Secondo la Suprema Corte il pignoramento immobiliare eseguito in forza di un atto cambiale non in regola con l’imposta di bollo non costituente titolo esecutivo ai sensi dell’articolo 474 c.p.c., a seguito di accertamento reso all’esito di opposizione ex articolo 615, comma 2, c.p.c., è affetto da illegittimità sostanziale ab origine con conseguente declaratoria di improcedibilità della intrapresa procedura esecutiva.
I fatti di causa Un debitore esecutato nell'ambito di una procedura esecutiva immobiliare intrapresa nei suoi confronti da un istituto di credito proponeva opposizione all'esecuzione ex articolo 615, comma 2, c.p.c., contestando il diritto del creditore pignorante di procedere ad esecuzione forzata per difetto di titolo esecutivo cambiale non in regola con l'imposta di bollo . Il Tribunale, in accoglimento della opposizione proposta, dichiarava la inesistenza del diritto dell'istituto di credito di procedere ad esecuzione forzata in virtù del detto titolo cambiario , disponendo l'inserimento del provvedimento in questione all'interno del fascicolo d'ufficio della procedura esecutiva. Ciononostante, la procedura esecutiva proseguiva il suo iter sino all'aggiudicazione dell'immobile pignorato. Subito dopo, il debitore esecutato proponeva istanza ex articolo 486 c.p.c. affinché venisse dichiarata la improcedibilità della procedura esecutiva . Il Tribunale adito rigettava l'opposizione proposta dal debitore esecutato evidenziando che l'aggiudicazione dell'immobile, sebbene avvenuta nell'ambito di una procedura che non aveva più ragion d'essere dato l'accoglimento della opposizione all'esecuzione ex articolo 615, comma 2, c.p.c. , era da ritenersi valida ed efficace in virtù del disposto dell' articolo 2929 c.c. e del principio di affidamento in favore del terzo aggiudicatario. Il debitore esecutato ha interposto appello. La Corte d'Appello adita rigettava l'appello proposto asserendo che, alla luce dei principi di correttezza e buona fede, l'esecutato opponente aveva manifestato un atteggiamento inerte e, dunque, non meritevole di tutela, essendosi attivato solamente dopo la intervenuta aggiudicazione dell'immobile, di fatto ledendo il legittimo affidamento dei creditori. Da qui il ricorso in Cassazione del debitore esecutato affidato a tre motivi. Nello specifico, lamentava violazione e falsa applicazione dell' articolo 474 c.p.c. , in relazione all' articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. nonché «per contraddittoria motivazione e per insufficiente esame dei punti decisivi della controversia prospettati dalle parti e per un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate ed i fatti in giudizio, contrasto che non consente l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c. », per aver la Corte d'Appello adita ritenuto che l'inerzia tenuta dal debitore esecutato nel corso della procedura fosse lesiva del principio di affidamento dei creditori e dell'aggiudicatario, di fatto sanando una procedura esecutiva del tutto improcedibile in quanto intrapresa in violazione dell' articolo 474 c.p.c. violazione dell' articolo 112 c.p.c. , dell'articolo 24 Cost. , in relazione all' articolo 360, comma 1, numero 4 c.p.c. , per aver la Corte di Appello adita violato il principio del contraddittorio, avendo posto alla base della propria decisione questioni del tutto nuove violazione e/o falsa applicazione e comunque errata applicazione degli articolo 2043 c.c. e 96, comma 2 , c.p.c. , in relazione all' articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. per aver la Corte di Appello adita rigettato la sua domanda di restituzione del provento derivante dalla vendita dell'immobile e la domanda risarcitoria per responsabilità processuale aggravata sul presupposto che il debitore esecutato non avesse proposto opposizione alla disposta distribuzione del ricavato con gli strumenti offerti dall'ordinamento. La decisione della Suprema Corte La Suprema Corte, nell'accogliere il primo ed il terzo motivo di ricorso, ha precisato che il pignoramento eseguito in forza di un atto cambiale non in regola con l'imposta di bollo non costituente titolo esecutivo ai sensi dell' articolo 474 c.p.c. determina la improcedibilità della intrapresa azione esecutiva, dovendosi ritenere il pignoramento medesimo affetto da illegittimità sostanziale ab origine . Priva di pregio appare il richiamo effettuato dalla Corte di Appello ad una presunta inerzia del debitore esecutato, non essendovi alcuna disposizione normativa ad imporre una vera e propria decadenza nel regime antecedente alla riforma del 2016, quale è il caso di specie, la opposizione all'esecuzione era proponibile senza limiti di tempo ed anche nella stessa fase distributiva. La Corte, poi, richiamando due propri precedenti Cass., Sez. Unumero , numero 61/2014 e Cass. numero 23477/2022 , puntualizza che il giudice d'appello, a fronte dell'accoglimento della opposizione all'esecuzione promossa a suo tempo dal debitore esecutato, ben avrebbe dovuto dichiarare la invalidità degli atti della procedura stessa, ivi compresi quelli inerenti alla fase distributiva, sebbene il debitore esecutato non abbia proposto la opposizione ai sensi dell' articolo 512 c.p.c. Tuttavia, precisa la Suprema Corte, facendo espresso richiamo all'insegnamento di cui alla Cass., Sez. Unumero , numero 21110/2012 , rimangono estranei a detta invalidità gli atti del subprocedimento di vendita, non essendo stata fornita dal debitore esecutato la prova della eventuale collusione del terzo con i creditori di cui all' articolo 2929 c.c. per tale motivo, l'aggiudicazione dell'immobile, seppur avvenuta all'esito di una procedura esecutiva viziata ab origine , deve ritenersi pienamente valida ed efficace. I Giudici, pertanto, enunciano il seguente principio di diritto «in tema di esecuzione forzata, qualora difetti altro creditore