La Cassazione chiarisce qual è il momento consumativo del reato di finanziamento illecito ai partiti politici

Nel caso in cui il finanziamento o il contributo illecito a un partito politico sia erogato a un soggetto soltanto formalmente terzo rispetto al primo, il momento e il luogo di perfezionamento del reato coincidono con quelli in cui l’erogazione viene ricevuta da tale soggetto giuridico.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza in commento. Le erogazioni dirette a soggetti-paravento Il fatto storico che anima la sentenza che oggi vi presentiamo è di costante attualità si discute, infatti, di una dazione di denaro effettuata da una società a un’associazione di fatto riconducibile a un partito politico . Il fatto determinava l’insorgere di un procedimento penale che terminava con la condanna in primo e secondo grado del presidente dell’ente che aveva formalmente ricevuto il beneficio. Tra i sei motivi di impugnazione sollevati dalla difesa, uno coglieva nel segno. Era quello riguardante l’ individuazione dell’autorità giudiziaria territorialmente competente per giudicare su quel determinato episodio nel nostro caso aveva proceduto il giudice del luogo nel quale si era proceduto all’approvazione del bilancio della società “erogante”, mentre non si era dato rilievo alla ricezione della somma di denaro. Il locus commissi delicti è quello della ricezione del denaro Il processo è da rifare la Sesta Sezione della Cassazione, dando ragione alla difesa dell’imputato, ha fatto chiarezza su quale sia il luogo nel quale deve considerarsi perfezionato e consumato il reato di finanziamento illecito dei partiti. Questa fattispecie criminosa, introdotta nel lontano 1974, fa divieto ai partiti politici di ricevere finanziamenti “occulti” , cioè senza che l’intera filiera deliberativa e ricettiva del finanziamento sia perfettamente tracciata e, per usare un vocabolo riportato nel testo della sentenza, “ostensibile”. Si vuole, insomma, che ogni finanziamento a un partito politico sia tracciato e tracciabile, e che soprattutto si conosca l’identità di chi lo esegue. Per questo motivo è sanzionata penalmente sia la condotta di chi riceve il finanziamento, ma anche quella di chi lo esegue. Sostiene la Corte che nel caso in cui si proceda a “triangolazioni”, cioè si eroghi il finanziamento a un soggetto giuridico formalmente distinto dal partito politico, occorrerà innanzitutto far rientrare tale condotta tra quelle vietate dalla legge l’erogazione e la ricezione della somma varranno , pertanto, a integrare il reato . Il problema, a questo punto, è quello del luogo nel quale radicare la competenza per territorio . Secondo la Cassazione non è possibile mutuare lo schema operativo già collaudato per il delitto di corruzione, nel quale vale – ai fini consumativi – anche la mera promessa, qui irrilevante. Ciò che conta è soltanto l’erogazione e la successiva ricezione del denaro. Per questo motivo, non assume alcun rilievo l’iscrizione del finanziamento illecito nel bilancio dell’ente che formalmente lo riceve. Questo segmento fattuale, semmai, costituisce un post factum non punibile. Assumerà invece rilievo l’ effettiva percezione delle somme da parte dell’ente “paravento” del partito . E, di conseguenza, sarà quello il locus al quale fare riferimento per l’individuazione dell’autorità giudiziaria competente. Un po' di chiarezza non guasta Non possiamo che salutare con favore le sentenze che conducono ragionamenti lineari, semplici, comprensibili anche da un non addetto ai lavori. Anzi, oseremmo dire vanno premiate quelle sentenze che sanno parlare soprattutto a un profano. È proprio qui che si gioca la partita del diritto penale moderno, zeppo di norme incriminatrici talvolta astruse e incomprensibili ai più. La prevedibilità delle conseguenze delle condotte è un requisito fondamentale affinché i consociati possano sapere con anticipo non soltanto ciò che li attende se commettessero un reato. Ma anche dove sarebbero giudicati.

