai sensi dell'articolo 95 del d.lgs. numero150 del 2022 - decide sempre in via autonoma nell'ambito del 'proprio' giudizio, lì dove sussistano i presupposti di legge per l'accoglimento della domanda (limite di pena per il reato oggetto di giudizio + adeguatezza della pena sostitutiva ai sensi dell'articolo 58) e soltanto in un secondo momento (la sede esecutiva in senso proprio) può porsi un problema di coesistenza di più titoli, che va risolto secondo le disposizioni di cui all'articolo 70 citato.” Ha, quindi, concluso che “[s]olo nella ipotesi in cui le decisioni da porre in esecuzione siano 'tutte' riferibili a pene sostitutive il legislatore interviene a prevedere la necessità del cumulo (cumulo dunque solo omogeneo), con la conseguenza di imporre il rispetto, in questo caso, del limite massimo dei quattro anni delle 'pene sostituite' e dunque della reclusione o dell'arresto, che vanno pertanto eseguite, salvo che la pena residua sia pari o inferiore ad anni quattro (v. articolo 70 comma 3).” 2. Alla stregua di tutto quanto osservato deriva l'astratta possibilità per la ricorrente di eseguire in regime di detenzione domiciliare sostitutiva la pena comminata in relazione al presente procedimento. È, quindi, erroneo il presupposto da cui è partita la Corte di appello nella decisione al vaglio, posto che in nessun caso il giudice che riceve la domanda di pena sostitutiva può respingerla solo in ragione del fatto che sia già in esecuzione nei confronti del condannato la pena detentiva domiciliare alternativa ex articolo 47-ter legge 354/75. Deriva pertanto l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla sostituzione della pena, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Genova. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sostituzione della pena, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Genova.