munito di titolo esecutivo, che abbia effettuato atto di pignoramento successivo ex articolo 493 c.p.c., l'accertamento giudiziale, ritualmente acquisito al processo, della mancanza del diritto di procedere in executivis in capo al creditore procedente per originario difetto di titolo esecutivo esige il rilievo di ufficio da parte del giudice dell'esecuzione, senza che rilevi alcuna condotta inerte del debitore, con conseguente invalidità di tutti gli atti esecutivi , compresi quelli della eventuale fase distributiva, restando irrilevante il successivo, eventuale deposito di un atto d'intervento fondato sullo stesso o su un diverso credito dello stesso procedente o di altro creditore , né occorrendo che l'esecutato proponga opposizione avverso ciascun atto dell'esecuzione, stante il principio della nullità derivata restano tuttavia salvi l'aggiudicazione del bene e il relativo decreto di trasferimento, ove non sia applicabile l'eccezione prevista dall' articolo 2929 c.c. ».
Presidente De Stefano – Relatore Saija Fatti di causa Ve.Se., debitore esecutato nella procedura esecutiva iscritta al numero 348/2007 R. G.E., pendente dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere a seguito di pignoramento immobiliare eseguito in suo danno dalla Banca di Credito Popolare s. c.p.a ., propose opposizione all'esecuzione ex articolo 615, comma 2, c.p.c. con ricorso del 19.9.2008, contestando il diritto di procedere ad esecuzione forzata del creditore pignorante, per difetto di titolo esecutivo cambiale non in regola con l'imposta di bollo . Il giudice dell'esecuzione respinse l'istanza di sospensione e la procedura seguì pertanto il suo corso introdotto frattanto il giudizio di merito dall'opponente, il Tribunale sammaritano accolse però l'opposizione con sentenza numero 1524/2013 del 18.7.2013, dichiarando l'inesistenza del diritto della Banca di procedere ad esecuzione forzata in forza del detto titolo cambiario e disponendo anche l'inserimento della sentenza stessa nel fascicolo d'ufficio della procedura esecutiva. Ciononostante, quest'ultima proseguì ulteriormente - senza che la suddetta questione venisse affrontata, né sollecitata da alcuno - fino all'aggiudicazione dell'immobile pignorato, da parte del professionista delegato, in data 23.2.2018, in favore della Astrea Srl, con successiva emissione e pubblicazione del decreto di trasferimento in data 27.11.2018. Il giorno successivo, dunque il 28.11.2018, Ve.Se. propose al giudice dell'esecuzione istanza ex articolo 486 c.p.c. perché venisse dichiarata l'improcedibilità della procedura, previa sospensione il giudice dapprima sospese la procedura con decreto inaudita altera parte, ma con ordinanza del 27.3.2019 dispose procedersi oltre, assegnando il termine per l'introduzione del giudizio di merito ex articolo 616, comma 2, c.p.c. così interpretando l'istanza come una ulteriore opposizione all'esecuzione proposta dal Ve.Se. e rimettendo gli atti al professionista delegato perché predisponesse il progetto di distribuzione. Introdotto dal Ve.Se. il giudizio di merito, si costituirono la Banca di Credito Popolare che frattanto aveva spiegato atto d'intervento nella procedura esecutiva per il medesimo credito di cui alla cambiale, ma in forza di decreto ingiuntivo successivamente conseguito , Ubi Banca e l'Agenzia delle Entrate-Riscossione AdER , mentre la SPV Project 158 Srl, cessionaria del credito della procedente, nonché la Astrea Srl, aggiudicataria dell'immobile, rimasero contumaci. L'adito Tribunale rigettò l'opposizione con sentenza del 24.9.2021, rilevando che l'acquisto della Astrea Srl, benché avvenuto in seno ad una procedura che non aveva più ragion d'essere stante l'accoglimento dell'opposizione all'esecuzione con sentenza del 18.7.2013 , era tuttavia da considerare valido ed efficace, in forza del disposto dell' articolo 2929 c.c. e del principio di affidamento in favore del terzo aggiudicatario. Il Ve.Se. propose quindi gravame e la Corte d'Appello di Napoli, con sentenza del 16.11.2022, lo rigettò, confermando la prima statuizione e rilevando che, al lume dei principi di correttezza e buona fede ex articolo 1175 e 1375 c.c. , l'esecutato opponente aveva manifestato un atteggiamento tendenzialmente inerte e dunque non meritevole di tutela, attivandosi per il riconoscimento delle sue ragioni solo a seguito dell'aggiudicazione dell'immobile in favore della Astrea Srl e così ledendo il legittimo affidamento dei creditori. La Corte partenopea confermò poi la statuizione di rigetto delle domande subordinate proposte dal Ve.Se. per la restituzione delle somme ricavate dalla vendita e per il risarcimento del danno, non avendo il Ve.Se. stesso reagito in alcun modo alla disposta distribuzione, i cui esiti erano oramai irretrattabili. Infine, quanto alla domanda ex articolo 96, comma 2, c.p.c. , pure proposta dal Ve.Se., la Corte d'Appello escluse che l'appellante avesse fornito idonea prova del danno subito a causa del preteso svilimento del prezzo di vendita. Avverso detta sentenza ricorre per cassazione Ve.Se., sulla scorta di tre motivi, cui resiste con controricorso la Banca di Credito Popolare s. c.p.a . I restanti intimati non hanno svolto difese. Il P.G. ha depositato requisitoria scritta, con cui ha chiesto l'accoglimento del terzo motivo per quanto di ragione, con rigetto nel resto. Il ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1.1 - Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in relazione all' articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. , in riferimento all' articolo 474 c.p.c. , nonché per contraddittoria motivazione e per insufficiente esame dei punti decisivi della controversia prospettati dalle parti e per un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate ed i fatti in giudizio, contrasto che non consente l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.c. . Sostiene