Presidente Ricciarelli – Relatore Rosati Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Milano ha confermato la condanna di C.G. per il delitto di finanziamento illegale di partiti politici, previsto e punito dall' articolo 7, commi 2 e 3, legge numero 195 del 1974 . La vicenda riguarda un finanziamento di quarantamila euro, erogato da omissis s.p.a., società di primario livello nazionale nel settore della grande distribuzione, all'associazione omissis , presieduta da C.G., all'epoca altresì presidente del consiglio di amministrazione dell'emittente radiofonica omissis e responsabile amministrativo del partito politico omissis . È incontroverso che, dopo aver ricevuto il relativo bonifico bancario, tale associazione abbia operato essenzialmente due sole disposizioni bancarie una, dell'importo di diecimila euro, in favore di omissis l'altra, di trentamila euro, a beneficio di M.C. s.r.l., società di servizi, concessionaria della pubblicità su quell'emittente radiofonica ed interamente partecipata da omissis s.r.l., le cui quote appartengono per il 99,9% al partito omissis e per lo 0,1 % al fondatore di quest'ultimo, il senumero U.B. presidente del consiglio di amministrazione della stessa, anche in questo caso, è - o almeno lo era all'epoca - C.G È altresì indiscusso che l'iniziativa di procedere a tale erogazione sia stata del socio di riferimento di omissis s.p.a., B.C. che la prestazione sia stata preceduta da contatti diretti tra C.G. ed il direttore affari generali della società, M.Z. che essa sia stata poi deliberata dall'amministratore delegato della stessa, C.S. e che la stessa sia stata regolarmente appostata nel relativo bilancio societario, alla voce delle erogazioni liberali. Secondo i giudici del merito, l'erogazione avrebbe avuto quale esclusivo destinatario finale la omissis , costituendo nient'altro che altrettanti schermi tutti i vari soggetti intermedi citati, e sarebbe stata perciò effettuata in violazione del dovere di trasparenza, e non di mera pubblicità, che deve intendersi sotteso alla suddetta disposizione incriminatrice. 2. Avverso tale decisione ricorre l'imputato, con atto dei propri difensori, rassegnando sei doglianze. 2.1. La prima consiste nella violazione della legge processuale regolatrice della competenza territoriale. La Corte d'appello l'ha individuata nel Tribunale di Milano, perché ha ritenuto che il reato si sia consumato con l'approvazione del bilancio della società, avvenuta nella sede della stessa, situata in tale città, non potendosi attribuire rilevanza decisiva alla dazione della somma accreditata presso un istituto bancario di Seriate, nel circondario del Tribunale di Bergamo inoltre, hanno rilevato quei giudici, anche l'accordo tra M.Z. e C.G. è avvenuto a Milano, nella sede del partito omissis . Obietta il ricorso come la Corte distrettuale non abbia risolto la questione se la legge numero 195 del 1974 tipizzi un reato plurisoggettivo a concorso necessario o, piuttosto, due reati distinti ed autonomi, l'uno del percipiente, l'altro dell'erogatore del finanziamento, ed altresì come abbia alla fine offerto una duplice soluzione alternativa, che, se effettivamente tale, lascerebbe ampi spazi di discrezionalità per l'interprete, con conseguente frustrazione della aspettative di prevedibilità da parte del soggetto agente. Ritiene, invece, la difesa - ribadendolo anche con un motivo aggiunto, successivamente depositato in cancelleria - che l'elemento qualificante della fattispecie, perché comune a tutte le condotte ed alle ricostruzioni teoriche di essa, vada individuato nella ricezione delle somme, non, invece, nell'accordo, ma nemmeno nella redazione ed approvazione del bilancio, che, in ipotesi, potrebbe anche mancare del tutto. Insiste, pertanto, affinché la Corte dichiari l'incompetenza territoriale del Tribunale di Milano in favore di quello di Bergamo, annullando la sentenza impugnata ed adottando le statuizioni consequenziali. 