il ricorrente che, una volta definitasi la prima opposizione all'esecuzione con la citata sentenza numero 1524/2013, che aveva dichiarato l'inesistenza del diritto della pignorante di procedere ad esecuzione nei suoi confronti, null'altro egli doveva fare, ben attendendosi che la procedura esecutiva non sospesa e dunque proseguita sarebbe stata dichiarata improcedibile, tanto più che il Tribunale aveva disposto l'inserimento di copia della sentenza stessa nel fascicolo d'ufficio della procedura e che essa era stata redatta dal medesimo magistrato che svolgeva la funzione di giudice dell'esecuzione in detta procedura. Rileva poi che, proposta la seconda opposizione all'esecuzione, rigettata dal Tribunale sammaritano con sentenza numero 3133/2021, esso ricorrente aveva invocato col gravame l'insegnamento di Cass., Sez. Unumero , numero 61/2014 , che imponeva l'immediato arresto della procedura esecutiva, in quanto iniziata da soggetto privo di titolo esecutivo, irrilevanti essendo gli interventi successivi di altri creditori, anche se titolati e sostiene inoltre che l'invalidità e/o inefficacia degli atti dell'esecuzione forzata siano opponibili anche all'aggiudicatario. Su tali premesse, il ricorrente si duole del percorso decisorio della Corte d'Appello di Napoli, che - pur ritenendo che la vicenda fosse astrattamente sussumibile nell'egida del citato insegnamento nomofilattico - ha tuttavia affermato che l'inerzia da esso esecutato tenuta nel corso della procedura, dopo aver conseguito la sentenza favorevole sulla prima opposizione, era tuttavia lesiva del principio di affidamento dei creditori e dell'aggiudicatario l'essersi attivato solo dopo l'aggiudicazione dell'immobile staggito in favore di Astrea Srl, secondo il giudice d'appello, si pone in contrasto con i principi di correttezza e buona fede, ex articolo 1175 e 1375 c.c. , applicabili anche al rapporto processuale tra le parti del processo esecutivo. In proposito, il ricorrente evidenzia la manifesta contraddittorietà del ragionamento seguito dal giudice d'appello, che si pone in frontale contrasto con l'insegnamento della citata Cass., Sez. Unumero , numero 61/2014 , in tal modo sanando una procedura esecutiva del tutto improcedibile, in quanto incardinata in violazione dell' articolo 474 c.p.c. , e non esprimendosi sulla domanda di improcedibilità ciò presumendo che esso Ve.Se. fosse a conoscenza che la procedura, nonostante la sentenza di accoglimento dell'opposizione, avesse avuto regolare corso, come se egli avesse voluto approfittare della situazione, attendendo il momento più propizio per sollevare la questione ma di detta conoscenza non v'è però prova alcuna, ma solo supposizioni. Infine, il ricorrente evidenzia che, nella specie, ad aver agito in mala fede è proprio la banca creditrice pignorante, ben a conoscenza dell'esito del primo giudizio di opposizione e, ciononostante, incurante delle conseguenze che ne derivavano. 1.2 - Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell' articolo 112 c.p.c. , e dell'articolo 24 Cost., ai sensi dell' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 4. Il ricorrente si duole della violazione del principio del contraddittorio da parte del giudice d'appello, che ha sostituito le ragioni della decisione adottate dal Tribunale con motivazioni fondate sui principi di buona fede e correttezza verso i creditori, questioni che non erano mai state affrontate dalle parti nel processo detti principi erano stati richiamati dal Tribunale solo a conferma della ritenuta stabilità della vendita forzata in favore della Astrea Srl . 1.3 - Con il terzo motivo si denuncia la violazione, falsa applicazione e comunque errata applicazione degli articolo 2043 c.c. e 96, comma 2, c.p.c. in relazione all' articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. Il ricorrente, premesso di aver chiesto nei precedenti gradi di giudizio, in via subordinata, la restituzione della somma di Euro 21.180,00, oltre accessori, conseguita dalla vendita dell'immobile pignorato, nonché il risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata ex articolo 96, comma 2, c.p.c. pari alla differenza tra il valore effettivo dell'immobile venduto e quello ricavato dalla vendita , nella misura di Euro 146.964,50, nonché del danno non patrimoniale, contesta la decisione della Corte partenopea che ne ha negato ingresso sul rilievo che esso Ve.Se. non aveva reagito alla disposta distribuzione del ricavato con gli strumenti offerti dall'ordinamento, pur potendo farlo proprio in forza della ripetuta sentenza del 2013 e che comunque non era stata data prova del danno. Rileva il ricorrente, quanto al primo profilo, che la domanda risarcitoria non è stata rivolta alla procedura esecutiva, ma al creditore procedente, che aveva dato corso alla procedura in difetto di titolo idoneo nonché, quanto al secondo profilo, che la parte che assume essere stata danneggiata dalla condotta processuale della controparte ha solo l'onere di allegare e provare la sussistenza dell'elemento oggettivo e dell'elemento soggettivo della fattispecie, il che era regolarmente avvenuto. 