2.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell' articolo 521, cod. proc. penumero , perché il fatto ritenuto in sentenza sarebbe diverso da quello contestato. Secondo l'imputazione, recepita nella sentenza di primo grado, l'accordo era intervenuto tra C.G. e B.C., l'associazione omissis costituiva un'articolazione politico-organizzativa della omissis ed il contributo non era stato iscritto nel bilancio di omissis come finanziamento a partiti. Per la sentenza d'appello, invece, l'accordo è avvenuto tra C.G. e M.Z. il quale, peraltro, in tal caso non avrebbe potuto essere escusso come testimone, come invece è avvenuto la qualificazione o meno di omissis come articolazione di partito è irrilevante, non essendo essa la reale destinataria delle somme erogate il reato sarebbe integrato per il solo fatto della ricezione di parte di queste ultime da M.C. , soggetto tuttavia neppure citato nel capo d'imputazione, non essendo necessario verificare se quest'ultima le avesse o meno effettivamente riversate al partito il reato si sarebbe perfezionato già con la delibera dell'amministratore delegato C.S., fatto anche questo non previsto nel capo d'imputazione e che avrebbe impedito l'escussione anche di C.S. come semplice testimone. 2.3. Il terzo motivo consiste nella violazione della fattispecie incriminatrice, trattandosi di finanziamenti non corrisposti ad articolazioni politico-organizzative di un partito politico, così potendo definirsi solo quegli enti che presentino un raccordo istituzionale con esso si citano, in proposito, precedenti questa Corte . Tale, invece, non sarebbe l'associazione omissis , ma nemmeno la società M.C. , poiché le società partecipate dai partiti politici non rientrano nel novero dei soggetti indicati, con elencazione tassativa, tra i destinatari di eventuali finanziamenti illegali dal citato articolo 7 e dal successivo articolo 4, legge numero 659 del 1981 di tali società, infatti, non si occupa il d.l. numero 149 del 2013 , in tema di abolizione del finanziamento pubblico diretto dei partiti, mentre l' articolo 8, legge numero 2 del 1997 , che regola la contribuzione volontaria agli stessi, prevede soltanto che ai rendiconti di questi ultimi siano allegati i bilanci delle imprese partecipate. 2.4. Con il quarto motivo si deducono violazione di legge e vizi di motivazione della sentenza, là dove ha ritenuto che l'iscrizione a bilancio dell'erogazione, pur corretta dal punto di vista contabile, non consentiva di farne emergere la reale destinazione alla omissis , in quanto ciò non risultava dalla deliberazione dell'amministratore delegato C.S., né vi era allegata adeguata documentazione di supporto. Obietta il ricorso che, anzitutto, siffatta censura finisce per attingere la deliberazione dell'amministratore, diversamente da quella che è la contestazione che, secondo le regole di redazione dei bilanci stabilite dagli organismi di settore in applicazione della disciplina civilistica, nella scheda di bilancio non sono previste l'indicazione della denominazione dei beneficiari di liberalità né l'allegazione di documentazione contabile che nessuna società ha inserito in detta scheda il nome dei partiti destinatari di liberalità che l'accordo tra M.Z. e C.G. non prevedeva a chi omissis potesse o dovesse destinare le somme ricevute, né ciò poteva essere consentito, sicché non sarebbe stato possibile per l'amministratore delegato C.S. indicare nella sua delibera tale altrui destinazione ulteriore che quell'associazione ha quindi legittimamente disposto di dette somme, senza che ne sia derivato alcun arricchimento per la omissis . Rileva, in proposito, la difesa ricorrente che, a differenza di quanto ritenuto in sentenza, la ratio sottesa alla fattispecie incriminatrice non è quella della pubblicità del finanziamento dei partiti, che non può essere soddisfatta né da una corretta deliberazione degli organi di amministrazione dei soggetti economici, né dalla regolare appostazione di bilancio la ragione della sanzione va individuata, piuttosto, nell'esigenza di evitare che i partiti ricevano finanziamenti occulti, perché effettuati con fondi non iscritti a bilancio o dissimulati da fittizie prestazioni corrispettive, e di assicurare, in tal modo, la correttezza della vita democratica ed economica. 