2.1 - Prima di affrontare il merito cassatorio, ritiene la Corte di dover necessariamente premettere che la complessa vicenda processuale che ha condotto fino a questo giudizio di legittimità si presta almeno a due differenti visualizzazioni prospettiche richiamando categorie proprie del giuspositivismo, l'una emergente sotto il profilo del sollen, l'altra del seinumero 2.2 - Nella prima prospettiva - sulla scorta delle vigenti disposizioni normative, nonché di oramai consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità -, una volta presentata dal Ve.Se. la istanza ex articolo 486 c.p.c. del 28.11.2018, il giudice dell'esecuzione sammaritano, preso atto della propria mancata declaratoria di improcedibilità della procedura esecutiva numero 348/2007 R. G.E. invero, necessaria al lume del noto insegnamento di Cass., Sez. Unumero , numero 61/2014 , di cui meglio si dirà infra , avrebbe dovuto limitarsi a provvedere sull'istanza stessa secondo il suo significato letterale e pratico riassunto a p. 10 del ricorso, in quanto volto a far dichiarare la immediata sospensione della procedura e, dopo, la sua improcedibilità ma occorre notare che l'istanza, prodotta dal ricorrente nel fascicolo di primo grado, mirava preliminarmente ad impedire l'imminente emissione del decreto di trasferimento . Il giudice, infatti, avrebbe dovuto evidenziare, da un lato, l'intangibilità dell'acquisto dell'immobile da parte della Astrea Srl, oramai consacrato nel decreto di trasferimento in realtà già pubblicato appena un giorno prima, ossia il 27.11.2018 pronuncia regolarmente adottata , e dall'altro avrebbe dovuto pronunciare la chiusura anticipata della procedura esecutiva sulla base del principio affermato dalla citata Cass., Sez. Unumero , numero 61/2014 , comunque disponendo il pagamento del ricavato della vendita in favore del debitore esecutato, secondo il principio del pretium succedit in locum rei quella vendita non avrebbe dovuto svolgersi, ma se - stante l'insopprimibile e prevalente esigenza di tutela dell'aggiudicatario, affermata da Cass., Sez. Unumero , numero 21110/2012 - i suoi effetti restavano comunque irretrattabili a beneficio dell'aggiudicatario, non solo era possibile, ma pure doveroso che l'esecutato ne conseguisse almeno il ricavato, impregiudicata ogni altra questione. Avverso una simile decisione le parti avrebbero potuto se del caso azionare gli strumenti offerti dall'ordinamento e, segnatamente, una eventuale opposizione agli atti esecutivi ex articolo 617 c.p.c. , nel cui ambito far valere le proprie ragioni. 2.3.1 - Senonché, con la ordinanza del 27.3.2019, il giudice dell'esecuzione ha esitato detta istanza rigettandola tout court, addirittura ordinando al professionista delegato di predisporre il progetto di distribuzione, nonché qualificando l'istanza stessa come una nuova opposizione endoesecutiva, da parte del Ve.Se. con l'assegnazione del termine ex articolo 616 c.p.c. per l'introduzione del giudizio di merito , benché essa, all'evidenza, altro non fosse se non una sollecitazione dei poteri direttivi del giudice dell'esecuzione, onde conseguire la declaratoria di improcedibilità o di chiusura anticipata della procedura. 2.3.2 - Tale impropria impostazione, non contestata da alcuna delle parti, non solo ha dato la stura al processo che occupa assolutamente non necessario, stando al tenore di quanto richiesto dall'esecutato , vieppiù complicando le sorti della presupposta esecuzione forzata, ma impone a questa Corte di esaminare la complessa vicenda nella prospettiva del sein v. supra, par. 2.1 , giacché sulla qualificazione dell'iniziativa processuale avviata dal Ve.Se. con l'istanza del 28.11.2018, nel senso indicato dal giudice dell'esecuzione, s'è chiaramente pronunciata la Corte d'Appello ed è quindi sceso il giudicato, una simile statuizione non essendo stata impugnata. Si è dunque al cospetto di una opposizione all'esecuzione ex articolo 615, comma 2, c.p.c. così la sentenza impugnata, in particolare alle pp. 3-5 , con cui il Ve.Se. ha contestato il diritto della Banca di Credito Popolare s. c.p.a . di procedere ad esecuzione forzata, e ciò in forza del giudicato derivante da Trib. Santa Maria Capua Vetere numero 1524/2013, il pignoramento essendo stato eseguito in assenza di un valido titolo esecutivo ciò, lo si ripete per chiarezza, quale immediato corollario della suddetta qualificazione giuridica della domanda, oramai coperta dal giudicato interno formatosi sul punto e, così, non ulteriormente discutibile. Benché il Ve.Se. abbia in realtà proposto, con l'istanza del 28.11.2018, una mera domanda di improcedibilità così, anodinamente, la stessa sentenza impugnata, p. 15, non senza contraddizione rispetto alla pur illustrata qualificazione, data poche pagine prima , id est non abbia depositato, con essa, un vero e proprio ricorso al giudice dell'esecuzione ex articolo 615, comma 2, c.p.c. , questa Corte è dunque impossibilitata ad emettere i conseguenti provvedimenti ai sensi dell' articolo 382, comma 3, c.p.c. , con la cassazione senza rinvio della sentenza d'appello e di quella di primo grado a causa dell'inammissibilità originaria della domanda di merito proposta con atto di citazione del 30.4.2019 e ciò anche al lume della violazione della struttura bifasica dell'opposizione, su cui, per tutte, v. Cass. numero 25170/2018 . Infatti, è stato di recente condivisibilmente specificato che Il giudicato si forma anche sulla qualificazione giuridica data dal giudice alla domanda se la parte interessata non ha proposto specifica impugnazione, salvo i casi in cui tale qualificazione o non ha condizionato l'impostazione e la definizione dell'indagine di merito, o è incompatibile con le censure formulate dall'appellante, o non ha formato oggetto di contestazione tra le parti, o quando si tratti soltanto di stabilire, fermi i fatti accertati, quale norma debba applicarsi ad una determinata fattispecie concreta così, Cass. numero 31330/2023 . Non v'è dubbio, per quanto già detto, che nella specie non ricorra nessuna delle ipotesi eccettuative richiamate dal suesposto principio, sicché il giudicato interno formatosi sulla qualificazione della domanda, benché assolutamente eccentrico rispetto a quella originariamente formulata con l'istanza ex articolo 486 c.p.c. del 28.11.2018, non consente di adottare i provvedimenti che avrebbero consentito di riportare l'anomalo svolgimento del processo che occupa sul binario corretto. 