2.5. Vizi di motivazione, fino al punto del travisamento della prova, vengono dedotti - con il quinto motivo - in ordine alla ritenuta dimostrazione dell'esistenza di un accordo per finanziare il partito omissis . In sintesi, le obiezioni difensive sul punto possono così declinarsi a la fattispecie incriminatrice presuppone che il contributo, oltre a non essere correttamente deliberato ed iscritto a bilancio, pervenga al partito, mentre la sentenza ha ritenuto superfluo accertare se ciò sia effettivamente avvenuto nello specifico b pur trattandosi - secondo i giudici d'appello - di un reato a concorso necessario, vi è incertezza assoluta su chi, per conto di omissis , avrebbe concorso con C.G. il capo d'imputazione, infatti, indica B.C. tuttavia deceduto circa tre mesi dopo l'erogazione del contributo e prima dell'approvazione del bilancio , la sentenza invece sostiene che a trattare sarebbe stato il dirigente M.Z., ma poi afferma che il reato si sarebbe consumato già con la deliberazione dell'amministratore delegato C.S., purtuttavia escludendo che questi abbia mai avuto contatti con il ricorrente né è dato sapere chi avrebbe provveduto alla redazione ed approvazione del bilancio, che costituirebbe, sempre secondo quei giudici, il momento consumativo del reato. Il riferimento alla omissis - prosegue il ricorso - compare una sola volta nelle dichiarazioni di M.Z., allorché questi riferisce del proposito, manifestatogli da B.C., di voler «aiutare in qualche modo» quel partito. Null'altro, dunque, se non che una semplice intenzione di costui perché in nessun documento della società si parla di destinatari diversi da omissis o omissis perché è stato lo stesso B.C., poi, a dare l'assenso al versamento in favore di omissis perché, secondo quanto riferito da tutti i dirigenti di omissis escussi in dibattimento, giammai C.G. ha indicato il partito quale possibile beneficiario di quelle somme perché, infine, collide logicamente con la ritenuta destinazione di esse ad ingraziarsi quel partito politico la circostanza per cui l'ammontare di 150.000 euro, originariamente indicato da B.C., fosse stato poi ridotto a 40.000 su indicazione di C.S., giustificata da «ragioni commerciali», ovvero - secondo le dichiarazioni di quest'ultimo - dalla necessità di mantenere una proporzione con gli investimenti pubblicitari del gruppo su omissis . In proposito, l'osservazione della Corte d'appello, per cui quest'ultima sarebbe stata un'acuta macchinazione a scopo dissimulatorio, si presenta manifestamente illogica mentre addirittura paradossale è la considerazione - operata da quei giudici - per cui la negazione, da parte dell'imputato, della destinazione di quell'elargizione alla omissis costituisca prova della natura occulta di essa, anziché una legittima esplicazione del proprio diritto di difesa. 2.6. L'ultimo motivo consiste nella mancanza di motivazione in punto di dolo. Il percettore del finanziamento, perché sia consapevole della natura illegale dello stesso, dev'essere a conoscenza dell'assenza di una deliberazione del competente organo sociale o della mancata appostazione in bilancio. Nello specifico, invece, C.G. sapeva che il contributo era stato istruito e deliberato dai competenti organi di omissis , ha rilasciato a quest'ultima la relativa ricevuta, ha verificato la provenienza del bonifico bancario da quest'ultima e l'accredito sul conto corrente di omissis , mentre la sentenza non spiega perché egli dovesse sapere di come sarebbe stato esposto in bilancio un contributo regolarmente documentato. 