3.1 - Ciò chiarito, l'accoglimento del primo motivo segue de plano, nei limiti che verranno appresso illustrati. Infatti, non può che richiamarsi il già più volte citato insegnamento di Cass., Sez. Unumero , numero 61/2014 , che ha affermato in modo assolutamente condivisibile, tanto da essere pedissequamente richiamato dall'intera giurisprudenza successiva sul punto, che Nel processo di esecuzione forzata, al quale partecipino più creditori concorrenti, le vicende relative al titolo esecutivo del creditore procedente sospensione, sopravvenuta inefficacia, caducazione, estinzione non possono ostacolare la prosecuzione dell'esecuzione sull'impulso del creditore intervenuto il cui titolo abbia conservato la sua forza esecutiva. Tuttavia, occorre distinguere a se l'azione esecutiva si sia arrestata prima o dopo l'intervento, poiché nel primo caso, non esistendo un valido pignoramento al quale gli interventi possano ricollegarsi, il processo esecutivo è improseguibile b se il difetto del titolo posto a fondamento dell'azione esecutiva del creditore procedente sia originario o sopravvenuto, posto che solo il primo impedisce che l'azione esecutiva prosegua anche da parte degli interventori titolati, mentre il secondo consente l'estensione in loro favore di tutti gli atti compiuti finché il titolo del creditore procedente ha conservato validità . Pertanto, trattandosi nella specie di un pignoramento eseguito in forza di un atto cambiale non in regola con l'imposta di bollo non costituente titolo esecutivo ex articolo 474 c.p.c. , come accertato con efficacia di giudicato dalla sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere numero 1524/2013, non v'è dubbio che l'azione esecutiva così intrapresa avrebbe dovuto essere dichiarata senz'altro improcedibile, non essendo suscettibile di sopravvivere all'accoglimento della prima opposizione all'esecuzione in tali condizioni, dunque, la circostanza che risultassero intervenuti nella procedura altri creditori titolati, addirittura prima dell'emissione della suddetta sentenza indicati dal ricorrente in Equitalia Polis Spa e Banca Popolare di Ancona Spa è assolutamente irrilevante, perché il pignoramento è affetto da illegittimità sostanziale ab origine e la procedura avrebbe dovuto definitivamente arrestarsi, a prescindere da ogni altra considerazione, posto che nessuno dei predetti intervenuti aveva effettuato un pignoramento autonomo, ex articolo 493 c.p.c. 3.2 - Né può farsi riferimento - come invece opinato dalla Corte partenopea - ad una presunta lesione del principio di affidamento in capo ai creditori coinvolti, ad opera del Ve.Se., che nella sostanza avrebbe abusato del proprio diritto, attendendo strumentalmente circa cinque anni per sollevare la questione del giudicato nella prima occasione apparsagli utile ossia una volta concretizzatosi l'effettivo pericolo di perdere definitivamente il bene pignorato, a seguito dell'aggiudicazione in favore della Astrea Srl in tale ottica, secondo la Corte d'appello, detta lesione comporterebbe sostanzialmente l'impossibilità, per la parte che se ne sia resa responsabile, di far valere diritti che avrebbero potuto invocarsi con maggiore tempestività, sicché la pretesa del Ve.Se., per quanto astrattamente fondata - al lume della giurisprudenza più volte richiamata -, non sarebbe accoglibile. In realtà - a parte la sterilità di una simile intenzione da parte del Ve.Se., se effettiva, giacché destinata ad infrangersi sulla regola dettata dall' articolo 2929 c.c. su cui v. infra -, il ragionamento seguito dalla Corte d'Appello non è affatto condivisibile la Corte territoriale estende, infatti, il dovere di comportamento secondo correttezza e buona fede ex articolo 1175 e 1375 c.c. anche al rapporto tra le parti del processo, richiamando pure a sostegno l'elaborazione giurisprudenziale consolidatasi sul diverso tema della tutela dell'aggiudicatario, ossia di un soggetto di regola estraneo al processo esecutivo. Non senza dire che - come correttamente evidenziato dallo stesso ricorrente e, sia pure ad altri fini, dal Procuratore Generale - se comportamento contrario a buona fede deve ascriversi a carico dello stesso Ve.Se., resterebbe comunque incomprensibile come analogo giudizio non possa spendersi e non sia stato speso dalla Corte partenopea nei riguardi del creditore procedente, che, ben consapevole del giudicato derivante dalla sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere numero 1524/2013, ha insistito nella prosecuzione del processo esecutivo, scientemente portandolo con il proprio impulso all'esito finale, nonostante il chiarissimo principio affermato dalla ripetuta Cass., Sez. Unumero , numero 61/2014 da un semplice esame del citato arresto, tutt'altro che di difficile lettura, la Banca di Credito Popolare ben avrebbe potuto desumere che quel processo esecutivo giammai avrebbe potuto continuare il suo corso - e ciò, beninteso, quali che siano state le ragioni per cui il giudice dell'esecuzione non ne rilevò, singolarmente, di ufficio l'improcedibilità -, non essendo sufficiente il deposito di un ulteriore atto d'intervento da parte sua e per lo stesso credito, benché stavolta regolarmente titolato, come pure avvenuto. L'originaria carenza di titolo esecutivo, infatti, in difetto di allegazione della presenza nella procedura di altro creditore munito di titolo esecutivo, a sua volta autore di un pignoramento successivo ex articolo 493 c.p.c. , ha comportato il travolgimento ex tunc di tutti gli atti di quella, esclusi solo, a tutela dell'aggiudicatario, aggiudicazione e trasferimento del bene staggito sul punto, v. infra . Elementari regole di prudenza avrebbero dunque consigliato, quantomeno, di sottoporre al giudice dell'esecuzione la questione affinché valutasse se il pignoramento potesse considerarsi validamente oggettivizzato dai creditori intervenuti così il Procuratore Generale, in memoria, p. 8 . 