3. Ha depositato memoria scritta il Procuratore generale, chiedendo di dichiarare l'incompetenza per territorio del Tribunale di Milano in favore di quello di Bergamo o, in subordine, di rigettare il ricorso. Considerato in diritto 1. Ritiene il Collegio che sia fondato il primo motivo di ricorso, in tema di competenza per territorio, da ciò conseguendo l'assorbimento dei restanti, in quanto attinenti ai contenuti della decisione. 2. L' articolo 7, legge 2 maggio 1974, numero 195 , al comma 2, vieta «i finanziamenti o i contributi sotto qualsiasi forma, diretta o indiretta, [ .] in favore di partiti o loro articolazioni politico-organizzative o gruppi parlamentari, salvo che tali finanziamenti o contributi siano stati deliberati da/l'organo sociale competente e regolarmente iscritti in bilancio e sempre che non siano comunque vietati dalla legge». Quindi, al successivo comma 3, stabilisce che «chiunque corrisponde o riceve contributi in violazione dei divieti previsti nei commi precedenti, ovvero [ .] senza che sia intervenuta la deliberazione dell'organo societario o senza che il contributo o il finanziamento siano stati regolarmente iscritti nel bilancio della società stessa, è punito, per ciò solo, con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa fino al triplo delle somme versate in violazione della presente legge». Tali disposizioni debbono essere lette unitamente a quelle dell' articolo 12, commi 7, 8 e 12, d.l. 28 dicembre 2013, numero 149 , conv. dalla legge 21 febbraio 2014, numero 13 Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore , che stabiliscono precisi limiti quantitativi e specifici vincoli formali per le erogazioni liberali dei privati in favore dei partiti politici, al dichiarato scopo di «garantire la tracciabilità dell'operazione e l'esatta identificazione soggettiva e reddituale del suo autore e a consentire all'amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli», prevedendo, in caso di violazione, delle specifiche sanzioni amministrative, «fermo restando quanto previsto dall' articolo 7 della legge 2 maggio 1974 numero 195 ». Da tali ultime disposizioni si ricava, dunque, che l'obiettivo del legislatore non è semplicemente quello della tracciabilità dei finanziamenti ai partiti politici, ma piuttosto quello della trasparenza degli stessi o - se si preferisce, per evitare equivoci lessicali - della loro pubblicità, ovvero - forse ancor meglio - della loro ostensione, in modo da garantire la possibilità, per i cittadini, di verificare chi ed in quale misura effettivamente abbia fornito un sostegno finanziario ad un dato partito. Ne discende che le operazioni di finanziamento elusive di tale obbligo di trasparenza, tra le quali vanno indubbiamente annoverate le triangolazioni come quelle che si sarebbero verificate nel caso di specie, in cui l'erogazione al partito politico viene dissimulata dalla destinazione immediata di essa ad enti solo formalmente distinti da quello, debbono ritenersi finanziamenti «comunque vietati dalla legge», secondo la clausola di chiusura del citato articolo 7, comma 1 costituiscono espressione del medesimo principio, tra altre, Sez. 6, numero 28796 del 15/09/2020, Carrai, Rv. 279630 Sez. 6, numero 41768 del 22/06/2017, Fitto, Rv. 271281 3. Tale ricostruzione della fattispecie ha ovviamente una ricaduta immediata sull'individuazione del tempo e del luogo di commissione del reato, nel senso che a tal fine, in casi come quello in scrutinio, risulta necessaria e sufficiente la corresponsione e la correlativa ricezione delle somme irregolarmente erogate. Non può trovare applicazione, infatti, lo schema elaborato dalla giurisprudenza di questa Corte per i reati di corruzione in cui l'esecuzione delle prestazioni oggetto del patto corruttivo sposta il momento consumativo dall'uno alle altre , perché, a differenza di quanto accade per quelle fattispecie, il citato articolo 7, comma 1, punisce esclusivamente le condotte di corresponsione-ricezione del finanziamento e non anche la relativa promessa di qui, l'irrilevanza del