3.3.1 - In realtà, per quanto implicitamente, con la suddetta impostazione la Corte territoriale ha finito col richiamare un istituto tipico del diritto tedesco, ossia quello della Verwirkung, definito da autorevole dottrina come quell'istituto che comporta la perdita del diritto soggettivo in seguito alla inattività del titolare, durata per un periodo di tempo non determinato a priori, ed alla concorrenza di circostanze idonee a determinare un affidamento meritevole di tutela in base al principio di buona fede . In sostanza, l'inerzia del titolare del diritto, coniugata con il conseguente affidamento ingenerato nel soggetto debitore che esso non sarà più esercitato, determinerebbe l'abuso del diritto stesso ciononostante esercitato dal suo titolare e, dunque, la sua perenzione. 3.3.2 - Senonché, una simile opzione interpretativa deve recisamente respingersi, per almeno due ragioni. Anzitutto, nonostante episodiche pronunce di questa Corte il riferimento, da ultimo, è a Cass. numero 16743/2021 , ritiene il Collegio di dover convintamente dare continuità all'idea che l'istituto della Verwirkung - la cui elaborazione concettuale, da quanto consta, attiene propriamente al rapporto obbligatorio sostanziale, non anche al rapporto tra le parti del processo, come nella sostanza invece opinato dalla Corte territoriale - non sia affatto compatibile con l'ordinamento italiano, come del tutto condivisibilmente affermato, di recente, da Cass. numero 11219/2024 , alla cui motivazione si rinvia per brevità par. 3.1.c, in particolare in senso analogo, comunque, già Cass. ord. numero 31922/2022 . In secondo luogo, perché il codice di rito già prevede autonome e bastevoli regole dettate per garantire la lealtà e probità cui le parti, e i loro difensori, sono tenuti articolo 88 , nonché per sanzionare la parte che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave articolo 96 , sicché non occorre affatto attingere ad un complesso di regole e concetti, oggetto di amplissima elaborazione dottrinale e giurisprudenziale riferita soprattutto ad altri ordinamenti , ma dettate ad altri fini, ossia con specifico riferimento al rapporto obbligatorio. Ed è bene chiarire che, nel vigente ordinamento italiano, la facoltà di esercitare un potere processuale può venir meno in funzione del tempo trascorso solo se una specifica norma tanto preveda, sanzionando l'inerzia della parte con la decadenza, come ad es. è - per restare all'ambito del processo esecutivo - per la proponibilità dell'opposizione agli atti esecutivi, ex articolo 617 c.p.c. , oppure, oggi, dell'opposizione all'esecuzione, ex articolo 615, comma 2, ult. periodo, c.p.c. , aggiunto dal D.L. numero 59 del 2016 . 3.3.3 - Ebbene, dopo aver qualificato la ripetuta iniziativa processuale del Ve.Se. come opposizione endoesecutiva, con la sentenza qui impugnata la Corte partenopea ha dunque individuato una vera e propria decadenza a suo carico, senza che nessuna disposizione normativa a tanto la abilitasse, giacché - nel regime antecedente alla cennata novella del 2016, applicabile ratione temporis - l'opposizione all'esecuzione era senz'altro proponibile senza limiti di tempo ed anche nella stessa fase distributiva v. Cass. numero 15439/2023 il termine di decadenza finale di una simile iniziativa, dunque, avrebbe potuto al più individuarsi nella stessa chiusura del processo esecutivo, non certo essere ricollegato ad una generica inerzia del debitore esecutato. Ciò in quanto il processo esecutivo è caratterizzato da un sistema chiuso, tipizzato ed inderogabile, di rimedi interni così, Cass. numero 7708/2014 , in motivazione nello stesso senso, Cass. numero 23182/2014 inoltre Cass. numero 11172/2015, Cass. ord. numero 12242/2016 , Cass. numero 5175/2018, Cass. ord. numero 11191/2019 , Cass. numero 17661/2020 , Cass., Sez. Unumero , numero 28387/20 , punto 60 delle ragioni della decisione e ancora, da ultimo, Cass. numero 12466/2023 , Cass. numero 13362/2023 , Cass. numero 22715/2023 e Cass. numero 32143/2023 Cass. numero 11698/2024 . 3.4.1 - Da tutto quanto precede consegue, dunque, che la Corte d'Appello, accogliendo la così qualificata opposizione all'esecuzione del Ve.Se., avrebbe dovuto dichiarare la invalidità degli atti della procedura stessa v. Cass. numero 23477/2022 l'originaria mancanza del diritto di procedere all'esecuzione determina l'invalidità di tutti gli atti esecutivi, essendo irrilevante il successivo, eventuale deposito di un atto d'intervento fondato su un diverso credito dello stesso pignorante o di terzi , compresi quelli inerenti alla fase distributiva, benché il Ve.Se. stesso non vi avesse reagito specificamente con l'opposizione ex articolo 512 c.p.c. , ciò non occorrendo fare al lume del principio della nullità derivata su cui v., da ultimo, Cass. numero 21860/2024 . 3.4.2 - Fanno però eccezione a tale approdo gli atti del subprocedimento di vendita, che - come già in parte anticipato - restano non attinti da detta invalidità, benché il ricorrente, anche in memoria, sostenga il contrario. Infatti, al lume del disposto dell' articolo 2929 c.c. , deve trovare applicazione l'insegnamento della già citata Cass., Sez. Unumero , numero 21110/2012 e successive conformi , secondo cui Il sopravvenuto accertamento dell'inesistenza di un titolo idoneo a giustificare l'esercizio dell'azione esecutiva non fa venir meno l'acquisto dell'immobile pignorato, che sia stato compiuto dal terzo nel corso della procedura espropriativa in conformità alle regole che disciplinano lo svolgimento di tale procedura, salvo che sia dimostrata la collusione del terzo col creditore procedente. In tal caso, tuttavia, resta salvo il diritto dell'esecutato di far proprio il ricavato della vendita e di agire per il risarcimento dell'eventuale danno nei confronti di chi, agendo senza la normale prudenza, abbia dato corso al procedimento esecutivo in difetto di un titolo idoneo . Pertanto, non risultando essere stata neppure dedotta alcuna collusione della Astrea Srl con i creditori, il suo acquisto deve ritenersi pienamente valido ed efficace, come peraltro - stavolta, correttamente - ritenuto dai giudici di merito, sicché il mezzo in esame è rigettato sul punto. 