semplice accordo ai fini della perfezione del reato. Ma, per altro verso, qualora si tratti di finanziamento - per così dire - soggettivamente simulato, perché erogato, cioè, ad un soggetto diverso dal partito politico, ma che di quest'ultimo è solo uno schermo, l'eventuale iscrizione di esso nel bilancio della società non gli farebbe perdere la connotazione d'illiceità con l'effetto che, in casi come questo, l'adozione del bilancio finisce per risultare un post factum irrilevante ai fini del perfezionamento della fattispecie diversamente, invece, da quanto accadrebbe, ad esempio, nell'ipotesi, rientrante nella medesima previsione incriminatrice ma del tutto differente da quella in esame, di un finanziamento direttamente e palesemente erogato in favore di partiti o loro articolazioni politico-organizzative o gruppi parlamentari, per il quale l'omessa iscrizione in bilancio è un elemento costitutivo del reato . Dev'essere perciò enunciato il seguente principio di diritto in tema di finanziamento illecito ai partiti politici, in caso di finanziamento o contributo effettuato in favore degli stessi, di loro articolazioni politico-organizzative o dei gruppi parlamentari, sebbene formalmente erogato a soggetto giuridico diverso da essi ma che ne rappresenta semplicemente uno schermo, il reato di cui all' articolo 7, legge 2 maggio 1974, numero 195 , si perfeziona nel momento e nel luogo in cui il finanziamento od il contributo corrisposto venga ricevuto da tale soggetto giuridico . È in quel momento, infatti, che il partito politico, il gruppo parlamentare o gli altri enti realmente destinatari dell'erogazione acquisiscono la disponibilità effettiva del finanziamento, in ragione del fatto che l'ente immediatamente percettore, seppur formalmente distinto da essi, è integralmente sottoposto al loro controllo, costituendone perciò un semplice paravento. 4. In applicazione di tale principio all'ipotesi di causa, il luogo del commesso reato, decisivo per stabilire l'autorità giudiziaria competente per territorio per lo svolgimento del processo, a mente dell' articolo 9, comma 1, cod. proc. penumero , va dunque individuato in quello in cui è avvenuto l'accredito bancario delle somme corrisposte da omissis all'associazione omissis , potendo ritenersi esse, sin da quel momento, entrate di fatto nella disponibilità del partito politico omissis . Poiché tale accredito, per dato di fatto incontroverso, è avvenuto presso un istituto di credito operante in Seriate, e quindi nel territorio della circoscrizione del Tribunale di Bergamo, è quest'ultimo il giudice competente. La sentenza impugnata e, con essa, quella di primo grado, in quanto pronunciata da giudice incompetente, debbono essere perciò annullate senza rinvio, con trasmissione degli atti del procedimento al Pubblico ministero presso il Tribunale di Bergamo, per le sue determinazioni. 5. Va precisato che, alla data della presente decisione, il reato non è ancora estinto per prescrizione, pur con l'anticipo del relativo momento consumativo al 13 giugno 2016, data di esecuzione del bonifico bancario effettuato da omissis . Il termine di prescrizione, secondo la disciplina normativa allora vigente ed applicabile ratione temporis, è pari infatti, con le proroghe di legge, a sette anni e sei mesi da quella data ad esso vanno però aggiunti i periodi durante i quali il processo è rimasto sospeso ex lege o a causa di impedimenti dell'imputato o dei suoi difensori ovvero su loro richiesta, per complessivi 175 giorni 77 durante il primo grado v. sent. Trib., pag. 1 e 98 in Cassazione, dal 7 febbraio scorso ad oggi . Ne consegue che detto termine è destinato a spirare il 5 giugno 2024. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e la sentenza del Tribunale di Milano in data 14/03/2022, dichiarando l'incompetenza del Tribunale di Milano e la competenza del Tribunale di Bergamo e disponendo la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo per l'ulteriore corso.