3.4.3 - Il motivo è, pertanto, accolto, alla stregua del seguente principio di diritto in tema di esecuzione forzata, qualora difetti altro creditore munito di titolo esecutivo, che abbia effettuato atto di pignoramento successivo ex articolo 493 c.p.c. , l'accertamento giudiziale, ritualmente acquisito al processo, della mancanza del diritto di procedere in executivis in capo al creditore procedente per originario difetto di titolo esecutivo esige il rilievo di ufficio da parte del giudice dell'esecuzione, senza che rilevi alcuna condotta inerte del debitore, con conseguente invalidità di tutti gli atti esecutivi, compresi quelli della eventuale fase distributiva, restando irrilevante il successivo, eventuale deposito di un atto d'intervento fondato sullo stesso o su un diverso credito dello stesso procedente o di altro creditore , né occorrendo che l'esecutato proponga opposizione avverso ciascun atto dell'esecuzione, stante il principio della nullità derivata restano tuttavia salvi l'aggiudicazione del bene e il relativo decreto di trasferimento, ove non sia applicabile l'eccezione prevista dall' articolo 2929 c.c. . 4.1 - Il secondo motivo resta conseguentemente assorbito, giacché - a parte la dubbia configurabilità di una lesione del principio del contraddittorio ove si tratti di questione, esaminata d'ufficio dal giudice di merito, di puro diritto, come è nella specie - la decisione che, nella sostanza, il ricorrente assume avere le caratteristiche della sentenza della terza via è comunque non conforme a diritto, tanto che il primo motivo è stato accolto, come s'è visto. 5.1 - Il terzo motivo - concernente la domanda restitutoria e quella risarcitoria - è in parte inammissibile, ma in parte fondato. In proposito, la Corte d'Appello ha rigettato le doglianze avanzate dal Ve.Se. col terzo, quarto e quinto motivo di gravame, ascrivendo principalmente e ancora una volta all'inerzia dell'esecutato nei termini già visti la causa della non accoglibilità delle domande. In particolare, quanto alla domanda restitutoria del ricavato della vendita, il giudice d'appello ha evidenziato che il Ve.Se. non aveva reagito contro gli atti della fase distributiva, sicché essi erano coperti dalla irretrattabilità è stato richiamato l'insegnamento di Cass. numero 12127/2020 quanto alla domanda risarcitoria, essa è stata rigettata perché il Ve.Se. ben avrebbe potuto paralizzare per tempo la procedura esecutiva e, non avendolo fatto, restava esclusa ex post la possibilità di riconoscere, sia pure in via subordinata, il risarcimento del danno così la sentenza impugnata, p. 19 , e ciò anche con riferimento alla domanda ex articolo 96, comma 2, c.p.c. , sia con riguardo ai danni patrimoniali che non patrimoniali. 5.2 - Ora, quanto alla domanda restitutoria, il mezzo si rivela inammissibile ex articolo 366, comma 1, numero 3, c.p.c. , difettando in ricorso la pur minima indicazione circa il dove e il quando la domanda stessa venne veicolata nel giudizio di merito, tanto più che – da quanto risulta dagli atti legittimamente consultabili da questa Corte – l'atto introduttivo del giudizio di merito venne notificato dal Ve.Se. in data antecedente alla stessa distribuzione del ricavato, nella procedura esecutiva. È poi da considerare che, in ogni caso, la domanda restitutoria, se ritualmente avanzata in tempo successivo alla distribuzione della somma ricavata, avrebbe dovuto dirsi inammissibile, in quanto essa non può che proporsi in separato giudizio, una volta definitivamente accertata l'illegittimità della distribuzione e, dunque, una volta che sia stata rimossa la sua naturale irretrattabilità . È, infatti, questo uno dei casi Cass. numero 23283/2024 in cui è eccezionalmente consentito agire, al di fuori del processo esecutivo concluso e del suo sistema chiuso di rimedi, per conseguire utilità altrimenti riservate a questi ultimi. Detto principio, di regola affermato nell'ambito delle opposizioni distributive di cui è consolidata, nella giurisprudenza di questa Corte, la valutazione circa la loro natura meramente rescindente si vedano, in particolare, Cass. ord. numero 28926/2023 , nonché Cass. numero 32143/2023 , ove altri e compiuti riferimenti , ben può applicarsi anche al caso della accertata nullità di tutti gli atti della procedura esecutiva che si sia comunque conclusa con la distribuzione nei sensi esposti nei parr. 3.4.1 e 3.4.2 per sua illegittimità sostanziale ab origine, identici essendone gli effetti, nell'uno e nell'altro caso. Pertanto, nessun altro provvedimento avrebbe potuto adottarsi, nel presente giudizio, riguardo alla restituzione delle somme ricavate dai creditori in sede distributiva. Infatti, le conseguenze della decisione qui assunta - pacifica essendo, tra le parti, l'avvenuta attuazione della distribuzione - non potranno che essere vagliate dalla competente A.G., in relazione ad eventuali ulteriori iniziative delle odierne parti, non escluse dalla ritenuta inammissibilità, in parte qua, del mezzo in esame resta comunque escluso che il giudice dell'esecuzione sammaritano - ove mai di tanto dovesse essere eventualmente richiesto - possa ordinare ai creditori la restituzione delle somme in discorso, perché privo di un simile potere, né compete al giudice dell'opposizione esecutiva e, dunque, a questa stessa Corte di legittimità, quoad effectum valutare la configurabilità dei presupposti per una autonoma azione di ripetizione di indebito v. Cass. numero 26927/2018 . 5.3.1 - Diverso è invece il discorso per le pretese risarcitorie del Ve.Se., una volta complessivamente ricondottele nell'egida della responsabilità aggravata ex articolo 96, comma 2, c.p.c. sulla non configurabilità di un concorso, anche alternativo, tra la norma generale ex articolo 2043 c.c. e quella processuale prima indicata, v., tra le ultime, la recente Cass. numero 36593/2023 . Ciò che il Ve.Se. invoca, infatti, è inequivocamente il danno patrimoniale e non patrimoniale che la Banca di Credito Popolare gli avrebbe arrecato, non tanto nell'aver pignorato il suo immobile senza titolo esecutivo danno che, in sé, avrebbe dovuto essere richiesto nell'ambito della prima opposizione all'esecuzione, definita dal noto giudicato , ma nell'aver insistito per la vendita forzata dello stesso immobile, poi puntualmente avvenuta, benché la sentenza numero 1524/2013 avesse accertato che essa Banca non aveva il diritto di procedere ad esecuzione forzata. Richiamato quanto più volte osservato sulla natura del presente giudizio, si tratta quindi di domanda risarcitoria per responsabilità processuale aggravata, da mala fede o colpa grave, certamente ammissibile perché avanzata nell'ambito del giudizio di opposizione all'esecuzione, con riguardo alla condotta tenuta dal creditore procedente nel processo esecutivo sul punto, v. Cass. numero 9152/2013 . 5.3.2 - Ciò chiarito, la motivazione adottata dalla Corte partenopea per respingere la domanda in questione non può condividersi. Infatti, una volta esclusa la irretrattabilità della distribuzione v. par. 3.4.1 invece supposta dal giudice d'appello a sostegno della ritenuta inaccoglibilità della domanda risarcitoria, nonché la sussistenza di una colpevole inerzia del Ve.Se. così come valutata dalla Corte d'Appello nella sostanza, alla stregua dell' articolo 1227, comma 2, c.c. , onde escludere la stessa configurabilità di un danno risarcibile tout court - ma, sul punto, v. infra , l'impianto logico-giuridico della decisione impugnata viene necessariamente a mancare. Va pure aggiunto che l'argomento della decisione di primo grado testualmente richiamato dalla Corte territoriale - secondo cui il danno patrimoniale non può ritenersi in re ipsa, in misura pari alla differenza tra il valore di stima del bene e l'importo effettivamente conseguito nell'esecuzione, giacché quest'ultimo è il prezzo che il mercato ha determinato fisiologicamente , a seguito dei diversi ribassi nei vari esperimenti di vendita - è chiaramente fallace. Esso, infatti, è certamente valevole allorché si tratti di stabilire se il prezzo della vendita forzata possa dirsi giusto ai sensi dell' articolo 586 c.p.c. , ma non può certo richiamarsi per affermare che il valore del bene venduto, astrattamente o anche concretamente considerato, deve presumersi pari al prezzo conseguito in una esecuzione illegittima, onde addirittura essere preso a riferimento per determinare l'entità del danno reclamato da colui che l'ha subita. Almeno sul piano dell'allegazione, dunque, il Ve.Se. aveva assolto ogni onere cui era tenuto, avendo indicato il valore di stima del bene, come determinato nell'ambito della procedura esecutiva dunque, da un tecnico per definizione ad esso esecutato non riconducibile , nonché il prezzo ricavato dalla vendita forzata, restando rimesso poi al prudente apprezzamento del giudice di merito valutare se il danno reclamato - di per sé certo nell'an, posto che l'esecutato ha perduto la titolarità di un bene per effetto di un'esecuzione che non aveva ragion d'essere, così come dipanatasi - dovesse dirsi pari alla differenza secca , o se fossero riscontrabili uno o più coefficienti riduttivi, se emergenti dagli atti del processo. A tanto provvederà il giudice del rinvio, così come in relazione al reclamato danno non patrimoniale, ove ne sussistano i presupposti. Né del resto - come anche evidenziato dal Procuratore Generale, in memoria - la circostanza che la Banca procedente avesse comunque ragioni di credito effettive nei confronti del Ve.Se. può incidere sulla questione che occupa, perché ciò che rileva, ai fini della configurabilità della responsabilità aggravata del creditore procedente, è che questi abbia intrapreso o portato a termine l'intero procedimento, benché non fosse in possesso di un valido titolo esecutivo che a tanto lo abilitava Cass. numero 27689/2021 . Non v'è poi dubbio che nella specie sia certamente da valutare l'operato processuale della Banca procedente, secondo quanto già esposto nel par. 3.2 cui si rinvia per brevità . Occorre infine evidenziare che - quanto alla pur sussistente inerzia del Ve.Se. nell'attivarsi, dinanzi al giudice dell'esecuzione, onde conseguire il definitivo arresto della procedura, all'esito del passaggio in giudicato della sentenza del 2013, non apparendo di per sé credibile o, comunque, corrispondente a condotte di ordinaria cautela che egli possa essere rimasto in balìa degli eventi per circa cinque anni - è del pari rimesso al prudente apprezzamento del giudice del rinvio valutare se essa sia idonea a rilevare, e in che misura, sotto il profilo del concorso colposo del creditore ex articolo 1227, comma 1, c.p.c., tenuto conto anche del peculiare intreccio tra le vicende della prima parentesi cognitiva e dell'esecuzione forzata, più volte descritto resta comunque escluso che detta inerzia possa considerarsi quale causa esclusiva del danno, ai sensi dello stesso articolo 1227, comma 2, c.c. , come invece nella sostanza già ritenuto dalla Corte territoriale. 6.1 - In definitiva, sono accolti il primo e il terzo motivo, per quanto di ragione, mentre il secondo è assorbito. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla Corte d'Appello di Napoli, in diversa composizione, che si atterrà ai superiori principî e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. la Corte accoglie il primo e il terzo motivo, per quanto di ragione, e dichiara assorbito il secondo cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.